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Capitolo IV

Era vero. La stanza di Serena era molto luminosa, fin troppo luminosa per i suoi gusti. Questa fu la prima cosa che la ragazza notò quando salutò la madre sull'uscio della camera. Si diedero due baci sulle guance e basta.

Quando Serena rimase da sola, Valeria, una tecnica della riabilitazione, le portò le lenzuola e le coperte pulite e le disse che per qualunque cosa sarebbe stata a disposizione. Serena annuì e aspettò che quella signora uscisse dalla stanza, per poter poggiare coperte e lenzuola sul letto che era a castello.

Il suo, intuì, sarebbe stato quello sotto, perché quello sopra aveva il materasso già infagottato da due coperte. Per un attimo aveva dimenticato che avrebbe avuto una compagna di stanza.
Come si chiamava? Se lo era già dimenticato. E dov'era adesso? Sospirò per poi avvicinarsi alla finestra, dalla quale si poteva vedere il Bosco di Capodimonte.

Ci volevano proprio delle belle tendine a quella finestra, o la mattina avrebbe rischiato di svegliarsi troppo presto a causa della luce solare che sarebbe sicuramente entrata in camera.

“E tu saresti?”.

Una voce femminile la fece voltare verso l'uscio della porta, laddove era poggiata una ragazza, forse un po'più grande di lei di qualche anno.

“Serena”.

“E perché stai in questa stanza? Questa è la mia”.

La ragazza, a passo lento, si avvicinò a Serena, la quale non si scompose per niente.

“Da oggi è anche la mia, non so se te lo hanno comunicato”.

“No”.

Nonostante Serena lo sapesse chiese lo stesso: “E tu chi sei?” parlò in napoletano.

La ragazza la squadrò dalla testa ai piedi.
Cos'era? Le dava fastidio che Serena parlasse in napoletano?
Fatto sta, che quella ragazza non si sbrigava a darle un nome e un cognome.
“Allò? Non tengo tutta la giornata”.

“Anita e in questa stanza si fa come dico io”.

“Come?” rise Serena.

“Fino ad adesso in questa camera
ho fatto come volevo io, perché, per fortuna, di rotture di scatole non ne avevo. Adesso che ne ho, al mio malgrado devo avvertirti che in queste quattro mura ci saranno delle regole, poche ma importanti…”.

“Qui l'unica scassa cazzo mi pari tu”.

“Dicevo. Le regole. Tu farai letteralmente finta che io non ci sia. E se vedrai qualcosa di… strano, tu te ne starai zitta o sarò costretta a fare cose che non voglio fare”.

“Sto tremando" la schernì Serena.

Mentre le due si squadravano, una difronte all'altra, i loro sguardi si facevano la guerra.
Serena si era già stancata di tutto.
Non sopportava quel posto.
Non sopportava il direttore.
Non sopportava quella camera.

E, soprattutto, non sopportava la sua compagna di stanza.
Per fortuna, che lei, Serena, era un tipo di persona che le cose che le entravano da un orecchio le uscivano, sempre, dall'altro.

A volte era un male, un vero male per lei, soprattutto quando era stata piccola.
Per esempio sua madre, per molti anni, le diceva quello che doveva fare e quello che non doveva fare, ma Serena non le ubbidiva mai e andava a finire che combinava qualche guaio o peggio, che si facesse perfino male.

Altre volte, però, il fatto che non stesse ad ascoltare nessuno, la rendeva una delle persone più intelligenti al mondo. Perché una delle cose che più odiava era ascoltare le sciocchezze.

E anche le cose che stava dicendo quella Anita erano una gran marea di schiocchezze.

“Ragazze, venite che c'è la terapia di gruppo”.
Valeria comparse, di nuovo, sull'uscio della porta.

Bene, altre sciocchezze. Quante ancora ne dovrò sentire per oggi? Pensò Serena sbuffando avviandosi con Valeria assieme ad Anita.


Spazio autrice

Eccomi ritornata con un nuovo capitolo

Serena ha fatto la conoscenza di Anita... tra loro già è fuoco🔥

Nel prossimo capitolo con la terapia di gruppo farete la conoscenza di tutti gli altri personaggi.
Preparatevi😏





Con loro due vi mando un saluto... a martedì

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