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~Capitolo 8~

Mi ricordi
Il buio e la luce assieme,
L'azzurro del giorno
E il nero della notte.
Tutto racchiuso in quegli occhi
Freddi come il ghiaccio
Ardenti come il sole
Sei l'opposto che genera l'armonia.

Questa sera, circondato solo dal frinire delle cicale e dal sottofondo musicale che lieve arriva fin qui, William sembra aver perso la sua caratteristica principale: il sorriso.

Lo vedo stringere con forza il suo cellulare, lo sguardo inchiodato sullo schermo, sembra così vulnerabile visto da qui che faccio quasi fatica ad associarlo al ragazzo spavaldo che ho conosciuto durante questa settimana.

Mi avvicino con calma, come fanno i domatori quando hanno a che fare con una bestia selvatica, perché è così che mi appare, sconosciuto e misterioso e non ho idea di come potrebbe reagire alla mia presenza qui.

Un incontro casuale, voluto senza dubbio dal destino, che probabilmente ha in serbo un qualche piano per noi, un disegno per ora sconosciuto, che ci sarà svelato solo dallo scorrere del tempo.

«William» richiamo la sua attenzione risvegliandolo da quella specie di trance in cui era caduto, lo vedo staccare finalmente gli occhi dallo smartphone e posarli su di me; gli stessi occhi sono tinti di rosso, forse a causa delle lacrime che ha versato o dell'erba che ha fumato prima di venire qui.
Chi può dirlo?

«Agatha», esordisce con tono malfermo, «Che ci fai qua?» la sua attenzione viene di nuovo catturata dall'oggetto che stringe tra le mani, emette una vibrazione e lo schermo torna ad illuminarsi; il volto di Will si fa ancora più tirato, la sua tristezza è così tangibile che quasi mi contagia.

«Sei tu quello seduto da solo, di notte, nel bel mezzo di un prato, in realtà » stuzzicarlo è più forte di me, voglio veder riemergere di nuovo quella fiamma che sprigiona anche quando discutiamo per delle sciocchezze, ma stasera questo ragazzo pare essere stato scolpito nel ghiaccio.

«Hai ragione» sussurra, deve essere successo qualcosa di estremamente grave se ha appena pronunciato una frase in cui mi dava ragione con così tanta leggerezza.

Gli offro la mano invitandolo ad alzarsi, sembra rifletterci su per un po', osservando il mio arto teso verso di lui come se fosse qualcosa di alieno.
Poi finalmente lo afferra, con più forza del previsto, tanto che devo fare un passo indietro per non rischiare di cadere.

«Andiamo a farci un giro, ti va?» propongo, camminare di solito mi aiuta a schiarire i pensieri e spero sarà così anche per lui.
Annuisce, guardandosi intorno spaesato, non parla, semplicemente inizia a camminare scegliendo a caso la strada da percorrere.

Non sono abituata al suo silenzio, mi mette quasi in imbarazzo, non intendo forzarlo a parlarmi di quello che gli sta succedendo, ma non so in che altro modo riempire questo strano e inusuale vuoto.

Prende a calci i ciottoli che gli intralciano il cammino, come se quel gesto potesse allontanare anche i suoi problemi, cammina veloce, come se potesse fuggire da loro.

Magari funzionasse così.

Ci avventuriamo nel campus, girando in tondo attorno agli edifici, le sue iridi color caffè si soffermano sul cielo stellato sopra di noi, chissà cosa gli ricordano quegli astri lontani, chissà quali ricordi custodiscono.

Ormai ai margini della zona universitaria la musica ci arriva più forte, se prima era solo un leggero sottofondo adesso riesco a distinguere senza troppa fatica le parole della canzone, oltre alle urla di qualche ragazzo ubriaco.

Alzo gli occhi al cielo e faccio per allontanarmi da lì, ma William mi indica l'edificio da cui proviene il baccano e vedo improvvisamente il suo volto cambiare espressione, un sorrisetto furbo gli increspa le labbra e senza troppi giri di parole esclama: «Agatha, credo che dovremmo andare ad una di queste feste, ne ho davvero bisogno!».

La saliva mi va di traverso, costringendomi a tossire, mugugno qualcosa di incomprensibile e, ad un tratto, le mie scarpe consumate dai troppi passi diventano un punto interessantissimo su cui posare lo sguardo.

William si ferma e mi afferra per una spalla, scuotendomi con delicatezza.
«Ne ho bisogno e ho bisogno che venga anche tu, credo che da solo potrei fare qualche cazzata» mi dice con tono supplicante e un'intensità tale da farmi quasi cedere.

«Non puoi andarci con Josh ad una di queste stupide feste? Ti serve per forza la baby sitter?» volevo essere più pacata nella mia risposta, ma qualcos'altro ha avuto la meglio, paura credo.

«Josh stasera aveva un appuntamento, sennò non te lo avrei chiesto» sputa acido; Will ha talmente tante personalità che faccio fatica a stare al passo con questi cambi repentini.

«Non sono la tua ruota di scorta William, quindi vacci da solo se proprio vuoi andarci.
Ah e un'ultima cosa...Vaffanculo stronzo» mi volto di scatto e lo pianto lí, sembra stupito dal mio improvviso scatto d'ira, ma anch'io come lui ho tante maschere diverse e quando mi fanno incazzare quella da stronza ci mette due secondi a venir fuori.

«Agatha, aspetta!» urla alla notte, ma io non mi volto e proseguo sperando che stavolta niente mi impedisca di tornare nella mia adorata stanza.
Il neozelandese però non si arrende e mi segue come un'ombra, quasi riesco a sentire gli ingranaggi del suo cervello girare, alla ricerca di una qualche frase d'effetto che cancelli la gaffe che ha appena fatto.

Quando finalmente sono quasi arrivata davanti al portone mi posa di nuovo la sua mano fredda sul polso, cerco di scollarmelo di dosso ma insiste, vuole che lo stia a sentire.
Quando mi fermo lascia la presa, ma un brivido fa appena in tempo a corrermi lungo la pelle sfiorata da lui.

«Scusami non intendevo considerarti una ruota di scorta Agatha, so che non è una giustificazione ma è stata una serataccia, ho appena rotto con Emily» mi rivela stringendosi nel giubbotto di jeans che indossa.

Incrocio le braccia al petto e so già che alla fine finirò col perdonarlo, ma non ho nessuna fretta, fare l'offesa è una parte che mi riesce bene e voglio che abbia ben chiaro che non può trattarmi così.

«Non me ne faccio nulla delle tue scuse Will» lo guardo di sbieco e sembra intristirsi ancora di più, solitamente non sono una persona così empatica ma con Will stasera è diverso, io mi sento diversa.

È strano da ammettere anche con me stessa, ma ogni volta che gli sono vicina smuove qualcosa di profondo in me, qualcosa a cui non so ancora dare un nome e che non ho mai provato prima, neanche con Daniel.
Somiglia molto alla curiosità ma è più complesso di così, solitamente tendo ad allontanarmi dalle persone, a tenermi "a distanza di sicurezza" dai loro cuori affilati, ma non con Will, con lui qualcosa mi spinge ad orbitargli attorno come un satellite.

Forse è perché vorrei poter brillare di luce riflessa, sperando di poter un giorno assorbire anche solo un grammo di quella sicurezza che ostenta ad ogni respiro, per cancellare un po' del buio che mi circonda, perché sono stufa di essere me stessa, è così difficile a volte.

Non stasera però, finalmente traspare anche un po' della sua fragilità e forse è proprio questo a spingermi a restare.

Gli indico una panchina poco lontano, chiedendogli di accomodarsi lí con me.

«Will, mi dispiace per Emily, se hai bisogno di parlarne io sono qui» attendo le sue parole torturando una ciocca dei miei capelli rossi.

«Non voglio pensarci, è per questo che ti ho chiesto di venire alla festa» si lamenta, si alza di scatto e inizia a camminare davanti a me, fa avanti e indietro per cinque minuti buoni, finché non lo supplico di tornare a sedersi.

«Parlamene e poi deciderò se sia il caso di mandarti in giro da solo o meno» cerco un terreno di confronto, sperando che alla fine il discorso lo porti a riconsiderare la malsana idea che ha avuto. Non che giudichi le feste a priori, ma non ne esce mai nulla di buono ed essere circondata da sconosciuti alticci mi rende nervosa.
Finirei o per fare il palo o ubriaca persa, non ho vie di mezzo.

«Non c'è niente di cui parlare, ha scoperto delle cose e ha deciso di mollarmi per telefono, sei contenta? Ora possiamo andare per favore? Prometto che ti faró divertire dai» mi supplica e non riesco a rispondergli, mi dispiace abbia rotto con Emily, da ciò che mi aveva raccontato Josh erano praticamente inseparabili, ma riesco a leggerlo anche negli occhi del neozelandese, dove il riflesso del dolore emerge prepotente dalle iridi scure.

«Ti odio Will, perché sto per dirti di sì e giuro che non è da me, non abituartici» non faccio in tempo a finire la frase che si sporge ad abbracciarmi, è un abbraccio diverso da quello di Josh, più leggero e meno caloroso, ma in qualche modo più profondo, percepisco il suo "grazie" senza che abbia avuto bisogno di dirlo con le parole.

Ricambio, non senza imbarazzo e rigidità, la stretta, solo per pochi secondi, giusto il tempo di sfiorargli il dorso tonico e poi staccarmi rapidamente.

«Non serve che arrossisci ciccia, so che faccio questo effetto alle ragazze, ma pensavo che con te non attaccasse, da una parte mi lusinga sapere che anche un cuore di pietra come il tuo si scioglie al mio fascino però» mi sussurra mentre ridacchia, facendomi diventare ancora più rossa.

Tuttavia con Will ogni conversazione è una partita a scacchi e adesso tocca a me fare la prossima mossa, di certo non mi lascerò abbindolare dalla sua sfacciataggine.

«Ma sentilo, ti ho abbracciato solo perché avevi bisogno di conforto e non volevo essere la seconda ragazza ad allontanarti stasera, il tuo ego non avrebbe retto un così duro colpo» probabilmente ci sono andata un po' troppo pesante, perché abbassa lo sguardo e mi risponde solo con: «Questa te la potevi risparmiare».

Touchè, a volte parlo senza riflettere anch'io, nonostante sappia perfettamente che ogni parola è potenzialmente un'arma e bisogna saperle maneggiare con cura per non ferire.

«Dai andiamo a questa stupida festa prima che cambi idea» sbuffo fingendomi spazientita e lo sento ridacchiare, un attimo dopo compare anche l'ombra del suo solito sorriso, di rimando gli sorrido anch'io, si alza e mi trascina con sé mettendosi quasi a correre.

Mi sento leggera in questo momento, corriamo nella notte mentre il vento ci sferza il viso e mi scompiglia i capelli, mi sento quasi "bene", quasi normale, quasi felice, quasi...un'altra.

Chiedo al neozelandese se conosce qualcuno che possa farci entrare e mi risponde di sì con un cenno del capo, lo vedo digitare un messaggio sul telefonino e due minuti dopo la porta dell'edificio davanti a cui siamo si spalanca ed esce una ragazza bionda che sorride a Will e guarda storto me.

Si avvicina al mio amico e ci scambia quattro chiacchiere, mentre continua bellamente ad ignorarmi, William però non si dimentica della ragazza dai capelli color rame rimasta in disparte, così torna da me e mi invita a seguirlo, mentre la ragazza ci fa strada all'interno del palazzo, su per le rampe di scale fino ad arrivare al cuore di quella festa.

«Cos'è questo posto?» gli domando perplessa, non sembra un dormitorio, piuttosto una grande casa a tre piani; ora siamo in quello che oserei definire il soggiorno, arredato con uno stile moderno ed essenziale.
Quasi tutti i mobili hanno lasciato spazio agli invitati della festa, rimane solo un tavolo addossato ad una parete bianca dove sono poggiate alla rinfusa decine di bottiglie di alcool.

«Siamo nel quartier generale della confraternita più famosa della NYU ciccia, non lo sapevi?» mi urla per sovrastare la musica.

È la seconda volta che mi chiama così e non posso far a meno di notare il tono dolce con cui lo ha pronunciato, probabilmente chiama così ogni ragazza che incontra però, quindi non gli do troppo peso.

Stipati in questa stanza ci saranno circa cinquanta ragazzi, la bionda è sparita subito dopo averci accompagnati e io continuo a guardare male chiunque posi lo sguardo su di me.

Involontariamente il mio cervello inizia a fare congetture e a preoccuparsi del giudizio della gente, divento irrequieta e mi accorgo persino di essere l'unica ragazza vestita così, le altre indossano tutte vestitini microscopici che lasciano poco all'immaginazione.

Mi perdo ad osservare i loro corpi perfetti e mi sento così inadeguata, così sbagliata, che ogni fibra del mio essere inizia a desiderare ardentemente di teletrasportarsi lontano da qui.

William probabilmente si accorge di questo mio cambio repentino di umore perché mi chiede se ho voglia di ballare.

Scuoto la testa, peggiorerebbe solo la situazione e poi il dj nascosto in un angolo pare non abbia alcuna intenzione di mettere canzoni decenti stasera, così quando Will ci riprova e mi propone di bere un drink stavolta annuisco rassegnata, a quanto pare sarà lui a dover badare a me stasera.

Voglio solo smettere di preoccuparmi e andare in paranoia, chiedo troppo?


Ciao e bentornati!
Avevo questo capitolo in cantiere da un po' ma non riuscivo a concluderlo, finalmente stasera l'ho fatto però.

Vi ho buttato in mezzo un altro clichè, la tipica festa universitaria, ma cosa accadrà nel prossimo capitolo?

Cosa rappresenterà Will per Agatha? Sembravano cane e gatto ma qualcosa sta cambiando.

E Daniel?

Ah e complimenti a tutti quelli che avevano indovinato cosa ci facesse Will lí, probabilmente era prevedibile 😬

Nel prossimo capitolo ne sapremo di più sulla sua rottura con Emily!

A presto❤️

-RNW

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