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34 ◌ I don't know who they are.

Harry e Louis continuavano a guardarsi intorno come se sentissero qualcosa di diverso nell'aria, qualcosa di sconosciuto, nuovo, futuristico. Louis camminava con la mano sul fodero costantemente in allerta, pronto a difendere il suo amato e i suoi nuovi amici, mentre Harry si limitava a captare qualsiasi segno potesse trovare diverso durante il cammino verso la vetta del monte Olimpo. I giardini erano rigogliosi come sempre, c'era gente che li curava e amava i fiori con tranquillità, c'erano bambini che giocavano nelle vaste pianure al di sopra di quelle nuvole. Nel cielo c'erano uomini alati che amministravano il tutto, chiacchieravano con qualche Dio e continuavano la loro sonda mattutina. Un attimo.

«Ci sono sempre stati angeli sull'Olimpo?» Michael diede voce ai suoi pensieri, e non solo ai suoi. Harry si rese conto che in realtà tutto era diverso. Era un connubio perfetto di due aldilà messe insieme, moderna ed antica. Quella gente che era lì ad occuparsi dei campi, erano anime. Erano mortali. Erano di Ade. Zeus non solo aveva la luce, il cielo, la vista completa del mondo mortale: aveva preso anche le anime pure, quelle che stavano più a cuore ad Ade, le uniche che gli infondevano speranza. Non era giusto.

«Non penso, Mike» borbottò Luke, che Louis considerava tra i due mortali il più intelligente. Louis guardò in alto e si allarmò, non capendo per quale motivo delle creature alate dovessero controllare ogni loro passo. Ebbe un presentimento e si girò di scatto, sguainando la spada dietro di lui, trovandovi un angelo.

«Ci stai seguendo?» Puntò la punta della sua spada dritta verso il collo dell'angelo che era dietro di loro, pochi centimetri più su da terra, che guardava dritto negli occhi di Louis terrorizzato.

«Abbassa la spada, non serve la violenza Louis» chiese piano Harry, sapendo dell'irascibilità del suo amato. Quest'ultimo era riluttante e diffidente, ma lo fece per amore.

«Non vi sto seguendo volontariamente, è il volere di Dio- cioè, volevo dire, Zeus!» balbettò quella creatura alata dai ricci biondissimi, quasi platino, e la tunica candida come la sua pelle. Ai piedi non indossava niente (forse perché era in aria perennemente) e incrociò le caviglie tra loro spaventato, facendo qualche passo indietro. «Lui mi ha chiesto di scortarvi da lui, perché essendo il Grande Padre onnisciente, sapeva del vostro arrivo. Inoltre, non badate al tempo di Corante, è relativo, come tutto qui.»

Luke e Michael assunsero la smorfia più diffidente che potevano trovare nel loro magazzino di espressioni, mentre Louis lo guardò accigliato. Nessuno dei quattro avventurieri aveva preso sul serio le sue parole, non erano affatto convinti di quello che stava succedendo. Harry sentì un impeto di determinazione e continuò il suo cammino verso la vetta del monte, seguito dagli altri tre, senza che badassero molto alla presenza dell'angelo dietro di loro.

«Quindi si chiamano Angeli» chiese Harry, non curante che ce ne fosse uno proprio dietro di loro che poteva sentire la loro conversazione.

«Sì, sono creature celesti al servizio di Dio. Non sono molto esperto al dire il vero.»  Luke tentò di definire scientificamente quella creatura ma non aveva mai consultato i libri adatti. L'angelo alle loro spalle titubante cercò di parlare:

«Se posso permettermi-»

«No!» lo zittirono tutti e quattro, continuando a camminare. A nessuno interessava più sapere quante creature mistiche la religione cristiana aveva creato, nessuno aveva più interesse a leggere qualcosa solo perché associata ad un credo. Luke era affamato di cultura, spesso lui e Brooke facevano a gara a chi leggeva più libri o scopriva nuove cose, eppure la Bibbia non era mai rientrata nel loro esclusivo club di lettura. Era uno di quei libri che mai nessuno avrebbe preso in considerazione se non associato alla religione, qualcosa che bisogna leggere solo se fortemente credenti. Eppure, non c'è nessuna premessa nella Bibbia che dice "solo se credi in Dio ti è concesso leggere le pagine seguenti". Accrescere la propria cultura in ogni ambito è avere la curiosità di guardare il mondo a trecentosessanta gradi. Perché il sapere non ha una linea di confine, il sapere è quella sottile sfumatura che divide l'oceano dal cielo quando si guarda l'orizzonte, è quella sensazione di infinito al quale tutti, almeno una volta, aspirano.

L'angelo restò in silenzio per tutta la durata del cammino, che sembrava infinito, fino alle porte del palazzo di Zeus. Oro massiccio fuso per creare un enorme portone, il battiporta a forma di nuvoletta con la maniglia per bussare a forma di fulmine. Harry prese coraggio e mosse la folgore sbattendola sull'immensa lastra, facendo un rumore sordo. Si allontanò lentamente, mentre le grandi porte si aprivano strisciando per terra e cigolando rumorosamente, innervosendo i due mortali. Una volta dentro, non fu difficile per il gruppetto raggiungere la sala del trono, dato che era l'unica stanza presente. Non c'erano porte, solo finestre grandi quanto interi palazzi, che si estendevano fino al cielo ed emanavano una grande quantità di luce. Luke pensò che fosse una delle meraviglie architettoniche più belle che avesse mai visto. Camminarono lentamente lungo il grande atrio, poteva essere grande quanto due campi da baseball. Al centro di esso, di spalle al muro che fronteggiava l'ingresso, c'era un enorme trono fatto di nuvole, dove sedeva un uomo dalle dimensioni più grandi di quelle umane, come se lui dovesse manifestare la sua grandezza anche fisicamente, oltre che solo grazie alle sue potenzialità. La sua barba bianca sembrava fatta della stessa consistenza delle nuvole sul quale sedeva, e i suoi occhi erano azzurri come il cielo, attraversati ogni tanto da una scossa luccicante.

«Mio nipote Harry!» tuonò entusiasta Zeus, per quanto un tuono potesse sembrare positivo. Harry si bloccò sul colpo, come bloccato da una forza invisibile, e trasalì girandosi subito verso Louis. Luke e Michael si guardarono intorno ancora assuefatti da tanta bellezza, mentre Louis stava trattenendo ogni muscolo del suo corpo per non sguainare la sua spada. «E certamente il suo amato Louis. Loro invece, non so chi siano.»

«Ma come-»

«Ma cosa diamine significa "non so chi siano", scusi? Stiamo parlando del divino onnipotente onnisciente e tante cose che dicono sul suo conto e lei esordisce con "non so chi siano" Però sapeva del nostro arrivo!» Sbottò Michael impaziente. Era stanco, voleva tornare a casa, voleva dire a sua madre che finalmente Luke era il suo ragazzo, voleva giocare ai videogame con Brooke e tornare alla sua vita normale senza dover avere a che fare con dei, semidei, angeli e aldilà. Era stressante. Zeus aggrottò la fronte guardando il piccolo mortale, prima di ridere di gusto per la personalità che luccicava attorno alla sua figura. Era nitida e raggiante, segno di una persona forte.

«Oh, ma io non sono onnisciente. Onnipotente forse, ma onnisciente no, mi spiace deludere le vostre aspettative. Sono solo il dio del cielo, infondo» commentò modesto il grande uomo. Harry alzò lo sguardo al cielo scocciato, mentre Louis cercava di sbloccarlo con la mano sul suo braccio. Luke strinse i pugni, camminando avanti fino a trovarsi quasi ai piedi del dio.

«Solo il dio del cielo? Nella nostra epoca pensano che Lei, Signore, sia il capo di tutto! E per tutto intendo anche le creazioni negative. La guerra, le azioni egoiste della gente, la natura che muore, il riscaldamento globale. Viene attribuito tutto a lei, quando aumenta la disperazione.» Il viso di Luke era rosso di rabbia.

«Ares adora la guerra, come ben sapete» gesticolò noncurante con la mano Zeus.

«Ma nessuno crede più in lui, o nelle altre divinità. Non associamo la bellezza ad Afrodite, la saggezza ad Atena, come non associamo Ares alla guerra o Eris alla discordia. Associano tutto ad un unico dio, sia la bellezza dell'umanità che i suoi orrori.»

«Sì! E anche i libri! Dobbiamo salvare anche i libri» esclamò con tutto sé stesso Louis, sentendo un'importanza vitale di quegli affari che aveva visto nel futuro e che sentiva di dover salvare. Si sentì un gemito stremato da un angolo della stanza, dal quale saltò fuori Morfeo, in abito nero come si era presentato in visione ai due greci, ma aveva due bracciali bianchi sui polsi. Sembravano manette, o comunque un oltraggio della moda.

«Ti prego, Louis. Smettila con questi libri e concentrati!» Borbottò il dio dei sogni affiancando suo malgrado Zeus. La differenza di dimensione tra i due era notevole e volontariamente marcata, come se Zeus non garantisse la grandezza a Morfeo perché un dio minore e di minore importanza. Dopotutto, Morfeo aveva atteso tanto per essere portato lì sull'Olimpo ricevendo un piccolo riconoscimento, ma questo non era abbastanza forse per avere una dimensione di un vero dio. Anche gli altri, anche la stessa Afrodite, era più grande della statura media di un essere umano, ma non eccessivamente come lo era Zeus.

Megalomane, pensò Michael.

«Divino Zeus. Siamo qui perché non occorre dividere l'aldilà e le anime che la abitano dovendo selezionare le anime che in vita sono state buone da quelle cattive. Si è tutti uguali davanti alla morte» incominciò Harry, facendo qualche passo avanti nella grande sala per attirare l'attenzione del dio.

«Harry, non sono discorsi che farebbe un immortale» lo richiamò Zeus. Non era esattamente un ottimo espediente per una contropartita, pensò Louis, ma attese.

«Il fatto che non lo tocchi con mano non vuol dire che non lo conosca» continuò il semidio, Harry. «Mio Padre, Ade, è il signore degli Inferi. Lui sa cosa prova un'anima alla morte, anche mia madre lo ha vissuto. E lei ha deciso di spostare qui metà degli abitanti degli Inferi, i più "puri". Qual è lo scopo, sfoltire l'Ade? Da quanto ricordo c'è abbastanza spazio per l'intera umanità. Non tolga ad Ade l'unico compito che gli è stato assegnato, non divida le anime con un criterio che deve influenzare la loro vita sulla terra.»

«Gli uomini moderni vivono in funzione della loro vita oltre la morte. Agiscono nel bene per godersi l'eternità dopo» Zeus era fiero, quando parlava. Sembrava sicuro della sua stessa causa persa, Morfeo dal basso lo guardava con riluttanza.

«Avrei da dissentire» esordì Luke nella conversazione, «In realtà gli uomini vivono come vogliono, non in funzione di un dio. È sempre stato così, non credo cambierà mai. Istituire un "paradiso" non ha migliorato né la criminalità, né la violenza, né la cattiveria dell'umanità, forse l'ha peggiorata, come se fosse una sfida. Dunque a questo punto non so quanta pena valga tenersi qui qualche anima fin troppo conformista e noiosa, quando possono essere messe tutte in un unico luogo. Chi merita, potrà essere torturato, ma non dovrebbero esserci distinzioni anche post mortem. La vita terrena è già piena di pregiudizi, non aggiungiamone altri anche dopo di essa. Possiamo tornare a casa adesso?» Luke parlava come se quelle parole le avesse nel cuore da troppo tempo. Lui si sentiva giudicato per il suo orientamento sessuale, oppure se nel reparto delle camicie maschili lui preferiva i motivi allegri alle solite righe. Si sentiva giudicato se mangiava un hamburger con una salsa piuttosto che con un'altra, se non gli piaceva il calcio ma il basket. Se negli spogliatoi della palestra cantava le canzoni di Justin Timberlake anziché dei Green Day. L'intera vita è composta di pregiudizi e solo il pensiero di doverla vivere in una determinata maniera per aggiudicarsi un posto privilegiato dopo la morte, gli faceva pensare a quanto quel circolo vizioso non finisse mai.

«Il tuo cuore è immenso, Luke Hemmings» furono le uniche parole di Zeus. In quel momento Luke ricordò quella sensazione provata quando l'immagine sbiadita di Ade infilò nel suo petto la mano per accarezzare il suo cuore. Le sensazioni erano simili, le intenzioni delle due persone erano diverse. Sentiva di non stare bene lì, sentiva di voler tornare a casa. Zeus guardò prima Luke negli occhi, poi Michael, che scocciato e frustrato stava per urlare. Erano pur sempre dei ragazzini, volevano solo tornare a casa e vivere la loro vita normalmente, che altro avrebbero dovuto fare se non discuterne in modo diplomatico?

Louis sguainò la spada, pronto ad utilizzarla per la prima volta nella sua vita, affiancando Harry che si era fatto più avanti.

«Zeus, rimedia a questa confusione e riporta la tranquillità!» Strillò cercando di essere virile con la scusa della spada, anche se sembrava solo goffo. La sua spada non gli rendeva assolutamente giustizia, non sembrava assolutamente un guerriero e non aveva nulla di valoroso se non un folle luccichio di Ares negli occhi. Louis adorava attaccare briga perché credeva di poter dimostrare così la sua mascolinità, ma non voleva mai sul serio battersi. Soprattuto se c'era Harry nelle vicinanze. Morfeo guardò i due ragazzi interdetto, come se si aspettasse qualcosa di più che non era arrivato. Lanciò un'occhiata annoiata a Zeus, era molto infastidito da quanto diceva la sua espressione facciale. Morfeo si avvicinò a Louis lentamente, camminando verso di lui nel silenzio di quella grande sala rimbombando nell'eco, posizionandosi davanti alla sua spada ben eretta, poi porse i polsi verso di lui.

«Liberami, o finto cavaliere. Utilizza la tua spada per spezzare le catene delle anime mortali, e il mondo ultraterreno si ristabilirà.» Louis fece quanto dettò e la lama della spada stridette contro il metallo divino delle catene bianche che indossava Morfeo, sprigionando un barlume di luce che accecò tutti i presenti nella stanza.

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