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AGAIN _ 9.1

«Ma dov'eri finita?» mi chiede Sanne non appena mi siedo al loro tavolo.

«Incidente di percorso» minimizzo stappando la mia lattina di Coca-Cola.

«Chi? Connor o Logan?» ammicca lei.

La guardo malissimo. «La dottoressa Gomez» la liquido subito.

«Che noia. Io invece ho importanti novità per entrambe» sorride Sanne estraendo qualcosa dalla borsa.

Anche Malek pare interessata.

«Di che si tratta?» domando con una punta di panico nella voce.

«Ci sarà una festa dopo domani!» esulta. «Ho sentito Isabelle parlarne negli spogliatoi con Camille e le altre cheerleader.» 

Sbuffo.

«Che bello» mugugna Malek rituffandosi nel suo libro.

«Be', tutto qui il vostro entusiasmo?» domanda lei delusa.

«E dove sarebbe questa festa?» chiedo giusto per farla contenta.

«A casa degli Harris.»

«E chi sarebbero?»

«Ma come? Dylan Harris è il capitano della squadra di basket. Mai visto in giro?»

«Non saprei» dico alzando le spalle.

Sanne mi tira la maglietta e mi indica un tavolo dall'altra parte della sala, dove un gruppo di ragazzi sta chiacchierando animatamente.

«Il tizio con il ciuffo biondo. Lui è Dylan Harris.»

«Forse l'ho visto un paio di volte» ribatto.

«E noi cosa centriamo?» interviene Malek.

«Parteciperemo!» esclama Sanne.

«Ma non sa nemmeno chi siamo» precisa Malek.

«Ti vuoi imbucare?» sbotto.

«Che male c'è? Lo fanno tutti!»

«Non ti ricordi cos'è successo alla festa di Camille?» le domando.

«Ragazze, vi prego! Smettiamola di comportarci in questo modo!» afferma Sanne incrociando le braccia al petto imbronciata, lo sguardo che lancia scintille.

Dopo quello che è successo da Camille e poi alla riunione del gruppo studentesco, non voglio più partecipare a nulla insieme alla gente della nostra scuola. Credo di esserne allergica.

«Non saliremo mai il gradino della scala sociale se ci nascondiamo » borbotta.

«Me ne farò una ragione» dice Malek.

«Non lo saliremo mai perché ci spingeranno sempre più di sotto» aggiungo io. 

«Come faccio a convincervi?»

«Ogni volta succede sempre qualcosa di spiacevole» le ricordo.

«Non possiamo rimanere per sempre delle studentesse anonime del liceo. Che cosa racconteremo ai nostri compagni del college il prossimo anno? Che eravamo delle diligenti bambine? » insiste.

«Mio padre non mi farà mai partecipare a una festa del genere» dice Malek. «Le odia perché sono piene di gente ubriaca che perde il controllo di sé e delle proprie inibizioni. Ragazze che si comportano come prostitute e scarso igiene. Non potrei toccare i bicchieri, o le maniglie delle porte. Per non parlare del fumo di sigaretta, perché lo sappiamo che a quelle feste le regole esistono per essere infrante. E se qualcuno mi vomitasse addosso? Avete idea? O potrebbero rovesciarmi sulla maglietta un bicchiere di punch, il che proverebbe a mio padre che mi sono avvicinata agli alcolici, perché non prendiamoci in giro ce ne saranno, e questo farebbe di me una poco di buono. Sarei costretta a casa in punizione fino al giorno del diploma.»

«Potremmo inventarci una scusa» risponde Sanne.

«Che vuoi dire?»

«Cosa c'è di meglio che una festa con i ragazzi della nostra scuola per rompere il ghiaccio?» Le brillano gli occhi. «Semplicemente potresti raccontare che un nostro compagno darà una festa a casa sua, che i suoi genitori saranno presenti, e che abbiamo ricevuto un invito. Sarebbe molto scortese da parte tua rifiutare il primo invito che ti fanno, non ti pare?»

«Davvero i suoi saranno a casa?» chiede Malek.

«Non penso proprio, ma tuo padre potrebbe chiamarli, così si tranquillizzerà. Loro sanno che il figlio organizza delle feste quando non ci sono. Anzi, a quanto ho sentito ci sarà anche il fratello, rientra dal college per qualche giorno. Lui ha già ventun'anni, il che significa che ci saranno pure i suoi amici e parecchia birra. Magari puoi dire che Dylan frequenta teatro con te.»

«Ma non è vero!»

«Tuo padre non lo sa.»

Malek si fa pensierosa. «Ci rifletterò su» conclude.

«Stai scherzando?» sbotto io. «Stai davvero prendendo in considerazione l'idea di partecipare? Di mentire a tuo padre!» 

«Si tratta di socializzazione Anderson, ti dice niente?» si impunta Sanne.

«Io non ci vengo» ribadisco decisa.

«Non torneremo tardi.»

«Non ci vengo.»

«Non succederà nulla, te lo prometto. Fallo per Malek! La sua prima festa. Solo per mostrarle com'è, per non lasciarle finire il liceo nell'ignoranza!»

Quando suona la campanella che segnala la fine della pausa pranzo mi sento sollevata. Finalmente non dovrò più ascoltare questo discorso.

«Rachel» mi chiama Sanne. «Vieni con noi, per favore.»

La guardo per un lungo istante.

«Staremo poco. E se vediamo qualcosa di strano torniamo subito a casa. Prometto che terrò Connor e Logan lontano da te se proveranno ad avvicinarsi. Soltanto un'ora! Così magari il papà di Malek le permetterà di venire. Un'ora, promesso!»

Alzo gli occhi al cielo sconfitta.

«Soltanto un'ora?» chiedo con un sospiro.

«Promesso!» esclama Sanne illuminandosi come un albero di Natale.

«A che ora?»

«Le ragazze dicevano dalle nove in poi.»

«Aspetterò come Maria Antonietta la ghigliottina» mugugno.


«Non so cosa mettere» mi dice Malek non appena apro la porta di casa.

È largamente in anticipo, dato che Sanne non passerà a prenderci prima di un'ora.

«Lo sapevo che sarebbe stato un disastro» aggiunge mentre varca la soglia.

Ha con sé una voluminosa borsa.

«Magari andiamo in camera mia, che ne dici?» le suggerisco.

«Mi dispiace disturbarti, ma sono in crisi. Una crisi molto profonda.»

Quando siamo nella mia stanza, lei rovescia il contenuto della borsa sul letto.

«Ecco, questo è praticamente il mio armadio» dice. «Be', almeno la parte invernale.»

«Qual è il problema?» le chiedo.

«È che non sono mai stata a una festa, non so cosa si indossa, quindi ho pensato che nel caso fossi vestita nel modo sbagliato tu avresti potuto consigliarmi quello giusto.»

«Togli il cappotto, fammi vedere.»

Indossa un paio di jeans neri e un maglioncino leggero, nero, a collo alto. I capelli lunghissimi intrecciati diligentemente all'indietro per lasciare il viso scoperto.

«Sei vestita come a scuola» le dico.

La sua gamma cromatica infatti va dal nero al grigio scuro, al blu notte o al marrone cioccolato fondente. Non l'ho mai vista con qualcosa di chiaro che non fosse il camice bianco nel laboratorio di biologia.

«Appunto» mugugna.

«Secondo me vai benissimo così» dico.

«Davvero?» Sgrana gli occhi stupita. «E tu che cosa ti metti?»

«Questo.» Mi alzo in piedi e le mostro i miei jeans chiari, la maglietta a mezze maniche bianca e un cardigan azzurro che mi sono fatta da sola.

«Però tu sembri bella.»

«Anche tu.»

«No, io non lo sono. I ragazzi si spaventano di me.»

«Si spaventano di te perché si sentono in soggezione.»

«Io non riesco a vedere la parte romantica della faccenda. Per me l'attrazione tra uomo e donna è questione di chimica. Lo sai che è tutta colpa degli ormoni, vero? Inutile che vada alla ricerca del ragazzo carino, quando magari la mia natura mi spingerà verso il meno umanoide sulla faccia del pianeta. Eppure a me sembrerà bellissimo. E così sarò fregata.»

«Malek, devi rilassarti. È solo una festa.»

«Non avrei dovuto accettare.»

Bussano alla porta e papà fa capolino nella stanza con la testa.

«Volete qualcosa da bere, ragazze?» domanda.

«No, signor Anderson, la ringrazio.»

«Che state facendo?» domanda, notando i vestiti sul letto.

«Cose da ragazze» taglio corto.

«Problemi con i vestiti?» chiede lui.

Da quando è diventato così acuto?

«Malek voleva un consiglio» rispondo.

«Be' se vi serve qualcosa ci sono ancora dei vestiti di tua madre.»

«Che cosa?»

«Sì, ha lasciato qui alcuni abiti, se volete curiosare per me non ci sono problemi, tanto non è roba che indosso...»

Io e Malek ci lanciamo un'occhiata. Sono davvero curiosa di vedere che cosa la mamma non ha voluto portare con sé. Raggiungiamo la camera da letto di papà. Lui estrae una scatola dall'armadio e la poggia sul letto.

«Tutto vostro» dice prima di andarsene chiudendo la porta.

Sollevo il coperchio e comincio a tirare fuori maglioncini dai colori vivaci, abiti cortissimi, magliette con le paillettes e microgonne di jeans.

«Questi sono di tua madre?» domanda Malek affascinata.

«Così sembra.»

Prendo un vestito lungo fino al ginocchio. È blu scuro con dei piccoli ricami azzurri. Sono tentata.

«Tuo papà è....diverso» dice a un tratto Malek. «Ha un'aria un po' da burbero, però in realtà non lo è. Non mi sembra di tante parole, ma è gentile. Mio padre è più un generale. Ci ha cresciuto come soldatini.»

«Papà è... forte» mi esce di getto e mi spunta un sorriso. «Provati questo, dài» la incoraggio porgendole un vestito e stringendo in mano quello che avevo adocchiato prima.

Ci cambiamo velocemente.

Il vestito è proprio della mia taglia e devo ammettere che mi dona. Non è troppo elegante, ma è abbastanza carino per una festa. E il mio cardigan azzurro ci sta alla perfezione. Sciolgo i capelli e li spazzolo, poi li raccolgo in una coda alta.

«Che te ne pare?» mi chiede Malek.

Il suo vestito, poco più corto del mio, è di un delicato color rame che si intona benissimo con la sua pelle e ha un grande fiocco alla base della schiena che trovo decisamente grazioso.

«Stai benissimo» le sorrido.

«Mi sento nuda» dice lei, guardandosi le gambe.

«Ti assicuro che non lo sei.»

«Sto facendo qualcosa di sbagliato. Mio padre mi crede vestita in un altro modo. Se mi dovesse vedere potrebbe venirgli un accidenti.»

«Quante probabilità ci sono che tuo padre si presenti alla festa?»

«Spero nessuna!» risponde terrorizzata.

Le sciolgo i capelli che le ricadono lunghissimi dietro le spalle. «Direi che adesso siamo pronte.»

«Solo un'ora?»

«Solo un'ora, promesso.»

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