AGAIN 7.3
«Rachel!» mi chiama Logan.
Lo ignoro e continuo a camminare.
«Rachel, dannazione, aspetta!»
Mi afferra per un polso costringendomi a voltarmi.
«Lasciami andare» sbotto.
«Si può sapere che ti prende?» mi domanda confuso.
«Voglio andare a casa.»
«Per favore, prima dimmi che succede.» Molla la presa e indietreggia di un passo, senza staccarmi gli occhi di dosso.
«Che cosa ti ho fatto?»
«Non ci sei ancora arrivato?»
«No, e non mi piacciono questi giochetti.»
«La scommessa, Logan! Credevi davvero che fossi una povera scema?»
Lui resta in silenzio.
«C'eri anche tu quando Isabelle ha proposto quella cavolo di scommessa!» urlo in mezzo al parcheggio.
«Ti calmi, per piacere?» dice perfettamente padrone di sé.
«Chi te l'ha detto? Chi ti ha detto che c'ero anch'io?»
«Connor.» Incrocio le braccia al petto, spazientita.
«E proprio tu, ora, ti fidi di Connor? Non posso crederci» ridacchia.
«Mi è sembrato molto sincero» insisto.
«Connor è capace di raccontare qualsiasi cosa per tirare la gente dalla sua parte. Perché dovresti credere a Connor e non a me?»
Per un momento sono confusa.
«Ti va un caffè?» mi chiede dal nulla.
«Come scusa?»
«C'è una caffetteria proprio qua in fondo, preparano un ottimo caffè.»
«Non saprei» farfuglio.
«Eddài, Rachel, comportati da persona civile. Non vorrai tenermi il muso per una cosa simile. Mettila così: se accetti avrai altro tempo per insultarmi.»
Nonostante tutto mi viene da ridere. «Non devi andare agli allenamenti?»
«Ho ancora un po' di tempo. E se anche per una volta ritardo non succede nulla.» Raccoglie il borsone e mi fa segno di precederlo.
Conosco quella caffetteria, ci passo davanti tutti i giorni ed è sempre piena di gente.
«Abbiamo un nuovo allenatore quest'anno» dice Logan, appena ci accomodiamo.
«Ed è un bene o un male?»
«Un bene! Siamo la squadra peggiore della zona» mi spiega, mentre la cameriera viene a portarci i menu. «L'allenatore se n'è andato per disperazione. Ma questo, il signor Burnes, sembra uno tosto. Ci fa sudare come pazzi, non ho mai avuto i muscoli indolenziti come in queste settimane.»
«Quanti allenamenti fate?»
«Quattro a settimana. Più le partite. E tutte le mattine prima di venire a scuola io e Connor andiamo a correre. Altrimenti il nostro fisico non reggerebbe.»
«Magari vincerete il campionato, quest'anno» butto lì. Di sport non me ne intendo, non me ne è mai importato nulla. «Me lo auguro» risponde e capisco dal suo tono che ci spera davvero.
«Ho bisogno che un talent scout venga a vedere le partite e si accorga di me» mormora più a se stesso che a me.
«Vuoi ottenere una borsa di studio?»
«Sarebbe l'unico modo per permettermi il college. Papà lavora come un matto, è sempre via, ma lo pagano una miseria» mi confida. «Mamma gli ha detto un sacco di volte di cercare un altro posto. Qualcosa che gli permetta di stare a casa con noi. Ha praticamente cresciuto me e le mie sorelle da sola e mi accorgo che è provata. Adesso che diventiamo grandi è come se stesse realizzando che da un momento all'altro non ci saremo più.»
Non mi aspettavo che volesse affrontare argomenti tanto personali. Mi sento in imbarazzo e mi è difficile guardarlo neglI occhi.
«Se tutto va bene il prossimo anno io non sarò qui» prosegue.
«Non voglio che inizi a credersi vecchia e che cada in depressione.»
«Sono sicura che non succederà niente del genere. Vedere i figli crescere è un processo inevitabile della vita.»
La cameriera ci porta le nostre ordinazioni. Ho preso un caffè lungo con panna e cannella.
«Potresti trovarti un lavoro» gli propongo.
«Un lavoro?» ripete lui.
«Sì. Ce ne sono un sacco che potresti fare dopo la scuola. O la sera. Potresti guadagnare qualcosa, per aiutare a casa, non mi sembra un discorso tanto assurdo.»
«Rachel, stai scherzando? Ti ho appena detto che ho quattro allenamenti a settimana e poi devo studiare. Non avrei il tempo.»
«Non hai il tempo o non hai voglia?»
«Non posso lavorare. Hai visto con chi esco, che gente frequento. Se loro mi vedessero con, che ne so?, un grembiule addosso a distribuire caffè prima di cena sarei messo da parte.»
Lo guardo a bocca aperta. Non posso credere a quello che sento. «Sei serio?»
«Non posso mostrarmi debole, Rachel. Ho fatto una fatica assurda per essere accettato da quelle persone e non mollerò tutto proprio gli ultimi mesi di scuola.»
«Lo sai, vero, che al college sarai un signor Nessuno e questa fatica non ti sarà servita a nulla?»
«Mi è servita per godermi le superiori. Tu sei un'asociale, io invece me la sono spassata con la gente che conta.»
«Ok, adesso è ufficiale. Sei davvero uscito di cervello» ridacchio.
Affondo il naso nella tazza e annuso l'aroma del caffè.
«Scusa, ma che problemi hai?» mi incalza.
«Io? Nessuno.»
«Chi sei tu per giudicarmi?»
«Una persona che credeva di conoscerti.»
«Tu non sai proprio niente di me.»
«Me ne rendo conto.»
«La squadra di football è importante per me. E anche i miei «Giustissimo.»
«Connor si è dimostrato una persona eccezionale.»
«Un piccolo santo, sì.» Poggio la tazza vuota. «E di Isabelle cosa mi dici? Quando io e lei eravamo amiche, voi due non vi siete mai presi. Adesso invece fate gli amiconi. Sei ridicolo.»
«E tu patetica!»
«Patetica?»
«Sì. Sei ancora attaccata a quattro anni fa. Noi siamo andati avanti, non ci pensiamo nemmeno più.»
«Scusa se mi sono sentita tradita dal mio migliore amico.»
«Ah tu ti sei sentita tradita?» sbotta. Si alza e afferra il borsone.
«Devo andare o farò tardi.»
«Stiamo parlando.»
«No, la conversazione finisce qui. Ho già pagato» dice alludendo ai caffè.
Lo seguo fuori dalla caffetteria e cerco di stare al suo passo.
«Spiegami questa reazione» gli urlo.
«Vattene a casa Rachel.»
«Io ti confesso che mi sono sentita tradita dal mio migliore amico e tu riesci solo ad andartene?»
«E io che ho dovuto vedere te e Connor che vi baciavate e sentire dire, poi, che gli stavi quasi saltando addosso?» grida lui fermandosi di colpo
«Cosa c'entra?» domando confusa.
«Non avevo mai capito che ti piacesse Connor, sapevo che era Isabelle quella con la cotta.»
«Infatti a me Connor non piaceva e non avrei mai fatto nulla per ferire Isabelle.»
«Mi sembra tu abbia fatto abbastanza, invece!»
«Connor viene da me, dice che gli piaccio, mi bacia e poi quando capisce che non ricambio si inventa una serie di balle colossali. Mi dici dove ho sbagliato?»
«Avresti dovuto guardarti meglio intorno!» Inspira a fondo come per riprendere il controllo, poi mi appoggia le mani sulle spalle e mi guarda negli occhi. «Mi piacevi Rachel. Mi piacevi un sacco, ma non mi sentivo all'altezza! Pensavo che la nostra amicizia potesse evolversi in qualcos'altro. Solo che io non potevo competere con Connor Brown, lui piaceva a tutte e pure a te! L'unica cosa era diventare come lui, e mi ci è voluta fatica, credimi!»
Sono sconvolta. Ascolto le sue parole, ma non le comprendo appieno. Non può essere.
«Logan... io non lo sapevo» mormoro.
«Appunto!» Abbassa le mani e lascia ricadere le braccia lungo i fianchi. «Vederti tornare, quest'anno è stato assurdo. Non potevo crederci. Sei diversa, come lo sono io. Ma, dannazione, mi piaci ora come un tempo! E tu continui a preferire Connor!»
«Logan!»
«Non ho proprio speranze, Rachel? Lascia perdere il passato, lascia perdere le stupidaggini di due bambini immaturi. Guardaci adesso. Non ho speranze?»
Mi si mi mozza il respiro. Vorrei dire qualcosa, eppure non riesco. Il mio cervello sembra completamente bloccato. Fuori uso.
«Devo andare a casa, scusami tanto» dico.
Questa volta non fa niente per fermarmi.
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