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AGAIN _ 4.2

Alzarmi dal letto, stamattina, è una vera sofferenza. Il terrore di incontrare Isabelle e l'idea che Connor mi stia di nuovo prendendo in giro, iniziano ad avere il loro effetto su di me. Mi sento strana. Mi gira la testa, forse ho la febbre e ho vomitato un paio di volte.

Quando ero piccola e non volevo andare a scuola, lo stress mi scatenava dei mal di testa da record. Una vera tortura. All'inizio mamma e papà si erano preoccupati, ma quando hanno capito la vera ragione non ho più avuto presa su di loro. Quindi, si vede che anche questa volta il mio corpo sta esprimendo alla sua maniera le cose che non vanno: odio questa scuola! E questa città! E questa situazione del cavolo che mi mette a disagio!

Ovviamente la parte più difficile sarà convincere papà a tenermi a casa. Mi conosce fin troppo bene. Ma in fin dei conti, chi è lui per giudicarmi?

«Pa', non mi sento molto bene» dico comparendo in cucina con la faccia più sofferente che sono riuscita ad assumere. Lui mi scruta sospettoso e io distolgo lo sguardo colpevole.

«Cos'hai?» domanda fingendo interesse.

«Un mal di testa pazzesco. Faccio fatica a tenere gli occhi aperti» spiego.

«Hai dormito male?»

«No.»

«Sei andata a letto tardi?»

«Neanche.»

Mi fissa per un lungo e interminabile istante. «Allora credo proprio non sia niente di così grave» sorride e riprende a leggere il giornale sportivo.

Prima di uscire passo in bagno e controllo nel cassetto dei medicinali: ci dovrà pur essere qualcosa! Noto subito un flaconcino con delle erbe disegnate sull'etichetta e sotto la scritta: CONTRO GLI STATI D'ANSIA. Proprio quello che mi serve! In fin dei conti il mio malessere è proprio causato dall'agitazione. Lo infilo in tasca, giusto in caso di bisogno.

«Possiamo parlare?» domando a Sanne durante il cambio dell'ora, mentre mi accompagna all'armadietto.

«Certo» mi risponde.

«Ho parlato con Connor» dico senza mezzi termini.

Lei sgrana gli occhi. «Gli hai detto quello che ti ho riferito?» domanda preoccupata.

«No, certo che no!» rispondo. «Mi ha aspettata dopo la scuola» inizio a raccontare.

«Veramente?»

«Sì, veramente.» Faccio una pausa e stringo gli occhi. Il mal di testa mi sta uccidendo e la confusione che c'è qui non mi aiuta di certo.

«Stai bene?» domanda Sanne.

«Sì, tranquilla.» Sorrido per essere più convincente mentre delle lame taglienti mi si infilano nel cervello. «Mi ha chiesto scusa per quello che è successo in mensa.»

«Scherzi? Ma perché? Voglio dire, lui nemmeno era presente. Di cosa dovrebbe scusarsi?»

«Secondo il suo punto di vista, il fatto di essere venuto a parlare con me ha scatenato l'ira di Isabelle. Quindi se Miss Crudeltà si è sentita in diritto di farmi uno shampoo al ragù, la colpa è della gelosia.»

Sanne mi fissa mordicchiandosi l'unghia del pollice. «Be' ci può stare» commenta.

«Come scusa?»

«La gelosia. Ci può stare» ripete. «Insomma lo sanno tutti che Isabelle Howard ha una cotta per Brown. E tutti sanno anche che sono stati insieme e poi si sono lasciati. Evidentemente lei deve ancora elaborare la cosa. Forse spera di poterlo riconquistare. Magari ti vede come una rivale.»

«La stai giustificando?»

«No, sto razionalizzando.»

«Isabelle è un'idiota, non c'è niente da razionalizzare.»

«Secondo me è solo un po' distante dalla realtà. Ha sempre avuto ogni cosa su un vassoio d'argento e pensa che la vita sia così. Prima o poi si sveglierà da questo eterno sogno.»

Alzo gli occhi al cielo.

«Però se ci pensi è molto romantico» aggiunge. «Venire a scusarsi. Avrebbe anche potuto fregarsene. Di solito Brown non si scomoda con simili gesti.»

«Peccato che sia gentile solo quando siamo lontani dai suoi amici. A scuola non mi vede nemmeno» le ricordo. 

«Dici che può essere una tattica?» mi chiede con tono cospiratorio. «Se Logan lo ha accusato di tramare qualcosa con Isabelle contro di te e dopo che lei fa un gesto del genere lui viene pure a scusarsi... potrebbe essere parte del complotto.»

«Tu dici?»

«Spero di no.»

«Già, lo spero anch'io.»

Proprio ora Connor compare sempre circondato dal suo immancabile gruppo di amici. Stanno ridendo di qualcosa che ha appena detto, qualcosa di molto divertente a quanto sembra. Io e Sanne lo fissiamo. Forse ha ragione lei. Non posso cadere nel tranello. Devo stare attenta, perché ho una carta in più dalla mia parte, la consapevolezza. Oltre che l'esperienza. Il mal di testa esplode più acuto di prima e mi porto una mano alla tempia.

«Ehi, stai bene?» La voce di Sanne è l'ultima cosa che sento prima che tutto diventi nero.

Quando apro gli occhi, mi trovo in un luogo che mi ricorda vagamente l'astanteria di un pronto soccorso. Sanne e papà sono chini su di me, le facce visibilmente preoccupate.

«Che è successo?» chiedo intontita.

«Sei svenuta» risponde papà.

Mi accorgo dei fili che spuntano dal mio braccio e si collegano a una flebo appesa sopra il lettino. Distolgo immediatamente lo sguardo, lo stomaco già braccato da un conato di vomito. Sulla sedia in un angolo noto anche Malek.

«Che ci fate qui?» domando.

«Siamo arrivate non appena sono finite le lezioni» mi spiega Sanne. «Sei svenuta a scuola.»

Entra il dottore, ma papà lo riporta subito fuori, immagino per informarsi sul mio stato di salute. Rimango, quindi, sola le mie compagne e un uomo che dorme nel lettino a fianco. O credo dorma. È immobile, la bocca aperta, la faccia cadaverica. 

«Potete darmi qualche dettaglio in più?»

Le ragazze si scambiano un'occhiata. Malek si avvicina al mio letto, mentre Sanne va a sedersi su uno dei due liberi. «Mettiamola così» dice Sanne più seria che mai, «un attimo prima stavamo parlando. Un attimo dopo eri per terra. Immobile.»

«Non ricordo nulla» replico confusa.

«Si vedeva che non stavi molto bene. Accidenti che paura, non mi era mai capitato. Non sapevo nemmeno che cosa fare» continua Sanne.

«Isabelle è corsa a chiamare un professore» interviene Malek prendendomi una mano. La sua presenza mi rilassa. 

«Oh, sì, che scena! È corsa ovunque urlando che eri probabilmente morta» precisa Sanne. Adesso si è praticamente sdraiata sul lettino, la testa appoggiata ai due cuscini. «Si è accalcata una vera e propria folla. Si è scatenato il caos, una situazione pazzesca!» Si ferma un istante per riprendere fiato. 

«Qualcuno ha cercato di ristabilire l'ordine, perché avevi bisogno di aria. Un paio di professori sono intervenuti subito per allontanare i curiosi. C'era anche Connor» dice Sanne e mi strizza l'occhio.

«Connor era lì?» domando.

«Sì, con i suoi amici e almeno altri cinquanta studenti» conferma decisa. «Sai, quando ti ha riconosciuta mi è sembrato davvero preoccupato. Ha strappato di mano il cellulare a un ragazzo che aveva cominciato a girare un video. Un gesto carino, non ti pare?»

«E poi? Cos'è successo?» chiedo ignorando il commento.

«Qualcuno ha suggerito di portarti in infermeria, però avevi una cera orribile, così il preside ha fatto chiamare un'ambulanza e ti sono venuti a prendere. Dopo ha convocato tuo padre nel suo ufficio» mi risponde Malek.

«Nell'ufficio del preside?»

«Be' ecco...» Sanne ha un'espressione imbarazzata. «Perché non ci hai detto che prendi gli psicofarmaci?» mi domanda. 

«Ti hanno trovato del tranquillante nella tasca della felpa, è caduto mentre ti caricavano sulla barella. Sono vietati a scuola. Insomma, psicofarmaci? Che c'è che non va?»

«Non ho nessun problema!» mi giustifico agitata. Avevo dimenticato le gocce. «Le ho prese dal cassetto dei medicinali a casa, credevo fosse qualcosa alle erbe per tenere a bada l'ansia. Non immaginavo fosse roba pesante.»

«Non hai letto il regolamento scolastico? Se uno sta male deve andare in infermeria» precisa Malek. No, non l'ho letto. Non l'ho proprio preso in considerazione il regolamento di quella stupida scuola! Chissà se anche papà ha passato dei guai per questo.

Uno ronzio fa voltare me e Malek: Sanne ha in mano il telecomando del lettino e sta giocando ad alzare e abbassare la testiera.

«Che stai facendo?» domanda Malek.

«Ovviamente adesso tutta la scuola pensa che ti impasticchi » mi dice ignorando Malek. «Isabelle ha colto la palla al balzo.»

«Sanne smettila, non è un giocattolo!» la rimprovera Malek.

«Ma vedrai, tempo qualche giorno e tutti si saranno dimenticati di questa storia.»

Sono spiazzata e senza parole. Possibile che stia succedendo sul serio? «Ma di che diavolo stai parlando? È un'assurdità! Non ho mai preso degli psicofarmaci in vita mia» urlo.

«Ragazze, vi prego!» interviene Malek lanciando un'occhiata all'uomo sull'altro letto, che si muove impercettibilmente facendo uno strano verso con la bocca.

«Io ti posso pure credere» riprende Sanne bisbigliando.

«Però Isabelle ha detto che eravate amiche un tempo, e sta raccontando delle... cose.»

«Cose? Quali cose?» È incredibile. Affondo la testa nel cuscino sperando che mi assorba e mi porti via. «È una tragedia» sbuffo. «Sono arrivata da un mese ed è già la seconda volta che si accanisce contro di me.» Guardo Sanne. «Sono rovinata. Non può andare peggio di così.»

«Oh sì, fidati. Quando c'è di mezzo Isabelle, al peggio non c'è mai fine» ribatte con un mezzo sorriso alzandosi dal letto.

Non riesco a capire come possa essere tanto calma. Non capisce quello che sta succedendo?

«Il dottore afferma che le analisi del sangue vanno bene, probabilmente è stato un accumulo di stress. Mi ha detto di tenerti a riposo qualche giorno e che adesso possiamo andare» mi informa papà entrando in camera.

Lo guardo sconvolta. «Che voleva il preside? Cosa ti ha detto? Ti ha sgridato?»

Per un istante mi sento quasi protettiva nei suoi confronti. Ok, non andremo poi così d'accordo, ma sono sotto la sua custodia e tutto quello che mi succede è affar suo. Non voglio creargli problemi. Di nessun tipo.

«Non ti preoccupare, è tutto ok. Ne parleremo a casa» mi rassicura.

La fisso per niente convinta.

«Gli ho spiegato che i medicinali erano miei, me li aveva prescritti il medico come aiuto per la depressione quando tu e la mamma siete andate via. È stata una mia mancanza, Rachel, avrei dovuto fare pulizia in quel cassetto già molto tempo fa. Tu sta' tranquilla, mi sono assunto io la responsabilità e mi sono scusato per non aver letto il regolamento. È tutto a posto, tu non centri nulla. La prossima volta però chiedi se non sei sicura.»

Scendo dal letto aggrappandomi al suo braccio e cerco di infilarmi le scarpe. «Non è tutto, vero?» Lo osservo con la sensazione che ci sia dell'altro e non sono sicura di volerlo scoprire.

«Ha detto che ti fisserà degli appuntamenti con lo psicologo della scuola.»

«Cosa? Perché?» inorridisco.

«Ritiene che possa aiutarti ad affrontare questi cambiamenti. Teme che non riuscirai ad ambientarti senza un po' di aiuto. Sai, il trasloco, il distacco dalla mamma, l'ultimo anno di scuola, l'ansia per il college, i nuovi compagni... ce n'è di materiale su cui lavorare. Non vogliamo che tu sia tagliata fuori.»

«Aspetta che si sparga la voce dello psicologo e diventerò super popolare, invece. Faranno a gara per essermi amici» bisbiglio sotto shock.

«Se ti può consolare ho avuto a che fare anche io con la dottoressa Gomez» interviene Sanne. «È una donna ok, non ti preoccupare.»

Voglio tornare a casa. Altri cinque mesi mi sembrano un periodo incredibilmente lungo!

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