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16 - Don't mess with Pee .Wee! || Andy


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"Take me baby, kiss me all over, play with my love.
Bring out what's been in me for far too long.
Baby, you know that's all I've been dreaming of."


» Prince - Do Me, Baby «



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Prima settimana di settembre, 2022


Anderson stava seduto sulla poltrona di vimini accanto alla finestra scorrevole della stanza a scrollare le foto su Instagram, la gamba sinistra a penzoloni. Indossava una camicia blu a fantasia ondulata completamente sbottonata, pantaloni e Vans dello stesso colore, un paio di occhiali da sole colorati e la parrucca a caschetto nero corvina in testa. Un po' gli mancava vestirsi casual con le magliette grunge da cinque dollari e i jeans, ma finché avrebbe dovuto seguire Bruno e il suo gruppo di "teppisti" in giro per il mondo, doveva assecondarlo – come lui faceva con la scelta della scaletta. Dopotutto il nome del brand era suo.

Era uscito di casa vestito così e da quando erano atterrati all'aeroporto, non aveva toccato la valigia. L'unica ad aver visto la suite era stata Matilde, mentre lui aveva perso tempo a cercare la Fortune Pool sulla mappa e guardare gli orari di apertura della spa. Da quando il gruppo aveva sfondato le classifiche, si era preso l'abitudine di farsi massaggiare le spalle e la schiena da massaggiatrici professioniste. Le mani di Titi erano decisamente meglio.

«Sei solo, Andy?» Il ragazzo alzò lo sguardo e, parlando proprio di lei, la inquadrò con un bikini viola dallo slip a tanga. Il pareo nero trasparente lasciava intravedere le sue forme invisibili ma seducenti. Dovette forzarsi per non avventarsi su quelle due piccole rotondità ed era difficile, per quanto fossero invitanti da sotto il reggiseno a triangolo. Prima il dovere, poi il piacere.

«Vuoi venire in spiaggia con me prima del servizio fotografico?»

Anderson fu costretto a rifiutare la sua proposta allettante. «Non posso, sto aspettando Geoffrey.»

«Peccato, ma se hai bisogno di coccole, sai dove trovarmi.»

Titi girò l'angolo e se ne andò. Il modo in cui sculettava da dietro quel viavai di palme e aiuole, il pareo nero trasparente che copriva la spaccatura del suo slip. Desiderò all'istante fermarla, farla sdraiare su quelle mattonelle, divaricarle le gambe e... Scosse la testa, noncurante dei capelli sintetici che gli solleticavano la nuca. Oh, Dio! Quella donna riusciva a mandare all'aria ogni briciola della sua ragione.

Doveva mantenere la parola data al tutore legale di Geoffrey: se avesse trascorso il tempo lontano da Los Angeles, avrebbe dovuto stargli vicino e far sì che rimanesse sobrio. Era il minimo che avrebbe potuto fare per sdebitarsi con quel ragazzo; se non fosse stato per la sua generosità, lui e Titi non si sarebbero mai più ritrovati. E a proposito di lui, spuntò dall'altro lato del sentiero insieme ad Eric il Panda Coccoloso e in vesti piuttosto insolite.

«Scusami! Non trovavo più il telefono.»

Il principe rastafariano – così lo soprannominavano gli Hooligans – si presentò con in mano la sua nuova affidata amica del cuore. Era stato costretto ad abbandonare la sua vecchia amica Berry per via della riabilitazione, ora anche il suo iPhone 11 dalla cover rossa portava quel nome. La sessione fotografica era divisa, quella fra i fenicotteri sarebbe stata l'ultima per Bruno, mentre Anderson dall'altra parte del resort insieme a Geoffrey.

«Era la tua ragazza quella fuori?» domandò quest'ultimo.

«Sì, sta andando in spiaggia.»

D'un tratto Eric gli circondò le spalle e con lo sguardo, indicò il prodigio di Dr. Dre di fronte a loro. «Che ti dicevo, Andy? Il vintage gli dona.»

«Ti dico solo una cosa: queste vestaglie di seta sono odiose» commentò lui sbuffando.

«Si chiama "camicia", Geoff.» Scrutando bene il suo outfit, Anderson notò che la sua camicia di seta aveva un pattern geometrico marrone-beige. Andava in pieno contrasto con quella che aveva lui, ma lo stile anni Sessanta era rimasto lo stesso. «Comunque non è vero, ti sta benissimo.»

«Solo perché è di seta, non perché mette in risalto le mie curve da cinquantenne. Preferisco di gran lunga una felpa extralarge con le scritte.» I suoi occhi puntarono sull'espressione neutrale del batterista. «Non giudicarmi, Eric.»

«Sarebbe ipocrita da parte mia, visto che ancora adesso mi vesto così e anche mio fratello» replicò, accennando un sorriso fraterno. «Non credere che abbia abbandonato il suo lato hipster, ogni tanto se lo concede.»

Anderson indietreggiò, lasciandoli parlare per fatti loro. Conosceva Geoffrey: non avrebbe più indossato una camicia di seta anni Sessanta e non perché non gli piacessero, ma si sentiva più a suo agio con dei vestiti oversize. Lo avrebbe fatto solo per quella sera, giusto per omologarsi col resto del gruppo. Giustamente, ognuno ne aveva scelta una dal pattern diverso. Stava iniziando a farci l'abitudine, ora che il nuovo gruppo stava spopolando.

Prima che avesse potuto sedersi nuovamente sul divanetto accanto la veranda della stanza, Bruno comparve sulla scena. Gli hair stylist e i truccatori avevano davvero fatto un bel lavoro nel mettere in risalto la sua carnagione color caramello e i riccioli folti, così come la scollatura adornata dalle collane d'oro e l'abbinamento dei colori. Aveva una camicia rosso corallo a fantasia zig-zag, pantaloni beige abbinati a delle scarpe a punta. Inutile ribadire quanto fosse attraente – quell'uomo stava bene con qualsiasi cosa addosso, anche con uno straccio ammuffito.

«Hai scelto un colore opposto al mio» esordì lui, scrutandolo dalla testa ai piedi.

«Dovevamo forse vestirci uguali?» lo pungolò scherzoso, incrociando le braccia.

Lui restò al gioco e sorrise. «No, Wee Man. Hai ragione.» Poi, una fossetta spuntò sulla sua guancia destra. «Ma sei capace di muoverti come me?»

«Mi stai sfidando, Mars?»

Dal suo sguardo pareva proprio di sì. – «Va bene, proviamo.»

In risposta, il ricciolino fece un fischio. «Hey, Phil, prepara la fotocamera.»

Quella sfida improvvisata si rivelò essere una parte di quel servizio fotografico per il brand, il ricciolino aveva stabilito tutto fin dall'inizio. La troupe si era radunata per scattare qualche foto a lui e la camicia blu marino, fra un colpo di cipria e l'altro. Da lontano Phil faceva qualche video per i social.

Geoffrey teneva fra le mani la cassa Bluetooth di Daddy – quest'ultimo che scrollava alla ricerca di un sottofondo adatto – e scelta la canzone, Anderson ascoltò il sintetizzatore iniziale e cominciò ad improvvisare qualche passo di danza. Let's Groove degli Earth, Wind & Fire, un classico. Si lasciò andare fra una mossa e l'altra, mentre gli altri lo guardavano e Bruno lo incoraggiava.

La musica cambiò improvvisamente e diventò più lenta. Anderson avrebbe preferito l'inconfondibile erotismo di Prince o la tenerezza di Marvin Gaye, ma invece avevano scelto un pezzo della Motown degli anni Settanta che non conosceva. Si concentrò e si sciolse con le spalle e la schiena, i movimenti sensuali arrivarono da soli e s'immerse in quella musica lenta e soave.

Bruno, alla vista di quei movimenti di bacino, fece un segnale con la mano destra ai fotografi. Eric si era fatto sfuggire qualche scatto di nascosto col suo cellulare. Sarebbe stato ingiusto non sfruttare quel potenziale, secondo lui. La sensualità di Anderson non era da sottovalutare.

Mentre ancheggiava, immaginò di vedere Matilde davanti a sé. Lui voleva altre coccole e francamente, non gli andava tanto di aspettare la fine della giornata. Tuttavia, gli toccava. Se non fosse stato per il servizio fotografico e i preparativi per l'evento, avrebbe mollato tutto e raggiunto quella bomba sexy per poterla toccare, baciare e piegarla sul...

«Andy! La musica è finita.» Un colpo sulla schiena lo risvegliò. Si accorse di essere entrato in stato di trance e si portò una mano sulla fronte, fermandosi di scatto e incrociando lo sguardo perplesso di Bruno. «Ti senti bene?»

Tutto quello che riuscì a dire fu un monosillabo. Non era ubriaco e aveva già le allucinazioni, o probabilmente era lo stress. Nove ore sul jet privato dopo aver fatto le ore piccole era troppo anche per lui, il caffè non era bastato a svegliarlo. Si chiese come diamine facevano gli altri ad essere così pimpanti di energia.

«Mettete le stories per Instagram in pausa, ragazzi.» Alex irruppe nella stanza con una cupola d'argento e la poggiò sul tavolo di mezzo, per poi scoperchiare una meraviglia dal profumo di panna. «La pasticceria del resort ci ha offerto una Saint Honoré. Visto che non abbiamo fatto colazione, potremmo approfittarne.»

Eric si offrì di tagliarla, essendo il più pratico. Tagliò il dolce in otto parti, in modo che ognuno avesse la propria fetta. Non era quella al cioccolato, ma la versione originale con la pasta sfoglia. I bignè intorno erano bagnati di rum al cocco – la bottiglia verde aveva conquistato parecchi pasticcieri! – e ricoperta di panna e nocciole.

Anderson non l'avrebbe mangiata, poiché gli ingredienti usati non erano vegani, e scelse di darla al fotografo assunto per quell'evento. La sua scelta di non mangiare carne e derivati animali gli impediva di godersi appieno la compagnia nel gruppo, ma almeno poteva gustarsi un bicchiere di rum e succo d'uva fresco. Poteva però contare sulla compagnia di Geoffrey – lui aveva solo il dolce, da bere un succo d'arancia – e prendendo il suo Galaxy, girò un breve video e fece scontrare il bordo del bicchiere con quello suo. 

«Certo che il rum al cocco si sposa bene con i bignè» commentò Eric, mangiando.

«Che ti dicevo? È l'afrodisiaco perfetto per qualsiasi dolce» ammiccò Bruno, mettendo in bocca uno dei babà sulla sua porzione di torta.

Eric non riuscì a non sorridere, suo fratello era rimasto il ragazzino grezzo di un tempo – solo se si parlava di dolci oppure hot dog pieni di senape e ketchup. Mangiando la Saint Honoré, capì perché Gin lo usava spesso nelle sue ricette caserecce. E a proposito di lei, si chiesero come fosse andata la riunione coi responsabili di Greenpeace. Christine aveva deciso di stare con lei per darle supporto morale, data l'assenza di Hayley, e nessuno aveva obiettato.

Finché si trattava della biologa marina, Bruno non diceva di no. Da qualche tempo ficcava il naso negli affari della sua quasi moglie, cercando diversivi per poter fare la sua parte. Lei preferiva fare tutto da sola, ma scrollarsi di dosso un mattacchione come lui era difficile. Aveva usato la scusa dei campioni da prelevare e del rifugio delle tartarughe marine per poter invitare i responsabili di Greenpeace nei pressi del Baha Mar, oltre ad avere una scusa per avere la ragazza con sé e anticipare la luna di miele. Ingegnoso.

«Lasciane un po' anche agli altri!» protestò Daddy, guardando il leader del gruppo prendere una seconda fetta di Saint Honoré. Doveva avere una gran fame, a giudicare da come mordeva quel bignè. Sperò solo di non trovare qualche macchia di panna sulla sua camicia rosso corallo, quella che avrebbe dovuto sfoggiare per il servizio fotografico in piscina.

«Chi se ne frega. Tanto questa roba non mi andrà sui fianchi.»

«Beato lui, cazzo» borbottò Eric con una punta d'invidia. Fin da piccolo era sempre stato tondo, mentre Bruno non era cambiato di una virgola. Che fosse anche una questione di metabolismo era palese.

Anderson non resistette nel fare una battuta scomoda. «Al piccoletto servirebbe, almeno si rifà quella frittella che ha al posto del didietro.»

Phil si fece scappare un grugnito, trattenendosi una risata isterica. A momenti sputava il rum sul tavolino. Alex e Daddy ridacchiarono fra loro, mentre Geoffrey si era coperto la bocca con la mano per non far vedere che stava ridendo.

Bruno fulminò Andy con lo sguardo, prima di sorseggiare un po' di rum dal suo bicchiere di cristallo. «Non dire cose sul mio culo piatto o sul mio metro e sessantacinque. Ci siamo capiti?»

In risposta, lo guardò poggiare il bicchiere sul tavolo con poca eleganza, e soppresse un ghigno beffardo. Permaloso, il ricciolino hawaiano. Perlomeno avrebbe smaltito quelle calorie facendo sesso no-stop con la sua ragazza.

Andy invidiava quei due; non si erano fatti mille quesiti nel concepire le loro figlie, e lui aveva accolto positivamente la notizia della gravidanza la notte di Natale. Si chiese se anche Matilde avesse voluto una famiglia con lui, con o senza matrimonio. Certo, stavano insieme da poco, ma l'idea di un secondo figlio non gli dispiaceva.

«Uhm, senti, Eric» esordì, osservando il batterista del gruppo finire il dolce. A sentire il suo nome, si girò verso il suo interlocutore. «Tu hai sempre avuto l'istinto paterno?»

«Da sempre. Perché?»

«Una volta dicesti che Kat non voleva figli. Come l'hai convinta a metter su famiglia?»

«Quando è rimasta incinta di Nalu e le ho toccato il ventre la prima volta, ha imparato a guardarsi con più leggerezza allo specchio. La cosa è venuta da sé e col tempo ha imparato ad apprezzare il valore della famiglia, nello stesso modo in cui lo vedo io.» La sua risposta fu sincera e colma di emozioni, ma poi svanirono, lasciando spazio a dubbi e confusione. «Aspetta... mi hai fatto questa domanda perché vuoi un altro figlio, vero?»

Lui confermò con un cenno del capo, dopodiché gli raccontò tutto; la cosa gli ballonzolava nella testa da giorni, guardando Ray giocare in camera sua. Era convinto che l'idea di un fratellino o una sorellina avrebbe potuto sollevargli il morale. Sicuramente anche lui lo voleva, spesso era pensieroso e passava molto tempo fuori anziché in casa. Non era solo per Ray, ma anche per ingigantire l'amore che provava per Matilde e sentiva che il matrimonio non era abbastanza. A differenza della sua cugina più grande, lei non si sentiva madre.

Tuttavia, Eric non fu affatto convinto di tutto quel discorso. «Ne hai parlato almeno con lei?»

Andy scosse la testa. Non avevano mai affrontato seriamente l'argomento e se solo Anderson accennava la parola "bambino", lei lo evitava per qualche ora. Effettivamente era difficile parlarne, se l'altra persona non era interessata.

L'altro, sentendo la sua risposta, abbassò lo sguardo. «Secondo me dovresti aspettare ancora un po'. Forse le serve tempo, soprattutto dopo tutto quello che è successo fra voi.»

Lui si morse l'interno guancia, un velo d'imbarazzo sul viso. Come dimenticarlo. – «Lo so, è tutta colpa mia.»

«Tu non c'entri, è una cosa personale» rettificò subito lui, per poi appoggiare una mano sulla sua spalla. «Katherine era insicura, ma credo che Titi abbia qualcosa di più. Per questo dovresti parlarne prima con lei, anziché fare tutto di fretta come con la tua ex moglie. Non credi?»

Eric aveva ragione; stava ripetendo ancora una volta l'errore di Annika. Possibile che bruciava sempre le tappe? Aveva trentasei anni, ancora una vita davanti! La questione dipendeva da persona a persona, esistevano perfino uomini senza l'istinto paterno e con valide ragioni. Sentiva, però, che l'attesa era snervante.

Scattarono le undici e finito quel dolce brunch, la troupe si divise. Una metà avrebbe seguito Bruno e l'altra Anderson. Quest'ultimo andò incontro a Geoffrey e si lasciò condurre verso la Fortune Pool, pronto per il prossimo servizio fotografico.

«♫»

Il servizio durò due lunghe ore, fra una posa e l'altra. Anderson e Geoffrey avevano scelto la foto perfetta da mandare a Doc su WhatsApp – a detta sua, voleva vedere il suo nuovo pupillo sobrio e fresco come una rosa – e di sicuro sarebbe scoppiato a ridere a vederlo con una camicia di seta anni Sessanta. Prima che avesse potuto allontanarsi lo aveva affidato a Phil, prima che se ne andasse con Bruno e gli altri. Almeno non sarebbe rimasto da solo fino all'ora del brunch.

Dopo aver guardato la mappa del posto, si fece strada fino alla spiaggia. La strada era quasi tutta dritta, bastava passare lo spazio verde di fronte e proseguire. Chissà se anche la sua ragazza era nei paraggi, avrebbe potuto chiederle qualche consiglio su Titi. Anzi, era meglio che lo scoprisse da sé. Non poteva sempre chiedere alle altre persone.

Proseguendo sempre di più per il sentiero, si accorse che le mattonelle bianche si dividevano in altre due stradine. Una avrebbe continuato verso sinistra, mentre l'altra era dritta. Capendo che la seconda finiva sulla sabbia, si vide costretto a togliersi le Vans. Grandioso, ci mancava solo di sporcarsi i vestiti prima dell'evento. Pochi istanti dopo, vide prima la spiaggia semivuota e poi l'ora dal display del suo cellulare: erano quasi le dieci del mattino e c'erano solo due persone.

Il suo sguardo puntò su un telo mare colorato, la borsa da mare di fianco con tutto il cappellino di paglia, dove spiccava una figura minuta femminile. Riconobbe il bracciale d'argento intorno al suo polso destro, quello che le era stato regalato per il suo compleanno, e la manicure viola. Anderson fece del suo meglio per non fissarla, ma quando vide le sue mani slegare il fiocco dietro la schiena e mettere in bella mostra quella piccola curva del seno, non poté fare a meno di mordersi il labbro.

Matilde teneva gli occhi chiusi, gli occhiali da sole sulla testa e la schiena nuda in bella mostra. Le uniche persone presenti erano distratte, era il momento giusto per farle una piccola sorpresa. Si avvicinò a passo felpato, facendo attenzione a non farsi notare e ad appoggiare le Vans non troppo vicine a lei. Si mise in ginocchio accanto a lei, esitando un po' prima di passarle un dito dal fianco sinistro – dove c'era il suo tatuaggio viola – fino alla spaccatura visibile delle natiche.

Lei mugolò, coprendosi il viso con le braccia e gli occhi ancora chiusi. Aveva mosso leggermente le gambe, facendo ancheggiare involontariamente il sedere e la pelle diventare d'oca. La sua pelle tenera e bianca era ancora bagnata, le macchie di sabbia si mimetizzavano appena sotto la luce del sole. Ogni briciolo di autocontrollo svanì con uno schiocco di dita, non poteva resistere un altro secondo di più. Cominciò a schioccare baci sulla parte bassa della schiena, la mano sinistra prese a coppa la natica da sotto lo slip viola e lo strinse lussurioso.

Titi sussultò e si svegliò del tutto, una sensazione ruvida e calda le provocò un brivido intenso. Solo un uomo sapeva farla eccitare in quel modo, che aveva un coraggio talmente immenso da non preoccuparsi di farlo in pubblico. Un uomo che aveva la peluria ben curata sulle guance e il mento, un paio di labbra carnose e roventi da infiammarle la zona lombo-sacrale. Sentì poco dopo una pressione sulla schiena, gli era appena salito addosso.

«Andy» biascicò ancora assonnata. Non ricordava più a che ora si era sdraiata sulla sabbia.

«Sbagliato, sono Wee.» La vide mordersi il labbro inferiore con sguardo felino, calda più che mai, mentre passava le mani lungo il suo corpo. «Pensavi fossi il tuo ragazzo?»

Sentendo quei capelli sintetici sopra la sua pelle, i brividi sulla schiena di lei divennero ancora più intensi. Resistergli si stava rivelando più difficile del previsto, pur sapendo quanto Anderson fosse audace nel petting spinto. Lui, intanto, allungava la mano per salire fin sopra la coscia, dopo aver scostato leggermente il fiocco laterale dello slip.

«Siamo in pubblico, Andy... v-voglio dire, Pee Wee...»

«Non c'è nessuno a guardarci.»

Dal fondo della spiaggia non si vedeva effettivamente nessuno, se non qualche membro dello staff che si occupava del bar di fianco. Ma era questione di tempo prima che quella distesa di sabbia bianca si riempisse di bagnanti, anche minorenni. «Visto che ti piace tanto giocare, perché non mettiamo in palio una scommessa? Quanto riuscirai a resistere senza saltarmi addosso?»

«Stiamo già fallendo in partenza» ansimò lei in risposta.

«È proprio per questo che te lo sto proponendo, sarà una sfida per entrambi. Ci giocheremo una notte di passione: chi cederà, starà di sotto.»

Ripetendosi quella frase nella testa, Titi si rese conto che il suo tono di voce era più che serio. 'Resistere tutto il giorno senza toccarlo e baciarlo'. Sarebbe stato difficile, soprattutto se aveva addosso una camicia blu sbottonata, gli occhiali da sole stravaganti e la parrucca sulla testa. Il disc jockey aveva davvero intenzione di scommettere sulla loro prima e ultima notte alle Bahamas?

«Fai sul serio, Paak?»

«Sono più che serio, Bambi. Quando arriverò al tre, non dovrai né avvicinarti né toccarmi.»

«P-posso però...»

«No, neanche con la punta delle unghie.» Guardandola abbassare il braccio, un sorrisetto gli sfuggì dalle labbra. La sentì ansimare e prima che avesse potuto staccarsi da lei, si chinò e le diede un ultimo bacio con la lingua. Lei girando appena il collo lo assecondò, mordendogli il labbro inferiore. «Non potrai nemmeno starmi dietro, puoi solo ascoltare la mia voce e guardarmi da lontano.»

Se c'era una cosa di cui Anderson andava fiero, era il modo in cui piazzava una scommessa. Che fossero soldi o promesse, lui conosceva la strategia giusta per vincere. Lui sapeva quanto quella ragazza amasse accarezzarlo sul petto, percorrere ogni centimetro delle scritte e baciare il volto di Prince sulla parte sinistra. Una notte di fuoco con lei sarebbe stata la vittoria perfetta, lui di sopra pronto a dominarla.

Iniziò a contare al rovescio e arrivato alla fine, sciolse quell'abbraccio erotico e fece due passi indietro. Oh, sì, sarebbe stata una bella sfida. Ardua per entrambi, ma con una ricompensa piuttosto ricca. – «Dovrai aspettare la mezzanotte per riavere il tuo caro Brandon, per adesso dovrai sopportare la compagnia di Wee Man.»

Si girò e recuperate le Vans, lasciò definitivamente la spiaggia. Se alla bimba di Prince piaceva giocare, allora che il gioco cominciasse


• ― ★ «♫» ★ ― •


Matilde e Ginevra avevano scelto la Drift Pool per rilassarsi prima dell'evento e prendere un po' di sole. Quella prima settimana di settembre era calda quando quelle di agosto, se non più del normale. Titi aveva reclamato la sdraio sulla destra, l'asciugamano colorata sopra e la borsa mare di fianco, mentre Gin quella sinistra di fianco la sua. Prima di sdraiarsi, aveva ordinato una Tequila Sunrise e la teneva in mano sorseggiando di tanto in tanto.

La prima era seduta sulla sdraio bianca della piscina con le caviglie immerse nell'acqua cristallina, mentre l'altra usciva dall'acqua con un balzo – le mani appoggiate sulle mattonelle bianche. Il suo corpo grondò acqua ovunque, le punte dei suoi capelli gocciolanti e per non parlare dello slip appiccicato alle sue natiche tonde. Quella ragazza era cambiata tantissimo da quando si era trasferita nella terra promessa, soprattutto nello scegliere i vestiti e la biancheria intima giusta.

La vide sedersi sulla sdraio di fronte, la borsa da mare alla sua sinistra. Di fianco un tavolino vuoto dove aveva appoggiato una copia di Norwegian Wood di Murakami. Si spalmava la crema solare sulle braccia – protezione molto alta, la sua pelle era lievemente diafana – ignara di essere osservata. Anche se il bar distava solo qualche metro dalla piscina, la sua figura bassa e riccioluta spiccava fra la folla.

«Hai fatto apposta a metterti il bikini bianco?»

Recuperò di nuovo il tubo di crema solare, tenendolo aperto per metterla sulle gambe. «No, perché?»

«Ti si vedono i capezzoli.»

Si levò l'elastico e lasciò scendere il manto castano e morbido lungo le spalle, in modo che le punte si potessero asciugare. Fortuna che la qualità del costume era eccellente, che il tessuto fosse abbastanza spesso ed elastico da non mostrare le grazie femminili grondanti d'acqua clorata. «È solo la forma, Titi.»

Mentre Matilde prendeva il bicchiere di Tequila Sunrise, si accorse di avere lo sguardo di Anderson addosso. Era tutto un gioco di sguardi, e lei si divertiva a vedere le sue pupille dilatarsi quando muoveva le gambe con fare seducente. Avrebbe fatto di tutto pur di farlo cedere e vincere quella scommessa, perché a lei piaceva da morire stare a cavalcioni e avere pieno controllo su di lui.

«Dì la verità: hai voluto osare

«E va bene, un pochino» confessò, nascondendo un sorrisetto, mentre si metteva la crema sulle gambe e con una certa cura. Le caviglie ciondolavano nel velo dell'acqua cristallina della piscina, ogni suo movimento – seppur involontario – aveva un nonsoché di casto. «Lui ha un debole per le curve tonde e sapere di averlo eccitato, mi fa sentire potente.»

Titi non credette alle sue orecchie. «Da quando sei diventata così perversa?»

«Dopo che quel ricciolino è entrato nella mia vita» ammise, mordendosi il labbro e nascondendo il rossore sulle guance. Mise via la crema solare e indossò gli occhiali da sole dalle lenti bluastre, vecchi ma apparentemente nuovi. «Con lui la mia vita sessuale è mostruosa.»

«Io la definirei "giunglesca".»

Lei alzò gli occhi al cielo, guardandola alzarsi dalla sdraio e sedersi al suo fianco, le gambe distese sopra le sue cosce. Bella battuta.

Da piccole lo facevano sempre, soprattutto quando stavano lontane dal mondo. Quei pomeriggi d'estate dove si potevano vedere tutti i giorni, quei fine settimana nella piccola casa al mare del bisnonno. Fra loro parlavano sempre in dialetto ed era il modo più semplice per nascondere le loro conversazioni, erotiche, sobrie o serie che fossero.

Si stupì nello scoprire che nell'arco di pochi anni, Ginevra aveva completamente stravolto la sua personalità. Un tempo era la bambina dai capelli morbidi che rincorreva i coniglietti della nonna in cortile e alzava il volume dello stereo al suono di Move Your Body degli Eiffel 65, dall'animo puro e un cervello enorme. Ora indossava vestaglie barocche, stava per diventare la moglie di un cantante da cinque dischi di diamante e il suo nome era su ogni blog a tema scientifico-ambientale.

La sua vita era letteralmente cambiata in meglio, e lo stesso anche per lei. Aveva lasciato Amalfi per costruire il suo sogno americano nell'industria tecnologica, grazie all'enorme sostegno dei suoi familiari e Liam, ed era fidanzata col principe del funky.

«Hey, uhm. Anche il tuo ragazzo ti sta fissando.» Titi lo sapeva, eccome se lo sapeva, e faceva apposta ad ignorarlo. Nonostante sentisse il pressante bisogno fisico di saltargli addosso, doveva resistere. Non poteva di certo mandare all'aria la scommessa. «A proposito, quando farete il passo successivo?»

Lei abbassò lo sguardo; per lei la questione 'bambini' era come il 'glow up' per lui – un argomento di cui preferiva non parlare. Non si sentiva pronta per avere un figlio, né fisicamente né psicologicamente. Non aveva l'istinto materno e solo immaginarsi un neonato fra le braccia la metteva a disagio. Anderson era già padre e guardandolo in compagnia di Ray, non gli sarebbe dispiaciuto l'idea di allargare la famiglia. Prima o poi avrebbe dovuto affrontare l'argomento, e forse anche dirgli come stavano le cose. Che...

Passò il bicchiere di Tequila Sunrise a Gin e intanto che beveva, rispose alla sua domanda con tono sincero. «È ancora presto per un figlio, stiamo insieme solo da un anno. Conoscere una persona virtualmente non significa averla conosciuta davvero.»

«Hai ragione, ma a vedervi sembrate così affiatati. Secondo me Andy sarebbe felice di sposarti e avere un figlio con te.»

Quelle parole la fecero arrossire. Anderson... sposarla? Avere un figlio con lei?

Forse avrebbe potuto accettare la prima, ma la seconda... «Sì, sono d'accordo, ma stavolta quella insicura sono io. Ho accettato di trasferirmi qui per stare con lui e Ray. Mi sono affezionata tanto a quel piccoletto, ma non sento ancora l'istinto materno. Tu lo hai sviluppato subito dopo essere tornata con Bruno.»

Lei inarcò le labbra, guardandola con due occhi cerulei luminosi. «Se sai di amare la persona a cui darai quel compito, l'istinto riaffiorerà come un ciliegio in primavera. Credimi, funziona. Almeno nel mio caso.»

Non riuscì a non fare quella domanda, anche se già conosceva la risposta. «A lui piacciono davvero i bambini?»

«Non 'gli piacciono', li adora. Devi vederlo giocare coi suoi nipotini, è proprio nato per essere padre.» Matilde vide le guance di sua cugina colorarsi di un rosa velato. Già, era proprio innamorata. «Peter lo desiderava da tempo, ma voleva aspettare – o meglio dire, ha aspettato me. Avevamo in programma di metter su famiglia dopo il matrimonio, poi la Divina Provvidenza ci ha bruciati sul tempo.»

«Vi ha fatto un bel regalo di nozze» scherzò lei, osservando le smagliature sul suo ventre. Leggere e invisibili per via del pallore della pelle. Osservando le sue gambe con le cosce di lei, vide una notevole differenza fra le loro carnagioni: Gin più pallida, Titi più rosata, ma entrambe bianche.

«Chissà come potrebbe uscire un figlio fra te e Anderson, di sicuro color caramello come lui.» – Titi sogghignò in tutta risposta. Sdolcinata come sempre. – «La sorpresa più bella sta nell'immaginarlo, poi la natura fa il suo dovere. Sai, la diversità ha una propria bellezza.»

Matilde tese una gamba e si soffermò sul bikini bianco di Gin; il tessuto bagnato stringeva parecchio sopra il seno e s'intravedeva la consistenza dei suoi capezzoli e le rotondità del suo corpo. Sicuramente il suo quasi marito le aveva già viste sotto ogni costume possibile, perfino sotto un La Coupe des Dieux e più che valorizzarle, le avrebbe fatte uscire allo scoperto. Il suo era un corpo nato per concepire, essere toccato e amato da un uomo come Bruno Mars.

Lei, invece, non le aveva mai avute. Il suo corpo a rettangolo era sempre stato piatto e privo di forme. Non era stata benedetta da due seni polposi come i suoi, né di un paio di fianchi formosi. L'idea di vedere il suo corpo cambiare la spaventava, figuriamoci immaginare una vita crescere dentro di sé! Ma se fosse stato frutto del seme vigoroso di Anderson... Scacciò via quel pensiero e tornò sull'argomento "uomini", quello che più le interessava.

«Comunque, Gin, è da un po' che non mi parli delle tue avventure giunglesche con Bruno.»

Lei si fece sfuggire una risata, senza trattenere il suo istinto partenopeo. «Jamm, Titi! Dammi pace almeno tu!»

«Io sono una tua parente, ergo ho la priorità massima» obiettò, gesticolando con la mano libera. «Come mai ti mordi sempre il labbro, quando lo nomino? Cosa mi stai nascondendo?»

«Nulla, sono strani pensieri. È difficile non farne qualcuno, quando noti la vena che ha sul collo. Ti fa venire voglia di passarci le dita sopra.» Il pensiero la fece avvampare, e come biasimarla. Bruno possedeva il talento di Michael Jackson e l'audacia di Elvis Presley, due personalità che si sposavano alla perfezione. Nonostante il suo sorriso contagioso, sapeva recitare la parte del timido angioletto e del diablo maldito. Due facce della stessa medaglia.

Nel caso di Matilde, però, era un corpo maschile tatuato e scuro e il sorriso sporgente. Quello di un batterista cresciuto fra i campi di fragole, che portava una parrucca e la camicia sbottonata. «Non dirlo a me, Gin. Tutte le volte che guardo Brandon senza maglietta, mi viene voglia di raschiargli la pelle.»

Lei abbozzò un sorriso timido, bevendo il cocktail, e una seconda esclamazione partenopea le sfuggì dalle labbra. «Uanm! Sei peggiorata in fatto di feticci.»

«L'ho sempre avuto, a dire il vero, ma è diventata un'ossessione dopo aver conosciuto lui. Ne è pieno, specialmente sul petto, e probabilmente se ne farà altri. Non mi stupirei se decidesse di tatuarsi anche il sedere.»

Il sorriso di Ginevra si allargò. Anche a lei piaceva toccare i tatuaggi di Bruno sugli avambracci, ma non li aveva mai visti oltre dei disegni colorati in contrasto col proprio fototipo – razionalmente parlando. Preferiva mille volte inspirare il suo profumo naturale e guardare la sua mano bianca in contrasto col suo addome color cappuccino, tonico e pieno di collane d'oro. Oppure passare una mano dietro la nuca per rigirarsi qualche ricciolo, graffiargli la schiena e vederne i segni...

«Gin, stai per rovesciare il cocktail.»

Lei si risvegliò dal suo stato di trance e raddrizzò il bicchiere. «S-scusa.»

«Stavi facendo qualche "strano pensiero"?»

Si sentì andare a fuoco. «No! Cioè, sì.»

«Quanto ti costava ammetterlo?»

«Mi hai solo colta impreparata» obiettò, mascherando il suo imbarazzo dietro il vetro del bicchiere. La Tequila Sunrise era quasi a metà e il ghiaccio si era già sciolto. La passò nuovamente a Matilde, distogliendo lo sguardo. – «E... e mettiamo i puntini sopra le 'i', sono cambiata anch'io. La studentessa timida che ha conosciuto dodici anni fa appartiene al passato, non mi metto più vergogna con un costume bianco e a parlare di sesso.»

Chi conosceva bene Ginevra, sapeva quanto in realtà fosse ancora chiusa dal punto di vista sessuale. Aveva imparato alcune cose molto prima di conoscere Bruno, e da un lato era stato proprio lui ad aver abbattuto parte di quella muraglia. Matilde l'aveva vista crescere e anche piuttosto in fretta, e sapeva quanto fosse ancora inesperta in quel campo. A prima vista si poteva già intuire chi fosse il dominante nella coppia, ma Gin era troppo poco furba. Tuttavia, la sua innocenza avrebbe potuto far sciogliere un uomo, in tanti film e libri se ne parlava parecchio e nonostante fosse un luogo comune.

«Un vero peccato che i nostri fidanzati siano diversi. Anderson non si fa scrupoli a girare nudo per casa, mentre Bruno deve sempre mostrare un accenno di scollatura. Davvero non ha mai postato una foto di se stesso senza maglietta?»

«Preferisce lasciare spazio all'immaginazione, come nelle sue canzoni.»

Gin aveva risposto solo alla seconda parte di quella lunga domanda, la prima l'aveva completamente omessa. Matilde sapeva che quella gigantesca villa moderna era circondata da guardiani diurni e notturni, e con una tata in giro per casa a prendersi cura delle gemelle, camminare nudi per casa non era il massimo della decenza. Come dar loro torto, d'altronde.

«Però l'idea non ti dispiacerebbe, vero?»

Il pensiero le diede una leggera scossa al bassoventre. «Ehm... s-sì, forse

La ragazza alzò lo sguardo, sbirciando il diretto interessato da dietro il bicchiere. La stava guardando di sottecchi, bevendo una Piña Colada in compagnia di Anderson e altri due ragazzi – uno era suo fratello, l'altro doveva essere il nuovo re del trombone Alex. – «Però devo ammettere che è davvero un bravo attore.»

«Chi, Peter?» domandò Gin incuriosita, rialzandosi i capelli in uno chignon stretto.

L'altra abbassò il bicchiere e sorseggiò. «Già. Dal modo in cui sta stringendo quel bicchiere di Piña Colada, è chiaro che sta immaginando se stesso in mezzo alle tue tette e cerca di darsi un contegno.»

Gin arrossì e Titi capì di averci preso in pieno. «N-non pensi di esagerare, adesso?»

«Vedi quanto sei ipocrita? T'imbarazza ancora parlare di sesso.»

«Solo perché ho appena immaginato la scena.»

Le sue guance diventarono due pomodori e si grattò la nuca con una mano, impacciata come non mai. Titi aveva quasi dimenticato il tatuaggio di The Scientist sotto il suo braccio destro: 'Le domande sulla scienza e sul progresso non parlano così forte quanto il mio cuore'. La descrizione perfetta del suo carattere.

Sapeva, tuttavia, che era orgogliosa di poter essere l'unica a vederlo senza maglietta e in varie occasioni, soltanto perché era la futura Mrs. Hernandez. Apparentemente lui non era palestrato – anzi, più magro – ma si teneva bene nonostante la sua statura. Come qualunque essere umano aveva i suoi difetti, seppur banali. Tipo il fumo, lo stesso che aveva il suo compagno di band.

«Un po' t'invidio, qualsiasi donna vorrebbe essere te.»

«Potrei dire lo stesso di te.»

«Andy avrà anche meno grammy di Bruno, ma nessuna donna è capace di vedere quel sex appeal che io vedo in lui.» Si passò successivamente le mani fra i capelli, sentendoseli appiccicati alla nuca. Faceva troppo caldo e non aveva neanche portato con sé un elastico per poterseli rialzare. «Ora basta parlare di lui, sennò perdo la scommessa.»

Gin rimase intontita. «Quale scommessa?»

Matilde le rivelò tutto, a partire da quella mattina. Avendo passato l'intero viaggio accoccolati, aveva capito che serviva una misura più drastica per non stare appiccicati tutto il giorno. Se da un lato sarebbe stato il dovere a separarli, avrebbero dovuto resistere fino a mezzanotte. Alla ragazza veniva da ridere; neanche Bruno aveva idee così perverse. Alla fine il più malizioso dei Silk Sonic era Anderson, poiché il suo compagno di band lo mascherava attraverso un atteggiamento timido che in realtà non aveva.

«Ti lascio prendere il sole tranquilla, io mi preparo per stasera.»

«Allora ci vediamo direttamente al Privilege, mi troverai lì.»

Si alzò dalla sdraio e dopo aver recuperato la sua borsa da spiaggia ed essersi coperta, si allontanò dalla piscina e andò al bar per restituire il bicchiere vuoto. Anderson se n'era già andato, un vero peccato. Era stato bravo a mantenere l'autocontrollo, guardandola in costume e con la scollatura vertiginosa del reggiseno a triangolo che aveva. Sapeva giocare bene, ma lei aveva ancora il suo asso nella manica.



Sorta la luna, il concerto iniziò con le note di "Fly As Me" e le urla delle ragazze davanti la console da DJ e il palco. A differenza loro lei e Gin erano sedute sui lettini, non tanto distanti dai divi rhythm and blues – come li definiva Matilde. Nel corso del pomeriggio si erano cambiati d'abito: stavolta Bruno indossava una camicia hawaiana blu, mentre Anderson ne sfoggiava una beige ed era slacciata fino a metà busto. Si alternavano fra danze e colpi alla batteria, quest'ultimo sapeva farlo molto bene.

A vedere quella traccia di addome tatuato in bella mostra, Titi si leccò l'angolo delle labbra. Nessuna donna sapeva vedere la bellezza di quei tatuaggi – per la sua famiglia era mera sporcizia, o un vizio da carcerati – e soprattutto in quel caso, dove l'intero petto era ricoperto d'inchiostro e solo la parte inferiore alla scritta "trust your gut" era pulita. Ma presto anche quella sarebbe stata incisa e finché poteva, l'avrebbe graffiata fino a mostrare i segni. Il pensiero la fece fremere.

Un vero peccato che tu sia tanto tatuato, Pee Wee. Avrei potuto marchiarti a modo mio.

Spostò lo sguardo verso la piscina, dove galleggiavano alcuni gonfiabili e gente che cantava e si bagnava a contatto coi getti colorati ai lati. Avevano organizzato ogni cosa e nel minimo dettaglio, dal colore delle luci fino all'allestimento del bar e delle sdraio. Non c'era un angolo senza SelvaRey e accanto a loro c'era la bottiglia bianca, il rum classico. Matilde ne aveva preso un po', ma lo sorseggiava insieme a Gin per non ubriacarsi troppo. Alternavano un goccio di rum con una bottiglietta d'acqua liscia.

Dopo il ritmo allegro e funky, l'atmosfera cambiò e diventò dolce e malinconico. Una canzone che chiunque avrebbe riconosciuto, anche con solo una nota: l'inno d'amore nostalgico che Bruno amava suonare. Titi diede un colpetto di gomito a Gin, quando lui cantò la seconda metà della prima strofa. Aveva gli occhi incollati sulla sua immagine romantica, baciata dai fari bianchi dietro le sue spalle.

«Scommetto che l'ha messa apposta nella scaletta per farsi notare da te.»

«È così, quella canzone l'abbiamo scritta dopo che ci siamo conosciuti.»

«Ricordo la tua prima mail, parlavi bene di lui ed eri pazzamente innamorata.» Si sdraiò sul lettino, le mani dietro la nuca e le gambe distese sui cuscinetti. «Cavolo, se è invecchiata bene.»

Gin si era persa sul macaron alla fragola che aveva fra le mani, ci passava la punta dell'indice con aria innamorata e bisbigliava le parole di quella canzone. A volte Matilde desiderava poter avere un briciolo della sua timidezza, quella che un tempo aveva avuto anche lei e che aveva perso dopo la sua prima volta. Si era sempre chiesta se Andy l'avesse amata anche senza l'audacia con cui l'aveva conosciuta, se fosse stata come sua cugina. Non per forza vergine, ma... impacciata.

Le cose sarebbero andate diversamente, ma si sarebbero comunque innamorati. Del resto lui non l'amava per il sesso, ma per la completezza di cui aveva sempre avuto bisogno – così come lei. Un languore piacevole si fece strada fra le sue gambe, nel ricordo delle sue mani su di sé. Detestò dover ammettere che quello stile anni Sessanta iniziava a piacerle, specialmente con quell'accenno di sterno tatuato sotto due collane d'oro.

La voce di Gin interruppe il suo sogno ad occhi aperti. «Ti dirò, Titi, non credevo di tornare davvero con lui. Quando mi ha regalato questo braccialetto d'oro, avevo pensato fosse tutto uno stratagemma per ingannarmi.»

Bruno non era un tipo da inganni, si era solo lasciato spremere come un'arancia all'apice della sua carriera. Il buon cuore era rimasto, così come la sua umiltà, e lo aveva capito attraverso le mail chilometriche che Ginevra le scriveva ogni settimana. Lei aveva odiato il suo gesto, non sapendo però la vera ragione per cui lui l'aveva allontanata. Il braccialetto era stato l'oggetto che li aveva riuniti quattro anni dopo, insieme ad una vecchia scatola bianca e rosso-nera.

«Tu lo sapevi fin dall'inizio, mi chiedo ancora come hai fatto a prevedere una cosa del genere.»

«Perché io ho fiuto sia per il sesso che per l'amore, è successo anche con me.»

Anche se le dinamiche erano state diverse, Titi aveva comunque saputo che le cose si sarebbero evolute al meglio, quando aveva conosciuto Breezy Lovejoy via chat. Non erano state le foto profilo, né tantomeno le stupidaggini che si dicevano fra un messaggio e l'altro. Aveva fiutato un potenziale partner, qualcuno con cui poteva condividere l'amore per Prince e parlare di Purple Rain per tutto il giorno.

Volse lo sguardo verso il palcoscenico; Bruno suonava la conga, Anderson la batteria. Ora quell'uomo portava una serie di parrucche colorate e strambe, completi eleganti ma dai colori sgargianti. La personalità 'Breezy Lovejoy' era ancora dentro il suo corpo, ma riaffiorava nei momenti più intimi. Se fosse riuscita a fargli perdere la scommessa, avrebbe potuto farla rinascere. Pensandoci, la giornata non era ancora finita.

"I Silk Sonic vi hanno appena deliziato con loro calore, ma la festa non si ferma, non abbiate timore. Bruno Mars vi aspetta al bancone con il suo magico shaker, e la festa continua con la musica del nostro DJ Pee .Wee! La luna e le stelle ancora non sono lontane, la notte è ancora giovane."

La ragazza sogghignò e poggiò i piedi per terra, non prima di essersi legata il pareo intorno ai fianchi con un doppio fiocco laterale. Bene, si va in scena.

«Dove vai, Titi? Dobbiamo finire i nostri dolcetti.»

«Ho un conto da regolare con un certo ragazzo di Oxnard e non perderò la mia occasione. Bastano gli occhi e la bocca per farlo cadere in tentazione, con lui funziona.» Lo aveva appena detto ad alta voce, noncurante della presenza di sua cugina, ma non le importò granché.

«Come fai a sapere che Andy cederà?»

«Perché lo conosco, so che basta un tocco per fargli raddrizzare i peli sulle braccia.» Le circondò le spalle con un braccio, facendo oscillare il braccialetto d'argento sul polso. «Dovresti azzardare anche tu, forse potresti fare colpo su Bruno.»

«Ci proverò.» La risposta di Gin non fu abbastanza convincente, ma si accontentò.

Il bar del Privilege era lontano da dove si trovavano, alla fine dell'altra estremità di quella piscina lunga e ristretta, sotto un grande tendone a campana. Ci arrivarono nel giro di qualche minuto, fra un zig-zag e l'altro fra la gente. Due persone, notandole arrivare, fece loro spazio vicino al bancone e si portarono via i cocktail che avevano ordinato. A prepararli era Bruno, mentre Anderson animava la festa con Take My Heart dei Kool & The Gang.

Essendo una celebrità, non era un vero e proprio professionista, maggior ragione per cui era affiancato dallo staff del Privilege. Serviva insieme a loro i cocktail con molta precisione, usava shaker diversi per ogni miscela e si faceva aiutare. Lui preparava quelli più alla sua portata, mentre i professionisti quelli più gourmet e difficili – le persone ne ordinavano diversi e pagavano col braccialetto elettronico. Non lo aveva mai visto nei panni di un barista, ma dovette riconoscere che ci sapeva fare con le bottiglie e lo shaker.

«Allora, cosa preparo a queste splendide signorine?» aveva chiesto, guardando sia lei che Gin.

Matilde rispose senza batter ciglio, accavallando le gambe. «Un Lucky 4 You, vorrei però essere servita da quel corvino laggiù. Si può fare?» Indicò successivamente la console del DJ, dove Anderson stava facendo girare altri due dischi: uno hip-hop e l'altro funk.

«DJ Pee Wee sarà onoratissimo di poterla servire, miss Emerald» ammiccò lui, agitando lo shaker d'argento con la mano destra e prendendo un bicchiere dal gambo sottile con la sinistra.

Oltre ad essere uno degli artisti più affermati della storia della musica, era anche un attore niente male – per come aveva risposto alla sua richiesta e poco prima in piscina. Un talento sprecato, ma a lui bastava la sua chitarra e lanciare occhiate dolci alla sua ragazza. In quel momento le stava proponendo un 24 Karamel Macchiato, il cocktail al caffè che lui aveva concepito in onore della loro storia d'amore. Accanto a lui c'era Geoffrey e come Titi aveva fatto a notarlo solo in quel momento, solo Dio lo poteva sapere.

Distolse lo sguardo poco dopo. Le luci arancioni e gialle intorno erano accecanti, per non parlare del rumore dei gonfiabili che stridevano a bordo piscina. Inalò improvvisamente un odore forte e con la coda dell'occhio vide Anderson avvicinarsi con un bicchiere alto e colorato. C'era una miscela arancione con rum al cioccolato, miele e fragola, con l'aggiunta di un po' di champagne e una foglia di menta nel mezzo. «Signorina, ecco il suo Lucky 4 You.»

Lei afferrò il bicchiere con una mano, senza staccare lo sguardo dalla scollatura. Aveva ancora il suo asso nella manica: lo sguardo magnetico. Sfruttando il bagliore dei suoi occhi verdi smeraldo, avrebbe potuto conquistare il DJ e chissà... guadagnarsi una notte di fuoco con lui. Lei sopra il suo bacino, una ballata lenta e sensuale che lo avrebbe lasciato senza fiato. Oh, ci sarebbe stato da divertirsi.

«Grazie. Vorrei tanto conoscerla, DJ Pee Wee. Magari dopo la festa.»

«Anche subito, signorina.»

«Titi, oppure Emerald» ammiccò con un battito di ciglia. Il modo in cui beveva dalla cannuccia di carta era incredibilmente sensuale, giocherellava col labbro inferiore tentando la punta umida. «È il mio pseudonimo, la gente mi conosce così.»

Poggiò un gomito sul bancone, l'altro braccio appoggiato. «Miss Emerald. Davvero originale, i miei complimenti.»

Matilde osservò il braccio tatuato sul marmo, tentata dal sfiorarlo. I suoi occhi erano accesi di desiderio, iridi scure e profonde come abissi. Il gioco dello sguardo stava funzionando, ma lui non sembrava avere intenzione di cedere. Fra tutti gli uomini che aveva conosciuto, Anderson era il più determinato. Quella parola bastò per fargli mandare al diavolo la scommessa. Non poteva resistere oltre, doveva toccarlo.

Allungò la mano verso il suo avambraccio. «Posso vedere quel tatuaggio?»

Lui annuì e lentamente, si lasciò toccare e osservò quella leggera peluria raddrizzarsi. Esattamente come aveva previsto, gli era bastato davvero poco. L'effetto contagiò anche lei, sentendo un brivido freddo lungo la schiena. Si fissarono, senza spiccicare parola, il ragazzo ammaliato dal suo sguardo magnetico.

«Posso fare altro per lei, miss Emerald?»

Lei sorseggiò un altro po' del suo cocktail e si pulì le labbra con la lingua, prima di rispondergli. La base strumentale di Twin Flame di Kaytranada non era il sottofondo ideale per un momento come quello, ma se lo fece bastare. «Mi piacerebbe avere il suo numero.»

«Solo se mi concede l'onore di farmi compagnia nella mia suite per un... tête-à-tête.»

«L'onore è mio.»

Quando lo vide allontanarsi dal bancone scese dallo sgabello, lasciando il bicchierino mezzo pieno. Anderson la seguì senza farsi notare, raggiungendola fra le palme lungo il sentiero verso la hall. Altri tre minuti di attesa prima di arrivare all'ala sinistra dell'albergo e prendere l'ascensore verso la loro suite. Matilde aveva la chiave elettronica, la teneva fra le dita impaziente di poter rientrare.

Mentre camminavano l'uno di fianco all'altra in corridoio, Anderson le cercò il sedere. Lo pizzicò giocosamente, facendola sobbalzare e lanciare un gridolino di sorpresa. Per la prima volta era fiera di essere una perdente, almeno non avrebbe dovuto più aspettare per averlo.

«A-aspetta di entrare in camera, scemo!»

Lui sogghignò, non poteva più aspettare.

Arrivati davanti la porta dalle doppie ante, Titi fece passare il microchip vicino la maniglia e quando l'abbassò, se la intascò di nuovo. La prima cosa che risaltava all'occhio era l'ingresso dai pannelli dorati e i bordi bianchi. Anderson entrò, accese un paio di luci e si guardò intorno.

L'interno era spazioso; cucina e sala da pranzo sulla sinistra e piccolo soggiorno sulla destra. Le luci erano soffuse, soprattutto quelle sul soffitto, che davano un'atmosfera più romantica e rilassante. Ne aveva viste tante di suite grandi e lussuose, ma mai così ordinate e moderne come quella. A predominare erano il rosso, il bianco e il beige – sarebbe stata più una stanza alla Bruno Mars, conoscendo i suoi gusti, ma a decidere le stanze e suite non era stato lui.

Era chiaro che avrebbero dovuto dividerla con qualcuno del gruppo, visto che dopo il corridoio a sinistra c'erano altri due letti e un secondo bagno. Finché gli altri inquilini non sarebbero tornati dalla festa, avevano ancora tempo per poter concludere la serata nel migliore dei modi. Sperò che facessero after, almeno da lasciare loro il massimo della privacy.

Di colpo udì l'acqua scorrere, Titi doveva già essere entrata nella doccia. Andò verso la camera a sinistra, senza fare caso al grande letto matrimoniale dal baldacchino rosso. Il bagno era aperto, nel mezzo una piccola vasca da bagno e uno specchio orizzontale illuminato. Il rumore si fece più intenso, quando vide uno dei pannelli di vetro alla sua sinistra appannato e un leggero vapore uscire dalla porta socchiusa. Il bikini viola era sul pavimento, così come il pareo nero trasparente e i sandali gioiello. 

Sbirciò dalla fessura e la vide voltata di schiena, le gocce d'acqua che scivolavano eroticamente sul suo corpo. I capelli erano rialzati e pieni di schiuma, si poteva vedere la linea della sua colonna vertebrale lungo la schiena, quei deliziosi tatuaggi colorati sopra quella pelle lievemente dorata. Era sexy anche abbronzata, soprattutto il segno del costume che faceva da contrasto fra la sua carnagione e l'abbronzatura. Riuscì a contenersi e si appoggiò al muro di fianco, sbottonandosi di più la camicia e accendendosi una sigaretta.

Aveva in mente mille modi per iniziare quella performance; avrebbe cominciato da una scusa per tirarla verso di sé e baciarla, colpi di lingua che avrebbero tolto loro il respiro. Un'altra scusa per poterla sdraiare sul letto, lei eccitata e già pronta per lui. Preservativo alla fragola e poi... una cavalcata fra le sue cascate di zucchero. Immaginare quella sensazione gli provocò un brivido lunga la schiena. Oh, sì.

Tornò a sbirciarla da dietro la porta; si era appena messa uno slip di pizzo azzurro pastello e si spalmava la crema idratante sulle gambe. Osservò le gocce d'acqua scendere lentamente lungo il collo, prima di scomparire nell'accappatoio bianco di spugna dell'albergo. Le stava parecchio largo ed essendo più bassa di lui, l'orlo arrivava a metà gamba. Doveva resistere, glielo avrebbe tolto di dosso molto presto.

Tuttavia, non riuscì a non parlare. «Bel colorito dorato.»

Per qualche ragione a lui ignota, notò che la ragazza non si era mossa di un millimetro. Si girò e dopo averlo guardato con la coda dell'occhio, nascose un sorriso e uscì dalla doccia. «Hai sentito parlare di bussare?»

«Hai lasciato la porta aperta.»

Lei sorrise sotto i baffi e si allontanò, passandosi l'asciugamano fra i capelli bagnati. Da quando vivevano insieme, quella ragazza non si faceva scrupoli ad entrare e uscire nel bagno nuda coi capelli sfatti, o abbracciarlo da dietro sbadigliando. Spesso accadeva al contrario, peccato che stavolta nessuno dei due ci avesse pensato. Ciononostante, tutto stava prendendo la piega giusta: Titi lo stava guardando.

Un pensiero si fece strada dentro la sua testa. "Sposami, Emerald". Era quasi sul punto di dirlo ad alta voce, fin quando il suo cervello non rigirò tutto il discorso. Non poteva parlare di matrimonio proprio ora. – «Avresti potuto aspettarmi, così avremmo potuto farla insieme prima di fare quello che fanno le coppie.»

O avrebbero potuto farlo direttamente lì.

«Sai che ora dovrai stare sotto, vero?» Si portò la sigaretta alle labbra e aspirò, per poi liberare una piccola nube bianca. Giocò con la seconda tirata, facendola finire fra le narici, e sapeva quanto lei impazzisse per quel giochetto.

Matilde osservò lo specchio verticale di fronte al letto, incrociando il suo sguardo intenso dietro le sue spalle. Solo allora notò che il suo addome era incorniciato fra la fantasia ondulata della camicia e i pantaloni, leggermente velato di sudore. Non fu solo quello ad eccitarla, ma il modo in cui stringeva le dita attorno alla sigaretta.

Tuttavia, lei aveva comunque deciso di rigirare la frittata per allungare di più il tempo. «Sai, ci ho riflettuto parecchio. Da quando sono tornata a Los Angeles, non abbiamo fatto altro che stare appiccicati. Sembra che l'unico modo in cui sappiamo stare da soli in una stessa stanza sia... insomma...»

Lui abbassò lo sguardo, deluso, senza farla finire di parlare. Davvero voleva mandare tutto all'aria, dopo tutte quelle ore passate a sopportare quella lontananza fisica? Per quale motivo, altrimenti, avrebbe deciso di fare quella scommessa?

«Non ti piace la mia compagnia?»

«No, non intendevo ques—»

«Ho capito.» Si separò dal muro e se ne andò verso il salottino della suite.

Il rumore di una porta che si apriva fece intuire a Matilde che Anderson se ne fosse davvero andato. Corse fuori la stanza e con sua grande sorpresa, vide la porta scorrevole della finestra aperta. Lui era sul balcone a guardare le luci del resort sotto di loro, finendo la sua sigaretta. Buttava fuori il fumo come nulla, senza quella sensualità che aveva mostrato poco prima. Cercò di andargli vicino, ma lui non si accorse di lei.

Provò a fare il suo nome. «Andy?»

Non ricevette risposta, era ancora lì a fumare e senza muoversi di un millimetro. Si voltò e tornò in camera, parlando fra sé tra un passo e l'altro. Cazzo, non ne combinava mai una! «Andy, non volevo dire che non mi piace la tua compagnia. Anzi, l'adoro! Adoro te e le tue stupide parrucche. Adoro il tuo sorriso sporgente e grosso, quei...» s'interruppe con un grugnito.

Restò vicino al letto e si morse il labbro inferiore. L'aveva decisamente fatta grossa. Perché avrebbe dovuto preoccuparsi di stare sotto una volta ogni tanto? Dopotutto ai primi tempi era stato così, a volte anche inaspettatamente, e lo aveva sempre lasciato fare. La verità era che aveva troppi pensieri nella testa: le parole di Gin sul matrimonio e i figli, l'idea di considerare Ray il suo figlioccio...

Di colpo un soffio di gelo le colpì il ventre. Anderson le aveva appena sciolto il nodo della corda dell'accappatoio e abbassato la spalla destra. «Dillo ancora.»

Lei restò immobile. L'aveva sentita parlare da sola. «Adoro... la tua compagnia.»

In risposta, lui le spostò i capelli e assaporò il suo collo da cigno, andando a riempirsi la mano della pienezza di un seno. Il capezzolo turgido pungeva sul palmo. «No, dopo

«Non so di cosa stai parlando.»

«Adori le mie "stupide parrucche", eh?»

Le sue parole le provocarono un fremito di piacere. «N-non l'ho mai detto.»

«Sì, invece. Le mie orecchie hanno sentito benissimo.»

Voleva sbattere la testa contro il muro. «Merda, odio i lapsus.»

Quando si ritrovò faccia a faccia verso di lui, un forte languore si propagò lungo il bassoventre. Sapeva già di starsi eccitando per il solo fatto che il suo accappatoio fosse aperto sul davanti. Lui completò il tutto abbassando anche l'altra spalla, lasciandolo scivolare lungo le sue braccia e mostrando il suo corpo bianco e magro in tutta la sua bellezza.

«Sapevo già quanto ti piacesse, ne hai già indossata una per me.» Al ricordo Titi soppresse un sorrisetto. Alla fine ci si poteva divertire in mille modi e interpretare un ruolo, proprio come faceva lui. Con un berretto era Anderson Paak, con una parrucca era DJ Pee Wee – entrambi carismatici, ma con diversi modi di fare musica. Più lo guardava con quella roba sulla testa, più diventava attraente ai suoi occhi. Soltanto lui sapeva essere sexy con un outfit simile.

Si ritrovò stretta tra le sue braccia e lei sussultò, sentendolo mugolare, mentre scontrava l'addome ancora coperto dalla camicia contro il suo seno nudo. Sentivano entrambi il bisogno fisico di incastrarsi l'uno con l'altra, poco importavano le precauzioni. Nella coppia spesso era lei a coprire il ruolo della dominante, ma Anderson sapeva come ribaltare le cose e prendere il sopravvento. Alla fine lo aveva voluto lei, per cui avrebbe dovuto sottostare alle sue regole.

«Perché hai perso di proposito?» sibilò sensuale contro il suo orecchio. «Volevi stare sotto, eh?»

«Non dire queste cose fuori dalle lenzuola o ti mando in bianco» lo ammonì sottovoce, scontrando il bacino contro quel piccolo rigonfiamento sotto i suoi bermuda. «Ci metto poco a chiudere l'accappatoio e lasciarti con l'erezione.»

Non ci sarebbe riuscita, e Anderson conosceva bene i suoi impulsi sessuali. Il tatto era il suo punto debole, sia nel dare che nel ricevere. Nascondendo un sorrisetto malizioso, la fissò con sguardo lascivo. «Non ne saresti capace» obiettò, prendendole la mano destra e appoggiandola sullo sterno. «So quanto ti eccitano i miei tatuaggi.»

Titi fece un respiro scosso prima di muovere lentamente la mano sulla sua scollatura, lo sguardo fisso sul suo. Sollevò anche l'altra mano per potergli sbottonare completamente la camicia, la mano sinistra che andava in cerca del tatuaggio di Prince. Lui abbassò appena lo sguardo e alla vista della sua manicure e le dita bianche a contrasto col nero dei tatuaggi, si morse lievemente il labbro. La signorina aveva un tocco davvero delicato, percorreva i tratti d'inchiostro come un pittore su una tela bianca.

Quei pochi minuti bastarono a risvegliare i suoi ormoni. Avendo le mani libere, andò a tastarle i glutei, le labbra in cerca del punto più sensibile del suo collo per lasciarle un segno. Un lieve morso e lei gemette di sorpresa, lasciandosi sdraiare sul letto. Non si preoccuparono di chiudere le tende, la porta chiusa era già abbastanza. Lo avrebbero fatto sotto la luce della notte.

Anderson la lasciò con gli slip di pizzo addosso e guardando i suoi occhi verde smeraldo brillare di luce propria, intuì volesse dell'altro. Una soluzione più bondage. Trovò l'accappatoio che le aveva tolto prima, prese la corda di spugna e notò che era abbastanza larga e lunga. Se avesse avuto delle manette o un collare a catena, avrebbe potuto regalarle una performance in stile The Dangerous Sex Date: lui Silver, lei Xenia. Ma, ahilui, i mezzi erano quelli. Doveva farseli bastare.

Le sollevò appena la testa e le coprì gli occhi, passandola due volte e legandola dietro. Se ne fregò dei capelli bagnati o che avessero rovinato le lenzuola dopo quella performance. Era da tempo che Anderson desiderava sperimentare qualcosa di più trasgressivo. Si chinò per baciarle il succhiotto che le aveva lasciato prima e accarezzarle il ventre con la punta delle dita. Il suo profumo alla violetta lo infervorò ancora di più.

«Bene, collaudiamo un po' questa console.»

Senza riuscire a resistere, massaggiò delicatamente i seni con entrambe le mani. Era schiacciato molto bene sul palmo, e muovendolo in circolo la sensazione era ancora più bella. Erano più gonfi del solito – fase preciclo, probabilmente – e quando staccò il palmo dalle punte, osservò loro indurirsi e la bocca di lei socchiudersi. Non si aspettava che il corpo di Matilde reagisse subito al suo tatto, di solito ci metteva di più – anche perché era lei che desisteva, provocandolo al tempo stesso.

Ci passò sopra la lingua e l'altra mano s'insinuò oltre l'orlo dello slip. La sua pelle era morbida e calda sotto i suoi polpastrelli, il profumo che diventava sempre più pungente fra le narici. Lei mugolò, assecondandolo col bacino. Anderson sorrise malizioso, quella donna non aveva bisogno dell'autotune per suonare così perfettamente. Lei era la sua console preferita, dal sound unico e speciale. I suoi ansiti erano più coinvolgenti della febbre da discoteca, vera e propria adrenalina.

Infilò di più le dita alla ricerca del suo piccolo tesoro, accarezzandone le pieghe malide. Il corpo di Matilde si tese contro il suo, gettò la testa indietro e gemette pesantemente. La percorse con lo sguardo, i seni ondeggiavano leggermente nel respiro e gli occhi ancora coperti dalla seta della camicia da notte. E lei amava da morire le sue dita, le stesse che muovevano quei dischi e creavano suoni. Le stesse che tenevano salde un paio di bacchette di legno di quercia pregiate, che battevano sul rullante o sul crash.

Le tirò fuori e continuò ad accarezzarla da sopra il pube col pollice, sul rilievo giusto. Sentì degli spasmi improvvisi e un piccolo grido. «Ahh— Wee Man...»

«Non volevi Brandon fino a qualche ora fa?»

«Voglio tutti e due» ansimò, mentre lui continuava la sua tortura. Avrebbe dovuto imporle di scegliere o uno o l'altro, ma chiunque avesse scelto, sapeva per certo che sarebbe stato lo stesso ragazzo amante del funky che aveva conosciuto dietro uno schermo.

Smise di toccarla e s'insinuò fra le sue cosce, lasciando che la sua patta gonfia si strofinasse contro di lei. Lo slip bianco aveva un'evidente chiazza bagnata nel mezzo. Lei respirava profondamente e ansimò contro le sue labbra, i fianchi ruotavano in sincronia coi suoi e lui sorrise, sentendosi afferrare la parte alta della parrucca. Solo lui sapeva che uno scontro sensuale del pube l'accendeva come benzina sul fuoco, e bendata la sensazione era più coinvolgente. Oh, Dio!

«Ti ho fatta aspettare tanto, vero?» Lei non rispose, continuò ad ansimare sentendo la presenza di lui tra le gambe che la tentava. «Dovresti vederti, sai? Le tue guance sono rosse e qui sotto scorre un fiume» la stuzzicò, facendo scorrere la lingua calda lungo il suo orecchio e facendola rabbrividire.

«Pervertito...» gemette, inarcando la schiena. Dio, se era eccitante!

Senza aspettare oltre, Andy le scoprì gli occhi e alzando le sue gambe, le tolse lo slip e lo gettò dietro le sue spalle. Già che c'era, fece la stessa identica cosa con il suo caschetto corvino, togliendoselo audacemente e lasciandolo cadere di fianco al letto. A fare sesso con lei non sarebbe stato Pee Wee. Non quella notte.

Si spogliò lentamente della camicia e dei pantaloni, per poi strappare la bustina rossa del preservativo e srotolarlo. Il respiro di Matilde si fece corto, irregolare. Era sensuale anche quando se lo metteva, con una lentezza così soffocante da farla sudare. Non era mai stata una ragazza timida quando si trattava di sesso, non lo era stata neanche con lui la prima volta che lo avevano fatto. Non riuscì a resistere e fece scorrere le sue dita tra le sue pieghe umide.

«Hai perso la scommessa, non devi toccarti» rettificò Anderson, spostandole la mano. «Adesso girati.»

Titi obbedì e si girò a pancia in giù, mettendosi in ginocchio e sollevandosi con le braccia. La spinse indietro, tenendola per i fianchi e lasciando che quel piccolo sedere sfiorasse la sua erezione. Le baciò la parte alta delle natiche e salì fino a metà schiena, tutto il suo corpo cominciò a vibrare. Adesso aveva la visione perfetta del suo culetto sodo e non poté fare a meno di mordersi il labbro. Divina.

Dallo specchio verticale accanto al letto, lo spettacolo era ancora più erotico: immaginò quella dolce cascata castana bagnata muoversi con lei nel momento clou, il suo sguardo lucido e la bocca socchiusa. Non era solito farlo, ma l'attesa era stata fin troppo snervante – e aveva capito Bruno in piscina, guardando la sua ragazza in costume. Non ci aveva visto più neanche lui, osservando quelle labbra tingersi di Tequila Sunrise, il bikini viola abbracciare le parti giuste e nella maniera più erotica.

Fece in modo che i loro corpi combaciassero il più possibile e l'incastro avvenne lento, dolce. Andy si prese del tempo prima di prendere il ritmo, era letteralmente in profondità e voleva godersi ancora un po' quel calore avvolto intorno alla sua lunghezza. La sensazione lo infiammò dentro. Cominciò a muovere ritmicamente i fianchi, entrando e uscendo da lei senza pudore, facendole sentire ogni centimetro di sé. Le sue ambigue carezze della mano che percorreva il tatuaggio sul fianco destro, l'altra che cercava un seno per palparglielo.

Titi dovette trattenersi dal non alzare troppo le ottave della propria voce, il fatto che gemesse forte era troppo. Lo specchio di fianco rifletteva quell'immagine deliziosa ed erotica, la fusione fra il bianco latte di lei e il marrone cioccolato di lui unito all'inchiostro. Gin aveva ragione: la diversità aveva una sua bellezza. Fra il calore di lui e le mani che tastavano il suo corpo minuto che creavano quel dolce contrasto, non riusciva più a ragionare.

Poco dopo Anderson sciolse l'unione e la fece sdraiare a pancia in giù, le gambe appena aperte. Lei sollevò appena il sedere e dondolò due volte contro di lui, richiamandolo. Senza indugiare, lui si posizionò sopra di lei e l'incastro successivo tolse a entrambi la voce. Nessuno dei due aveva fretta di concludere, volevano goderselo fino alla fine con movimenti costanti e lussuriosi.

Si mosse e strofinò il petto direttamente contro la sua schiena, mentre le baciava la nuca e stringeva per la vita. Sapeva quanto Titi impazzisse per quel gesto e la cosa era reciproca: Anderson adorava immergere il volto fra i suoi capelli e inalarne il profumo – erano ancora bagnati, ma profumati di violetta come la sua pelle. Si spinse violentemente contro di lei, causandole un sussulto. Quel gesto brutale aveva fatto in modo che il suo clitoride si strofinasse contro le lenzuola.

«Così?» La sua voce rauca le raschiò l'orecchio.

Dal riflesso vide che stava alzando leggermente il fondoschiena, chiedendo di più. «Sì.»

Si appoggiò di più contro la sua schiena e intanto, continuò ad ondeggiare – da movimenti dolci passò a scatti rudi e possessivi. Titi tentò di soffocare i gemiti mordendo il lenzuolo, e le sue unghie viola laccate affondarono nel tessuto bianco. Tante volte lo aveva fatto in quella posizione, ma nessun uomo prima di Anderson era stato capace di diffondere libido in ogni singola cellula del suo corpo. Se fuori si mostrava romantico e dolce, a letto era un leone.

I suoi occhi scuri ammirarono la luce della notte proiettata sulla pelle lievemente dorata di lei, i segni dell'abbronzatura in controluce le davano un'aria molto più sensuale. Non era da lui essere così perverso, ma da quando lo aveva fatto la prima volta con lei, non era più riuscito a smettere. C'era qualcosa in quella ragazza che lo rendeva così selvaggio, qualcosa di inspiegabile che lo attirava a mo' di calamita e non era soltanto il sesso.

Per la seconda volta Matilde tremò. Sentì di nuovo quella languida pressione del suo petto contro la sua schiena, le gambe che si agitavano sotto quelle di lui, l'affanno uscire dalle proprie labbra e quelle di lui da sopra la clavicola scoperta. Il ritmo accelerò, lui le graffiò il disegno viola con una mano e l'altra stringeva la sua. La sensazione ruvida e umida del lenzuolo che si strofinava sul clitoride e il pube era indescrivibile. Ormai erano vicini, vicinissimi.

«A-Andy, sto per—» La ragazza non riuscì più a gestire i gemiti e gli ansiti che le uscivano dalla bocca, ogni zona delicata era sotto il suo controllo. Lo sentiva dappertutto: sopra, ai lati, sul collo, dentro.

Gli scatti di lui divennero sempre più veloci e violenti, fino a quando quando una fortissima sensazione di calore non si propagò per tutto il sistema nervoso. Celebrarono la fine di quell'amplesso gemendo all'unisono, l'ultimo colpo di petto e schiena a strappare loro ossigeno e le ultime briciole di energia rimasta nei propri corpi.

Lui scivolò via e ruotò faticosamente su un fianco, battendo le palpebre per mettere a fuoco la campana di seta del baldacchino. Poco dopo, una pressione sullo stomaco; Titi si era sdraiata su di lui, nuda e con una mano sul petto pronta ad accarezzarlo. Le circondò dolcemente i fianchi con un braccio, l'altra che giocava con le punte umide dei suoi capelli e le palpebre pesanti. Si sarebbe addormentato da un momento all'altro.

«Hai sonno?» domandò lei, interrompendo quel ronzio rilassante.

«Sì, colpa mia che faccio le ore piccole. Mi stanno uscendo di nuovo le occhiaie.»

«O perché fumi troppo.»

Lui roteò gli occhi. «Non fare la bacchettona anche te, basta già mia madre.»

Avrebbe voluto riderci sopra, peccato avesse preso ancora di più il vizio poco dopo la firma con Doc. Se avesse smesso davvero, Titi non avrebbe più visto buttare fuori il fumo come sapeva fare lui – e lei s'infervorava con quel giochetto. Gliene bastavano tre al giorno per stare bene tutto il giorno, specialmente prima di andare a dormire.

Solo dopo lunghissimi istanti, riprese a parlare. «Che ne dici se Pee Wee verrà a trovarti dopo una festa e Anderson Paak dopo il lavoro? Due al prezzo di uno.»

Titi sorrise e si sporse leggermente per baciarlo, per poi mettere la testa sull'incavo del collo e abbracciarlo. «Ora sì che ragioniamo» mormorò, chiudendo gli occhi.

Se non fosse stato per la stanchezza, si sarebbe concesso un altro po' di coccole, ma per il momento gli bastava tenerla abbracciata per tutta la notte. Andy rimase ad ascoltare il silenzio intorno a loro, il respiro di lei picchiare dolcemente sulla sua pelle, entrambi nudi su quel letto a baldacchino e le lenzuola sfatte. Le spostò i capelli dalla schiena e le coprì quel piccolo succhiotto, passando ad accarezzarle il braccio.

Sposami, Emerald.

Si rilassò e sorridendo fra sé, finalmente si addormentò. Un giorno glielo avrebbe detto.



N.A.

Perdonatemi davvero... lo so, lo dico sempre, ma come si sa, il mese di gennaio è quel periodo in cui mi si spegne l'ispirazione e la voglia di scrivere. Per voi, però, questo ed altro. Mi sono presa tutto il tempo libero che avevo per portarlo a termine, anche perché oggi il caro Andy compie 38 anni... vacca boia.

Vi avevo avvisat* che non ci sarei andata leggera con le scene spicy. Da questo momento in poi, saranno più esplicite e con pochi filtri – sia per i #brinevra che per i #matandy, per gli altri ci devo ancora pensare. Per quest'ultimi, purtroppo, non c'è stato verso di creare una versione decente fatta con l'intelligenza artificiale. A quanto pare non riconosce né Andy né Carly. Mi tocca tornare al vecchio Photoshop, sigh!  (ç_ç)

Per rimediare ho modificato una foto di DJ Pee .Wee coi colori di "Venice". Spero possa piacervi. Con questo, vi do appuntamento il 14 febbraio con il nuovo format di MTV: "lezioni di batteria by Anderson .Paak". L'esclusiva ce l'ho io, stavolta. HA! Ah, e non cercate quel film su Google. Vi prego, salvatevi gli occhi.

- Gloria -



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#𝘮𝘢𝘵𝘢𝘯𝘥𝘺




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