15 - Tropical Luxury locked me out of Heaven || Bruno
In cima trovate l'audiolettura della scena finale di questo capitolo. L'autrice raccomanda di chiudere gli occhi e lasciarsi travolgere dallo spicy. Non ve ne pentirete!
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"As we're flyin', stars are multiplyin'
We're up so high, we'd be fools to look down...
Shapes turn pacely, this is so amazin'
Destination pure, sensation, startin' the night"
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» Bruno Mars, Anderson .Paak, Silk Sonic - Blast Off «
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Prima settimana di settembre, 2022
Bruno guardò l'orologio dallo schermo del suo iPhone: erano le otto del mattino e la temperatura era già alta per essere mattino inoltrato. Bloccò lo schermo e se lo intascò, adagiandosi sullo schienale dell'Uber su cui stavano viaggiando. La loro destinazione erano le Bahamas, lui aveva scelto un resort fantastico per poter ospitare quell'evento e quale miglior luogo, se non il Baha Mar? Spiagge incontaminate, cielo limpido, tanta natura, acque cristalline, sabbia bianca, il sole caldo... la sua honu kai in costume... Dio, se l'attesa era snervante!
La distanza dall'aeroporto era lunga, Gin approfittò dell'occasione per rilassarsi dal viaggio in jet privato e tirarsi il latte con il tiralatte portatile. Era stato terribile non poter portare le bambine con sé, ma la loro fragilità avrebbe potuto metterle in pericolo. Si stava lasciando molto condizionare dai suoi istinti materni, da quando aveva dato alla luce le sue splendide bambine dalla carnagione olivastra.
Lo stress stava cominciando a farsi sentire, soprattutto notando la bottiglietta con pochissimo latte. «Stai tranquilla, bebita, Trudi ci chiamerà se dovesse succedere qualcosa. Ti prometto che dopo il weekend dai tuoi, ci dedicheremo solo a loro» la rassicurò Bruno, poggiando una mano sulla sua.
«Non devi rinunciare ai tuoi progetti per me.»
«Dopo le date a Sydney e Osaka non avrò altri impegni, e poi Anderson ha molto da fare con la sua casa discografica e ci riuniamo solo ad eventi particolari.»
Gin non disse altro, poggiò la testa sulla spalla di Bruno e intrecciò la mano, socchiudendo gli occhi. Amava quella camicia beige addosso a lui, la scollatura ampia e la stoffa leggera. Entrambi avevano avuto la stessa idea: indossare vestiti di seta e cotone per stare più comodi e far respirare la pelle, anche se le alte temperature non aiutavano granché.
Erano passati esattamente ventuno mesi da quando si erano rimessi insieme e i suoi trentacinque anni erano più vicini che mai. Quante cose erano successe da quel giorno? Troppe. Stava iniziando ad abituarsi ai vestiti di lusso, partecipare alle feste private e sentire i pettegolezzi su di lei in giro. Quella sensazione di disagio tornò a farle visita e iniziò a chiedersi se era giusto tutto quello che Bruno le stava regalando, a cominciare da una vita agiata e le lusinghe delle sue tante fan. La stimavano, chiedevano foto e stringevano amicizia con lei e Gin avrebbe dovuto esserne felice.
Tuttavia, odiava affrontare l'argomento; la pressione dei paparazzi e di essere perseguitata da qualche stalker com'era accaduto ad altre celebrità correva nelle vene. Era fortunata che fosse riuscita ad evitarli dopo l'annuncio del matrimonio, complice anche lo stesso Mr. Jenkins che aveva messo a tacere i pettegolezzi rispondendo alle domande dei giornalisti. Le sedute dallo psicoterapeuta l'aiutavano a superare gli attacchi di panico e quei momenti di iperventilazione che le facevano perdere sangue dal naso, ma non a stare tranquilla anche pur sapendo di venir paparazzata in giro.
«Perché hai voluto che m'incontrassi con i responsabili di Greenpeace proprio laggiù?» domandò successivamente, nel tentativo di cambiare argomento. Non doveva pensarci o si sarebbero di nuovo aperti i rubinetti, ed erano passati più di quattro mesi dall'ultima epistassi – cosa che non accadeva da anni.
«Il progetto riguarda la pulizia degli oceani dalle isole di plastica, giusto? Il problema persiste anche nelle zone più tropicali, potreste anche approfittarne per... che so, prendere qualche campione. Non sarebbe una brutta idea espandere il progetto anche altrove.»
L'idea era interessante, però doveva parlarne con gli altri e non c'era Hayley per discutere del progetto. Tuttavia, era più che sicura che Mr. Spencer avrebbe acconsentito. «Se dovessero dire qualcosa sul mio assegno, non esitare a chiamarmi. Parlerò direttamente io.»
«Tranquillo, Pete, sono sicura che non diranno nulla.»
Lui non aggiunse altro e posò lo sguardo davanti a sé, aspettando di arrivare a destinazione. Per una volta i ruoli si erano invertiti: stavolta era lei a pensarla con ottimismo. Non poteva esserne più felice.
«♫»
Bruno, Anderson e gli Hooligans arrivarono tutti insieme da una stradina laterale, ben quattro Uber uno dietro l'altro. I due ragazzi responsabili di Greenpeace sarebbero arrivati a momenti insieme a Sydney e Shawn e si sarebbero incontrati nei pressi della lobby del resort. Le uniche coppie, in quel piccolo gruppo, erano loro, Andy e Titi – quest'ultimi per mano.
La prima cosa che risaltava all'occhio, appena giunti all'ingresso, era quel bellissimo muro a cascata che divideva il resort dall'esterno e due edifici bianchi che ricordavano molto gli hotel di Las Vegas. Le rifiniture dorate ai bordi e le decorazioni sulle colonne bianche di marmo che regalavano un tocco lussuoso, affiancato da aiuole colorate e palme piene di vita. C'erano ben due porte: una a destra e l'altra a sinistra – dove loro stavano entrando. Guardando meravigliato l'ampia hall dell'albergo, Geoffrey parlò senza pensare. «Che posto della madonna.»
Gli interni erano sul turchese, blu marino e bianco, lampade a candela e decorazioni dorate. Dove si trovavano, c'era un grande atrio occupato da alcune corde di velluto blu cobalto. Ad accoglierli fu un concierge dalla divisa bianca elegantissima, dietro le sue spalle c'era una grande cornice bianca ovale che proiettava un'animazione ondulata sulle tonalità di blu.
«Benvenuti al Baha Mar. È un immenso onore avervi qui.»
L'onore era suo, in realtà. Gin aveva sempre sognato di passare una giornata in resort così esclusivi e lussuosi, specialmente fuori dall'Europa. Il concierge era giovane e di colore, con un sorriso splendente e una voce baritonale. Controllava la prenotazione dal suo iPad, si assicurò che i nomi fossero corretti e a nome del manager di quel gruppo.
Dalle parole del concierge, il signor Jenkins aveva organizzato tutto nei minimi dettagli. Per cominciare, il gruppo si sarebbe riunito prima alla Lagoon Pool per il primo photoshooting per i social, dopodiché Bruno sarebbe andato insieme alla troupe alla Flamingo Cay per la promozione del suo brand, così come Anderson nei pressi della Fortune Pool, mentre gli altri si sarebbero occupati dei preparativi per la festa e il concerto di quella sera.
Il concierge proseguì, scorrendo l'iPad. «E come da vostra richiesta, abbiamo riservato due suite matrimoniali e tre singole per questa notte. Due ragazzi vi accompagneranno nelle vostre rispettive camere e vi consegneranno le chiavi elettroniche.» Fece un segno verso un paio di facchini alle loro spalle, sotto lo sguardo confuso del gruppo.
«Avviserò direttamente io dell'arrivo di Mr. Spencer e Mrs. Davis.»
«Grazie infinite» ringraziò Ginevra con un perfetto inglese.
La concierge s'inchinò educatamente e si congedò. Il primo dei due facchini – il ragazzo biondo dalla carnagione pallida – si occupò delle due coppie, coloro che avrebbero alloggiato nelle suite matrimoniali. Sarebbero stati l'uno vicino l'altro, essendo anche le due star dell'evento. L'altro, invece – più abbronzato e dagli occhi nocciola grandi – si prese la responsabilità delle valigie di ogni membro degli Hooligans.
Phil, Andy e Geoffrey avevano già preso una mappa del posto per potersi orientare, si sarebbero presi qualche ora per esplorare il resort e guardare le piscine. Daddy voleva andare a vedere i campi da golf, Eric ammirare le fontane esterne. Christine si lamentava con Alex per decidere con chi avrebbe dormito, sembrava nervosa all'idea di dividere la sua camera. Come biasimarla.
Geoffrey aveva già puntato il dito sui ristoranti. «So già cosa mangiare per il brunch: una gigantesca barca di sushi.»
«Da qui si va alle piscine, poi dritto...» Phil avvicinò la mappa ai suoi occhiali. «Non sto capendo un cazzo. Aiutami, Geoff!»
«Non ci capisco neanch'io, Phil. Più che un resort sembra il Labirinto Curioso di Alice nel Paese delle Meraviglie. Allora, questa davanti è la Reflection Pool e fin qui ci sono, ma quale stradina dovremmo prendere per andare alla Lagoon?»
«Ah, no! Io voglio provare prima la spa, la suite può aspettare» obiettò Anderson, attirando la sua ragazza fra le braccia. «Dove avete detto che si trovava?»
Titi provò a ribattere, ma senza successo. Stare dietro ad uno come Brandon Paak Anderson non era affatto facile e Bruno ne era testimone – aveva sopportato i suoi capricci per un bicchiere di Jim Beam durante le riprese di "Leave The Door Open". La sua ragazza, invece, da quel poco che l'aveva conosciuta, però, sapeva come usare la bocca e lo sguardo per farsi valere e di sicuro sapeva tenere a bada un uomo esuberante come Andy.
Il facchino, intanto, aveva caricato le loro valigie e visto che una delle coppie era impegnata, s'incaricò di servire la prima. «Da questa parte, signori.»
Bruno e Gin gli andarono dietro fino agli ascensori, situati sia a destra che a sinistra, dalle porte d'argento e le piastrelle blu e azzurre a fantasia squamata. Salirono direttamente sul primo, giungendo così al sesto piano. Il corridoio seguiva lo stesso pattern dell'ingresso, fra il blu marino e il bianco marmoreo. La loro stanza aveva un numero pari, mentre quella di Anderson e Matilde era dispari. Le camere erano situate una di fronte l'altra e sapendo che quelle di fianco sarebbero state libere, avrebbero avuto il massimo dell'intimità.
Ricevuta la chiave elettronica, Bruno aprì la porta e lasciata la mancia al ragazzo – anche piuttosto alta –, chiuse la porta della suite. Gin era già andata a cambiarsi, dopo aver preso il suo trolley azzurro e bianco. Presto anche i responsabili di Greenpeace sarebbero arrivati e Bruno avrebbe voluto incontrarli di persona insieme a lei, peccato che i suoi doveri lo avrebbero tenuto occupato per mezza giornata. Sarebbero giunti turisti da ogni parte del mondo per assistere al loro evento gratuito e aperto al pubblico, serviva soprattutto per far crescere il suo nuovo business di rum caraibico.
Si prese del tempo per guardare la suite. Rispetto alle altre in cui avevano alloggiato negli anni, lo stile di arredamento era più minimalista – completamente bianca e dai mobili in legno pregiato. Il letto era grande con una bellissima testiera di velluto decorata, la finestra a porte scorrevoli a sinistra mostrava parte del resort e quella vasta distesa d'acqua salata azzurra in lontananza, le tende bianche di seta morbide chiuse che oscuravano appena la stanza. Non mancava nulla, nemmeno la tv satellitare. Mr. Jenkins conosceva davvero bene i gusti delle sue celebrità.
Quando Gin uscì dal bagno alla sua destra, lui rimase sbalordito. Addosso aveva un kimono bianco trasparente dalle maniche floreali ricamate – anche sulla parte inferiore, ma molto più piccoli – perfettamente abbinato al reggiseno a triangolo e lo slip del suo bikini. A Bruno piaceva vederla con un vestito estivo beige e i sandali gioiello, anziché in pantaloncini e maglietta, ma anche total white era uno spettacolo per gli occhi.
C'era solo un piccolo problema: il costume era... «Bianco.»
Gin aggrottò la fronte. «Hm?»
«Il bikini è bianco.»
«E allora? È pur sempre un costume.»
Bruno strofinò il naso contro quello di lei. No, che non lo era. «Sì, hai ragione.»
Sapeva perfettamente che tutto ciò che si trovava lì sotto lo poteva vedere, toccare e baciare solo lui. In particolare quello splendido seno tondo e le sue punte rosee, quei fianchi curvi e tastare la morbidezza delle sue cosce. Il suo peso non era aumentato di tanto durante la gravidanza, poiché faceva pilates all'aperto, ma i segni c'erano. Ebbe una voglia matta di sciogliere la cintura di seta del copricostume e baciare ogni singolo centimetro di quella pelle.
«Sicuro? Ti vedo un po'... strano.»
«Stavo solo pensando a quando te lo toglierò di dosso.»
Nel sentire quelle frasi lei si eccitò e al contempo roteò gli occhi al cielo. «Mi spiace, ma dovrai aspettare.»
Quando l'ebbe contro di sé, petto contro petto, si chinò appena per cogliere la dolcezza delle sue labbra. Lei lo avvolse tra le braccia con lentezza, il seno contro di lui. I loro corpi si amavano e le loro anime si attiravano, era stato così fin dal primo momento insieme. I suoi capezzoli iniziarono a indurirsi contro il suo petto, Bruno riuscì a sentirlo da sotto la seta della sua camicia. Per via dei suoi problemi di stress stava cominciando ad allattare di meno, ma perlomeno avrebbe potuto godersi appieno quelle morbidezze.
«Se potessi, t'incatenerei a letto.»
«Non ne saresti capace.» Si morse il labbro, facendo scivolare le mani sulla sua scollatura provocante. I ciondoli ondeggiarono a contatto delle sue dita.
«Non ti conviene sfidare il re della giungla» mormorò nella sua bocca e l'afferrò per la vita.
«Perché? Ti sto sfidando?» replicò, flirtando con lui. Il suo sguardo era seducente, sapendo per quanto tempo Bruno fosse rimasto chiuso fuori da quel paradiso chiamato 'Ginny Angel' e ora che i quaranta giorni erano finalmente trascorsi, avrebbe potuto approfittarne.
Stavano per baciarsi, quando un trillo li disturbò. Gin si separò dall'abbraccio e corse a rispondere. Lo aveva lasciato andare così bruscamente che provò una forte sensazione di vuoto sul petto. Riagganciò la cornetta e tornò da lui. «Sono arrivati alla reception, è meglio se comincio ad andare nella lobby.»
Bruno si offrì di accompagnarla al piano terra, poiché anche lui aveva da fare. Lei acconsentì e dopo aver chiuso la stanza, infilò la chiave elettronica nella sua piccola borsa da spiaggia e prese l'ascensore con lui. Se non fosse per le telecamere, avrebbero ripreso a baciarsi fra un piano e l'altro. Il campanello suonò e le ante si aprirono, mostrando la familiare fantasia squamata blu.
«In bocca al lupo, bebita.»
Si scambiarono un bacio veloce e Gin lo vide andare dall'altra parte, probabilmente si sarebbe cambiato per il secondo photoshooting. Desiderò non dover partecipare a quella riunione di lavoro; voleva guardare il suo Bruno Mars improvvisare pose ammiccanti col bicchiere di Piña Colada in mano e... sedurlo. Immaginarlo non avrebbe avuto senso.
«♫»
La lobby era ancora più bella e lussuosa di quanto Gin avesse immaginato. Le porte del casinò alla loro sinistra erano aperte, il rosso e le luci colorate all'interno attiravano l'occhio del turista più della lobby stessa. Gin prese posto su un divano beige dai cuscini rosso corallo di pelle, accanto a lei c'era Christine, che aveva accettato di buon grado di farle compagnia e aiutarla a superare l'ansia. Hayley non era potuta venire essendo occupata con alcune cure per il piccolo Nathan, di solito spettava a lei quel compito.
Si rigirò i pollici, mordendosi convulsivamente il labbro. Mancava solo la loro conferma e anche un singolo "no" da parte di Spencer, avrebbe potuto mandare all'aria tutto. Non doveva succedere e anche se avesse commesso un singolo errore, banale o grave che fosse, Ginevra non se lo sarebbe perdonato. Doveva filare tutto liscio.
«Stai bene, Gin?» domandò Christine, accarezzandole la mano.
Lei osservò il contrasto fra la sua mano bianca e la sua caramellata. «Ehm... sì, sto bene.»
«Vedrai, sarà un successone. Con l'aiuto di Bruno, poi...» ammiccò, facendola sorridere.
Christine sapeva che il nome del suo futuro marito le strappava sempre un sorriso, dopotutto anche lui aveva contribuito al progetto. D'un tratto lei e Shawn si scambiarono uno sguardo strano, indecifrabile. Quest'ultimo sapeva che Bruno era lì, maggior ragione per cui evitava di guardare i due ragazzi che le stavano vicina. Sydney, invece, si preoccupava di sistemare la chioma rossa ribelle.
«Miss D'Angelo, sono arrivati i signori Spencer e Davis» annunciò un membro dello staff, dietro di loro due figure adulte e perfettamente casual. Tutto il gruppo si alzò per stringere loro la mano, prima di dare il via a quella riunione.
Il più alto, Jeremy Spencer, era uno degli ambientalisti più influenti dell'ultimo periodo. Aveva portato avanti progetti insieme al WWF per la salvaguardia delle specie più a rischio come i panda e le orche. Era venuto a conoscenza delle sue imprese grazie al primo progetto ambientale di Ginevra e dopo le ultime telefonate, era riuscito ad avere un contatto diretto con lei e la sua piccola squadra di biologi indipendenti.
Jayde Davis, invece, era la sua assistente: una ragazza mora dalla carnagione color caffè molto bella. Il suo carattere lo si poteva capire dal suo abbigliamento metà semplice e metà elegante, e due occhi azzurri ben in risalto sul suo volto. Portava le lenti a contatto e un manicure oro-nera in tinta coi tacchi che aveva ai piedi.
«Possiamo darci del 'tu', se per lei va bene.»
Lui annuì, prendendo posto sulla sedia e posando l'attenzione sulla ricciolina del gruppo. «Grazie inoltre per l'ospitalità, signora Saunders. Siamo felici di essere gli ospiti d'onore del vostro evento.»
«Grazie a voi che avete accettato di venire fin qui. Spero non sia un problema se resto ad ascoltare, sono principalmente qui per dare supporto morale al gruppo.»
«Nessun problema» sorrise educatamente, aggiustandosi gli occhiali tondi sul naso. Aveva gli occhi molto azzurri e avvicinò leggermente i fogli al volto per metterli meglio a fuoco strizzando leggermente gli occhi, doveva essere miope. «Dunque, miss Terrier, il comitato ha già approvato la prima fase?»
«Approvata e revisionata dall'ente protezione ambientale» rispose Sydney con professionalità, mostrando una cartellina azzurra piena di documenti con marche da bollo firmati e timbrati più volte. – «Nel plan ci sono tutti i parametri richiesti, dal pH alla salinità, fitoplancton, temperatura e torbidità. Tutti e quattro nella norma, sono solo presenti alcune tracce di arsenico e microplastiche a causa dell'inquinamento. Di seguito, i documenti firmati dal governatore e la somma dei fondi ricavati grazie alle nostre iniziative di crowdfunding.»
«Qui vedo scritto che la somma è stata raggiunta a metà luglio con un incasso di duecentomila. Per curiosità: da dove viene questa somma? Qualche benefattore? Un prestito?» domandò, leggendo con occhio attento ogni singola cifra scritta nel documento.
Gin fece un cenno col capo, sistemandosi meglio fra i cuscini del divano della lobby. «Li ha donati il mio rag— volevo dire, Bruno per cominciare la prima fase del FPOP. Ha insistito molto per aiutarci a finanziare la prima fase del progetto e ha già parlato con Mr. Ronald per versarlo.»
Lui spalancò gli occhi. «Bruno Mars avrebbe contribuito all'iniziativa?»
«Sì, è stato lui a firmare quell'assegno.» Trovandolo all'interno dei documenti, tenuto in alto a sinistra, la sua assistente lo guardò attentamente. C'era proprio scritto il suo nome di battesimo e con una calligrafia piuttosto elegante e precisa, ben diversa dai suoi soliti autografi. «Spero non sia un...»
Mr. Spencer scosse la testa e si passò una mano fra il ciuffo corvino, notando Jayde girarsi l'assegno fra le mani. «No, al contrario. Mi sorprende il fatto che abbia voluto offrire una somma così grande per un progetto no-profit.»
«Non è la prima volta che fa beneficienza, Mr. Spencer» aggiunse Christine con aria fiera, facendo sorridere tutti i presenti. «Ha donato un milione di dollari per la crisi idrica a Las Vegas e parte del ricavato del suo brand vanno alle scuole musicali hawaiane.»
Gin intervenne e cercò di mantenere un tono calmo per non cedere a qualche attacco di panico, ma mentre teneva le mani unite sulle ginocchia serrate, una delle sue dita batté insistentemente sulle nocche. La tensione stava cominciando a salire. «Però Bruno non vuole che la cosa diventi di dominio pubblico, vuole farlo lui di persona non appena la prima fase sarà approvata ufficialmente. Se avete bisogno di consultarsi con lui, posso chiamarlo.»
«No, no, per carità, non mi va di disturbarlo» obiettò, chiudendo il fascicolo e consultando gli altri documenti. La sua espressione era ancora incredula; le voci si espandevano a macchia d'olio, specialmente se si trattava di celebrità planetarie e i loro gesti. «Ne possiamo parlare tranquillamente in separata sede, se lui vuole.»
«Va bene, glielo riferirò.»
«Invece, come procede la raccolta fondi per la seconda fase?» chiese Jayde, mettendo accuratamente via all'assegno ancora esterrefatta dopo aver letto il nome del misterioso benefattore.
«Io e la mia squadra siamo riusciti a stanziarne centomila. I restanti li ricaveremo grazie alla nuova propaganda per la salvaguardia della fauna dell'Amazzonia, il signor White dovrebbe dare la sua conferma per la prossima settimana. Abbiamo anche in programma di espandere il FPOP fuori gli Stati Uniti.»
«Espanderlo costerebbe molto di più, miss D'Angelo, e non sappiamo se questa prima fase avrà successo» replicò Mr. Spencer rammarico, come se avesse previsto l'andamento del progetto. La cosa non rincuorò affatto Gin, che sentì una gamba tremolare. «Ma ne valuteremo la possibilità.»
Quel "ne valuteremo la possibilità" sapeva troppo di frase fatta. La sensazione era la stessa dopo un colloquio di lavoro e aver sentito il famoso "le faremo sapere", che più che dare speranze, le distruggeva come Thanos schioccava le dita col Guanto dell'Infinito.
Osservando l'ambientalista riordinare le carte, seguì un istante di silenzio. «Dunque, porteremo tutto il materiale in sede e vi faremo sapere prima di dicembre.»
Ecco un'altra frase fatta che alimentò di più la tensione nel corpo di Gin. Non doveva pensare negativamente, Bruno glielo diceva sempre: "La chiave per il successo è l'ottimismo". Lo era stata all'inizio della giornata, non poteva abbattersi in quel modo.
Parlando proprio di lui, all'uscita della lobby, Gin promise a Jayde e Mr. Spencer che lo avrebbero incontrato durante l'after party. Oltre ai cocktail, avrebbe firmato qualche autografo e fatto qualche foto coi fan. Sarebbe stato più che felice di conoscerli, poiché il suo nome era fra la lista dei benefattori.
«♫»
«Sono più che sicuro che questo campione sarà molto utile per le nostre ricerche» disse Shawn, tenendo fra le mani le due provette piene d'acqua salata, entrambi di ritorno dalla spiaggia. Prelevarle era stato facile, intorno non c'era tanto vento e l'acqua era calma e limpida. «Cominceremo prima dai processi oceanografici, andremo per gradi come abbiamo fatto per la baia di Santa Monica.»
«Sì, conviene. Così stiamo sui tempi e non accavalliamo troppi impegni.»
Quella riunione nella lobby aveva concluso poco e niente, ma almeno Gin aveva fatto bella figura. Ci sarebbero voluti anni e anni per portare a termine il FPOP, ma ne sarebbe valsa la pena. Lei e Shawn ci lavoravano da tempo, soprattutto quando erano fidanzati. Se avessero voluto espanderlo anche sul suolo caraibico, bisognava avere un quadro complessivo della vita marina del posto.
Il solo fatto che fosse stato Bruno Mars in persona ad averlo consigliato a Ginevra lo aveva lasciato interdetto; non era di mestiere, eppure aveva saputo dare idee nuove per quel progetto. La risposta era una sola: lui conosceva l'oceano meglio di se stesso, aveva il Pacifico nel corpo e l'amore per la vita nel sangue. Seguiva una filosofia di vita così melensa da far venire il diabete. Scosse freneticamente la testa, detta in quel modo pareva una frase razzista. Quell'uomo sapeva esattamente di cosa parlava, perfino del suo lavoro.
Scelse di cambiare le carte in tavola per non sentirsi troppo a disagio vicino a lei, dopotutto era anche la sua ex ragazza. «Comunque, sono contento di vedere che stai bene.»
«Anch'io, e di sapere che tua nonna si sia ripresa dall'operazione al pancreas.»
«È stata dura, ma non ha mollato. Ottantasette anni e non sentirli. Noi Wayne abbiamo la scorza durissima.»
Lei si lasciò sfuggire un sorriso, ripromettendosi che un giorno sarebbe andata a trovarla. Quella signora le aveva voluto bene fin dal primo sguardo e le era dispiaciuto sapere della rottura con suo nipote, aveva sperato tanto in un matrimonio. Aveva però apprezzato la sua sincerità, motivo per cui non le aveva portato alcun rancore. Gin si era sentita grata, ma aveva ancora i sensi di colpa. Shawn aveva bisogno di una donna che avesse saputo amarlo davvero, mentre lei era rimasta aggrappata al passato senza saperlo.
Passando il viavai di palmi, osservarono una lavagna che indicava la destinazione finale. Erano appena giunti nell'habitat dei fenicotteri e uno dei membri dello staff li accolse. Gin e Shawn lo seguirono, continuando la loro passeggiata e una serie di versi nasali attirò la loro attenzione. I fenicotteri camminavano a testa alta con un atteggiamento altezzoso e indifferente, alcuni dormivano in piedi su una sola zampa. Ce n'erano alcuni piccoli, anche appena nati, che lo staff stava accudendo e tenendo d'occhio.
Gin sobbalzò, nel momento in cui uno strano verso penetrò il suo orecchio. Uno di essi la stava fissando curioso, per come aveva piegato il collo e dispiegato appena le ali. Il cartello sulla staccionata parlava chiaro: non bisognava scavalcare la barriera fra il sentiero e lo stagno, eppure avrebbe voluto accarezzarne uno. «Non abbiate paura dei fenicotteri, sono innocui» la rassicurò l'addestratore con un perfetto inglese. «Coraggio, tenda la mano.»
Allungò appena la mano destra e la passò sul suo busto. Il fenicottero parve gradire molto le sue dolci carezze, da come muoveva la testa e dai versi bassi e nasali. Aveva le piume più rosa e il busto più grande, era chiaramente un esemplare maschio.
«Rimarrai qui per la festa?» domandò lei, mentre il giovane addestratore scrutava la zona. Si stava assicurando che i fenicotteri fossero in totale sicurezza e che gli altri turisti fossero tranquilli.
«Sì, visto che resteranno anche gli altri. Non vi starò troppo addosso, rimarrò in compagnia di Sydney» rispose Shawn, dondolandosi sui talloni.
«Non devi avere paura di lui, non morde.»
«Più che paura, mi sento a disagio vicino a lui. Insomma... come fai a stare tranquillo, sapendo di essere osservato da una celebrità come Mr. Mi-Faccio-Di-Piña-Colada?»
Il nomignolo le strappò un sorriso. «Solo perché ha cinque dischi di diamante e ha creato un brand di rum caraibico?»
«Non solo, riesce ad essere affascinante con un cazzo di alcolico in mano.»
Lei lo rincuorò, indicando con lo sguardo il bicchiere di Starbucks che Shawn aveva fra le mani. «Puoi essere affascinante anche con il White Mocha dello Starbucks.»
Alle sue parole, arrossì come un peperone. Se doveva proprio dire la verità, lui aspirava a raggiungere una minima parte di quello che una persona generosa e sicura come Bruno era capace di fare, avere parte della sua bontà per farsi apprezzare di più dalla gente. Non sempre ci riusciva e il suo peggior difetto era quello di criticare tutto ciò che gli si parasse davanti e voler trovare sempre il pelo nell'uovo. Tuttavia aveva una schiera di ragazze intorno e dopo due relazioni fallite, era riuscito ad andare avanti e superare la separazione con Gin. Quello che gli importava davvero, era che fosse felice.
«Sei già qui, bebita?» Entrambi si girarono e videro Bruno a pochi passi da loro, un fenicottero dietro di lui con le zampe dritte a fargli compagnia. Lo stile anni Settanta era perfetto per lui, i colori caldi si sposavano benissimo con la sua pelle color cappuccino. Lui ricordava quel nomignolo, lo aveva sentito proprio da lei.
Gin rispose, andandogli incontro. «La riunione è finita in anticipo. Come mai stanno entrando altri fenicotteri nel recinto?»
«Ne abbiamo portati alcuni vicino la piscina per il servizio fotografico.» Notando lo sguardo severo della sua ragazza, alzò una mano e con l'altra, continuava ad accarezzare le piume rosate del pennuto. «Nessun fenicottero è stato maltrattato durante le riprese, giusto, Bridget?»
Il fenicottero emise un piccolo starnazzo, il collo piegato verso di lui.
«Che matto» rise, lasciandosi contagiare dalle sue fossette.
Quello al suo fianco era un esemplare femmina, lo si poteva capire da come il suo corpo fosse più minuto rispetto al maschio. Aveva perfino un nome, probabilmente anche il resto del branco ne possedeva uno. Bruno li accarezzava con movimenti delicati delle dita, non si faceva scrupoli a fargli i grattini fra le piume e lasciare che appoggiasse il becco contro la sua spalla. L'animale pareva gradire le sue carezze, o meglio, il suo tocco magico.
«Ti piacciono i Phoenicopterus roseus?» chiese Shawn insolitamente curioso.
«È il mio animale tropicale preferito dopo il tucano» rivelò il ricciolino con un sorriso, dopo che il fenicottero Bridget gli aveva dato un colpo laterale di becco sul fianco sinistro. «Mi dispiace deluderti, tesoro, sono fidanzato.» Il collo del volatile si piegò leggermente e minacciò di dispiegare le ali, Bruno si arrese e sospirò. «Va bene, hai vinto. Tieni la mia ciliegia.»
La tirò fuori dalla tasca e la passò al pennuto, che la prese col becco e abbassò il collo per poterla mangiare. Era già entrato in sintonia con quell'animale, il suo spirito pacifista e amorevole era decisamente il suo tratto distintivo. A guardarlo sembravano identici e in effetti, quell'uomo aveva la stessa visione di quel volatile: sapeva stringere forti legami, che fosse di amicizia o d'amore, farli durare nel tempo e prendersi cura di loro. Ginevra ne era follemente innamorata.
«Torno a vedere le... ehm, piscine.» Fece un passo indietro, guardando la ragazza prendere Bruno per per mano.
«Grazie per avermi fatto compagnia, Shawn.»
«Figurati, e... e buona fortuna per tutto.» Si girò e sparì fra le palme e i cespugli rigogliosi che dividevano l'habitat dal sentiero di ghiaia.
Gin s'inumidì le labbra, lo sguardo triste e sconsolato. Shawn si era chiaramente allontanato dopo aver visto il suo ragazzo, eppure dalle parole di poco prima sembrava essere consapevole della sua presenza. Forse le aveva mentito, dicendo che se l'era fatta passare. Di colpo sussultò nel sentire un verso nasale strozzato; un fenicottero maschio da dietro la staccionata aveva avvicinato il becco alla sua guancia, come se le avesse chiesto se stava bene.
Bruno rise nel vederlo tentare un approccio amichevole con lei, aveva buon gusto in fatto di donne. «Hai appena fatto colpo su Carlos, Gin.» Lei restò paralizzata, il pennuto che chinava leggermente la testa. Era quello il suo nome? – «Prova ad accarezzarlo» la incitò lui, guardandola esitare.
Esalò un respiro profondo, tese la mano e sfiorò le piume alla base del collo. Il volatile non mosse né le ali né le zampe, scostò di poco il collo e permise alla ragazza di toccarlo meglio. Gin allargò appena le dita e lasciò che passassero attraverso quel bianco-rosa soffice e delicato, poco dopo che aveva sollevato la mano, il fenicottero emise un nuovo verso come per chiederne ancora. Somigliava a qualcuno.
«Che playboy» sogghignò Bruno, guardandolo godersi quelle piccole carezze.
«Carlos è proprio adorabile, sembri tu la domenica mattina.»
Lui alzò gli occhi al cielo. Stronza!
Il fenicottero Carlos si lasciò ancora coccolare dalla mano delicata di Ginevra, fin quando alcuni versi strozzati non lo costrinse a voltarsi. Il pennuto si allontanò subito dalla staccionata, raggiungendo il branco. Gli addestratori stavano dando da mangiare ai fenicotteri e qualcuno litigava per acchiappare il primo boccone, gli starnazzi erano assordanti. In effetti era arrivata l'ora del brunch.
Dopo che Bruno aveva salutato lo staff, ringraziandoli per la disponibilità, uscirono dall'habitat dei fenicotteri mano nella mano. Era una splendida giornata ed erano circondati da palme e acque cristalline nel bel mezzo di una luna di miele anticipata, non si poteva non approfittarne per una passeggiata. Un vero peccato che l'habitat delle tartarughe marine – il Sanctuary – fosse dall'altra parte del resort, ma prima di ripartire ci sarebbero passati. Ogni tradizione andava rispettata, come quella dello Starbucks.
«Mr. Spencer è rimasto sorpreso quando ha visto l'assegno.» Prima che Bruno potesse aprire bocca, Gin lo anticipò. «Gli ho detto di non menzionarti ai piani alti e ha dato la sua parola.»
«Forse a fine anno potrei annunciarlo, ma prima devo sapere con chi ho a che fare. Lo sai che non regalo la mia fiducia tanto facilmente.»
«Per questo vuole prima parlarne con te. Dopo il concerto, potresti approfittare dell'occasione per conoscere sia lui che Ms. Davis e parlarne più tranquillamente dopo. A proposito, ha chiesto anche una foto con te.»
Lui non diceva mai di no ai Meet & Greet fuori programma. «Volentieri.»
La brezza calda investì il viso di Gin e si sentì rilassata sotto le palme dalle foglie grandi che facevano da ombra sul sentiero di pietra. Non credeva di apprezzare così tanto l'estate – solo quando il caldo non era insopportabile – e il pensiero di galleggiare nell'acqua, non temere di fare un bagno di sudore e soffrire l'afa. Camminando, osservò Bruno di profilo; quei ricci erano folti e ben tenuti, la camicia di seta rosso corallo e la fronte che luccicava leggermente di sudore. Non credeva di trovare così sexy uno stile così vintage.
«Diamine, forse non dovevo mangiare quella Saint Honoré. Mi sento gonfio.»
«Stai già andando in crisi di mezz'età?»
Lui la fulminò con lo sguardo. Crisi di mezz'età un par de ciufoli. Se non fosse stato per la gente in giro per quel resort, le avrebbe strappato quel bikini e fatta urlare così forte che lo avrebbe implorato di non smettere. Lì, dietro quei cespugli, senza pietà.
«Ha parlato la bambina che il ventidue settembre farà trentacinque anni.»
«E ha replicato colui che due settimane dopo ne farà trentasette.»
«Portati bene, oserei dire» si pavoneggiò, tirandosela un po'. «Fin quando non arriverà quel giorno, ne avrò ancora trentasei.»
«Finché puoi ancora permettertelo per flirtare con qualche giornalista sul red carpet» parlò senza riflettere, accorgendosi di averlo appena provocato. Per una volta la battuta flirtante le era riuscita bene, lui non aveva replicato come al suo solito.
Era così immersa nei pensieri che non si accorse della presenza selvaggia e avvolgente di Bruno contro di sé, le mani avvolte intorno al girovita. La sensazione di calore si spostò dalla spina dorsale al basso ventre, nell'esatto momento in cui udì un paio di schiocchi sulla parte bassa dell'orecchio. Le mancò il respiro. Come diamine faceva?
«Cosa vorresti insinuare, miss Gin?» grugnì, mentre il suo respiro caldo le colpiva la guancia destra e le dita adornate dagli anelli d'oro tentavano il nodo del kimono trasparente. «Che sono troppo vecchio per fare certe cose?»
«No» soffiò, eccitandosi al suo tocco sensuale e vellutato sullo stomaco. Anche lui amava sfruttare i sensi per farla cedere. «Non l'ho mai detto.»
«Le mie orecchie da popstar sentono bene, signorina. Anche se lo hai omesso, hai alluso a questo.»
«Non volevo essere indiscreta.» Si sentì girare e si ritrovò il suo naso a un millimetro dal suo. Voleva baciarlo, ma resistette. Non doveva cedere al suo sguardo color cioccolato e quelle sfumature rosate dei suoi occhiali da sole. «La mia era solo ironia.»
Sarebbe questo il tuo concetto di 'ironia', miss Gin? – «Farò finta di non aver sentito nulla solo se soddisferai un mio capriccio.»
Gin era più che sicura che ci fosse qualcosa di losco in quella frase. Le avrebbe sicuramente chiesto di tornare nella suite per... «Non ho intenzione di fare sesso con te» sbottò con voce neutra, lo sguardo sottile e autoritario.
«Sai che fare l'amore sotto i raggi del sole è come essere un tutt'uno con la natura? Fa bene allo spirito» sussurrò lui ad un soffio dalla bocca di lei.
Alzò un sopracciglio e sogghignò. «Sul serio, Hernandez?»
«Serissimo» ridacchiò, guardandola dalla testa ai piedi.
Lei diventò paonazza per la vergogna e in tutta risposta gli diede una leggera spinta sul petto sodo e muscoloso, alimentando di più le sue risatine. «T-tu sei pazzo!»
Le sue mani ritrovarono i suoi fianchi, spingendola contro il suo corpo e posando le labbra sulle sue. Fu tutto così improvviso che Gin non ebbe nemmeno il tempo di elaborare il tutto. Si sciolse a quel contatto fisico e chiuse gli occhi, avvolgendo le braccia attorno al suo collo. «Pazzo di te, mi querida» sibilò tra un bacio e l'altro. Azzardò un gesto più passionale e fece scivolare la sua lingua in quella di lei, accendendo di più l'ardore intorno a loro.
Quando il proprio inguine urtò il suo con fare sensuale, la ragazza gemette nel bacio. Amava vederlo sotto le vesti di un leone una volta ogni tanto, non c'era da stupirsi se ultimamente stava tirando fuori il suo lato più sporco e perverso. Bruno era diventato padre da poco e gli piaceva uscire da quel ruolo per mostrare la sua sensualità, quel suo enorme pregio cui soltanto lei aveva accesso.
«Bruno, non... non qui.»
«Ma stanotte sarai mia, vero?» mormorò con un filo di voce che le regalò una nuova fitta di piacere al basso ventre.
Lei posò le mani sulla scollatura ampia, separandosi da lui. «Forse.»
Mentre Bruno tirava fuori il cellulare dalla tasca, notò che Gin gli aveva dato le spalle e camminava fino alla fine di quel sentiero. In realtà sapeva bene che la cosa era reciproca, anche lei sentiva quel pressante desiderio di avvinghiarsi a lui e godersi un happy hour sotto la luce del sole. Aprì la schermata di WhatsApp e digitò un messaggio veloce. "Lo sarai, invece. So come convincerti".
Ne seguì un secondo, stavolta con tre faccine: la prima era una carota, la seconda una ciambella e l'ultima un diavoletto sorridente. Sentì in lontananza il suono della notifica e la vide girarsi. Lui ammiccò, strizzando un occhio e lei nascose il suo sguardo imbarazzato dietro i suoi capelli. Che carina!
«S-sei un pervertito!» esclamò imbarazzata e tornò a dargli le spalle. La parte bassa del kimono trasparente bianco che indossava oscillava insieme alle sue anche... Bruno sospirò, un'altra fottutissima attesa. Ma appena finita la serata, si sarebbe gustato un delizioso Dulce de Leche sotto la luna.
• ― ★ «♫» ★ ― •
Mancavano cinque ore esatte al concerto e after party al Privilege Club, era già tutto pronto e restava solo il sound check. Bruno e Anderson riscaldavano la voce con qualche loro brano, Geoffrey collaudava la console da DJ insieme ad altri due membri della troupe. Avevano montato un soppalco in modo che i cavi non sfiorassero l'acqua, da davanti non si vedeva ed era come se fosse tutto sulla roccia. Il luogo perfetto per un concerto sotto la luna.
Phil ed Eric raggiunsero i ragazzi a pochi passi dalla scala della piscina. Il resto del gruppo, invece, era da qualche parte nel resort, probabilmente ad esplorarlo prima di rientrare nelle proprie camere e prepararsi per il concerto. «È tutto pronto, mancate solo voi» esordì quest'ultimo, sistemandosi il colletto della camicia colorata sbottonata. «A proposito, con quale pezzo apriamo?»
Aprire? Di che stava parlando? – «Peter!»
D'un tratto i neuroni si attivarono, si riscosse e si morse la lingua. Ecco perché durante il viaggio aveva avuto quella terribile sensazione di aver dimenticato qualcosa. «Non ho nessuna scaletta per stasera» borbottò con un velo d'imbarazzo.
«Cioè, fammi capire: hai fatto organizzare un concerto e una DJ session senza una scaletta?» Lui non rispose ed Eric si picchiò la fronte, mentre Phil sospirò. «Cazzo!»
Anderson guardò prima i due fratelli Hernandez e dopo Phil, camminando lungo quella stradina sotto il sole. Nonostante fossero le quattro del pomeriggio, il sole scottava – si erano messi la protezione giunti nelle proprie camere, sapendo che quel giorno il termometro avrebbe sfiorato i quaranta gradi. L'unico a non avere un cappello sulla testa era Bruno, eppure lo indossava spesso.
«Beh, a quanto pare dovremo improvvisare.»
«Come facciamo in cinque ore? Gli stylist ce ne ruberanno già due per il trucco e parrucco.»
«C'inventeremo qualcosa, vedrete che un'idea ci colpirà dritti in testa. Fidatevi del vecchio Paak!» Usciti dal sentiero, una fila di sedie a sdraio chiuse apparve davanti a loro. «Qualcuno vuole un drink?» propose successivamente, guardando tutti e tre.
Phil scosse la testa. «No, grazie.»
Eric fece spallucce, le mani nelle tasche dei bermuda. «Perché no? Tienimelo da parte, mentre vado a cercare gli altri.»
«Agli ordini! Vieni con me, Bru, ho bisogno di compagnia.»
Facendo il giro della piscina – la Drift Pool, quella che godeva di sedie a sdraio direttamente sull'acqua e gazebo fronte piscina – Bruno cercò Gin con lo sguardo. Sapeva che era lì insieme a sua cugina Matilde a prendere il sole, dopo che si erano separati una seconda volta e per l'ennesimo servizio fotografico. Non la trovò, probabilmente era uscita dall'acqua.
Seguì Anderson fino al bar, prendendo posto di fianco. Una Piña Colada gli avrebbe fatto bene e scacciato perfino quella lieve frustrazione che sentiva in corpo. Accidenti a lui che aveva dimenticato di stendere la scaletta per il concerto! Era stato così indaffarato coi preparativi per le date a Sydney e Osaka che lo aveva trascurato. Perfezionista com'era, non poteva accettarlo. La nota positiva era la presenza di Andy e Phil, almeno non avrebbe dovuto temere di avere intoppi.
Scrutò la zona con lo sguardo e finalmente scorse da lontano due chiome castane: Gin era in acqua e Titi, la ragazza col costume viola, aveva in mano un cocktail arancione e immergeva le caviglie nell'acqua cristallina sotto la sdraio. Ora che guardava meglio la forma del bicchiere e quella sfumatura giallo-arancio, capì che era una Tequila Sunrise.
Gin riemerse poco dopo e uscì dall'acqua facendo un balzo, il fondoschiena tondo in bella mostra. Come volevasi dimostrare, si vedeva la consistenza dei capezzoli da sotto il reggiseno. Si ritrovò a gemere con voce roca, sentendo l'erezione indurirsi di più dentro i pantaloni e una sensazione pruriginosa alle mani. Maledetto bikini bianco.
«Bru!» La voce di Anderson lo fece sobbalzare. Aveva tra le mani un Chocolate Alexander, il bicchiere da Margarita già mezzo vuoto. Il bar dietro di loro era colorato – strisce azzurro-arancio e azzurro-gialle, come se fossero quattro casette a schiera – e si distingueva dallo stile elegante del resort.
Notò subito il rilievo della vena sul suo collo. «Stai bene?»
«Sì, è solo stanchezza.»
In verità era rimasto imbambolato dal fascino di una donna seduta sul bordo della piscina, le caviglie che ciondolavano entrando e uscendo dal velo dell'acqua limpida sotto di lei. Le sue mani accarezzavano con delicatezza le gambe, la crema solare che si espandeva su quella pelle liscia e chiara. La sua mente cominciò a vagare in pensieri pieni di lussuria, immaginandola in ginocchio su quelle scale larghe di marmo, mentre lui l'abbracciava da dietro e...
La mano di Bruno scivolò appena sopra il rigonfiamento. Merda!
«Bevi un po', almeno ti sciogli.»
Sollevò il capo, notando un bicchiere da hurricane di cristallo in mano ad Anderson. «Cos'è?»
«La tua Piña Colada.»
Non appena Andy appoggiò il bicchiere sotto il suo naso, notò il ghiaccio tritato in superficie. Il cocktail si presentò senza la ciliegina, immerso in un miscuglio bianco e una foglia di ananas. Si sentì preso in giro. «Tutto qui?»
«Avresti dovuto essere preciso quando l'hai ordinata» sbeffeggiò Andy ironico, guardando il suo compagno di merende lanciargli un'occhiataccia. «Okay, la berrò io al posto tu— ahia!»
Bruno gli diede uno schiaffetto sul dorso della mano e lui la ritrasse. «Giù le mani, la bevo lo stesso.»
Successivamente si sedette di fianco a lui, il Chocolate Alexander fra le mani. Lo beveva a piccoli sorsi per gustarselo meglio, esattamente come faceva Bruno con la sua Piña Colada. «Va bene, come non detto. Cavolo, fai male con quegli anelli.»
Grazie al cielo non si era accorto della patta gonfia, fortuna che il bancone la nascondeva. Cominciò a bere un sorso dissetandosi poco alla volta, senza smettere di guardare Gin e le sue mani spalmare la crema solare sulle braccia. La vide nascondere un sorriso, continuando a parlare. Aveva capito di essere osservata e fingeva il contrario, mentre immergeva di nuovo i suoi piccoli piedi nell'acqua.
Titi, invece, si era spostata dalla sua sdraio per sedersi accanto a Gin, le gambe appoggiate sulle sue cosce. Si passavano la Tequila Sunrise, mentre chiacchieravano di chissà che cosa in un'altra lingua. Da come Ginevra rideva, sembrava essere divertente. Avrebbero tanto voluto sapere di cosa parlavano, giusto per intromettersi nella conversazione e poter stare in mezzo a due donne belle e affascinanti come loro.
Anderson tirò su col naso, anche lui ipnotizzato. «Santo cielo, cosa siamo diventati.»
«Due guardoni, altro che Silk Sonic.»
«Fortuna che ne siamo consapevoli.»
Di solito Bruno non si faceva problemi di quel tipo, era il primo a cui piaceva guardare le donne; era semplicemente un esteta, ammirava ma non toccava. Non si faceva scrupoli a mettere a proprio agio una donna, quando parlava con lui o posava per una foto. Tranne con la biologa marina col bikini bianco e i capelli più morbidi del manto di un fenicottero rosa, la stessa donna che di lì a due mesi sarebbe diventata sua moglie. Se solo non ci fosse stata gente in giro...
Strinse il bicchiere in mano, cercando di contenersi, ma non a tenere chiusa la bocca: «Non so se riuscirò ad aspettare la fine della DJ session. Sono prossimo alla crisi di mezz'età e l'unica cosa a cui sto pensando è respirare il suo profumo di tiarè fra le sue tette.»
Anderson quasi sputò il drink e trattenne un tossicchio, si schiarì la gola e tornò serio. «Certo che stai messo proprio male, Bru.»
«Lascia stare, è da tutto il giorno che sento quella voglia di...» s'interruppe, rilasciando un sospiro roco.
«Non eri così eccitato da quando avevamo scommesso mille dollari a Blackjack l'anno scorso.»
«Se potessi farlo anche adesso, scommetterei ad occhi chiusi.»
Anche cogliere l'occasione per poter toccare ferro.
«Niente casinò, voi due! Abbiamo un concerto stasera.» La voce di Eric li colse alla sprovvista. Arrivò alla loro sinistra con la camicia del tutto sbottonata e il costume bagnato, doveva essersi fatto un tuffo prima di raggiungerli.
«Tu da dove sbuchi?» chiese Andy.
«Da dietro le palme, sono riuscito a convincere Alex a bere qualcosa.»
Il diretto interessato fece cenno con la mano da dietro le sue spalle, sfoggiando la sua nuova maglietta dei Ramones e con un Daiquiri fresco in mano. Doveva averlo preso da poco, poiché il ghiaccio all'interno era ancora intatto e il bicchiere pieno. Lo avrebbe finito nel giro di pochi minuti, conoscendo la sua tendenza da cocktail tropicali.
Bruno volse lo sguardo verso il suo bicchiere da hurricane mezzo vuoto appoggiato sul piano bar, lo prese e continuò a bere. Ne aveva abbastanza di fare foto accanto ai fenicotteri, parlare di lavoro e altre stupidaggini. Voleva abbracciare Gin, trovare una scusa per poterle mettere la crema solare sulla schiena e toccarla nel mentre. Si portò la mano libera fra i riccioli; Andy aveva ragione a dire che stava messo male, sembrava un leone che aveva appena adocchiato un cucciolo di antilope.
«Alex, non pensi di star esagerando adesso?» lo riprese Anderson, guardandolo tornare al bancone e chiedere il bis ed Eric prendere la solita Caipirinha, il suo cocktail preferito. Quest'ultimo trattenne una smorfia. Da che pulpito veniva la predica! Quando lo aveva chiamato insieme a Bruno per formare la nuova band, ancor prima di conoscersi dal vivo, era ubriaco marcio.
«Fatti gli affari tuoi, Paak» replicò Alex senza battere ciglio. Punito dal karma.
Il ricciolino tornò a guardare Gin; ora si stava alzando i capelli in uno chignon, in modo che potesse abbronzare meglio le spalle e il collo. Non riusciva ancora a credere che molto presto avrebbe visto quella donna con un abito bianco, il velo e un mazzo di rose bianche tra le mani, e probabilmente con un completo di pizzo sexy sotto. Chissà se ne aveva portato uno per quella notte, quello rossastro che lui tanto adorava. Il pensiero lo infiammò nel ventre, come un vulcano prossimo all'eruzione.
«Peter, smettila di mangiarla con gli occhi.»
Se solo Eric avesse saputo le sue vere intenzioni. «Lo ha fatto apposta a mettersi quel bikini bianco.»
«È bianco, e quindi? Che male c'è?»
'Che male c'era'?! Il rigonfiamento nei pantaloni sotto la sua mano vivo e pulsante alla vista di un corpo a clessidra post-gravidanza in perfetto peso forma chiamato Gin era ancora lì. La vide mettersi a pancia in giù sulla sdraio e alla vista del suo sedere, emise un piccolo grugnito, sentendo una fitta al basso ventre. Quella bellezza mediterranea non aveva idea delle mille cose che avrebbe potuto farle, una volta sorta la luna.
«Tuo fratello ha perso la testa da quando è diventato padre» sogghignò Andy, giocherellando col gambo del bicchiere vuoto. Aveva parlato l'assiduo frequentatore della chiesa!
«Pensa alla tua ragazza» replicò Bruno alzando il tono di voce.
«La sto pensando eccome» rispose, sentendosi la voce roca. La sua espressione era più maliziosa della sua. Anche lui stava pensando la stessa cosa e lo si capiva da come guardava quel tatuaggio viola sul fianco, l'omaggio al suo idolo e amore segreto.
«Andy!» Una forte pacca sulla schiena lo svegliò di soprassalto e la raddrizzò.
«Eeeehm... vado a provare la console, ragazzi. Stasera si spacca!»
Tutti e tre lo guardarono alzarsi dallo sgabello e allontanarsi dalla zona passando dall'altro lato del sentiero, come se avesse voluto scappare e nascondersi. Lì gatta ci covava.
«Noi andiamo a controllare la situazione, quando hai finito la tua Piña Colada raggiungici.»
Lui fece cenno di sì col capo e anche Eric ed Alex se ne andarono. Bruno aspettò un po' per alzarsi, anche per sparire quel rigonfiamento nei pantaloni. La piscina era ancora gremita di gente, alcune ragazze mangiavano tranquille e si godevano il sole. Si sarebbe buttato in acqua anche lui, se non fosse stato per i riccioli pieni di lacca. Talvolta rimpiangeva il ciuffo alla Elvis, almeno non avrebbe perso troppo tempo nel lavarseli e asciugarseli perfettamente – ecco perché quel compito lo lasciava spesso a Gin, sapeva farlo meglio di lui.
Volse di nuovo lo sguardo sulle due sdraio davanti al bar e poco dopo anche Titi se ne andò, non prima di aver restituito il bicchiere vuoto. Finalmente Gin era sola. La raggiunse dopo un po', fra quelle sdraio bianche e gli ombrelloni del medesimo colore aperti. Fra tutta quella folla era facile riconoscere quel bikini bianco imperlato e lo chignon alto, gli occhiali dalle lenti bluastre che guardavano le pagine di Norwegian Wood di Murakami.
La sua pelle era diventata leggermente più scura, sotto il sole si notava poco. Dopo un po' si accorse che i fiocchi del reggiseno erano sciolti, scoprendo interamente la schiena. Il lycra bagnato dello slip le abbracciava le natiche, la pelle ricoperta da rivoli e gocce appariva come un diamante al sole. Bruno dovette trattenere un deglutito. Era così perfetta.
«Stai cominciando a diventare rossa sulle spalle.»
Oh, cielo, la crema! – «Me ne sono dimenticata! Puoi mettermela tu, per favore?»
«Come desideri, milady.»
Gin gli passò la bottiglietta marrone e dopo aver disegnato una esse sulla schiena, Bruno allungò le mani e gliela massaggiò amorevolmente, spalmandole la protezione solare. Iniziò dalla parte posteriore del collo, facendo scivolare le mani sulle scapole e lungo la spina dorsale. Era consapevole di essere osservato e per una volta non gl'importò. La gente conosceva la loro storia d'amore, come si era evoluta, le gemelle e del matrimonio ormai alle porte.
«Ora sì che posso considerarmi in paradiso: sole, acqua limpida e le mani di Bruno Mars sulla schiena.»
Il complimento gli causò un sorriso e continuò il suo massaggio sensuale. Amava sentire i suoi piccoli lamenti quando premeva i pollici sotto la nuca. «Sai quante donne e ragazze vorrebbero essere te in questo momento?»
«E quanti ragazzi e uomini vorrebbero essere te?» aggiunse, usando le sue stesse parole e sopprimendo un sorrisetto. Già, perché il suo corpo attirava l'attenzione degli altri uomini. Le foto su Instagram parlavano chiaro, specialmente i commenti dei suoi colleghi – nel loro caso erano goliardici, sapendo che fosse fidanzata ufficialmente con lui.
Bruno finì il suo massaggio senza lasciare un solo strato di crema sulla pelle, dopodiché posò il naso alla base della sua schiena, inspirando il profumo della sua pelle – essenza tropicale mischiata al cloro, una vera e propria droga. Gin si fece scappare un risolino, avvertendo un paio di riccioli solleticarle la pelle.
«Non vedo l'ora che arrivi stanotte.»
Lei avvertì una vampata al bassoventre che puntualmente, finse di ignorare. Il suo corpo era caldissimo, febbricitante e leggermente sudato. Anche da sotto quella camicia rosso corallo, si sentiva. «P-perché?»
Anche se non li ascoltava nessuno, lui aveva abbassato la voce. «Lo sai benissimo.»
«N-no... non lo so.»
«Per poterti tenere imprigionata fra le lenzuola e fare l'amore con te fino all'alba, oppure prendere quel copricostume e coprirti gli occhi.» Strusciò la guancia leggermente ruvida sulla sua spalla e senza attendere, iniziò a baciarla piano lungo il collo. Le pulsazioni fra le gambe diventarono più forti e Gin dovette stringere appena le cosce. «Ti eccita l'idea?»
«Non abbastanza.» La voce tremava leggermente, stava mentendo.
«Allora perché hai la pelle d'oca?»
«Perché voglio vederti quando lo... hm, facciamo.»
La abbracciò da dietro, intenerito dalla sua timidezza. «Neanche sotto il sole?»
In tutta risposta si girò tra le sue braccia mettendosi di schiena e cercò Bruno per un bacio leggero e affettuoso, che lui ricambiò con voglia. Ci risiamo! – «Impara a domare quel gorilla e poi ne riparliamo.»
Si alzò dalla sdraio e sorrise, guardandola dall'alto in basso e in particolare sul seno. «Se mi mostri uno spettacolo sexy del genere, mi fai partire svantaggiato.»
Gin si accorse di essere esposta e sussultò, coprendosi con un braccio. «N-non guardare!»
«L'ho già fatto.»
Alzò la schiena e si mise seduta, guardandolo allontanarsi. Quello stronzetto riccioluto l'aveva appena fregata. Nell'osservare il reggiseno del costume sulla sdraio, si mangiò un sorriso ebete; il solito impertinente.
La luna brillava alta nel cielo, riflettendo la sua luce sulle increspature delle onde della piscina illuminata. Le luci regalavano uno specchio blu cobalto splendido, il concerto sarebbe iniziato di lì a poco e Anderson avrebbe ravvivato il dopo serata con i suoi remix. Ginevra e Matilde stavano sdraiate sullo stesso lettino a pochi metri dalla console da DJ a gustarsi un vassoio di pasticcini francesi – era su quel palco rialzato che i Silk Sonic avrebbero inaugurato la festa.
Avevano aperto la festa con "Fly As Me" e tutte le ragazze di fronte la piattaforma li chiamavano a gran voce, altre persone nella piscina e coi gonfiabili che cantavano e si bagnavano a contatto coi getti colorati. Era stato pensato tutto, dal colore delle luci fino all'allestimento. Non c'era un angolo senza SelvaRey e accanto a loro c'era la bottiglia bianca, il rum classico. Era tentata dallo stapparla e assaggiarne un po', ma avrebbe aspettato l'after party.
Al riecheggiare di note dolci e malinconiche, Gin raddrizzò le orecchie e alzò la testa, commuovendosi nel sentire quelle parole. Da quanto tempo non la cantava! I ricordi cominciarono a scorrerle davanti come un film in bianco e nero, ricordi felici e tristi in un'unica proiezione. Quelli che li avevano uniti, anche separati. Dodici anni e sette mesi esatti, da quando lo aveva visto aprire la porta di uno Starbucks.
Titi le diede un colpetto di gomito. «Scommetto che l'ha messa apposta nella scaletta per farsi notare da te.»
«È così, quella canzone l'abbiamo scritta dopo che ci siamo conosciuti.»
«Ricordo la tua prima mail, parlavi bene di lui ed eri pazzamente innamorata.» Si sdraiò sul lettino, le mani dietro la nuca e le gambe adagiate sui cuscinetti. «Cavolo, se è invecchiata bene.»
Gin si perse a guardare il suo macaron alla fragola. Ricordava ogni dettaglio di quella sera, quell'arco temporale che le aveva cambiato la vita per sempre. Ricordava la notte in cui lo aveva visto sopra di lei, baciato dai raggi della luna. Il destino era sempre stato dalla loro parte, arrivando a farli rinnamorare come la prima volta. Lui non donava la sua fiducia tanto facilmente, come diceva sempre, eppure con lei era stato diverso. Il suo spirito sapeva leggere anche nel proprio cuore.
«Ti dirò, Titi, non credevo di tornare davvero con lui. Quando mi ha regalato questo braccialetto d'oro, avevo pensato fosse tutto uno stratagemma per ingannarmi.»
Le parole 'Bruno Mars' e 'inganno' non potevano stare nella stessa frase e lei avrebbe dovuto saperlo meglio di chiunque altro. Lui l'aveva lasciata andare per la sua felicità. Non aveva creduto fosse possibile, fin quando non ne aveva avuto la prova quel giorno di fine novembre – raggiungendola a casa sua in pieno lockdown, arrivando a rischiare davvero per lei. Si faceva quello per amore.
Si voltò per guardare Matilde. «Tu lo sapevi fin dall'inizio, mi chiedo ancora come hai fatto a prevedere una cosa del genere.»
«Perché io ho fiuto sia per il sesso che per l'amore, è successo anche con me.»
Il tuo caso è diverso dal mio.
Nel sentire la canzone successiva, Gin guardò Bruno suonare la conga, gli occhi che tracciavano ogni centimetro della sua estetica. Lui era oggettivamente attraente e fra tutte le ragazze che lo avevano frequentato una notte, per lavoro o solo conosciuto, nessuna la pensava diversamente. Aveva audacia, sapeva come far lusingare una qualunque donna. Era un uomo molto aperto sull'amore; conquistava e ammaliava, ma aveva regalato il suo cuore ad una sola. Bastava guardarlo negli occhi e si poteva leggere uno spirito pacifista, quello che tante persone non avevano.
La gente guarda il colore, non scava dentro l'anima. Non dovremmo dividerci solo perché siamo esteticamente diversi, cresciamo con principi e culture opposte. È proprio perché siamo diversi che impariamo ad apprezzare il mondo che ci circonda.
Bruno era saggio, trasmetteva i suoi ideali e insegnamenti attraverso i suoi gesti, come la beneficienza alle scuole hawaiane e la salvaguardia della fauna tropicale. Sapeva inoltre empatizzare con le persone; aveva sempre la soluzione pronta, nessuno lo contraddiceva e qualsiasi cosa toccava o guardava, diventata automaticamente preziosa.
Talvolta siamo cattivi coi nostri simili, a volte anche con noi stessi, ma non per questo dovremmo farci la guerra.
Il suo corpo regalava passione, anche sul palco. Chiunque lo guardava ballare ne rimaneva affascinato, esattamente come fu con Elvis Presley negli anni d'oro della sua carriera. Varcava i confini solo con la donna a cui aveva regalato il cuore, sapeva equilibrare il suo lato selvaggio e rude con quello romantico e affettuoso. Si mandò amorevolmente a quel paese; era folle associare l'amore a parametri, quando in realtà non sarebbero dovuti esistere.
"I Silk Sonic vi hanno appena deliziato con loro calore, ma la festa non si ferma, non abbiate timore. Bruno Mars vi aspetta al bancone con il suo magico shaker, e la festa continua con la musica del nostro DJ Pee .Wee! La luna e le stelle ancora non sono lontane, la notte è ancora giovane."
Matilde scese dalla sdraio, poggiando delicatamente i piedi sul legno bianco e rimettendosi il pareo nero. Ginevra si mise seduta, osservandola fare un doppio nodo laterale. «Dove vai, Titi? Dobbiamo finire i nostri dolcetti.»
«Ho un conto da regolare con un certo ragazzo di Oxnard e non perderò la mia occasione.»
Si riveriva ad Anderson e quel pomeriggio le aveva svelato tutto. Avrebbe voluto avere la stessa audacia di Matilde, ma lei sembrava ancora inesperta. Non perché non sapesse niente, ma perché si vergognava – lo ammise a mente lucida.
«Bastano gli occhi e la bocca per farlo cadere in tentazione, con lui funziona.»
«Come fai a sapere che Andy cederà?»
«Perché lo conosco, so che basta un tocco per fargli raddrizzare i peli sulle braccia.» Si sentì improvvisamente circondare le spalle con un braccio, un bracciale d'argento ciondolò sotto il suo piccolo polso e la manicure viola scura dai disegni dorati. «Dovresti azzardare anche tu, forse potresti fare colpo su Bruno.»
Ma io non sono te, Matì. – «Ci proverò.»
Il bar del Privilege si trovava esattamente alla fine della piscina, sotto un gigantesco tendone bianco a campana illuminato da luci gialle e arancioni. Le due cugine raggiunsero il bancone e si sedettero dopo che una coppia aveva educatamente liberato loro il posto, dopo averle riconosciute. Ad aver preso le redini di quelle bottiglie di alcolici era Bruno, lo shaker fra le mani e il sorriso più bello e genuino. Ci sapeva fare con le bottiglie, lo si vedeva dal modo in cui le teneva in mano.
La festa post-concerto si sarebbe svolta con una sessione da DJ e tanti cocktail preparati proprio da lui. Anderson Paak – o meglio, DJ Pee .Wee – e Daddy erano a capo della console, inserendo una sequenza R&B scelta da loro. Le soavi note di Take My Heart dei Kool & The Gang avevano reso l'atmosfera da festa più leggera e melliflua, le ragazze andavano e venivano da una parte all'altra per conoscere entrambi i divi o chiedere canzoni particolari.
Gin accavallò le gambe senza smettere di guardare la camicia blu di Bruno aperta sul davanti, la scollatura provocante adornata da tre collane: la croce, il medaglione d'oro con una palma incisa nel mezzo e la piuma d'argento. Era lì, il ragazzo sul trono di vimini che sorseggiava una Piña Colada circondato dai fenicotteri. Lo stesso che rivolgeva sguardi dolci e ammiccanti, mentre preparava altri cocktail. Sapeva concentrarsi su entrambe le cose e a non sbagliare le dosi di alcol nei cocktail che offriva al pubblico, seppur affiancato da professionisti. Decisamente ammirevole.
«Allora, cosa preparo a queste splendide signorine?» chiese Bruno successivamente, guardando prima Matilde e poi Ginevra.
«Per me un Lucky 4 You» rispose la prima, adocchiando qualcuno da lontano. «Vorrei però essere servita da quel corvino laggiù. Si può fare?»
Bruno capì che parlava di Anderson, essendo l'unico che portava una parrucca a caschetto liscia sulla testa. In quel momento era alle prese con la console, ma la sessione sarebbe finita tra meno di qualche minuto e l'avrebbe lasciata a Daddy ed Eric.
Guardò Titi, sfoggiò il suo sorriso e agitando lo shaker, rispose: «DJ Pee .Wee sarà onoratissimo di poterla servire, miss Emerald.»
Il ricciolino stava al gioco anche pur sapendo che quella bruna fosse la sua fidanzata, così come sapeva di quel giochetto fra loro durante la giornata. Ciò spiegava il motivo per cui ogni tanto Anderson sgattaiolava dietro l'angolo.
«Per lei, invece, bella fanciulla?»
Gin decise di sfruttare la carta di Matilde. «Il barista cosa suggerisce?»
Bruno recuperò un bicchiere alto dal collo sottile, si avvicinò alla ragazza e con un sorriso audace, le propose: «Vedo dai suoi occhi che è una fanatica di caffè, potreste provare il 24 Karamel Macchiato.»
Gin volle schioccarsi mentalmente le dita, perché non ci aveva pensato prima? Quello era il cocktail a base di caffè che aveva concepito in loro onore, proprio perché si erano conosciuti in uno Starbucks. Lo aveva assaggiato in più occasioni diverse, non poteva essersene dimenticata. Fece finta di nulla e poggiò i gomiti sul bancone, ricambiando il sorriso del barista. «D'accordo, vada per quello al caffè.»
Lui, con la mano libera, prese lo shaker. «Sarà subito servita, miss Gin.»
Mentre aspettava, osservò Matilde con la coda dell'occhio accavallare le gambe e tendere appena la mano. Anderson le porse una miscela arancione con rum al cioccolato, miele e fragola, con l'aggiunta di un po' di champagne e una foglia di menta nel mezzo. Lei lo prese in una mano, mentre tentava un flirt con lui e mettendo ben in risalto la sua scollatura. Quei due sembravano già affiatati, a giudicare da come Titi stava accarezzando il braccio di Andy. Lei sapeva essere audace, specialmente dopo anni e anni di amori iniziati e troncati.
Presa dall'imbarazzo, spostò lo sguardo verso la camicia blu di Bruno e lo guardò versare la miscela in un bicchiere alto e cilindrico di cristallo, aggiungendo un po' di latte per completare il tutto. Aveva messo due dosi di rum al cioccolato, mescolato a due di caffè e tre di sciroppo al caramello, per poi shakerare il tutto dopo aver messo tre cubetti di ghiaccio nel composto.
Glielo servì col suo solito sorriso e lei, seguendo l'esempio di Matilde, lo sedusse con lo sguardo e baciò il bordo del bicchiere, assaggiando il cocktail. Il contrasto fra l'aspro del rum e il dolce del caramello non si sentiva affatto, era come bere un normalissimo Caramel Macchiato dello Starbucks. Lui, nel frattempo, ammirava l'accenno di scollatura del suo copricostume a kimono, i capelli che le sfioravano il collo. Il metodo di Titi funzionava, Bruno stava per cedere.
Lo sguardo di lui si spostò dalla scollatura alla sua bocca che si schiudeva dolcemente fra un sorso e l'altro, morbida come un bacio. Le prese il bicchiere e fece la stessa cosa, mentre i suoi occhi diventavano due pozze nere di lussuria. Non si aspettava un gesto simile, nemmeno che le regalasse quel familiare languore nella zona pelvica.
'È più buono se viene dalle mie mani, vero?' ammiccarono i suoi occhi marroni.
'Non quanto le tue labbra', replicarono i suoi cerulei, battendo le ciglia.
I due continuarono a guardarsi, fin quando Bruno non riprese in mano lo shaker e tornò fra i cocktail. Quel gioco di sguardi sensuali durò poco, ma per Gin fu abbastanza. Finì di bere, mentre la base di Twin Flame di Kaytranada ravvivava l'atmosfera. Di sicuro nessuno avrebbe lasciato la piscina prima di mezzanotte, la gente era ancora in vena di festa.
«Gin, posso parlarti un minuto?» Phil apparve dietro le sue spalle e senza chiedersi il motivo, lo seguì fino all'uscita del Privilege Club. Non esito neanche mezzo secondo per farle una domanda, aggrottando la fronte preoccupato. «Scusa se ti ho portata via dalla festa, volevo... ecco, parlarti di Hayley. Settimana scorsa, prima di partire, l'ho vista piangere e non mi ha voluto dire cos'avesse.» S'inumidì le labbra, togliendosi e rimettendosi gli occhiali da vista. «Tu ne sai qualcosa?»
Lei scosse lentamente la testa. «Non ti so dire, Phil. Neanch'io so cos'abbia.»
Aveva dovuto mentirgli per la promessa fatta ad Hayley, era l'unica a sapere del suo problema insieme a sua madre. Tuttavia le doleva doverlo tenere all'oscuro di tutto. Lei non era pronta a dirgli che avrebbe avuto enormi difficoltà ad avere altri figli, i forti dolori che doveva sopportare ogni mese, gli antidolorifici nascosti in bagno e il terrore dell'operazione a cui presto si sarebbe dovuta sottoporre.
«Se non lo ha detto neanche a te, immagino sia qualcosa di grave.»
Lei scosse la testa. «Se lo fosse stato davvero, lo avrebbe detto eccome.»
«Non riesco a dormire, pensando che Hayley possa stare male o...»
«Capisco la tua preoccupazione, ma è meglio lasciare che sia lei a parlarne.»
Lui, leggermente avvilito, fece cenno di sì col capo. «Sì, hai ragione.»
Gin non resistette e appoggiò una mano sulla sua spalla, facendogli alzare la testa e ritrovare il sorriso. «Non aver paura di perderla, Hayley ti ama da impazzire e non lo permetterà.» Phil si sentì improvvisamente sollevato. Bruno era proprio fortunato ad aver incontrato una donna come lei, avevano lo stesso sorriso contagioso. «A proposito, quelle candele cosa sono?»
Lui alzò le mani, osservando quelle piccole bocce di vetro luminose lungo il sentiero davanti a loro. «Ah! Non ne ho idea, non sono stato io.»
«C'entrate tu e quel matto di Eric, vero?»
«Lui non sa niente, però secondo me dovresti provare a seguirle. Forse potresti trovare qualcosa.»
«'Trovare qualcosa'? Aspetta, che signif— Phil?» Un attimo dopo lui era sparito.
Si ritrovò a sbuffare, capendo che sarebbe stato inutile rincorrerlo e cercare spiegazioni. Decise di seguire quella scia giallastra e si ritrovò di fronte il bar della spiaggia chiuso. Rimase stupita nel sapere che nessuno l'aveva fermata, poiché era tutto chiuso a quell'ora. Superato il viavai di palme, affondò un tacco nella sabbia e fermò improvvisamente i passi.
Le sdraio erano tutte ammassate l'una sopra l'altra, le torrette dei bagnini vuote e solo una distesa di sabbia bianca. Non c'erano neanche i giochi gonfiabili che aveva intravisto quella mattina, ma al posto degli ombrelloni c'erano una serie di candele intorno a bocce di vetro tonde. Cominciò a sospettare qualcosa, ma decise di non pensarci troppo.
Si slacciò il cinturino delle sue scarpe e dopo aver liberato i piedi, se li portò con sé facendoli ciondolare fra le dita. La luna piena rifletteva la propria luce sullo specchio dell'acqua e illuminavano le boe a pochi metri dalla costa. Era chiaro che Bruno aveva organizzato una serata romantica apposta per loro, l'atmosfera era quella giusta. Tranquillità, lo sciabordio delle onde...
«L'oceano è più bello di notte, vero?»
Si voltò di scatto, notando una figura tonica e riccioluta poco distante venirle incontro. Si lasciò abbracciare la vita e lui le lasciò un bacio leggero sulla sua spalla.
«Che ci fai qui? Non dovresti essere dietro al bancone?»
«Avevo bisogno di respirare un po'.»
Lei arricciò il naso. «Perché proprio in spiaggia?»
«L'ho affittata per questa notte nel caso qualcuno avesse voluto stare lontano dai paparazzi.»
«Semmai sei tu che vuoi evitarli» commentò, alzando gli occhi al cielo.
«Mi hai beccato» affiancò le sue labbra al suo orecchio, respirando il naturale profumo della sua pelle leggermente abbronzata. La differenza fra loro si vedeva ancora. «Era una scusa per poter stare da solo con te.»
Potevi dirlo subito, razza di tonto.
Gin si girò verso di lui per poggiare la testa sulla sua spalla e lasciarsi coccolare con la luna che splendeva sopra di loro, la brezza che regalava loro una sensazione di pace. Dietro le loro spalle si sentiva a malapena il frastuono della DJ session e le luci colorate del resort non rovinavano troppo l'atmosfera romantica. Non sarebbe passato nessuno lì, erano tutti a festeggiare in piscina e non si sarebbero preoccupati di loro.
«Chissà Andy come concluderà la serata» esordì lei, lo sguardo rivolto alle candele di lato.
Nello stesso modo in cui l'avrebbero conclusa loro due. – «Ah, non lo so. Quando me ne sono andato, era ancora al bancone a flirtare con la sua ragazza. E anche tu lo hai fatto poco fa.»
Lei arrossì. «Mi piaceva l'idea di... ehm, stuzzicarti.»
«Sei stata brava, sai? Ho quasi ceduto alla tentazione.»
Lei alzò la testa e inarcò le labbra, mostrando un sorriso genuino. Bruno ne rimase abbagliato e posò il naso sulla sua guancia. Un po' gli mancava quella timidezza che aveva in passato, pur sapendo che non fosse sparita del tutto – quelle guance rosee che istigavano agli abbracci e alle carezze. Il sorriso di lei si allargò nel sentire le sue braccia tatuate intorno al suo corpo.
Stai sorridendo e il mondo si è fermato a guardarti.
Lui alzò la testa per mettersi fronte contro fronte e Gin si prese del tempo per tracciagli il viso con le dita, a cominciare dalle sue fossette, ricalcando la perfezione dell'uomo che sarebbe presto diventato suo marito. Non vedeva l'ora di poterlo ammirare col suo abito da sposo. Aveva indossato smoking, tuxedo e altri generi di abiti formali nella sua vita – soprattutto ai Grammy – ma l'idea di vederlo con uno di quegli abiti neri e la bottoniera sulla parte sinistra, vicino al cuore, ad aspettarla in fondo alla navata le faceva battere il cuore.
«Non credevo che il blu ti donasse così tanto, questa camicia sembra avere il colore della notte.»
Bruno spostò alcuni dei suoi capelli sull'altra spalla e le baciò la base del collo, suscitandole un lieve gemito. I suoi baci viaggiarono audaci sotto il suo orecchio. «Siamo in vena di romanticismo, miss Gin?»
«Ho solo detto la verità» ansimò in balia del calore del suo respiro.
«Anche tu stai bene vestita di bianco, somigli al riflesso della luna.»
«Cos'hai pensato, quando mi hai vista in topless sdraiata di fronte la piscina?» arrossì, tentando un avance.
«Prova a indovinare.»
«"Que soy... tan hermosa"?»
Dio, quell'accento. Bruno avrebbe dato mezzo pianeta per sentirla parlare spagnolo tutti i giorni, vederla in una versione chica mala con un completino sexy di Victoria's Secret con un reggiseno a balconcino e reggicalze di pizzo.
«"Mì hermosa chica".» – La sua bellissima ragazza, era anche poco per descriverla.
Bruno cominciò a baciarla dolcemente sul collo e succhiò il punto sensibile proprio vicino al suo orecchio, la sentì mugolare. Le sue mani sciolsero il nodo della cintura di seta del copricostume a kimono, lo scostò dalle spalle e lo lasciò cadere sotto i suoi piedi. Avrebbe preferito averla solo coi tacchi, se solo non li avesse lasciati accanto il tronco. Aveva in mente qualcosa in particolare, altrimenti non avrebbe mai affittato quella spiaggia privata e organizzato tutto ciò.
Una volta ti dissi che eri amore e famiglia, una frase che a nessuna ragazza avevo mai detto.
«Posso tuffarmi un po', prima di...?»
«Certo, ma fai presto.»
Si tolse gli occhiali da vista, appoggiandoli sopra il pareo bianco e corse in acqua. Bruno, invece, si avvicinò al cesto dello champagne d'argento di fianco. Si sentiva assonnato e con un languore fra le gambe. I due cocktail che aveva bevuto prima stavano iniziando a fare effetto, per come ogni fibra dei suoi muscoli reagiva a quella splendida visione. Il suo corpo nella luna e nell'oceano, un'immagine così bella da essere surreale. Se avesse potuto, l'avrebbe seguita in acqua e si sarebbe disincarnato insieme a lei. Preferì guardare, un ricordo così bello doveva essere immortalato solo per il piacere di riguardarlo nei propri sogni.
Non è cambiato nulla da quel giorno. Sei ancora la mia Aloha, lo sei stata da sempre.
La vide uscire, le mani bagnate fra i capelli. I piedi sfioravano la sabbia, la pelle grondante d'acqua e il lycra che disegnava deliziosamente le sue curve rotonde. La luce della luna piena dietro le sue spalle rifletteva quelle perle salate sulla sua carnagione.
«L'acqua è fredda, ma il vento è caldo. Si sta bene, sai, Peter?» Non sentì risposta e batté le ciglia un paio di volte. «... Peter? Dove sei?»
«Sono qui.»
Si voltò e lo vide fare un passo in avanti con in mano una bottiglia di vetro rossa ancora sigillata, il tucano dorato inciso sul davanti. Il coconut era il suo preferito, proprio perché era semplice e lo si poteva abbinare a qualunque cosa. La Tequila Sunrise che aveva assaggiato dal bicchiere di Matilde quel pomeriggio era stata fatta con quello. Voleva fare un brindisi o qualcosa del genere?
«Lo bevi così, senza nemmeno un bicchiere?»
«Non mi serve» stappò la bottiglia, intascandosi il tappo. «Vieni qui.»
Gin gli andò incontro timidamente, senza fare troppe domande. Bruno, fremente dall'eccitazione, allungò un braccio circondandola saldamente per la vita e l'attirò a sé, fino a quando non se la ritrovò contro il suo petto ancora avvolto dalla camicia di seta. Il suo corpo era gelido, si sentiva da sotto il tessuto, e quelle gocce che scendevano dalle punte dei suoi capelli bagnando eroticamente la sua schiena.
Si scambiarono uno sguardo famelico, entrambi coi sensi fuori controllo per colpa dei cocktail che avevano bevuto prima del concerto. Bruno era quello meno lucido, anche se non si notava da lontano, ma quel lieve sudore sul collo e la fronte parlavano da soli. Non era solo il caldo a fare da complice. Reggeva la bottiglia per il corpo con una mano, l'anello sul mignolo e sul medio che luccicavano sotto la luce della notte. Gin non aveva idea di cosa lui avrebbe fatto quella notte, la prima e ultima di quel weekend. Un desiderio sporco e perverso che meditava di realizzare dal momento in cui l'aveva vista con quel bikini addosso.
Con la bocca della bottiglia iniziò a percorrere la parte alta del suo corpo coperta dal reggiseno a triangolo bagnato. La gravidanza le aveva lasciato qualche smagliatura sui fianchi e la pancia, ma la sua pelle era ancora liscia e bianca come dodici anni prima. Qualunque corpo femminile sarebbe stato destinato a cambiare, a far nascere nuove vite. L'anello di vetro sfiorò un capezzolo da sotto il costume, il lycra si strinse fra la punta e la pelle mettendolo perfettamente in rilievo. Wow.
Successivamente lo avvicinò alla bocca umida di lei, chiedendole con lo sguardo di assaggiarlo. Gin obbedì e schiuse le labbra in modo che potesse berne un goccio. Lui inclinò leggermente la bottiglia e una piccola goccia scivolò dall'angolo destro della bocca. Il liquore percorse tutto l'esofago e lei ebbe una leggera vertigine, la goccia che scendeva dalla mascella fino alla sabbia bianca sotto i suoi piedi nudi. Non si sarebbe mai abituata a bere qualcosa di così pesante e forte, ma Bruno adorava vedere quelle gocce trasparenti scorrere sulla sua pelle.
Chissà come si vedevano sul suo corpo.
Bruno tese la mano e la portò dietro la sua schiena per sciogliere delicatamente il fiocco della parte superiore del bikini, facendo cadere i fili lungo i fianchi. Fu lei a completare il tutto sciogliendo quello dietro il collo e gettando il reggiseno dietro le sue spalle. Lui l'ammirò in topless, quel seno era più tondo di prima e lievemente pendente. Naturale e visibilmente morbido. Si sarebbe trattenuto nel toccarlo e morderlo, anche se la tentazione era forte.
Continuò a percorrere le linee del suo corpo con la bocca della bottiglia, arrivando all'ombelico. Sotto quella luce notturna, i graffi di Madre Natura sembravano essere in rilievo sulla pelle. Li disegnò con la bottiglia, ricalcandone ogni linea imperfetta e sbiadita. Non avrebbe mai pensato che un'imperfezione simile avesse un fascino così divino. Scese e percorse l'inguine ancora coperto dalle mutandine, urtando i fiocchi laterali. Si fermò appena sotto e le sue pupille si dilatarono.
Una curiosità perversa lo attirò e scostò il triangolo di lycra per mostrare il suo segreto umido. Non si sarebbe spinto oltre togliendole lo slip e penetrandola per metà collo della bottiglia, come lei stava sospettando. Aveva in mente qualcosa di ancora più erotico, ma prima voleva soddisfare quella sua piccola curiosità. L'anello di vetro sfiorò appena la parte alta della vulva e Gin sobbalzò, emettendo un piccolo annaspo. Si spostò all'improvviso, urtando il clitoride e la sua bocca cacciò un gemito. Un suono così eccitante da azzerargli la salivazione.
«A-ah... Bruno, aspet...» protestò, le gambe che tremavano leggermente e la peluria sulle braccia che si raddrizzava.
Sul suo volto si dipinse un'espressione compiaciuta. «Hai una strana reazione al rum.»
Lo fece una seconda volta, ottenendo lo stesso risultato, ma stavolta non si fermò. Lasciò che l'anello di vetro si strofinasse contro di lei, facendola bagnare. La guardò negli occhi piena di lussuria, lasciò che la mano le stringesse una natica e l'avvicinasse ancora di più, fino ad averla a cavalcioni sulle sue ginocchia. Si portò la bottiglia fra le labbra, osservando l'anello umido e portandoselo in bocca. Aveva un sapore agrodolce, di lei.
Gin arrossì, le labbra tremanti e il respiro irregolare. Si era eccitata e non voleva ammetterlo. Anche se lo avevano fatto numerose volte, quella donna si mostrava timida come le prime volte. Se fuori era una coniglietta gracile e timida, fra le mura diventava una vera e propria regina della giungla. Lui sapeva come farla uscire allo scoperto.
D'un tratto sogghignò, anche lui con le guance rosse. Oh, sì, era proprio uno sporcaccione.
Impugnò la bottiglia, stringendo il collo e versò lentamente il rum su di lei. Le gocce trasparenti dell'alcolico scesero veloci lungo la riga dei suoi seni, lo stomaco, il ventre e infilandosi fra la stoffa umida del bikini. A sentire quel freddo contatto, Gin inarcò la schiena e socchiuse la bocca, godendosi il freddo di quel liquido sulla pelle. Lui si protese e iniziando a leccare la parte bagnata, senza smettere di guardarla.
La sua lingua scese piano e si avventò sulle sue punte rosa, lambendole con una certa voglia e strizzandole i glutei da sopra il lycra del costume. Gin respirò profondamente per non gemere, assecondando ogni suo gesto. Si lasciò mordere, leccare e baciare – delicato, ma allo stesso tempo impaziente. Il fuoco dentro il suo corpo si ravvivò, fra un bacio e l'altro. Non aveva perso quella sensualità che mostrava ogni giorno, il suo tocco era rimasto delicato e rovente.
«Hai un sapore così buono, sai?» grugnì, baciando ogni centimetro del suo ventre. La sua voce calda la fece mugolare. «Sai di oceano. Sei così deliziosa.»
Era avvolta completamente dal piacere da non accorgersi che Bruno stava facendo cadere altro rum, quel liquido gelido le fece raddrizzare la schiena e la eccitò ulteriormente. Lei mosse appena il bacino, il pube si strofinò contro il tessuto dei suoi pantaloni. Si morse il labbro, inghiottendo un gemito. Oh, Dio.
Altre gocce percorsero la sua pelle, lui le raccolse nel momento in cui raggiunsero la spaccatura del seno. Bevve il rum da lì, succhiando e inebriandosi di quel profumo frizzante di oceano che ancora aveva addosso. Sentì il calore della sua lingua sul seno destro e boccheggiò, il fiato che poco a poco si accorciava.
«A proposito, avevi detto che stasera saresti stata mia» mormorò contro il suo capezzolo, facendolo indurire ancora di più. Il calore del suo respiro mischiato alla brezza della notte era più eccitante del gesto stesso.
Sì, e lei manteneva la parola. «Sono tua. Chiedimi quello che vuoi.»
Sentì il suono del suo respiro, l'aria calda sbattere contro il padiglione auricolare e le sue mani roventi invadere i suoi nervi. «Spogliami» le ordinò sensuale, sfiorandole una coscia.
Passò le mani sulle spalle per togliergli la camicia, lui completò il tutto prendendo l'orlo della sua canotta bianca e se la sfilò con un gesto rapido e sensuale. Lo lasciò solo coi pantaloni, il rigonfiamento in bella mostra che gli aveva mozzato leggermente il fiato. Quella vena sulla clavicola era ancora più in risalto di prima, la pelle febbricitante e imperlata di sudore. Uno spettacolo mozzafiato che era soltanto per lei.
Si lasciò circondare i fianchi e adagiare dolcemente sul bagnasciuga, lui in ginocchio mentre le divaricava le cosce e s'insinuava fra di esse. Baciò il monte di Venere guardandola con occhi languidi, poggiò la caviglia sulla sua spalla e iniziò a baciarle la gamba. I suoi riccioli le solleticarono la pelle e tremò al solo contatto, il suono dello schiocco di labbra mischiato allo sciabordio delle onde rendeva il tutto ancora più poetico.
«Mi fai impazzire, mamacita... Sei così dolce.»
Gin si ritrovò ad arrossire, osservandolo accarezzarle la pelle liscia del polpaccio. La sensazione ruvida e pungente di quella peluria sulle guance e il labbro superiore le fece venire la pelle d'oca. «I-io... dolce? Mi hai vista? Sembro un panda.»
«I panda sono adorabili.»
«Io... d-davvero, non capisco cosa vedi di bello in me. S-sono una quattrocchi cicciottella, non ho la pancia piatta e sono piena di segni, di...»
«Smettila di spezzarmi il cuore in questo modo, non c'è niente di brutto in te. Vali più di qualunque altra donna in questo mondo.» Passò la punta del naso sulle curve laterali del seno, sentendola rabbrividire. Quelle striature si vedevano meglio da vicino, ma il candore della sua pelle le nascondeva bene. «Mi piacciono le tue smagliature, il tuo ventre morbido. Sei intelligente, ami le piccole cose, sei gentile, hai un corpo da sballo, hai tutto.»
Posò la sua gamba sulla sabbia e insinuandosi fra le gambe, percorse dolcemente le striature bianche sul seno con la punta delle dita, con scie soffici ed esitanti, ammirando quel corpo materno e sensuale. «Sei uno splendore per gli occhi.»
Si abbassò e iniziò a lasciare morbidi baci su tutto il ventre, iniziando a slegare il primo nodo del bikini. Lei ansimò, senza riuscire a dire una parola. Tentennò con l'altro, schioccando baci esitanti a pochi millimetri dal bordo dello slip. Lo scostò appena con un dito e lo afferrò coi denti, respirando il profumo naturale della sua pelle. Si aiutò con le dita per scoprire lentamente il suo frutto proibito e con le mani, le lanciò lontano dove avevano lasciato i vestiti.
Le lasciò un dolce bacio sul pube, sentendola sussultare, e avvolse le sue gambe attorno al collo. Riusciva a sentire il desiderio pulsare vivo sotto il suo naso. La voleva da quando l'aveva vista uscire dalla piscina, con quel bikini appiccicato al suo corpo e gronda di acqua e cloro.
«B-Bru...» gemette, avvertendo un leggero calore fra le cosce.
«Shhh, lasciati andare.»
Nell'esatto momento in cui sentì una sensazione umida sulla sua intimità, Gin gemette e per istinto sobbalzò con tutto il ventre. Lei tentò di allontanarlo muovendo le gambe, ma lui la teneva ferma per le cosce e le divaricò di più, in modo tale che potesse godere ogni singolo momento. Poco alla volta trasformò quel frustare di lingua in piccoli morsi, dolci e allo stesso tempo erotici.
Non ruppe il contatto visivo, Il corpo di Gin gli venne incontro e ad ogni colpo di bacino lui rispondeva con colpi di lingua profondi e lentissimi. Le note della sua voce diventavano più dolci, armoniche. Un suono così bello che lo incitò ad aumentare l'intensità, il desiderio di poter bere a piena coppa il suo nettare di donna. Nettare dolce.
Non era solo l'effetto del rum ad averla fatta eccitare, ma il modo in cui lui l'assaggiava e apprezzava il suo dolce sapore. Lei gemette dolcemente il suo nome, sottomessa alla sua mercé. Il clitoride stava iniziando a perdere sensibilità, i fianchi aumentarono il ritmo e iniziò ad avere spasmi incontrollati per quanto il piacere fosse immenso. Alzò anche l'altra caviglia e leccò avido, deciso. Questo tesoro è solo mio.
La marea iniziò a salire e scendere sotto di loro, il contatto con l'acqua fredda le fece inarcare la schiena una seconda volta. Lui continuò inesorabile, mantenendo il contatto visivo. Ecco il momento che il leone aspettava, quella di sentire la sua voce aumentare di ottave minuto dopo minuto. Voce melodiosa e vellutata. Un paio di lacrime iniziarono a formarsi agli angoli dei suoi occhi e se Bruno avesse continuato in quel modo, lei... N-no, non ancora!
«A-ah, sto... sto per...»
«Brava, Gin. Vieni ancora» sibilò, mentre passava le mani sulle sue cosce fra una lappata e l'altra. La stava facendo impazzire, ma era quello il bello dei preliminari.
Lei afferrò i riccioli con una mano, mentre i suoi fianchi iniziavano a muoversi contemporaneamente con la bocca di lui sulla propria carne umida, aperta. I suoi occhi ruotarono dietro la sua testa, il corpo che si agitava ancora e ancora fino a liberarsi. Scattò in avanti con tutto il bacino, cedendo ad un orgasmo così intenso da fermarle il cuore per un millisecondo. Nell'estasi i suoi gemiti si diradarono in ansiti erratici, molto lentamente.
Lui riprese a baciarle il corpo fino a giungere alle sue labbra e gliele baciò avidamente, lasciandole assaporare la sua essenza. Un forte calore si propagò lungo la colonna vertebrale e la sua mente perse lucidità; era un gesto così perverso da essere eccitante. Separò le labbra dalle sue e la guardò con due pozze nere. Gin era sudata, alcune macchie di sabbia bianca sulle braccia e sulle gambe.
Sai come faceva Elvis ad ancheggiare sul palco? Muoveva i fianchi in circolo, avanti e indietro. Tutte le donne urlavano, quando lo faceva. Era come se lui facesse l'amore con la sua stessa musica.
Bruno racchiuse un capezzolo in bocca, premendo i denti sulla carne e guardandola negli occhi con un senso di possesso. Non riusciva a smettere di assaporarlo con la lingua, accarezzarlo con le labbra, marchiarlo con i denti. Lei ricambiò il suo sguardo con ardore, le mani che accarezzavano le sue braccia tatuate. La donna sull'avambraccio destro, la sua rappresentazione. L'ancora dalle sfumature blu mare, il nome di colei che gli aveva stravolto l'esistenza. La madre delle sue figlie.
Quando mi muovo davanti l'asta del microfono, immagino ogni angolo del tuo corpo e sento l'energia crescere. Immagino il tuo seno, i tuoi fianchi, la tua voce che canta sotto le mie mani...
Si alzò e restando fra le sue gambe, si munì di preservativo. Percorse ancora una volta le curve tonde dei suoi seni con le labbra, inalando quel profumo di rum e oceano. Il bianco della sua pelle la rendeva così pura, eterea. Una morbidezza sacra creata per essere venerata.
Allora ancheggia per me, Elvis. Rendimi tua, fammi cantare.
La prese dolcemente per i fianchi per farla stare a cavalcioni su di lui, lei appoggiò i gomiti sulle sue spalle e lasciò che il suo fiore sfiorasse il suo stelo. Amava vederla a cavalcioni su di lui, poter ammirare le sue rotondità materne e baciarle durante l'amplesso. Bruno lasciò un bacio umido sul lato del suo collo, mentre con le mani indirizzava l'incastro.
No, Priscilla. Sarai tu ad ancheggiare per me.
Avvicinò il sesso al suo, suggellando finalmente la loro unione. La schiena di lei s'inarcò e a lui mancò il fiato, per quanto quel calore fosse inebriante e quella leggera stretta pulsante intorno a lui. Il suono dell'acqua li aiutò a trovare calma e serenità e ci volle un po' prima che quel lieve dolore passasse. I suoi occhi brillavano sotto quel raggio di luna, era bellissima.
Non piangere, amore mio. Sono qui.
Gin gli avvolse le braccia attorno alle spalle per tenersi in equilibrio, poggiandosi delicatamente sopra di lui e incrociando le caviglie dietro la parte bassa della schiena. Lui posò le mani sul suo girovita, sfiorando un suo capezzolo con le labbra, mentre iniziavano a muoversi insieme. Il corpo di lei si rilassò poco alla volta, i movimenti da tesi diventarono delicati e costanti. La marea si alzò e i loro fianchi s'immersero brevemente nell'acqua, bagnando loro le gambe.
Bruno la guidò con le mani in modo che potesse affondare delicatamente in lei senza farle male; affondare in quel territorio soffice come la sabbia bianca intorno a loro. Mentre le onde s'infrangevano sulla riva, la bocca di lui si concentrò a baciare la sua e le mani accarezzarono il suo corpo. Corpo femminile splendido con quei dolci graffi di Madre Natura che l'avevano resa madre, una donna da amare e contemplare. Era come rivivere la prima volta, in quella stanza semibuia con solo una finestra ad illuminarle il volto.
Me la ricordo ancora. È stata la notte in cui tutto è cambiato, dove tu mi hai reso un uomo nuovo.
Nel mentre lui faceva schioccare baci in mezzo a quelle splendide curve, le loro gambe e i piedi si immersero nell'acqua salata dell'oceano per una manciata di secondi. Gli si annebbiò la vista per la troppa estasi, il respiro che si spezzava e si alternava tra ansiti e gemiti. Desiderava poter fermare il tempo. Parte della sabbia era finita fra i suoi capelli.
E il tuo amore, Peter Gene, mi ha salvata. Hai purificato e liberato la mia anima, la tua voce come uno scudo e una luce.
Lui gemette a bassa voce contro l'incavo del suo collo, quella bellissima sensazione delle sue dita che scavavano fra i suoi ricci, mentre l'altra mano graffiava la pelle della schiena era assolutamente divina. Lei non smetteva di ondeggiare magnificamente contro di lui, incontrando le sue spinte una per una. La sensazione di languore si espanse, facendole chiudere gli occhi e ampliare i propri sensi.
Voglio restare qui per sempre, trascorrere il resto dei miei giorni qui. Dentro di te, essere te.
Quello che stavano facendo in quella distesa di sabbia non li avrebbe di certo condotti in paradiso, ma nel girone della lussuria a camminare in mezzo una folata di vento fredda e forte. Non sarebbe stato l'Inferno, finché ci sarebbe stata anche lei. Bruno si perse nella melodia della sua voce: suoni dolci ed erotici, gli alti e i bassi perfettamente equilibrati. Una canzone dolce e mai fuori sincro. Nessuna ne era mai stata capace.
«B-Bru, sto...» La frase fu interrotta da uno spasmo. Si strinsero forte la mano sinistra e i movimenti accelerarono, l'oceano che si scontrava contro la loro pelle, battezzando il loro sacro amore, e la luce della luna piena a benedirlo. Le note si ripetevano ad ogni spinta, cambiando solo frequenza di suono – da uno grave ad uno acuto, senza mai andare fuori tempo. Una melodia che riecheggiava nella notte e il rumore dell'oceano.
Il suo corpo tremò violentemente contro quello di lui, un lungo gemito liberò ogni loro energia. Un orgasmo pieno di sentimento che li appagò completamente. I movimenti rallentarono, respirarono affannosamente e si accarezzarono l'un l'altro. Stringendola per la vita, lui non ebbe la forza di uscire dal suo corpo. Ancora un po'... solo un altro po'.
«Stai... stai bene?»
Bruno appoggiò la testa sul seno di lei, spossato ma felice. «Mai stato meglio.»
Gin sorrise dolcemente, mentre con le dita giocava coi suoi riccioli. A guardarlo sembrava un bimbo chiuso a bozzolo in un abbraccio materno. Aveva un gran mal di testa, e probabilmente la mattina seguente nessuno dei due avrebbe ricordato tutto di quella notte. Non sciolsero il contatto fisico, rimasero abbracciati fra lo sciabordio delle onde e il pallore romantico della luna.
N.A.
Tanti auguri a meeee! Oggi sono 24 (carati)... azz, se sto diventando vecchia. Come da tradizione, mi sono "autoregalata" un momento erotico-romantico fra Bruno e Ginevra. Mi erano mancati tanto, soprattutto vederli insieme in questo modo dopo la nascita delle gemelline. Ho esagerato tantissimo con la lunghezza del capitolo, soprattutto con certe dinamiche, ma volevo rischiare nello stesso modo in cui lo fa lui. *hehehe*.
Per la scena finale mi sono ispirata al video di China Girl di David Bowie, mentre cercavo qualche canzone anni Ottanta per la playlist della storia. Ammetto che è la prima volta che scrivo una scena erotica del genere, specialmente con loro. Spero possa piacervi come è piaciuta a me! Io li trovo super-iper-romantici, nonostante i pensieri sconci di lui per tutta la novella. <3
Sotto troverete una grafica speciale per il capitolo. Le immagini sono state create con l'intelligenza artificiale, mentre immaginavo i #brinevra nella loro piccola luna di miele anticipata alle Bahamas. Inutile dire che ne sono innamorata! Penso che la sfrutterò molto anche per i #matandy. E a proposito di loro, la OS successiva sarà dal loro punto di vista.
Non stupitevi se troverete scene simili o uguali, perché sia questa che la prossima saranno strettamente collegate. Consideratela una novella divisa in due parti. :)
Detto ciò vi lascio andare in pace, anche perché ho scritto fin troppo, e vi auguro un felicissimo weekend e inizio Avvento. Un'ultimissima cosa: ma solo io vorrei poter essere quel fenicottero di fianco a Bruno e farmi toccare in quel modo da lui? *foto a inizio capitolo* Sto diventando invidiosa di un uccello, mannaggia al gatto. (┬_┬)
- Gloria -
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#𝒃𝒓𝒊𝒏𝒆𝒗𝒓𝒂
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