10 - Little Red Corvette || Andy
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Terza metà di giugno, 2022
Matilde si era da poco fatta un pisolino sul divano, ancora non si era tolta il pigiama. In quei giorni liberi si stava godendo appieno le giornate a casa, fra una dormita, una sessione di giochi con Ray e faccende domestiche. Lui e Mrs. Paak erano usciti a fare la spesa, erano fuori da più di un'ora e conoscendo le strade della città, ci avrebbero messo di più ad andare e tornare.
La routine negli Stati Uniti era completamente diversa da quella che aveva in Italia, ma c'erano tante cose che ancora doveva imparare, come il fatto che il pranzo non esistesse – si faceva solo una merenda veloce e si aspettava l'ora di cena – e l'ora di punta erano le sette del mattino e le sei di sera. Abituarsi a leggere "taglia 4" al posto del classico 38 per comprare i vestiti, invece, sarebbe stato come studiare le funzioni matematiche all'università: un'impresa da Dio.
Il fuso orario era l'ultimo dei problemi: si era già adattata alle nove ore di differenza fra Los Angeles e Roma, anche se le occhiaie non le donavano un bell'aspetto. Ci sarebbe voluto un altro mese per riavere quel bel faccino riposato, quelle doppie dosi di caffeina che assimilava durante il lavoro peggiorava solo la situazione. Tuttavia, dove abitava ora era una zona molto tranquilla.
Stiracchiò le braccia e le gambe, sentendo un silenzio assordante. Non vedeva Anderson da tutto il giorno. Si era perfino svegliato prima di lei quella mattina, non lo aveva trovato a fare colazione come ogni giorno e nessun bacio del buongiorno. Non avrebbe mai pensato di doverlo dire, ma l'assenza di quel contatto fisico la stava facendo andare in bestia. La sera prima avevano fatto pace dopo quel brutto litigio, dormire separata da lui aveva fatto più male delle parole.
Si alzò dal divano e setacciò la casa. Non era nella sala musica a scrivere o strimpellare con la batteria, nemmeno in cucina a mangiare qualcosa in attesa della cena. Non c'era traccia del suo profumo neanche in bagno, né al piano terra che al piano superiore. Dove accidenti si era cacciato quel disc jockey di serie zeta?
Uscì di casa e si recò verso il garage, probabilmente era a lucidare la sua macchina. Camminando dall'altra parte del prato, vide in lontananza due macchine vintage parcheggiate l'una vicina all'altra sul sentiero di ghiaia: la Thunderbird del '66 acquamarina senza tettuccio e l'ultima che gli era stata regalata. Erano state entrambe tirate a lucido e ben pulite all'interno.
Si era parecchio affezionata alla prima auto, si era fatta portare in giro con quella. Aveva visto quasi l'intera California rispetto a lei. Osservò poi la macchina di fianco: il volante era sottile, rivestito di pelle come i sedili. L'autoradio era come nuova, le manopole grandi e tonde in stile anni sessanta che se avesse visto suo nonno avrebbe pianto di gioia. Aveva quattro porte, il lunotto turchese a farfalla, nessun graffio sulla carrozzeria e le rifiniture apparentemente nuove. Una meraviglia a quattro ruote.
«Finalmente ti sei svegliata.»
Sobbalzò e alzò lo sguardo verso un uomo dalla carnagione abbronzata, la camicia bianca a maniche corte aperta sul collo fino alla linea dei pettorali. Si vedeva a malapena il volto di Stevie Wonder nell'esatto centro dello sterno, poiché ricoperto da un paio di collane dorate. Perfino la coppola che aveva in testa era abbinata, Anderson non sbagliava mai una combinazione e stava bene su qualunque cosa. Anche se era meglio nudo che vestito.
«Ti piace? È una Bel Air del '59.»
Non si era accorta del panno grigio che aveva in mano, lo stava passando con cura sopra gli specchietti della macchina. A differenza della Thunderbird, i vetri erano leggermente sporchi e lui si preoccupò di pulirli. Era delicato anche quando si prendeva cura di ciò a cui teneva, non solo la sua Pearlshow dalle rifiniture dorate nella sala musica.
«La tieni davvero bene. Si vede che sei un appassionato di auto d'epoca.»
«Tutto ciò che è vintage, va trattato con molta cura. Difficilmente lo lascio in mano ad altri, preferisco fare tutto da solo.» I suoi occhi s'illuminarono all'improvviso, guardò la sua ragazza come un bambino che chiedeva un bis di gelato. «Ti va di fare un giro?»
«Con Ray e tua madre...»
«Intendo guidarla.»
D'istinto Matilde guardò a destra e a sinistra, smarrita. «Ma non ho la patente internazionale.»
«Non importa, guidiamo qui in zona.» Lei allungò la mano per aprire, ma Anderson la bloccò prima che potesse spalancarla. «Prima io, poi tu.»
«Cosa?»
«Guiderai con me, così staremo più sicuri.»
Salì per primo, allargò di poco le gambe per lasciarle posto e lei, un po' titubante, decise di seguirlo. Si accomodò goffamente fra le sue ginocchia, tenendo le gambe serrate e le mani sul volante. Guidare una Bel Air con lui non era un'esperienza da tutti i giorni, parecchie ragazze avrebbero voluto essere al suo posto. Cercò di rimettere a posto i pensieri e si prese del tempo per guardare gli interni.
Il contachilometri nell'esatto centro coi numeri grandi, a sinistra la temperatura dell'acqua e a destra l'indicatore del serbatoio. Non c'era nulla di moderno, se non un portacellulare attaccato al centro del cruscotto. «Ma non c'è la chia—» Un rumore di chiave interruppe la frase. Anderson l'aveva anticipata, inserendola nel giro. Come non detto.
«Ora accendila.»
Titi obbedì e col cuore in gola, girò del tutto la chiave. Il forte rombo del motore la spaventò e si ritrovò ad arretrare sul sedile, trovandosi la schiena contro Anderson. Neanche la vecchia 500 di suo nonno emanava un suono così forte.
«Hai sentito che ruggito?» sogghignò lui.
«L'ho... sentito eccome» deglutì, avvertendo una consistenza dura sotto il suo sedere. Non aveva sentito solo il motore, a quanto pareva.
«Ho speso un bel po' per farla restaurare, ma ha comunque i suoi anni.»
Lei abbassò la testa, guardando sotto l'autoradio. «Dov'è la leva del cambio?»
«A sinistra del volante. Vedi queste lettere sotto la leva? Sono le varie funzioni. Per facilitarti il tutto l'ho messa sulla lettera D, dovrai solo accelerare e frenare.»
Titi rimase stupita da quella sua affermazione. Il cambio automatico alla fine degli anni cinquanta?! All'epoca il solo pensare a qualcosa del genere doveva essere stata una vera e propria follia, ma possederla era quasi come guidare la Ford Anglia 105 volante di Arthur Weasley. Qualcosa di apparentemente banale, ma che nascondeva una sorta di magia.
Man mano che premette il piede sull'acceleratore, la macchina iniziò ad agitarsi. Era normale, aveva esitato troppo. Poco alla volta i movimenti diventarono fluidi e camminò molto lentamente sul viale di ghiaia. La via era dritta, c'era solo una leggera curva che dava sulla strada principale. Era strano guidare un'auto d'epoca senza il pedale della frizione.
«Visto? Fa tutto da sola.»
Guardando i muretti che disegnavano il vialetto, le salì il panico. Doveva stare attenta a non graffiarla o fare manovre sbagliate che avessero potuto danneggiare il motore, di sicuro Anderson non gliel'avrebbe perdonato facilmente. Arrivarono alla fine della stradina, dove c'era il cancello. Lui premette il pulsante sul portachiavi dell'altra macchina, aprendosi dall'esterno.
«Sei pronta ad andare sulla strada?»
«Non lo so, Andy, sono così agitata.»
«Ci sono io qui, spingerò io i pedali per aiutarti.» Anderson diede un'occhiata fulminea allo specchietto laterale. Se c'era lui ad aiutarla, allora non doveva avere paura di rovinare quella carrozzeria appena lucidata. «Non sta passando nessuno, buttati sulla strada.»
La macchina avanzò lentissima, il solo immaginare le ruote toccare l'asfalto dava un senso di soddisfazione. Lui era beatamente adagiato sui sedili con una mano sul volante e l'altra che teneva quella di Titi. Si accorse che stava esitando troppo e l'aiutò a spingere l'acceleratore, la Bel Air uscì per intero dal vialetto e restò sulla destra.
«Quando giri il volante mettici abbastanza forza, lo sterzo è molto duro.»
Matilde seguì la sua voce e riuscì a guidare da sola fino alla prima curva, Anderson poggiò entrambe le mani sopra le sue per aiutarla a maneggiare meglio il volante. Era anche una scusa per tentare un approccio più erotico e per quanto l'idea del sesso in macchina lo intrigasse, resisté alla voglia di stampargli un bacio sul collo. Quando sarebbe ricapitata un'occasione del genere?
«Non farti prendere dal panico e continua ad andare, queste davanti a te sono solo una serie di curve.»
«Ma sono così strette!»
«Dovrai farci l'abitudine, queste vie secondarie sono tutte così. Anche in Italia ce n'è qualcuna, se vai per le campagne di Caserta. Scommetto che ci sarai passata tante volte per imparare a guidare.»
Titi drizzò le parecchie dopo aver sentito un posto a lei familiare, per giunta pronunciato malissimo. «Come lo sai?»
«Ci sono stato due volte.»
«Fammi capire: sei andato in altri posti oltre la costiera amalfitana?» Lui annuì e la rabbia le montò improvvisamente. Frenò, per poi stringere le mani sul volante a un metro dal tornante. «Sei passato vicino la casa di mia nonna e non me ne hai parlato?»
«Sei sorpresa?» Lui sogghignava, ma lei aveva il naso arricciato. «Me l'hai detto un anno e mezzo dopo avermi conosciuto, mi avevi solo scritto che eri italiana e io ho dato per scontato fossi di Roma. Nella tua prima foto profilo eravate te e il Colosseo.»
«Non potevi chiedermelo, razza di tonto?»
«A dire il vero, non mi era neanche passato per l'anticamera del cervello.» Avvicinò lentamente le sue labbra al suo orecchio, liberandolo dai suoi capelli castani arruffati. «Se lo avessi saputo prima, a quest'ora saremmo sposati con tre figli.»
La ragazza arrossì, il respiro di lui più caldo del magma. Perché proprio tre figli? Era anche vero che il tre era il numero perfetto... Ma cosa accidenti stava pensando? «Visto che ci tornerò quest'anno, che ne dici se mi fai da guida turistica?»
«Vuoi invertire i ruoli?»
«Certo, e ti ricompenserò a dovere.» Aprì la mano e risalì dal ginocchio e premendo con tutto il palmo. Scosse indescrivibili si diramarono in tutto il corpo e Titi dovette trattenere il respiro per mezzo secondo. «Ora fai quest'ultima curva ed entra sul vialetto di destra per invertire la marcia.»
Elementarissimo, sarebbe stato un giochetto. Girò il volante con estrema precisione, riuscendo a superare il tornante. C'era un'altra piccola strada sulla destra, che dava ad un altro cancello – completamente grigio e ben chiuso, probabilmente era la casa di qualche altra celebrità o un fanatico della privacy.
Spostò la leva del cambio sulla lettera R e riuscì a fare una buona manovra, nonostante il calore del corpo di Anderson non aiutasse molto. La mano salì sempre di più, s'insinuò sotto il cotone dei suoi pantaloncini fino alla coscia. Notò che stava nascondendo il suo sorriso gigantesco dietro la spalla di lei, gli occhi umidi e torbidi. Lo stava facendo apposta, il bastardo.
Titi strinse le mani sul volante, tenendo il piede sul freno e aspettando che la Land Rover dietro di loro passasse. «Non distrarmi» sussurrò tra i denti.
«Il tuo profumo mi sta già distraendo.»
Matilde cercò di restare composta e ignorò le sue carezze allusive. Allora Stephanie non aveva detto una bugia, quando aveva affermato che il Bombshell di Victoria's Secret era la fragranza migliore di tutte: floreale e fruttata, una combinazione deliziosa. Ma mai avrebbe pensato fungesse da afrodisiaco – da far concorrenza al Gucci Flora, ironicamente parlando.
Anderson fermò all'improvviso le mani sul girovita, permettendole di guidare fino a casa. Quella piccola tregua non sarebbe durata molto, il suo calore era così coinvolgente da farle palpitare il cuore come mai prima. Girò lentamente il volante per tornare al posto di partenza e dopo averla parcheggiata accanto la Thunderbird, spense definitivamente il motore. Nessun danno, grazie al cielo.
«Quando vorresti tornare in Italia?» domandò lei, senza staccare gli occhi dalle sue mani aggrappate al volante.
«Stavo pensando di andarci dopo l'estate, forse a novembre.»
«Gin partirà ad ottobre per presentare Bruno ai suoi genitori e invitarli al loro matrimonio come promesso. Potremmo andare con loro, se ti va. Anch'io ho promesso a mia madre che sarei tornata ad Amalfi... ehm, con te.»
«Ha storto il naso perché ha visto che sono tatuato e ho la pelle scura, vero?» La vide fare un cenno col capo. «Lo immaginavo.»
«La mia famiglia è molto selettiva sui partner, non solo dal punto di vista di uomini. Mia madre non è mentalmente aperta come mia zia Carmela, e mio padre è molto pregiudizioso.»
Sentì qualcosa agitarlesi dentro, la tensione improvvisamente salire e addensarsi intorno a lei. I suoi genitori non avrebbero sicuramente approvato la loro relazione, sua madre molto di più conoscendo il suo lato materno. «Vorrei non doverlo fare» si sentì dire, la voce ridotta a un sibilo.
«È giusto che i tuoi mi conoscano. Io farò del mio meglio per fare buona impressione, non mi snaturerò e sarò me stesso.»
«Come fai a non preoccuparti di queste cose?»
«Da ragazzo ho conosciuto genitori peggiori dei miei ex suoceri, mi squadravano tutti e giudicavano come in una stupida gara canora. Volente o nolente, è un passo che va comunque fatto. Vedrai che mi accetteranno come genero.»
«Noi due non siamo sposati.»
«Burocraticamente no, ma sessualmente sì.»
La accarezzò di nuovo tra le cosce, solleticando le pieghe morbide e ancora umide della sua carne più intima, mentre Titi gli artigliava il braccio che la toccava. Una familiare pulsazione fra le cosce le fece mancare un battito dall'emozione, seguito da un languore che invase ogni centimetro del suo sistema nervoso.
«Brandon, tieni giù quelle mani.»
«Solo se mi darai un bacio.»
Girò il collo per potergli sfiorare la punta del naso, gli toccò il labbro superiore e lasciò schioccare le proprie labbra con le sue. Lui, non essendo soddisfatto da quel bacio troppo casto, le afferrò il mento con due dita con la mano libera e usò la lingua. Titi aveva previsto quell'istante fin dal primo secondo. Ormai si conoscevano abbastanza da capire che era più bello stuzzicarsi un po' prima di...
«Non farò sesso in auto con te.»
«Andiamo, Bambi, so che lo vuoi. Questi tatuaggi non si lasciano accarezzare da soli» le parlò sulle labbra, cercando un bacio ancora più spinto.
«Convincimi, sfacciato.» Scese dalla macchina e lui emise un sospiro roco, frustrato. Anche lei aveva una tremenda voglia di farsi toccare e lasciarsi andare più e più volte, ma Anderson non poteva sempre rimediare ai litigi in quel modo. Certe volte era giusto punirlo lasciandolo a bocca asciutta e quel rigonfiamento vivo nei pantaloni. Severa, ma giusta.
In un anno aveva imparato a rispondere alle sue allusioni sessuali – col corpo e con le parole – e anche se adesso la loro relazione era seria, quel fuoco dirompente non faceva altro che ingigantirsi. Tuttavia, niente e nessuno avrebbe fermato Anderson quando voleva davvero qualcosa, specialmente il sesso.
Per contrastare quell'erezione dolorosa, Andy aprì la portiera e lasciò una gamba a penzoloni fuori, una sigaretta lo avrebbe distratto. D'un tratto una vibrazione nei pantaloni lo colse di sorpresa. Lo prese in mano e guardò la notifica.
Mamma: "Brandon, va tutto bene a casa? Ci metteremo un po' a tornare, siamo bloccati nel traffico. Ho preso del buon Haemultang, sono sicura che a Titi piacerà!"
Cercò la ragazza con lo sguardo, era ancora dietro la macchina. «Ehm, Titi... ti piace l'Haemultang? Mamma te ne ha comprato un po'.»
«Haemu-che?»
«È una zuppa di pesce piccante.»
Lei scosse la testa. «Non vado pazza per i cibi speziati.»
«Glielo dirò. Comunque stasera voglio portarti di nuovo a Venice, ci stai?»
«Va bene.»
Affrettò il passo e tornò dentro casa, lasciando il portone d'ingresso socchiuso. Anderson doveva rimediare al casino che aveva fatto tre giorni fa e quale modo migliore, se non offrendole un cocktail, una cena ad un fast food vegano o una serata in discoteca? Anche se non era sabato, poco importava. Voleva portarla in giro per la riviera californiana, come quando si erano conosciuti dal vivo. Un viaggio sulla PCH e tutto tornava a splendere sopra i loro occhi.
Sbloccò di nuovo il cellulare e digitò in fretta il messaggio, mentre si accendeva la sigaretta con l'altra mano. Scrivere con un pollice non era per niente facile, ma poco alla volta stava imparando e grazie al correttore automatico, poteva scrivere tutto per intero senza picchiettare troppo i polpastrelli sul touchscreen.
Io: "Tutto bene, mamma. Purtroppo a Titi non piace il piccante, posso mangiarlo io più tardi. E comunque non ci saremo a cena, io e lei usciamo stasera."
Sua madre non impiegò troppo a rispondere.
Mamma: "Come mai questo appuntamento fuori programma?"
Io: "Mi conosci, sono imprevedibile."
Mamma: "Allora state attenti e vedi di non bere troppo, Brandon. Ci siamo capiti?"
Io: "Sì, mamma. *emoji scocciata*"
Mamma: "E niente sex toy in macchina."
Io: "Cert— aspetta, cosa?"
Mamma: "Nella tua macchina c'era un vibratore, l'ho messo nel bagno del piano di sopra stamattina, mentre dormivate. Fortuna che l'ho trovato io e non Ray. *emoji arrabbiata*"
Dalle sue labbra uscì una nube di fumo gigantesca. 'Oh, merda'.
Io: "Giuro che non è come pensi."
Mamma: "Dove hai preso quel coso?"
Non era stato lui a comprarlo, anche se quel giorno al sexy shop si era procurato preservativi e aveva iniziato a cercare dell'intimo sexy per Matilde. Da coniglietta, scolaretta giapponese... infermiera sexy... Il suono delle notifiche di WhatsApp lo fece sobbalzare, fortuna che aveva appena acchiappato il telefono con la mano libera prima che cadesse sotto il sedile.
Mamma: "Brandon Paak Anderson, vedo le spunte blu. Rispondi alla mia domanda. ORA."
Quando sua madre usava le maiuscole, non era un buon segno. Aveva dieci secondi per digitare una risposta sensata o meglio, dare la colpa a chiunque tranne che a Bruno Mars o Philip Lawrence – quella donna sarebbe stata capace di verificare, telefonandoli direttamente su cellulare. Rabbrividì, immaginandosi la scena. Doveva inventarsi qualcosa per non scadere nell'osceno, non doveva dire che era stata Titi a comprarlo.
Io: "Ho perso una scommessa con Lou, cioè, Kaytranada."
'Risposta sensata' un cazzo. Kaytra non era mentalmente perverso quanto lui.
Mamma: "Sì, certo. *emoji diffidente*"
Io: "Ho detto la verità. Chiedi pure a lui, può testimoniare."
Mamma: "Vedi di nasconderlo, prima che tuo figlio lo veda! Non voglio neanche sentir nominare quell'aggeggio, mi sono spiegata?"
Io: "Va bene, lo farò. A dopo, mammina, e ricordati l'Habanero. *bacino e cuore rosso*"
Bloccò il telefono e se lo intascò, per poi scendere dalla macchina. Sua madre non avrebbe mai abboccato ad una stronzata simile, perché conosceva quel ragazzo anche se superficialmente. In effetti Kaytra avrebbe potuto veramente azzardare una scommessa del genere, ma era meglio bere cicchetti di vodka e altre combinazioni di alcol improponibili. Sarebbe stato meno imbarazzante.
Tornato dentro casa, la prima cosa che fece fu recarsi in bagno e recuperare il vibratore. Intuitivamente aprì tutti i cassetti per cercarlo, e lo trovò vicino al phon. Guardandolo fra le mani e sentendo il silicone duro sotto le dita, gli scappò una risatina soffocata. Un'oscenità, avrebbe detto una delle suore dell'oratorio. Se lo era un giocattolo per adulti, allora anche i versi di Saffo, Verlaine e Pablo Neruda avrebbero dovuto esserlo.
"Voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta..."
Oppure Principles Of Lust degli Enigma. Lussuria e ricerca del piacere, combinata da versi religiosi. Un conflitto fra il sacro e il profano in chiave new age.
"I principi della lussuria sono facili da capire: fai ciò che senti, provalo fino alla fine..."
Un calore invase le sue guance, si affrettò ad uscire dal bagno e si trovò Matilde vicino la ringhiera di legno delle scale. Lo stava fissando incredula con quell'aggeggio in mano. «La mamma sa del vibratore» disse lui tutto d'un fiato, successivamente.
«Non era compito tuo nasconderlo?»
«L'avevo dimenticato in macchina, come tu dimentichi le mutandine in giro per camera mia.»
Lei fece un passo in avanti e tese la mano. «Dammelo, lo nascondo in mezzo ai miei reggiseni.»
Qualcuno avrebbe detto che era un aggeggio ridicolo, qualcosa che solo nei porno si doveva usare. Nell'Ottocento lo avevano inventato per curare una specie di malattia femminile chiamata hysteria, ora era visto come un qualcosa di volgare da mettere davanti e dietro. Il solo immaginarla a carponi sul letto, Anderson si sentì di nuovo...
«Accidenti a me che l'ho comprato» borbottò lei, chiudendo il cassetto.
«Io mi diverto ad usarlo, soprattutto su di te.» Un gemito di piacere fuoriuscì silenzioso dalle sue labbra. Quanto era carina con le guance rosse. «Stasera lo usiamo di nuovo, vero?»
«Te l'ho già detto: convincimi.»
Lui sogghignò sottovoce, uscendo dalla stanza. Si sentì osservato e la cosa gli allargò ancora di più il sorriso. Matilde se ne accorse e si legò i capelli in una coda alta, prima di scendere le scale e tornare al piano terra. Raggiunta l'anta scorrevole, abbassò la maniglia e l'aprì lentamente. Trovò Anderson vicino ai cespugli di fragole di Mrs. Paak, chino a guardarle e annusarle.
«Sono già cresciute?» domandò, osservandolo rialzarsi.
«Sì, è ora di raccoglierle. Ma lo lascerò fare alla mamma, non mi va di recuperare i guanti dal capanno.» Dopodiché, guardò il soppalco di fianco. «Ti va se ci facciamo un bagno in piscina?»
Lei annuì e lo seguì. Per far felice sua madre, Anderson aveva deciso di commissionare una piscina fuori terra di legno dalla forma ottagonale allungata. Si era sempre limitato a quella di plastica gonfiabile, poiché preferiva passare le giornate in spiaggia o fare happy hour in qualche locale esclusivo della West Hollywood. Sopravvivere a trentotto gradi all'ombra era troppo anche per lui, motivo per cui si era fatto convincere.
Matilde non aveva ancora visto bene la veranda, poiché all'inizio avevano passato più tempo fuori o in quel vecchio bilocale. Si vedeva quanto fosse nuova: le scale che davano sul soppalco avevano le luci colorate, le piante decorative di fianco e le sdraio a pochi passi dal bordo. La zona verde dall'altro lato della piscina era recintata, ai lati c'erano delle palme medio-alte che facevano da ombra sull'acqua cristallina.
«Abbiamo casa libera ancora per un'ora, tanto vale approfittarne.»
«Non ho addosso il costume.»
«Non serve, ci siamo solo noi.»
Neanche il tempo di fare uno starnuto che Anderson si fece trovare senza un solo straccio a coprirlo. Tutto il suo corpo era in bella mostra sotto la luce del sole, non provava alcun pudore nel farsi vedere nudo. L'addome completamente tatuato, il braccio destro pulito e l'altro pieno d'inchiostro, quel fisico magro e muscoloso al punto giusto e le spalle toniche... Titi abbassò la testa e si guardò la cavigliera d'argento. "Respira, Matilde, respira."
Udì un croscio improvviso; Andy si era tuffato in acqua, saltando dal bordo. Usava la scaletta solo per uscire, anche se molto spesso faceva un salto acrobatico che avrebbe stupito anche il più pluripremiato atleta al mondo. Quando ballava, saltava e faceva sport non mostrava affatto trentasei anni. L'acqua metteva più in risalto quei disegni colorati sulla pelle e guardandolo poggiare le braccia sul bordo, notò che si stava sfiorando il labbro inferiore coi denti. Si lasciò guardare, mentre si toglieva canotta e pantaloncini. Il solo sentirsi osservata le strinse lo stomaco dall'eccitazione.
«Ci avrei scommesso che sotto non avevi il reggiseno.»
La sua voce roca le infiammò il bassoventre, come se già quel petting in macchina non l'avesse eccitata abbastanza. Anderson aveva imparato in fretta a decifrare le sue voglie. «Quanto ci metti? Di solito non sei così lenta a spogliarti.»
«Mi prendo solo il mio tempo.»
Ripiegò il pigiama e rimase in topless, con solo gli slip a coprirla. Si sedette sul bordo con estrema cautela, immergendo le gambe. Si lasciò cadere poco alla volta e lo raggiunse con un paio di movimenti di braccia e gambe. Andy si mosse per appoggiare le spalle sul bordo e accoglierla su di sé, la sentì tremare e vide le sue labbra socchiuse vibrare.
«Freddo?» Anche lui tremò col corpo di lei addosso, nel vano tentativo di scaldarlo. «Forse avrei dovuto attivare il termoregolatore.»
«No, va bene così.»
Le mani di lui scesero audacemente sui fianchi di lei, godendosi le piacevoli coccole della brezza estiva e Titi lo abbracciò, adagiando la testa nell'incavo del suo collo. Adorava quella posizione; le gambe avvolte intorno ai suoi fianchi, il seno schiacciato dolcemente sul suo petto e le labbra a pochi millimetri di distanza. Si sentirono meglio dopo qualche secondo, dopo aver raggiunto il perfetto equilibrio termico.
«Mi sento così in colpa per averti detto quelle brutte parole.»
«Avevi ragione, invece. È colpa mia, non ti ho capito abbastanza.»
No, non era colpa sua. Da un lato Anderson voleva essere riservato sulla sua relazione, il fatto che il mondo sapesse dell'esistenza di Emerald – 'La ragazza di AP', Wee Girl, Titty... la gente la chiamava in diversi modi – era già abbastanza. Non voleva trascinarla dappertutto con la forza e far vedere che era fidanzato, anche Dr. Dre lo aveva detto e aveva perfettamente ragione. Si era avvicinato tanto così a commettere lo stesso errore di Bruno e lei... "È stato lui a metterti in bocca quelle parole, non è vero?"
Si sentì il cuore sgretolarsi. Bruno non c'entrava nulla, nemmeno Dr. Dre. Era lui che non faceva altro che ingigantire quella paura; non temeva più di perderla definitivamente, solo... di perderla quotidianamente, sia nella presenza che nel carattere spensierato che normalmente lo rendeva tanto felice. Il doverla abbracciare poco, non potersi più concedere e avere sempre meno tempo per loro due. Lo stesso valeva anche per lei.
«Avremo comunque i nostri momenti insieme, anche giù dal palco.»
«Me lo prometti?» sospirò lei, in attesa di un altro bacio.
«Hai la mia parola d'onore.»
Titi ansimò nel ricevere le sue carezze. Lui continuò a cercarla con le mani, con carezze esitanti e allo stesso tempo lussuriose. Ogni volta che la toccava pensava... 'Questa è la mia Emerald. Posso renderla felice, non dovrò temere che vada via per sempre'. Amava con tutto il suo essere il modo in cui aderivano l'uno all'altra su ogni parte del corpo, erano nati apposta per stare in quella posizione. Ormai lui ne era più che certo.
«Sei più sensibile del solito.» Più che sensibile, Matilde era in preda al desiderio quasi quanto lui in quel momento. Era così da un paio di giorni. «Chissà se lo sei anche qui.»
Le prese un seno a pieno palmo, osservando la sua pelle diventare d'oca. Col polpastrello del pollice Anderson disegnò una linea sul capezzolo di lei, poi un cerchio, regalandole piccoli brividi. Sia il freddo dell'acqua che il calore delle sue mani avevano fatto effetto su di lei, indurendo sempre di più quelle piccole punte rosa. Non riuscì a non pensare a quelle succose caramelle dure alla frutta.
«Sai, avrei potuto chiedere alla mamma una scatola di Jujubes.»
«Che cosa sono?» chiese lei curiosa.
«Caramelle alla frutta, sono perfino leggerissime. Le mastichi per farti passare la fame o gustarti solo il sapore, durano molto più di una chewing-gum.»
«Qual è il tuo sapore preferito?»
«Il tuo.» Le morse un seno, facendola sussultare. «Mangerei le tue Jujubes per ore.»
Matilde si lasciò sfuggire una risata. Nemmeno cambiando il soggetto Anderson riusciva a smettere di alludere al suo corpo, o lanciare occhiate lussuriose mordendosi il labbro di sottecchi. «Sono seria, Andy.»
«Quelle alla ciliegia selvatica e al lime.»
Avevano gli stessi gusti: anche lei amava le ciliegie e il gusto aspro del lime, meglio ancora se combinati con un po' di alcol. «Significa che litigheremo anche per delle caramelle.»
«Non se scendiamo a patti.» Alzando un sopracciglio, lei irrigidì la schiena e le gambe. «E comunque, non mi pare giusto che tu sia l'unica ad avere un pezzo di stoffa addosso.»
«Che—?» Agganciò le dita attorno alle sue mutandine, tirandole giù con foga e gettandole dietro le sue spalle. Il tessuto bagnato cadde goffamente sul soppalco di legno, a pochi metri da loro. Una folata gelida la investì fra le gambe e non riuscì a non sopprimere un ansito, mordendosi l'interno della guancia con imbarazzo.
Anderson sollevò gli angoli delle labbra. «Ecco, così siamo pari.»
L'accarezzò sulla guancia e alzandole il mento con due dita, indugiarono in un bacio lento e profondo. La mano libera scorreva tra le pieghe dell'inguine di lei e nonostante il tiepido tepore dell'acqua, i polpastrelli si scaldarono al solo contatto. Matilde si agitò piano, gemendo in protesta, ma lui non si fermò. Quella donna era fatta per essere toccata, baciata e venerata.
«Papà! Guarda cos'ho trovato!»
La voce di un bambino li spaventò. Anderson la strinse forte per coprirle il torace, Titi si strinse a lui più forte che poté, cingendolo con le braccia. Girandosi, guardarono Ray affacciato sul soppalco – fortunatamente alto abbastanza da non mostrare al di sotto delle spalle.
«Che cos'hai trovato?» domandò suo padre, la voce neutra ma leggermente roca.
«Le Protein Bites cioccolato e arancia, quelle che adori. Io e la nonna abbiamo comprato due barattoli.» Alzò di poco le braccia per mostrarglielo, felice più che mai. Piacevano anche a lui, quasi quanto il papà. «Siamo tornati adesso da Walmart.»
«Avete trovato anche l'Habanero?»
Lui scosse la testa, facendo muovere i capelli nero corvino. «L'hanno finito.»
«Questa non ci voleva» borbottò sottovoce. Non gli andava proprio di usare l'alternativa.
«Nonna voleva preparare una cena coreana stasera, ma non ci siete. Dove andate?»
«A Venice, ci saranno anche i Free Nationals.»
«Vuoi venire anche tu, Ray?» domandò Matilde, guardando il suo dolce viso abbronzato.
«Scusa, Titi, oggi non mi va. Se vuoi, posso entrare in piscina con te e—»
«No!» esclamò Anderson, ma poi si ricompose. Ray aveva fatto un passo indietro un po' intimorito, stringendo il barattolo di plastica fra le braccia. «Cioè, sì, ma mettiti prima il costume.»
Il bambino sbatté le ciglia confuso, poi afflosciò le spalle e si portò gli occhiali da vista sulla cima del naso. Li portava anche lui, anche se non tutti i giorni. «Okay.»
Se ne andò a passo svelto facendo volare il barattolo dalle sue mani e recuperandolo al volo, come se stesse giocando con una palla da basket. Prima di uscire di nuovo in giardino, però, avrebbe aiutato la nonna a mettere in ordine la spesa. Con ciò avrebbero guadagnato dieci minuti. Per fortuna, Ray non si era accorto che fossero nudi in piscina. Dovevano rivestirsi prima che tornasse.
«Prima esco io, poi tu. Tu hai bisogno di coprire due zone.» Lui salì il primo gradino e saltò fuori dalla piscina con un balzo felino, andò in cerca del suo costume e se lo infilò in tempo record. «Meno male che Ray non ha salito le scale, almeno non ti ha vista nuda. Già è troppo se ti vede con un abito scollato sul davanti.»
«Andy, è solo un bambino.»
Le passò un asciugamano colorata e si affrettò ad accendere il termoregolatore della piscina. Era meglio che Titi non scoprisse mai a che età aveva scoperto la masturbazione, neanche due confezioni di corn flakes erano bastati a contrastare la sua curiosità. Avvicinatosi allo stendino, prese il costume di lei e glielo passò. Lei era uscita dall'acqua avvolta dall'asciugamano, si sarebbe rivestita direttamente da sotto.
Dai suoi capelli continuavano a cadere piccole gocce d'acqua che scivolavano lungo la sua schiena, indugiando sulla sua pelle chiara come cristalli di vetro. Era un vero peccato vedere quella meraviglia terrena sotto il lycra di un bikini da dieci dollari, ma poco fa si era saziato abbastanza per poter aspettare la notte e dormire beato fra le sue gambe.
L'ultima settimana di giugno avrebbe segnato l'ultimo mesiversario. Era già passato un anno dal loro primo bacio, la prima volta insieme e tutto ciò che era avvenuto in seguito che li aveva separati. Spiritualmente erano sempre stati uniti, anche a diecimila chilometri di distanza e l'Atlantico che faceva da muraglia. L'aveva sognata circondata da drappi rossi, immersa in una nuvola soffice di piumone e ricoperta da petali di rose come in American Beauty.
"Sposami, Emerald".
Lo spaventò il desiderio che ebbe di dirlo ad alta voce. A frenarlo, però, era l'opinione di lei sul matrimonio. Le questioni burocratiche c'entravano ben poco – comunione dei beni, obbligo di convivenza, assegni vari – ma a spaventarla era il divorzio. Come darle torto; per separarsi da Annika aveva dovuto mettere da parte quarantamila dollari, e li stava recuperando poco alla volta.
«Sai a cosa stavo pensando?» La sua voce era ancora roca, abbastanza da farle catturare l'attenzione. Titi si era appena seduta sul bordo della piscina, il costume addosso e il reggiseno di lycra che abbracciava con tenerezza quel poco di seno che aveva. «Avevo intenzione di tornare al Santa Monica Pier per festeggiare il nostro ultimo mesiversario.»
«Solo se a luglio deciderai di affittare quella casa a Malibu per il primo anniversario.»
«Il weekend a Miami non ti è bastato?»
«Erano solo due giorni, io voglio tutta la settimana.»
Lui si mangiò un gemito. Con un completo intimo rosso sexy, sarebbe stato decisamente un anniversario da ricordare. Ma Anderson non voleva soltanto regalarle una specie di luna di miele, le avrebbe anche regalato un anello d'oro per sostituire quello d'argento. Doveva essere superiore a quei sei carati che Bruno Mars aveva regalato a sua cugina durante la proposta di matrimonio, non per forza d'oro bianco. Si sarebbe impegnato al massimo per trovarlo.
«Al volo!» All'improvviso una palla gonfiabile lo colpì sulla spalla. Ray era tornato con addosso il suo costume bianco e nero a doppia fantasia, aveva lanciato lui la palla. «Papà, sei troppo distratto!»
Si sedette sulla sdraio, aveva di nuovo fantasticato sulla sua ragazza e quasi aperto la bocca. Già... troppo distratto. Alzò lo sguardo verso Ray, pronto a tuffarsi in acqua a palla di cannone.
«Fermo lì! Dove pensi di andare senza la crema solare?» Il bambino si girò e vide Anderson con un tubetto arancione in mano. Doveva per forza mettersela? «Mulatto o no, devi proteggere l'epidermide. Vieni qui.»
Ray voleva protestare, ma guardando l'espressione seria di suo padre, dovette cedere. Lo seguì e si lasciò spalmare la crema dietro la schiena. Era da tanto tempo che non si metteva la collana di Pacman, la stessa che gli aveva regalato Ron quella sera a Los Santos prima della pandemia. Si abbinava divinamente ai suoi bermuda.
Mentre finiva di spalmargliela sul petto, guardò Titi che faceva ciondolare le gambe nell'acqua. «Anche tu, signorina. Hai la pelle più diafana della nostra.»
«Mi stai discriminando, Lovejoy?» scherzò con un vano tentativo di sedurlo.
«Ah, sì, dimenticavo che ora non si può più dire niente» replicò con tono sarcastico, ma non troppo.
Ray inclinò il capo di lato curioso. «Perché?»
«La legge del politicamente corretto, quando dici parole o frasi che possono offendere o turbare persone "diverse"» mimò le virgolette, generalizzando il significato.
«È corretto anche dire che il funk fa schifo?»
«Ray!» Lui si tappò la bocca, arrossendo per l'imbarazzo. «Il funk è una religione.»
«L'ho sentito dire da un ragazzo che parlava con la cassiera al Walmart, ha anche detto che il rapper migliore del mondo è Machine Gun Kelly.»
«Sì, e io sono Tupac Shakur» borbottò infastidito, sentendosi improvvisamente un boomer. A quel punto era meglio ascoltare Lil Uzi Vert, che faceva comunque la sua sporca figura ed era mille volte meglio di certi soggetti del mondo del rap. «Che gusti orribili hanno i giovani d'oggi.»
«Se fossimo tutti uguali, il mondo sarebbe noioso. Non pensi, Andy?» soggiunse Titi, guardando Ray fare un cenno di approvazione. Lui ci rifletté un attimo, poi annuì anche lui. A non tutti poteva piacere un certo genere, né tantomeno uno stile. Chi era lui per giudicare.
«Già, hai ragione.»
«A me piace il funk, come mi piace il rap e il k-pop.» Ray allargò di più il sorriso, passandosi le mani fra i capelli e scompigliandoli ancora di più. «Vorrei poter essere come Jungkook dei BTS.»
«Lo sarai, basta volerlo dentro.» Si toccò lo sterno per indicargli il cuore. Il bambino sogghignò, sentendo un leggero solletico sulle tempie. «A proposito, vai a prendere quelle ciambelle gonfiabili in garage. Ho in mente una cosa divertente.»
Ray saltò giù dalla sdraio e corse dentro casa, senza preoccuparsi di mettersi le scarpe. Sua nonna lo avrebbe rimproverato, ma se c'era una cosa che lui adorava era essere libero di andare scalzo – poco importava dove fosse, se al mare o in strada.
Tornò a guardare Matilde. Per cercare i salvagenti colorati, Ray ci avrebbe impiegato sicuramente un quarto d'ora. Era poco per tutto, rimuginò lui col tubo di crema in mano. Certamente per parlare, ma anche per... «Stai lì, vengo io.»
S'inginocchiò dietro le spalle di Titi per metterle la crema solare. Appena ebbe le sue mani sulla schiena, lei piegò la testa all'indietro, rilasciando un lamento di piacere. Anderson ci sapeva proprio fare con le dita, non solo ad impugnare un paio di drumstick o maneggiare un mixer da DJ. Un massaggiatore provetto, oltre che l'amante ideale.
«Sei davvero bravo con Ray, si vede che lo hai educato bene.»
«Ci sono ancora tante cose che deve imparare, tipo mettersi le scarpe.»
«Lascialo fare, forse imparerà da solo.»
«Lo vizierei troppo, se gli lasciassi fare proprio tutto.»
«Anche decolorarsi i capelli?»
«Quello è anche colpa di sua madre, quando ha compiuto sei anni gli ha fatto la tinta in casa. A lui piace essere biondo per un anno, o blu per una settimana. Un po' come gli artisti k-pop che cambiano colore ad ogni album in uscita.» Anderson ci scherzò su, ma a Ray piaceva vedersi come il frontman dei Seventeen o gli Exo.
«Spero non prenda il vizio delle parrucche come te.»
In realtà aveva già cominciato indossando un parrucchino verde fluo lo scorso quattro luglio, quando avevano festeggiato l'indipendenza in quarantena sulle note di Bruce Springsteen. Non lo aveva fermato, perché anche a lui piaceva fare il Pee .Wee della situazione.
Ray tornò correndo, le ciambelle gonfiabili sotto le braccia. Ne passò uno a suo padre, che appoggiò sulla parte destra del bordo, mentre il bambino si tuffò in piscina con l'altra. Sapeva nuotare, ma gli piaceva stare a galla e battere i piedi sul velo dell'acqua.
Titi, nel frattempo, spremette la crema solare sulla mano e iniziò a spalmarla sulle gambe, dopo essersi allontanata dall'acqua per non ricevere schizzi da parte di Ray e la sua folle energia. Quella piccola chioma nera sarebbe durata ancora per poco, presto li avrebbe decolorati e tagliati per farseli rosso fuoco come Taeyong. Anche Anderson si tuffò in acqua, scendendo però dal bordo.
«Nooo! Il salvagente blu è mio!» Stava protestando il bambino, stringendo la plastica con le mani per impedire di cadere. Finì nell'acqua dopo che Andy aveva ribaltato il salvagente. Ray riuscì a riemergere e salire sulle sue spalle, come un wrestler pronto a fare la mossa finale.
Matilde balzò in alto per lo spavento, quando sentì entrambi ridere ad alta voce. Era chiaro che quel piccolino avrebbe seguito suo padre, lo si capiva da come si vestiva e aveva sfoggiato le sue drumstick arcobaleno – ormai le sue amiche inseparabili – per la prima volta al Paak House. Per avere nove anni era già abbastanza alto, leggermente paffuto ma in forma. Tutte le volte che si ricordava di averlo definito il suo fratellino, le veniva mal di testa. Quanto era stata stupida!
Si alzò da terra e incrociò le braccia, trattenendo un sorriso. «Okay, squali, frenate quei morsi.»
«Che fai, tu? Non vieni in acqua?» sogghignò Anderson, ammirando la sua ragazza dall'alto. Le sue curve erano più belle viste dall'alto.
«Solo se la smettete di marcare il territorio.»
«Ha iniziato lui!» si lamentò Ray, schizzandogli addosso.
«Hey!» contrattaccò lui, dando inizio ad una nuova guerra padre-figlio.
Titi si fece venire un'idea, guardando prima la ciambella gonfiabile fuori dall'acqua e la palla che galleggiava a destra della piscina. «Che ne dite di una bella partita a pallanuoto? Scommettiamo un gelato, tutti contro tutti.»
L'entusiasmo di Ray non si fece attendere. «Sì!»
«Bella idea.»
Andò a recuperare la palla da spiaggia e dopo averla lanciata ad Anderson, si tuffò anche lei per vincere una bella coppa di gelato al limone. Non vedeva l'ora!
N.A.
Aggiornamento prima delle vacanze lungherrime in famiglia? Sì! Eccovelo qua, anche se in ritardo. Mi rendo conto che alcun* tolgono il follow perché aggiorno ogni era geologica, ma questi ritardi sono dovuti alla Vita Reale e progetti editoriali a cui lavoro da tempo. No, nessuna CE, quelle non mi cag*eranno nemmeno quando arriverò ai 90 anni. Oltre a questo, anche il mio dovere di volontaria qui su Wattpad.
Sono peggio di Trenitalia, lo so. *risatina nervosa*
Specifico che non sempre i #matandy sono così sensuali. Anche se sono due calamite inseparabili, qualche volta hanno i loro momenti "meh", ma non lo fanno vedere. A parte questo... i nuovi capitoli torneranno a settembre, sia qui che nell'altra storia. Vi anticipo solo che il protagonista della prossima OS sarà Geoffrey! <3
Approfitterò delle vacanze per cercare nuove idee e stenderle sul mio affidato quaderno (non si chiama "Lovejoy" anzi, non ha proprio un nome). Ah, e tenete d'occhio il mio Instagram in questi giorni. Se ancora non mi seguite, fatelo: mi trovate sotto il nome di "charmygirl99". Vi vedo che guardate le storie, ma non mi seguite. Birichin* :P
- Gloria -
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