Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

1 - Let's Pretend We're Married || Andy



.•♫•♬• •♬•♫•.

.•♫•♬• •♬•♫•.


| 🧡 |



"Would you know, would you know it.
Good love in the morning?
Only one way to show it... Turn around, let me go in."


» NxWorries - Lyk Dis «



•♬•

Prima settimana di aprile, 2022 | La mattina dopo i Grammy


Matilde aprì lentamente gli occhi e si ritrovò accanto la figura nuda e dormiente di Anderson dall'altro lato. Dormiva beato a pancia in su, il viso rivolto dall'altra parte e le braccia scoperte. Il vestito viola era buttato sul pavimento della stanza, così come la sua biancheria e i suoi tacchi dorati. Impiegò più del previsto per realizzare che non era nella sua vecchia stanza ad Amalfi, ma in una suite a cinque stelle. Il lenzuolo che aveva addosso copriva le parti giuste, lasciando scoperte le gambe e le braccia. Che ora era? Non ne aveva idea, ma forse era tardi.

Girò appena la testa per guardarlo. Il collo era in bella vista con quelle piccole vene in rilievo sulla clavicola, le labbra leggermente schiuse e l'addome che si alzava e riabbassava lentamente. Anderson aveva un corpo mesomorfo: magro e allo stesso tempo muscoloso, spalle larghe e vita stretta. Per come si vestiva difficilmente si notava, ma solo quando si metteva il costume o rimaneva a petto nudo si poteva capire che il suo era un fisico perfetto. Sembrava impossibile che in passato fosse più tondo. Chissà cosa lo affliggeva al punto di non parlare del suo glow up. Avrebbe tanto voluto saperlo.

Si gettò supina fra i cuscini, lo sguardo rivolto verso la sua sinistra. Le tende erano chiuse, tuttavia la luce filtrava dall'alto e regalava un colorito rosato alla stanza. I bordi del comò di fianco spiccavano nel buio, lo specchio che rifletteva parte della luce e regalava un senso di pace. Sua madre le aveva detto più volte che era una pazzia trasferirsi negli Stati Uniti e con l'appoggio di uno sconosciuto – o meglio, di qualcuno conosciuto da appena tre mesi. Se essere pazzi significava risvegliarsi fra le braccia di un uomo amorevole e generoso come Anderson, allora lo sarebbe stata per altre mille eternità.

Stava per chiudere di nuovo gli occhi, quando un paio di labbra toccarono le sue. Socchiuse le palpebre e stiracchiò le braccia per avvolgergliele intorno alle spalle, scoprendo involontariamente un seno.

«Buongiorno» le sorrise contro la sua bocca. Che dolce risveglio. «Come hai dormito?»

«Fin troppo bene» ricambiò il suo sorriso, lasciandosi baciare ancora. Anziché chiedergli l'ora, nella sua testa fluttuò una strana domanda: «Dov'è finito quel parrucchino?»

«Per terra, così come la giacca.»

Titi provò ad inquadrare il pavimento davanti a sé, rivelando una piccola montagna di tessuto blu scuro – riconducibile al suo abito – e un'altra sopra il divano accanto. Anderson lo aveva letteralmente gettato fra l'ottomana e il comò con pochissima eleganza, insieme a loro anche la parrucca a caschetto nero corvina che aveva sulla testa e la coppola blu.

«Vergognati! Non si trattano così i vestiti costosi.»

Lui ridacchiò, per poi rubarle un altro bacio e tirarla contro di sé. Titi ricambiò, poggiando la testa e beandosi del calore del suo petto. «Possiamo non alzarci?» sibilò lei contro il suo sterno, la mano sinistra che percorreva i bordi del suo tatuaggio.

«Sempre se non ho da fare, ma non dovrei averne.»

«Quanto possiamo restare qui?»

«Fino alle cinque del pomeriggio e voglio sfruttare tutto il tempo che ci rimarrà.»

Nel frattempo che coccolava la ragazza, ordinò la colazione. Bisognava riprendersi dopo tutto quella ginnastica a letto – così Geoffrey definiva il sesso, per non essere troppo esplicito – e godersi ancora un po' quella suite lussuosa prima di dover tornare alla loro quotidianità. Riagganciò la cornetta e tornò a rilassarsi con lei, non prima di averla fatta stendere sopra di lui. Deliziosamente nuda.

Non serviva accendere l'abat-jour per ammirarla, bastava la luce fioca che attraversava la tenda di seta alla loro sinistra. Titi ignorò quella carezze allusive sul suo fondoschiena, quel calore rovente che la eccitava tutte le volte. Anderson lo sapeva bene, perché il suo corpo rispondeva silenziosamente. Era uno spettacolo di donna, chiara e dagli occhi splendenti come due smeraldi al sole. Ancora non riusciva a credere che era nel suo stesso letto, dopo otto mesi passati a parlare dietro un cellulare.

«Quindi ora posso considerarti un'americana.»

«Soltanto a parole, non su carta.»

«Fanculo la burocrazia, mi basta averti qui con me» soffiò inarcando le labbra e la strinse per la vita. La sensazione del suo respiro contro la sua pelle era da brividi, se non allettante. Meglio della sigaretta mattutina.

Non avevano partecipato all'after party, Anderson l'aveva portata direttamente in quella camera d'albergo senza nemmeno chiederle il permesso. Non era stato necessario, la cosa era stata reciproca. Avevano digiunato per troppo tempo e la mancanza fisica era diventata insostenibile, sia per lui che per lei. Andy aveva sempre usato la fantasia per avvicinarsi a lei fisicamente, fallendo tutte le volte, e mai aveva sentito il bisogno di stare accanto ad una donna in quella maniera.

Quella era stata la notte più lunga e passionale di sempre. La tenerezza con cui si erano guardati prima di avvinghiarsi e baciarsi, il modo in cui si erano sfiorati anche da sopra i vestiti. Soprattutto la passione con cui si erano scontrati, uniti e avevano consumato il loro amore fra quelle lenzuola pulite e fresche. Si erano detti "ti amo" numerose volte, mentre facevano l'amore su quel grande letto bianco e dall'aspetto lussuoso. L'avrebbero rifatto altre mille volte, purché il risultato finale fosse stato lo stesso.

«Abbiamo fatto un macello in questa stanza.»

«Ne è valsa la pena, però. Ci siamo scatenati come due conigli in astinenza.»

«Vedo che non hai perso il tuo lato pervertito.»

«Quello mai.»

«Almeno diamo una pulita vicino al letto, c'è ancora l'incarto del preservativo.» Allungò il braccio per prendere la bustina strappata sopra il comodino e mettersi seduta a cavalcioni su di lui, fino a scoprire che si trattava di un... «"Retard"? Hai seriamente usato quello per ritardare l'orgasmo?»

«Volevo sperimentare.»

«Aspettavi me per farlo?»

«N-no, a dire il vero erano mesi che stava nelle mie tasche. Ehm, sì, ti aspettavo

«Ci voleva tanto a dire la verità?»

«Mi vergogno» ammise, arrossendo come un pomodoro.

Titi si passò le mani fra i suoi boccoli castano chiaro, il viso spossato dopo la performance di quella notte. «Hai più di trent'anni, perché dovresti?»

Anderson la fissò con le pupille dilatate. Le sue tette ballonzolavano amorevolmente ad ogni suo movimento, i capelli non erano abbastanza lunghi da coprirle i capezzoli turgidi. Non gli sarebbe dispiaciuto un terzo atto, magari più spinto e in una posizione più erotica.

«La prossima volta dovrai usare l'Intense.»

Lui sbarrò gli occhi dalla sorpresa. Come faceva a sapere dell'esistenza di certi profilattici? Cosa se lo chiedeva a fare, se aveva avuto tanti ragazzi nella sua vita. «O-okay, ora mi fai paura.»

«Solo perché so distinguere un preservativo da un altro?»

«No, è che... cazzo, ne sai più di me che sono un uomo.»

«Non mi sono fatta mancare niente, neanche a livello di precauzioni. Quando volevo scatenarmi, andavo sempre a cercare quello giusto. Guardavo le scatole e li studiavo.»

Non studiava solo ingegneria informatica durante il suo Erasmus, allora. Era più che ovvio; nessuno dei due era casto, nemmeno lui che seguiva il Signore ogni domenica. Recitare il rosario non sarebbe di certo bastato per confessarsi, dopo tutto quello che aveva fatto e detto durante la notte. Certe cose non si potevano spiegare né a gesti né a parole.

«D'accordo, ci penserò io stavolta.»

Raccolse tutto con un velo di rossore sulle guance, per poi dirigersi in bagno. Gli formicolavano le mani, stava resistendo alla tentazione di raggiungerla. Aveva un bellissimo didietro, per non parlare di quei piccoli seni di ragazzina e i fianchi delicati che ancheggiavano dolcemente. In controluce erano ancora più sensuali.

Anderson trovò finalmente le forze per alzarsi dal letto e recuperare l'accappatoio appeso di fianco, senza fare caso all'alzabandiera. La mancanza fisica si era fatta sentire eccome. Nemmeno una doccia gelida sarebbe riuscita a calmare quel desiderio di averla ancora sopra di lui come pochi attimi fa, seduta sul bacino nuda come Dio l'aveva creata.

Recuperò il cellulare e dopo averlo acceso, guardò lo schermo segnare ventinove gradi e per essere piena primavera faceva abbastanza caldo. La piscina era aperta tutto il giorno e avrebbero potuto stare un po' prima di tornare a casa. C'erano tante cose che voleva raccontarle, a cominciare dal personaggio di DJ Pee .Wee che si era creato in quei mesi. Quella necessità di dover abbandonare la realtà e viverne una nuova sotto un alter ego. Avrebbe aspettato, la precedenza andava a quelle dolci coccole.

Sentì un bussare dietro la porta e andò ad aprire. Quindici minuti precisi, proprio come avevano detto per telefono. Il cameriere che aveva portato la colazione era giovane e a giudicare dal suo sguardo sorpreso e a tratti anche timido, lo aveva riconosciuto. Anderson si portò l'indice sulle labbra e gli rivolse un'occhiata complice, come per dire "qui c'è anche la mia ragazza, non dirlo a nessuno". Lui annuì silenziosamente, nonostante la sua enorme curiosità e lo si poteva vedere dalle pupille dilatate.

Gli lasciò una lauta mancia e dopo aver chiuso la porta, finì di trascinare il carrellino. Probabilmente Titi si sarebbe aspettata uova e bacon, ma lui non era né tipico da tradizioni né fanatico della colazione salata come sua sorella Stephanie. A lui piaceva intervallare fra una performance e l'altra con un po' di smancerie, soprattutto se in mezzo c'erano dolci o un buon caffè.

Quando la ragazza uscì dal bagno, anch'ella con l'accappatoio addosso, notò due cupole d'argento. La curiosità l'assalì in un batter d'occhio. «Che cos'è?»

«La colazione. Dobbiamo metterci in forze per la giornata e ho scelto una bella dose di zuccheri.»

Si sedette sul divano, non prima di aver liberato quel posto dal vestito viola e sistemato i cuscini. Aveva ordinato una colazione cento per cento vegana: caffè e latte alle mandorle, più due fette di dolce – una alla frutta e una con vaniglia e cioccolato fatta con ingredienti vegani. C'era da aspettarselo.

La invitò a sedersi e lei lo raggiunse subito dopo, adagiandosi sulle sue ginocchia e con il bicchiere di caffellatte vegano fra le mani. Anche Anderson prese il suo e iniziò a bere. «Aspetta, questo è latte di soia.»

Titi inclinò leggermente il capo di lato. «Cambia forse qualcosa?»

«No, a dire il vero. È solo che preferisco di più quello alle mandorle. Lo avevo anche specificato a telefono» sospirò, poi fece spallucce. «Non importa, rimedierò con la torta alla frutta.»

La ragazza si prese cinque secondi per studiare ogni angolo del carrellino. La cupola d'argento che aveva coperto le fette di torta era capovolta malissimo, la zuccheriera di porcellana e cucchiaini dal manico lungo e lucidi. Un lusso che per lei era assurdo, nonostante fosse una semplice colazione. Accanto c'era un biglietto, l'omaggio della casa essendo Anderson un cliente abituale – da quando aveva conosciuto il suo compagno di band, aveva smesso di frequentare i classici Bed & Breakfast economici.

«Avresti dovuto prendere qualcosa in più, mi sembra troppo poco.»

«Sono due caffellatte, due fette di torta e una macedonia. Per me è abbastanza per cominciare la giornata.»

«A proposito, qual è la mia?» chiese riferendosi alla torta.

«Questa qui al cioccolato, so che vai pazza per il fondente» gliela passò e la vide socchiudere le labbra con l'acquolina in bocca. «Lo hai scritto in una tua vecchia mail, è un altro punto che abbiamo in comune.»

Matilde aveva completamente rimosso quel dettaglio e solo il fatto che lui lo ricordasse le lasciò un piccolo sorriso sulle labbra. Il suo braccio sinistro – l'unico con pochi tatuaggi – le avvolse i fianchi e lei si abbandonò contro di lui, il piatto di porcellana con la torta in una mano e la forchettina da dolce in un'altra.

«Posso farlo io?» La sua domanda la colse alla sprovvista.

«Andy, per favore...»

«Solo per questa volta.»

Lei lo fissò basita. Aveva detto di non essere zuccheroso, ma romantico. Quella sua richiesta pareva un tantino incoerente da parte sua, anche se in un gesto simile c'era effettivamente un po' di romanticismo. Gli passò la forchettina d'argento, socchiuse la bocca e si fece imboccare lentamente. Sentì una dolcissima essenza di crema, vaniglia e cioccolato sciogliersi in bocca. Era solo quel dettaglio a rendere quella torta una delizia, ma l'amaro del cioccolato rovinò quella magia.

Si leccò il labbro superiore e si riprese la posata. «Sembra yogurt, peccato sia un po' amaro.»

«Perché non c'è né latte né il lievito, è anche più buono.»

«Sei sicuro che la vaniglia sia vegana?»

«Certo che lo è, si può preparare anche senza latte e uova. Mia madre sa come farla.»

Si concesse un secondo boccone e lo gustò con voglia. Detestava ammetterlo, era mille volte meglio di una qualunque torta. Ciò non significava che si sarebbe convertita. Non avrebbe mai rinunciato alla carne alla griglia o ad una buonissima frittura di pesce.

«Allora aiutami a finirla.»

Raccolse un pezzo di torta e gli passò la forchetta da dolce, per poi guardarlo assaggiare il cioccolato con una certa voglia. Dalla sua espressione sembrava essere di suo gradimento.

«Se l'avessi saputo prima, l'avrei ordinata anch'io.»

«Possiamo fare a metà ciascuno, se ti va. Così equilibriamo il tutto.»

«Ci sto.»

Si passarono il piattino di torta e con le proprie forchette d'argento, prendevano una piccola porzione e mangiavano. La fetta di torta al cioccolato finì subito e passarono a quella alla frutta, imboccandosi a vicenda e senza smettere di guardarsi e sorridersi. C'era pace e amore in quel momento, una sensazione mai provata. Entrambi si sentivano così rilassati fra le braccia dell'altro, tra un boccone di torta, un pezzo di frutta e un sorso di caffellatte di soia. Era una vera sfortuna che Matilde non fosse vegana, e probabilmente non si sarebbe mai abituata a vedere qualcuno mangiare solo verdure o alternative varie ai latticini.

La osservò leccare la forchetta da dolce dal cioccolato, come una bambina ghiotta di burro d'arachidi. Quando avevano chiuso la porta per la prima volta, non avevano perso tempo coi preliminari. Si erano prima guardati negli occhi, poi avevano pensato al resto. Vestiti per terra, biancheria compresa, e poi il primo incastro. L'avevano fatto due volte e Anderson ne voleva ancora, non si era saziato del tutto. Un giorno intero non sarebbe bastato a colmare otto mesi di vuoto, conosceva troppo bene il suo corpo.

Sto ancora sognando o sei veramente qui con me? Sei tu la mia Bambi, vero?

La consistenza spugnosa di quell'accappatoio le copriva i seni, ma lui rimediò tirando un poco l'ammasso di stoffa verso il basso, fino a scoprirne uno e coprirlo con una mano. Il capezzolo era diventato turgido per il freddo della suite, era eccitante sentirlo contro il palmo. Aveva sempre preferito il seno grande e prosperoso, ma mai nella sua vita ne aveva visto uno come il suo. Stavano in una mano, reagivano al suo tocco ed erano deliziosamente sode.

Piccole e soffici come le sue labbra. Altro che quella stupida valle di silicone!

«Brandon.»

Colto sul fatto, mostrò un sorriso impenitente. «Non sono io, è lui che lo vuole.»

La ragazza sussultò quando la durezza di lui comparve all'improvviso fra le cosce, avvolta dalla spugna dell'accappatoio. Era fin troppo chiaro che quel pronome si riferiva al suo... «Scusa, ma Paak Jr. dovrà aspettare.»

«Non gli vuoi neanche dare una carezza? È così da quando ti sei seduta sulle mie ginocchia.»

«Stasera disfarò le mie valigie e sarò tutta per lui. Ho comprato un bel completino da notte.»

Lui non riuscì a non trattenersi nello stringere il seno e tentare un approccio più sensuale con le labbra, avvicinandosi alla clavicola. Aveva ancora addosso l'odore del sesso. «E quel perizoma rosso che mi avevi promesso?»

«È abbinato» sussurrò sensualmente accanto al suo orecchio e lui sentì una scossa attraversargli il bassoventre. Oh, sì, non vedeva l'ora.

Quel massaggio sensuale sul suo seno destro non accennò a smettere. Per certi versi Matilde se lo stava godendo, soprattutto il calore che emanava quella mano e si propagava per tutto il suo corpo. Non era abbastanza per accenderle i sensi, doveva trovare un altro contatto fisico.

«Allora farò la stessa cosa anch'io» tentò la cintura dell'accappatoio di Anderson e lui s'immobilizzò di colpo, colto completamente di sorpresa. «Dov'è Prince?»

Lui giocò facendo il finto tonto. «Chi?»

«Fammelo vedere.»

D'un tratto lo sovrastò e riuscì a scoprire la parte sinistra del suo addome, dove c'era il tatuaggio dedicato a Prince. Ci stampò un bacio casto e scese fino allo sterno. Glielo sfiorò con le labbra, baciandolo e stringendosi a lui circondandogli il collo con le braccia. Anderson ricambiò volentieri, inspirando l'odore naturale dei suoi capelli castani. Ora che ci pensava, era quello che più adorava guardare dopo la scritta "Oxnard" sull'avambraccio destro.

«Non sapevo fossi così perversa

Lo colpì giocosamente sul gomito. «Da che pulpito viene la predica!»

«Allora anch'io potrei baciare quel tatuaggio sul fianco.»

«Lo farai solo quando sarò di nuovo nuda.»

Le sorrise contro la guancia, eccome se lo avrebbe fatto. Notò alzando lo sguardo che gli stava sorridendo di rimando, con un velo di rossore sulle guance. Si spostò per sfiorarle la punta del naso e allargò di più il suo sorriso, stavolta anche lui arrossì lievemente. Matilde gli tracciò il viso con le dita, per catturare ogni centimetro della sua mascolinità. Capì il perché di quel "Lovejoy", Anderson era una delle persone più affettuose che avesse mai conosciuto.

Se c'era una cosa che le piaceva era la sua espressione da amante tenero ma dominante, quella voce calma e mai alta. Sorrideva come uno scemo, ma adorava quella dentatura dritta e sporgente che sapeva contagiare anche la persona più inespressiva del pianeta. Titi non aveva mai avuto standard precisi, perché non associava mai l'amore a degli stupidi parametri.

Lui non era solo un bravo ragazzo, aveva grazia e bellezza. Sapeva maneggiare le sue drum stick con professionalità, ancheggiava coi fianchi in modo soave e con una sensualità incredibile. I suoi occhi sprigionavano luce propria, regalava la sua felicità al mondo e aveva un bel groove. Reinventava il suo stile ogni giorno e non aveva mai abbastanza. Aveva una mente brillante anche se non lo dimostrava a parole, la sensibilità di chi aveva visto tante cose e voleva sopprimere le sofferenze del prossimo.

Era un padre formidabile e da come stava crescendo suo figlio i risultati si vedevano. Era un uomo ben educato e lo aveva visto per come mangiava e beveva, posava la forchetta fra le sue labbra e l'aveva fatta sedere sulle sue ginocchia. Sapeva guardare oltre le apparenze e nonostante i difetti che aveva, aveva saputo accettare i suoi. Bastavano quei parametri per capire se valeva la pena amare qualcuno, e tutto riconduceva a lui: Brandon Paak Anderson. Non avrebbe cambiato una virgola.

«Dimmelo ancora.»

«Che cosa?»

«Che mi ami.»

«Saranghae, Emelaldeu.» La ragazza non capì e lui glielo tradusse dolcemente, scostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Ti amo, Emerald.»

Gliel'aveva detto in coreano e per la prima volta, quel batticuore la fece fremere. Dire "ti amo" era la base di una qualsiasi lingua, anche prima di un "arrivederci e grazie". Aveva sognato di vederlo sotto il balcone di casa sua che cantava la sua canzone preferita, in attesa che lei scendesse e lo abbracciasse. Forse un giorno sarebbe successo.

«Anch'io ti amo, Breezy.»

Non esitò oltre e indugiò in un bacio lento, profondo. Il più autentico che Andy avesse mai dato.

«Significa che adesso è una cosa seria, giusto?»

Lei annuì e si lasciò baciare di nuovo, stavolta durò di meno. Cielo, se baciava bene! «Possiamo ancora usare la scusa del cicerone? Mi piacerebbe farti vedere il tramonto sul lungomare di Ventura.»

I suoi occhi marroni si erano appena illuminati di gioia, Titi non poté far a meno di sorridere. «Certo. Ma prima ho bisogno di una doccia.»

«Vengo con te.»

Non ebbe il tempo di sgranchirsi le braccia, che Matilde era balzata giù dalle sue ginocchia ed era corsa in bagno per aprire l'acqua della doccia. Anderson la raggiunse poco dopo, anche se avrebbe preferito godersi di più quelle piccole effusioni sul divano. Un box di vetro e un getto caldo e vaporoso sarebbe stato ancora meglio, in effetti. L'avevano condiviso così tante volte che era diventata la loro routine.

Lei si era già tolta l'accappatoio e lo aveva appeso accanto la doccia, per poi alzarsi i capelli. Tutto in meno di trenta secondi. Fece la stessa cosa anche lui, ma prendendosi il tempo che serviva per appenderlo e ammirare quella silhouette coperta dal vapore caldo dell'acqua. Successivamente, entrò con lei e si chiuse l'anta alle spalle.

Si girò a vedere se c'era qualcosa, ma sul ripiano c'era solo un bagnoschiuma neutro – qualcuno doveva averlo lasciato lì, poiché era il formato da viaggio. Se lo sarebbero fatto bastare. Quando il getto divenne più rovente, il resto fu automatico. Titi si riempì le mani di bagnoschiuma, strofinò le mani sulle spalle e sotto la schiena. Nel frattempo osservò ogni singolo centimetro della sua pelle olivastra, il rilievo dei suoi muscoli e il tatuaggio che attraversava una spalla e l'altra.

D'un tratto lui sogghignò. «Che stai facendo?»

«Ammiravo quel tatuaggio» si giustificò timidamente, staccando le mani dalle sue scapole.

Il ragazzo si girò e la guardò negli occhi. «Basta fissarmi. Tocca a te, adesso.»

Matilde si rilassò e si lasciò lavare prima le braccia e poi le spalle, ricambiando il suo sguardo. Le piaceva il suo tocco, mai quanto le sue mani grandi e possenti che le accarezzavano la pelle e percorrevano ogni centimetro delle sue piccole femminilità. Scese con la mano lungo il petto e iniziò a massaggiarle il seno, mentre le gocce d'acqua saltellavano sopra la loro pelle.

La sua positività si capovolse all'improvviso. Era difficile credere che un uomo del calibro di Anderson preferisse un corpo poco materno e aggraziato come il suo, un fisico minuto e con poche curve. Ginevra aveva una forma a clessidra meravigliosa, un fondoschiena tondo e perfettamente bilanciato col seno. Anche Annika aveva bei fianchi, un gran seno e...

«Qualcosa non va?»

«Stavo solo pensando a quando torneremo a casa e mi metterò quella sottoveste nera.»

«Quindi il completino include anche quella?»

«Sì, Breezy» gli lasciò un bacio a stampo, ma lui l'attirò verso di sé.

Continuò a baciarla, senza smettere di passare le sue mani insaponate sul torace e sulla schiena. Un altro suo pregio era quello di parlare attraverso il petting e come lo faceva Anderson, non sapeva farlo nessun altro. Continuarono a lavarsi e sciacquarsi, esplorandosi reciprocamente fra la soffice schiuma e il getto d'acqua tiepido. Sapevano unirsi anche con un semplice abbraccio, senza dover per forza ricorrere all'incastro naturale. Titi dimenticò quei complessi in un istante e tornò a sorridere.

«Mi spiace che con questi non possa fare...» alluse lei con fare provocante, passandosi una mano in mezzo al seno con le mani piene di bagnoschiuma.

«Però potresti fare...» Anderson le sfiorò le labbra col pollice e via di altre allusioni, stavolta più spinte.

«Non mi piace, preferisco sperimentare con tutto il corpo. Cerco sempre nuovi piaceri e posizioni più acrobatiche.»

«Cavolo, se siamo uguali» sogghignò con aria soddisfatta.

Gliene aveva dato dimostrazione durante l'estate, quando avevano provato la posizione del paziente – era stata lei a stare seduta, mentre lui l'aveva "visitata". A ripensarci gli si azzerò la salivazione. "Controllati, per l'amor del cielo!" Come se già la performance di quella notte non fosse stata abbastanza, per come si erano scatenati.

Un quarto d'ora dopo si erano asciugati e rimessi l'accappatoio. Più che fidanzati, sembravano una coppia sposata. Anderson sogghignò, in fondo anche Prince ci aveva pensato. «Visto che staremo qui fino a sera, potremmo andare a vedere la piscina» propose lui dopo.

«In piena primavera?»

«Fuori si sta bene.»

«Non so neanche dove sia la mia valigia.»

«Di certo quella vicino al comò non è mia, perché quella che ho è tutta nera.»

D'istinto Matilde si voltò verso il letto e poi realizzò che tutte le sue valigie erano lì. Era atterrata direttamente laggiù, era chiaro. La cosa peggiore era che non era riuscita a portarsi dietro neanche la metà del suo armadio, fra i regali di lui l'estate precedente e quelli dei suoi amici. La regola dello stretto indispensabile non faceva per lei, non quando si trattava di andare all'estero.

Prese la sua valigia colorata e dopo averla appoggiata sul letto sfatto, l'aprì e rivelò un ammasso di vestiti bohemien colorati e casual, la parte superiore ospitava i suoi bikini e la biancheria intima. Aveva decisamente esagerato con quelli, ma non poteva farsi cogliere impreparata. Ne scelse uno a caso e si tolse l'accappatoio per potersi vestire.

Non si capacitava del fatto che Anderson avesse portato con sé una valigia a parte dove conservare il suo smoking di lusso. Lo stava ripiegando con cura, rispetto a quando si era svegliata e lo aveva visto per terra. Quella notte glielo aveva tolto con troppa lentezza, forse per non rovinarlo essendo firmato e fatto su misura per lui. Notò che si era già messo il costume a pantaloncino e successivamente un tessuto colorato gli coprì le spalle, più precisamente una camicia dalla fantasia floreale, le sfumature azzurre e marrone pastello.

Matilde distolse rapidamente lo sguardo. «Il blu scuro non ti dona, comunque. Ti preferisco sulle tonalità calde.»

«Tu, invece, stai benissimo vestita di viola.»

Alzò la testa e lo vide alla sua sinistra, il vestito ben ripiegato fra le mani. Caspita, se era stato veloce! Lo prese e lo infilò delicatamente in valigia. Stava facendo di tutto pur di non guardarlo, per evitare di saltargli addosso e strappare quel pezzo di stoffa per poter ammirare e accarezzare la sua pelle tatuata.

«Non dimenticarti le scarpe» precisò lui, mentre si metteva la coppola blu sulla testa.

«Le ho messe vicino l'altra valigia, così sono sicura di averle sott'occhio.»

«Hai avuto una bella idea combinare il viola con l'oro, ho colto ogni dettaglio.»

«Me ne sono accorta, mi hai guardata per tutto il tempo.»

«Ti dirò la verità: sei più bella con un vestito lungo che corto.»

«Anche con le tue cose addosso.»

Anche se la loro storia era diventata ufficialmente seria, Titi non avrebbe di certo smesso di indossare le sue camicie di seta. Ad Anderson non dispiaceva affatto, adorava sentire il profumo di lei mischiato al suo. Gli donava un senso d'amore e completezza, ciò di cui aveva bisogno per affrontare la giornata. E lui non esitò a confermarlo, fra un bacio sul collo e sotto la mascella.

«Che mi dici dei baci del buongiorno?»

«Non dovranno mai mancare, neanche quando stacchiamo dalla routine.»

«Potremmo fare un bacio e una lezione di batteria.»

«Non sei originale.»

Andy s'inumidì le labbra. «Le lezioni di musica non le ha inventate Bruno Mars, precisiamolo.»

«Ma lui ha conquistato Gin così.»

«Io, invece, ti ho fatto vedere la West Coast. Direi di essere io il più originale fra i due.»

Titi soffocò una risata. «Che dire, vi siete trovati.»

Il ragazzo si lasciò contagiare. Già, trovati. Peccato solo che fosse ubriaco e ricordasse poco di quell'incontro, se non la presenza di Geoffrey e i suoi tentativi falliti di giustificare la sua sbronza. Non aveva nemmeno saputo il suo nome e aveva già fatto una prima figuraccia, c'era sia da ridere che da piangere. Mentre recuperava il telefono e staccava il caricabatterie dalla corrente, vide qualcosa di giallo con la coda dell'occhio.

Si voltò e vide Matilde con un abitino giallo pastello, due spalline sottili e la scollatura a triangolo decisamente provocante. Non riusciva a decifrare bene i colori di quel bikini, a malapena riusciva a vedere la fantasia zig-zag a colori invertiti della brasiliana che aveva addosso. Ne avrebbe avuto conferma quando sarebbero arrivati in piscina.

«Sei proprio sicura di voler prendere la cosa seriamente?»

Lei inarcò un sopracciglio. «Perché me lo chiedi, se sai già la risposta?»

«Beh, hai avuto altri ragazzi prima di me.»

«Non dirmi che sei geloso dei miei ex.»

Si morse il labbro inferiore con le gote rosee dalla vergogna. Sì, un po' lo era, così come era stato geloso del suo primo fidanzato. Titi continuò: «Non li ho più sentiti e alcuni li ho bloccati sui social. Nessuno di loro era interessante quanto te.»

Trovò improvvisamente sollievo nel sentire quella rivelazione. «Davvero?»

«Ero sempre io colei che non voleva impegnarsi, cercavo una valvola di sfogo e il sesso era l'unica che avevo a disposizione. Ci rimanevo sempre male perché loro volevano solo quello, mentre io cercavo qualcosa di più. Solo un paio di loro avevano avuto intenzioni serie, ma li ho respinti perché ero insicura. Non ho mai amato nessuno, finché sei arrivato tu.»

Alla fine anche lui era stato un amico con benefici, prima che avesse potuto conoscerlo davvero e innamorarsi dell'uomo dietro quello pseudonimo. Breezy Lovejoy le avrebbe dedicato Yellow dei Coldplay, ma Brandon avrebbe optato per Soft and Wet di Prince. Esattamente com'era stata quella notte: sotto la sua mercé, soffice e bagnata. Si sentì la bocca secca; un altro peccato da aggiungere alla lista.

«Non te l'ho mai voluto chiedere, ma cosa ti colpisce davvero di me? Esclusi il suono della mia voce e i tatuaggi.»

Si riferiva chiaramente alla sua costituzione fisica, per come alludeva. Titi non sapeva come rispondere. C'erano tante cose che amava di lui, sapeva provocarla con uno schiocco di labbra su una qualsiasi parte del suo corpo. C'era qualcosa in lui che lo rendeva desiderabile, non solo la forma dei suoi occhi e il calore del suo corpo che le incendiava la pelle più del magma.

«Di certo non le tue doti.»

Guardò la sua espressione dallo specchio; aveva roteato gli occhi come se lei avesse appena detto una bugia. Lo era, in parte, ma non volle ammetterlo. Adorava anche percepire la consistenza morbida delle sue labbra contro le sue, dal contatto fino a quando non sentiva lo schiocco di lingua. Nessun uomo sapeva baciare meglio di lui. Tuttavia c'era un'altra cosa che adorava di lui.

«Mi piacciono le tue mani» ammise, ma a voce troppo alta. Anderson se ne accorse.

«Lo sospettavo. Quando ti accarezzo diventi subito calda.»

La ragazza lo picchiò scherzosamente su una spalla e si allontanò per prendere la sua borsa. Lui rise di gusto, osservando gli occhi di lei sotto la sua frangia e le guance paonazze. L'aveva appena messa in imbarazzo. Che carina!

Uscirono dalla suite e dopo aver intascato la chiave elettronica, scesero mano nella mano e raggiunsero la hall dell'albergo. Anderson aumentò la stretta, Titi lo assecondò di rimando. Nel frattempo che camminavano, si guardò intorno. Un motivo c'era se a Bruno e Ginevra piaceva alloggiare in quell'hotel. In primo luogo, gli interni: da dove stavano passando in quel momento sembrava di essere in mezzo alla foresta amazzonica – una cascata di roccia realistica adornata da palme alte, statue di fenicotteri, tucani e macao blu fluorescenti in alto. Un qualcosa che Matilde aveva già visto.

La hall principale che dava al casinò e la sala d'aspetto nel mezzo aveva un soffitto coloratissimo, restò ad ammirarlo col naso all'insù prima di uscire e dirigersi verso l'area piscina. Anderson si godeva il paesaggio di Las Vegas facendo una passeggiata sul viale che dava alla grande fontana ed era proprio lì che stavano passando. Si era concesso una sigaretta prima di arrivare all'area piscina ed esplorarla. Non c'era tanta gente in giro, di sicuro non tutti si alzavano a mezzogiorno precise.

La zona era grande e disponeva di cinque piscine, di cui due idromassaggio e loro scelsero proprio quest'ultime. Erano abbastanza vicine fra loro, nel mezzo sorgeva una fontana a forma di calice di marmo elegante dalle rifiniture dorate. Le bolle erano solo verso il bordo, mentre nel mezzo si poteva nuotare con tutta tranquillità. Non c'era più tanta gente intorno, se non un paio di persone che nuotavano nell'altra piscina e una coppia gay – probabilmente due sposini, per come si tenevano la mano – seduta dietro la fontana.

Matilde non perse tempo e si sciolse lo chignon, facendo cadere i suoi capelli lungo la schiena. Si tolse infine l'abitino e mostrò il reggiseno a triangolo del suo bikini. Si sentiva osservata, ma poco le importava. Quando le sarebbe ricapitata una giornata così bella come quella? Doveva ringraziare Annika e Liam, se si trovava lì e un po' si sentiva in colpa. Chissà quanto avevano speso per regalare loro una notte in quell'albergo.

Si sedette sul bordo e sfiorò il velo dell'acqua con le dita della mano destra e i piedi; fresca e cristallina, un vero piacere per la vista. Lo scrosciare della fontana la mise di buonumore, era come stare in un paradiso termale e immaginare la sensazione solo chiudendo gli occhi.

«Forse è il caso di mettere questa.»

Anderson si era abbassato per darle un tubetto di crema protettiva. Doveva averla presa dalla sua borsa. In effetti c'era il sole e per come l'acqua rifletteva la luce, non sarebbe di certo sfuggita alle scottature. Sfortunatamente l'idromassaggio era spento, si sarebbe acceso a momenti e lo capì da quelle pochissime bolle che salivano in superficie.

«Mi aiuti a metterla?» chiese dopo aver preso una buona dose di crema per spalmarsela sulle gambe.

«Sissignora» scherzò lui, mettendosi in ginocchio dietro di lei dopo essersi tolto la camicia.

Spremette il tubetto e iniziò a spalmarla sulle sue spalle. Ne approfittò per massaggiarle la parte alta della schiena con movimenti circolari lenti ma forti, e lei subito si rilassò. Ci sapeva davvero fare con le mani, oltre a impugnare un paio di bacchette in legno di quercia e improvvisare assoli di batteria.

Andy si strinse maggiormente a lei per avvolgerla del tutto da dietro, circondandole il girovita. L'arancione e le decorazioni bianche a zig-zag le stavano una meraviglia, non era facile distogliere lo sguardo. Le sue mani scesero sui suoi fianchi e per come le sue dita sfregavano sulla sua pelle, si stava trattenendo. Titi aveva appena scoperto un altro suo punto debole: gli piaceva vedere il suo colore preferito addosso a lei.

«Devi mettere la protezione anche qui, rischi di scottarti.»

Allungò di più le mani per tentare un approccio più sensuale, ma lei riuscì a sfuggire alla sua presa ed entrare in acqua, bagnandosi solo le punte dei capelli. La crema solare non era stata solo una scusa per toccarla, a quanto pareva. Il ragazzo si alzò e dopo aver adocchiato i gradini a pochi centimetri da lui, si sedette sull'ultimo gradino e vide Titi nuotare verso il bordo piscina. La luce rifletteva il pallore della sua pelle e i colori caldi del suo costume, uno spettacolo per gli occhi.

Incrociò il suo sguardo e mosse l'indice intimandolo a raggiungerla, lui scosse la testa camuffando un sorrisetto. Non che Andy non sapesse nuotare, gli piaceva godersi l'acqua stando seduto o fermo in un punto. Matilde lo raggiunse poco dopo e lo sovrastò appena, cingendogli i fianchi con le proprie cosce e la schiena rivolta verso la fontana. L'acqua le arrivava fino a metà busto, mentre a lui arrivava fino alla parte bassa dello sterno. 

«Pensi che Bruno e Ginevra siano ancora qui?»

«Saranno di sicuro partiti da un pezzo. Oggi sapremo anche il sesso del nascituro.»

«Ammetto di essere un po' curiosa, sarebbe bello se fosse un maschietto. Potrebbe essere come Ray, la copia esatta di suo padre.»

«Lui somiglia molto alla mamma, in realtà» precisò sfoggiando un sorriso orgoglioso.

Se c'era una cosa che quel bambino aveva ereditato da lui, a parte il colore dei capelli e la forma degli occhi, era la forma fisica. Era paffuto come lo era stato un tempo suo padre, sapeva muoversi e scatenarsi quanto lui. Aveva solo nove anni, ma da adulto sarebbe diventato un vero e proprio talento e ne era più che convinto.

Anderson non osò immaginare quando Ray avrebbe rivisto Titi. Quando lo aveva visto piangere, si era reso conto di quanto il divorzio lo avesse cambiato in peggio, al punto di rinnegare la sua personalità solare e scatenata che lo distingueva dal resto dei suoi colleghi. Il dolore lo aveva colpito come una fitta, quel giorno in cui Matilde aveva saputo la verità sulla sua famiglia, e si era visto riflesso come un approfittatore. Ma ora era tutto finito, non ci sarebbe stato niente e nessuno ad ostacolarli. Non doveva più avere paura di perderla una seconda volta, non adesso che era fra le sue braccia.

«Si è visto, voi due siete così affiatati.»

«Allora non era vero che non mi seguivi più.»

«Non era vero» confermò un po' a disagio, sentendo una presa salda intorno ai fianchi.

Per un attimo Titi aveva pensato di dargli un ultimatum: rinunciare alla sua carriera e rimanere al suo fianco, ma privargli della sua personalità era come strappargli un organo con la forza. Violento e disumano. Gin non lo aveva fatto con Bruno perché sarebbe stato come imprigionarlo in una gabbia ancora più piccola, come se quella dorata non avesse già creato loro un mucchio di problemi. Perché mai Anderson avrebbe dovuto accettare, se la sua via di fuga era principalmente la musica? Si sentì una vigliacca.

«A cosa pensi, Bambi?» Successivamente le sfiorò la guancia. «Hai nostalgia di casa?»

Lei distolse lo sguardo e subito dopo, decise di dire tutta la verità. Tenersi tutto nella testa sarebbe stato insopportabile. A sentire quelle parole, Anderson si rattristì. Rinunciare a Ray o alla sua carriera per lei? «Non l'ho fatto con Annika e pretendevi che lo facessi per te?»

«Sì» ammise, mordendosi il labbro inferiore. «Fai... fai bene ad incazzarti. Sono un'egoista.»

«Non avresti neanche dovuto pensarlo, sapevi già come ti avrei risposto» replicò con tono calmo e fluido. «È come se io ti chiedessi di non frequentare Geoffrey perché l'unico uomo della tua vita sono io, devi stare solo con me e bla bla bla. Anche questo sarebbe egoista.»

«No, è più da padre padrone.»

«Ecco, vedi?» sbuffò con una risatina. «Non sarebbe meglio un reciproco dare e avere con le parole e col corpo?»

«Decisamente meglio.»

I loro sguardi erano incatenati l'uno all'altro. Senza potersi controllare, avvicinarono i visi e si scambiarono un nuovo bacio. Un bacio pieno d'amore e tenerezza. Ci era mancato poco che litigassero e non sarebbe stato piacevole, visto il motivo per cui si trovavano lì. Uno aveva vinto due gong, l'altra lo aveva raggiunto per ricominciare una nuova vita.

«Vedi cosa ci ha riservato il destino: siamo stati amici per quattro anni e non ce ne siamo mai accorti, sappiamo tutto l'uno dell'altra e dopo è arrivato l'amore.»

«A dire il vero non so ancora chi sei.»

«Brandon Paak Anderson, classe '86, nato a Oxnard e cresciuto a Ventura. Suono la batteria dalla prima media, faccio rap su una base groove, sono un assiduo frequentatore della chiesa, un DJ a tempo perso e—»

«Visto che ci siamo, parlami un po' di Pee .Wee.»

Il ragazzo si ritrovò impreparato. Lo aveva appena bruciato sul tempo!

«Ehm, lui è un miscuglio fra un DJ animatore e un DJ performer. Esce fuori solo quando ci sono serate particolari o per una festa post-evento, un concerto o simili.»

«Da quanto ha cominciato?»

«Non mi ricordo di preciso, ma aveva in mente di farlo già da molto tempo. Fa ballare le persone, unisce groove e funky, indossa abiti stravaganti come Prince e... e basta

Si era visto da quell'orribile cosplay, anche se Matilde aveva dovuto riconoscere che c'era stato amore dietro. Parlavano del suo nuovo alter ego come se fosse un'altra persona e per Anderson doveva essere così, anche se in fin dei conti era sempre lui, ma con una parrucca.

«Ti offenderesti se qualcuno ti paragonasse a lui? Non per il modo di vestire, ma per i suoi modi di fare, per come guardava le donne e cercava il talento.»

«Lo prenderei più come un complimento, perché lui sapeva vederne la purezza. Ma Prince è Prince, io sono io. È un po' come se mi mettessi a confronto con Dr. Dre: lui è il King Beat con la giacca di pelle, mentre io sono un coglione che finge di essere alla moda.»

Subito dopo, arrossì e guardò Matilde con occhi languidi. «Se Prince fosse rimasto con noi, ti avrebbe sicuramente corteggiata.»

«Non penso proprio, perché non rispetto i suoi standard di bellezza.»

«Io, invece, credo di sì. Sei determinata, hai un talento speciale e sai come far innamorare un uomo.»

«Questo lo pensi tu, Andy.»

Lui si ricordò dei loro primi incontri, quelle volte in cui si era lasciata andare e le aveva confessato una delle sue tante insicurezze. Certo, all'alba dei propri trent'anni ed essere sfortunati in amore era un'enorme svantaggio. Era stato lì che aveva sentito il bisogno di volere qualcosa di più, anche se inizialmente aveva sperato in un'amicizia duratura. Per l'astrologia erano l'esatto opposto, uno dei tanti motivi per cui si sentivano fisicamente attratti. Se una era dominatrice, l'altro cercava qualcosa di nuovo.

«Quand'ero ragazzina volevo essere sempre al posto delle sue amanti, una mera fantasia che mai avrei realizzato. Ne ero consapevole e illudevo sempre me stessa.»

«E tu sapevi che la sua seconda ex moglie è italo-canadese?»

«Certo, per questo ho sperato di avere una possibilità con lui. Poi è arrivato Breezy Lovejoy con cui mi sono confidata per ben quattro anni.»

Anderson si morse il labbro inferiore, nascondendo un sorriso ebete. Amava il modo in cui lo pronunciava; non si era mai reso conto di quanto l'accento italiano fosse bello e provocante. Si avvicinava tanto allo spagnolo, ma con una marcatura più imperativa che aveva un nonsoché di autoritario. Da vera mistress.

«E dopo chi è arrivato?» la incitò con fare allusivo.

«Un batterista dal sorriso contagioso, la pelle scura, sensuale e tremendamente romantico.»

«Lo conosco?»

«È un tuo amico. No, non parlavo del tuo coso. Non fare quella faccia da scemo.»

«Perché non ti arrendi e lo ammetti una volta per tutte? Paak Jr. batte tutti i tuoi ex.»

Matilde esplose in una risata così forte che dovette coprirsi la bocca. La coppia dietro la fontana li stava guardando interdetti, uno di loro stava sorridendo sotto i baffi. Come avrebbero giustificato quell'enorme figuraccia? Se ne preoccupò Anderson, che alzò una mano.

«Scusatela, ha la risata di un pellicano.»

Lei lo picchiò su un braccio, ma lui rise. «Hey! A chi hai dato del pellicano?»

Si accorse successivamente che i due ragazzi si erano allontanati mano nella mano, uno rideva e l'altro borbottava qualcosa nascondendo un sorrisetto. Altro che coppia sposata, sembravano più due liceali in vacanza. «Grazie per la figura di merda.»

«Nah, stavano ridendo anche loro.»

«Pensando che siamo due scimuniti» soggiunse con un leggero sbuffo.

«Fare lo scimunito ha i suoi vantaggi, rende la vita più divertente.»

Pareva una frase insensata, ma dopotutto aveva un fondo di verità. «Non lo pensi anche tu?»

Titi annuì e dopo quel breve stacco, continuarono a scambiarsi qualche bacio e carezza di tanto in tanto. Si sentiva un po' imbarazzata, eppure Anderson era così tranquillo e non temeva le paparazzate improvvise alle sue spalle. Era più che fiero di avere una fidanzata come lei e glielo stava dimostrando; la baciava come se nulla fosse e fregandosene di quelle poche persone che ogni tanto, scoccava loro un'occhiata sorpresa o divertita.

Uno dei turisti presenti nell'area piscina aveva una tavola da mare a strisce nere e bianche. Restò a guardarlo, mentre si gettava in acqua insieme ad essa. Accanto a lui c'era un ragazzino, a giudicare dall'altezza e la statura. Padre e figlio, forse. 

«Sai, potresti imparare a fare surf. Ti ci vedrei su una tavola gigante a cavalcare le onde.»

Anderson s'irrigidì. «I-io? No, non me la sento.»

«Di cos'hai paura?»

«Più che paura, è...»

«Okay, okay, come non detto.»

Aveva toccato un tasto dolente, a quanto pareva. E lui non esitò a fare il suo stesso gioco.

«Allora tu potresti imparare a fare rap, hai anche una bella voce.»

«Non sono capace a coniugare bene un verbo, figurati a scrivere una rima sensata.»

«Il tuo inglese è bellissimo.»

«Ma dove, che l'unica cosa che so dire in modo fluido è la parola "vaffanculo"?»

«Le parole sporche di stanotte dove le metti?»

Titi gli rivolse uno sguardo cagnesco e lui soppresse un sorriso, non le lasciò neanche il tempo di replicare che pizzicò giocosamente alcuni lembi della sua pelle sulla pancia senza farle male. Lei scoppiò a ridere e si calmò nel momento in cui Anderson le rubò un bacio. Quello stupido pupillo di Dr. Dre che indossava parrucche!

Appoggiò la testa sulla sua spalla e si beò del suo profumo, portandosi la sua mano sul petto. Sentì un dolce pulsare battere fra le dita, né troppo veloce né troppo lento, e lo ascoltò rilassandosi fra le sue braccia. La fece scorrere lentamente fino alla parte bassa dello sterno, studiando ogni linea del suo tatuaggio. La parte muscolosa del suo corpo era nascosta dalla frase "trust your gut" e le dispiacque non poter ammirare quelle forme mascoline. Quel fisico nascondeva mille domande e lei non sapeva nulla. Voleva chiederglielo.

«Davvero non vuoi parlarne?»

Anderson diventò serio, dopo aver capito a cosa Matilde si stesse riferendo. Decise di essere sincero, rivelandogli il perché non amava parlare di cambiamenti fisici o argomenti simili. Parlarne gli stringeva il cuore; era stato un percorso difficile, se non straziante e non voleva ricordare tutti i sacrifici che aveva fatto per diventare colui che era adesso.

«È perché non ti fidi abbastanza o hai timore di essere frainteso?» domandò lei.

«Non si tratta né di uno né dell'altro. È una cosa che va ben oltre e devo essere psicologicamente pronto per poterne parlare senza farmi prendere troppo dalle emozioni, capisci?»

Lei annuì poco convinta, continuando a farsi accarezzare. «Non prendertela.»

«Assolutamente no, Andy. Ti capisco, anche per me lo è. Neanch'io voglio tornare su quell'argomento.»

Lui cercò un abbraccio, la strinse appoggiando la faccia contro la sua testa e senza smettere di accarezzarla. Il suo corpo si era appena lasciato andare, lo sentiva attraverso quel contatto fisico. Anche lei lo stava cercando.

«Ti ho promesso che non ci sarebbero stati segreti, ma voglio che sia pronta anche tu.»

«Solo se mi sosterrai.»

Non avrebbe mai creduto di poter avere questo tratto in comune con una ragazza, cominciò a sentirsi sempre meno solo e più legato a lei. Le scostò appena la frangia, passando due dita sulla fronte. Faticava a credere che fosse reale. L'aveva vista partire, l'aveva sentita distante ed ora eccola lì. Gli era mancato toccarla, abbracciarla e stringerla. L'aveva pensata ogni giorno e non c'era stato pensiero che fosse rivolto a lei. Dopo un po', Matilde sfiorò la mano che la stava accarezzando la fronte, per poi unirla alla sua.

«Appoggia la mano.»

Lui obbedì e Titi fece lo stesso, avvicinandola lentamente fino ad urtare il palmo. Appena si congiunsero, la staccò e la riunì ben due volte con movimenti ondulati delle dita. Unì l'indice e il pollice, per poi piegare quest'ultimo e formare un cuore. Anderson l'aveva seguita d'istinto, poiché anche lui faceva il gesto del cuore in quel modo.

«Era il saluto segreto mio e di mia nonna, lo facevamo tutti i giorni prima di andare a scuola o quando ero giù di morale. Vorrei che diventasse anche il nostro.»

«Dunque io sarei più importante della nonna?» Scosse la testa, sopprimendo un sorriso. «No, non posso prendere il suo posto... insomma, la nonna è la nonna.»

«Voglio condividerlo con te proprio perché sei speciale, come lo è stata lei per me.»

Anderson abbassò lo sguardo. Le aveva mentito usando la sua fiducia come una via di fuga dal suo divorzio. Le aveva regalato quell'anello d'argento per ricordarle che era e sarebbe stato l'amore della sua vita, il centro del suo universo. E lei aveva ricambiato regalandogli un'emozione che non sapeva di avere. L'aveva conosciuta attraverso il sesso e aveva imparato ad amarla, ma non si sentiva davvero degno del suo amore.

«Dopo averti tradita in quel modo?»

«Se sono qui è perché ti ho perdonato. Lo avevo già fatto prima, perché non sarei riuscita a sopportare quel dolore. Sai cosa disse mia nonna, prima di morire?» Lui rispose scuotendo appena la testa, ascoltando interessato. «"Quando si perdona e si volta pagina, ci si sente in perfetta armonia con l'anima e col corpo. Ti senti così libero e leggero che ti sembra di volare."»

«E tu pensi di sentirti bene col corpo e con l'anima?»

«La risposta sembra ovvia, visto che ci stiamo abbracciando.»

Si strinsero forte e finalmente, i loro cuori ripresero a battere forte e in sincronia. Las Vegas festeggiò insieme a loro, sia la vittoria ai Grammy Awards che la loro riunione.



N.A.

Abbiamo iniziato alla grande questa raccolta di one-shot, direi! Se avete letto la storia precedente, avrete già capito che è ambientato la mattina successiva all'epilogo. Ho scelto di cominciare la novella con Andy, essendo una new entry fra i miei idoli. Anche perché oggi compie 37 anni. Aspè... 37? Stiamo scherzando?! NO LAWD!

Una piccola minoranza voleva conoscere i retroscena del finale di HDSAC, motivo per cui ho deciso di sfruttare il lunedì post Grammy per rispondere alle seguenti domande: "che hanno combinato Andy e Titi?", "ma vedremo la nascita di Baby Bruno?" e soprattutto... "Ma Phil?". Quest'ultima l'ho modificata io, volevo citare il buon Matteo Fumagalli e il suo "ma Ben?". Perché alla fine Phil è un Ben che ha sconfitto la friendzone.

Vi aspetto il 14 febbraio con la one-shot dedicata ai #brinevra, in occasione del primo anniversario di Love's Train. Quale miglior modo se non con il gender reveal di Baby Bruno? Ce la farete ad aspettare una settimana? So di avervi fatto aspettare troppo, me ne rendo conto.

PS: Happy Birthday, Andy!

- Gloria -




Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro