~13~THE ARE IS CHANGING
Cari lettori e lettrici,
Scusatemi tanto per il ritardo e la mancanza della costanza per quanto riguarda la pubblicazione.
Mi dispiace moltissimo, ma dovevo finire gli ultimi compiti prima dell'inizio della scuola.
Voi avete già iniziato? O quando iniziate?
Comunque...il capitolo è abbastanza lungo quindi spero vivamente che mi perdonate.
C'è una scena esplicita che può urtare la sensibilità di alcune persone. Leggetelo con molta cura.
Buona lettura a tutti!☺️
❄️
Seguì Crono tra i vari intricati corridoi, ma era come se ero lì solo fisicamente perché mentalmente era da tutt'altra parte e non mi preoccupai di nasconderlo.
Perché dovevo? In fondo era tutta colpa sua se era successo tutto questo.
Anche se in fondo, ma molto in fondo, ero grada a Crono per avermi fatto scoprire la verità.
Ma comunque ero lo stesso arrabbiata con lui anche per quello che voleva fare a noi dèi senza una motivazione sensata.
Lui era il diavolo in persona vestito bene.
Era il male che si nascondeva nell'ombra aspettando il momento giusto per conquistare il mondo con la violenza.
Pensava che tutto gli fosse dovuto solamente perché di nome faceva Crono.
<<Vuoi tacere una volta per tutte.>> Sbottai all'improvviso non sopportandolo più. <<Ho capito che sei felice, ma lo sai che le persone hanno dei sentimenti e non sono dei robot insensibili come te? Quindi...per favore taci!>>
<<Mi ferisci small rose bud.>>
Mi ferisci piccolo bocciolo di rosa.
Si trovava davanti a me, quindi non potevo vedere la sua faccia, ma probabilmente sulle sue labbra era dipinto un sogghigno derisorio come se niente lo potesse scalfire.
Che bastardo!
<<Lo so.>>
Lo guardai scioccata tanto che mi fermai in mezzo al corridoio.
Sempre di spalle, lui si girò di tre quarti e mi guardò di sottecchi con quel suo dannato sorrisetto facendo comparire due fossette adorabili che facevano a pugni con la sua personalità.
<<Sono contento che pensi che ho due fossette adorabili.>> Mi sorrise con dolcezza facendomi quasi svenire sul pavimento.
Feci dei profondi respirai e ricordai a me stessa che di lui non ci si poteva fidare.
Lui era malvagio.
Lui era spietato e non risparmiava niente e nessuno perché l'unica cosa che gli importava era se stesso.
<<Smettila di entrare nella mia mente!>> Dissi con tono acido.
Continuò a camminare e io dovetti quasi correre per stare al suo passo.
Non aveva neanche la decenza di aspettarmi.
Che cafone!
<<Non sono io che entro nella tua mente, ma sei tu che gridi ai quattro venti i tuoi pensieri.>> Alzò le spalle con noncuranza. <<Non è mica colpa mia!>>
Ma con quale coraggio mi viene a dire ciò?
Scossi la testa.
Chiusi gli occhi, mi concetrai affinché potessi visualizzare una sorta di protezione che mi ricoprisse da capo a piedi.
Immaginai che fosse inespugnabile e invisibile.
Aprì gli occhi soddisfatta del mio lavoro e trovai Crono guardarmi con una strana espressione.
Se non lo conoscevo bene potevo dire che fosse sorpreso, ma non ne sono sicura anche perché quella espressione sparì in un nano secondo.
<<Ben fatto, principessa.>>
Sì fermò a pochi passi da me, mi guardò con le braccia incrociate al petto e non resistendo all'impulso, osservai i suoi muscoli possenti e tonici guizzare come se fosse agitato per qualcosa.
<<Per quanto mi piace che tu mi guardi principessa.>> Mi disse facendomi l'occhiolino. <<Abbiamo molteplici argomenti su cui discutere.>>
Aprì la porta che stava di fronte a lui e mi fece l' inchino.
Alzai gli occhi e nascosi un sorriso che lui però riuscì lo stesso a vedere.
Scrollai le spalle, lo superai e varcai la soglia per prima.
Rimasi basita e Immobile come se non riuscissi a capacitarmi alla vista di quello che vedevo.
La stanza era enorme e ci potevano entrare cento persone e sarebbe stato ugualmente grande.
Un letto matrimoniale era posizionato nel centro della stanza sopra a un tappeto marroncino chiaro.
Le coperte erano bianche con qualche schizzo di baige dover erano posizionati quattro cuscini, due blu e due baige, in tinta con la coperta.
La tastiera formava una parentesi graffa decorata con lo stile del mille settecento appoggiata a una porzione di parete colorata con degli strane forme.
Da entrambi i lati del letto c'erano due comodini e ognuno di essi aveva una lampada accesa.
Andando in diagonale, sulla sinistra si trovavano due poltrone marroncine chiare e di fronte a esse c'era un tavolino.
Finestre ampie ricoperte da enormi tende con decorazioni greche.
Il lampadario scendeva a forma di goccia rendendo la stanza più accogliente.
Non mi accorsi della sua presenza fin quando sentii il suo fiato caldo sfiorare il mio collo.
Mi irrigidii tutta.
Mi accarezzo il fianco sinistro avanti e indietro come se si divertisse della mia insicurezza e inquietudine.
<<Rilassati.>> Parlò con voce roca prima di lasciare un bacio umido sul mio collo.
Rabbrividii.
Piccoli brividi partirono dalla nuca e percorsero la schiena lasciandomi senza fiato.
Dovevo sottrarmi da quel contatto che.
Dovevo allontanarmi da lui perché mi ricordava troppo i momenti condivisi con Ares.
Una fitta dolorosa attraversò il mio cuore infranto.
Come aveva potuto farmi una cosa del genere?
Dopo tutto quello che avevo condiviso?
La menta non voleva darmi pace.
Continuavo a rammentare tutto ciò che avevamo vissuto.
Non riuscivo a smettere di rievocare ricordi su ricordi.
Non riuscivo.
Allora che senso aveva combatterli?
Li lasciai defluire senza più timore di ferirmi perché ero già a pezzi.
Come erano noisiose le riunioni che Zeus mi constringeva a partecipare.
Non ne capivo il motivo.
A me la politica non interessava particolarmente, preferisco dedicarmi ad altro di più divertente ed emozionante.
<<Hai prestato attenzione i kóri mou?>> Mi voltai verso Zeus che si trovava di fianco a me.
Alzai lo sguardo e mi soffermai sulla sua figura imponente e slanciata.
Tutti gli esseri umani e immortali avevano paura di Lui, ma io no.
Io non lo temevo.
No.
Io lo odiavo.
Non era altro che un tiranno.
Nessuna pietà, nessuna concessione. Solo vedetta e punizione perché nessuno doveva sfidarlo o disubbidirlo.
Lo guardai con i mei occhi azzurro cielo.
Io non avevo paura di lui.
Io non mi sottomettevo a nessuno.
Io ero indipendente già da me.
Non avevo certo bisogno di un padre.
<<Francamente padre, non capisco perché parliamo sempre degli stessi argomenti e perché mi costringi ad ascoltarti continuamente e non mi lasci in pace.>>
Troppo schietta?
Non mi importava.
Doveva capire che io non avrei seguito tutto quello che diceva.
Mi guardò con disapprovazione.
Il suo disappunto mi bruciò nelle vene come lava infuocata.
Odiavo sentirmi in questo modo in sua presenza.
Era troppo difficile chiedere un po' di empatia?
<<Αφροδίτη.>> Sbottò infuriato lasciandomi delle occhiatacce di fuoco che avrebbero fatto indietreggiare chiunque dalla paura, ma non me.
Io sapevo.
Io lo conoscevo e sapevo perfettamente perché si comportava in questo modo con me perché in fondo, gli uomini, sono dei libri aperti.
Sono una specie così retrograda.
Così vile.
Così poco aggraziati che gli basta mettere davanti alle loro strade una ragazza bella e loro sono a posto.
Una smorfia di disgusto si formò sulle mie labbra.
Zeus era attratto da me e cercava con tutte le forze di combattere per non cadere nella mia rete.
Ovviamente non è che mi piacesse
No.
Era solo tutto un gioco ed era divertente vedere le mie vittime lottare contro le loro pulsioni carnali.
A chi non piacerebbe?
Chi non si divertirebbe?
<<Senti, ammetti che io ti piaccio e finiamola qui.>> Replicai a tono avvicinandomi a lui, gli toccai il braccio e sorrisi in modo allusivo. <<Insomma... è normale provare attrazione verso la propria figlia, no?>>
Mi guardò senza profeti nessuna parola.
Probabilmente valutando la mia idea.
Sorrisi vittoriosa perché, andiamo, a chi ha mai detto no Zeus?
<<Sì dai padre, facci vedere come fai.>>
Entrambi sobbalzammo all'udire una voce bassa e graffiante disturbare la nostra "interessante" conversazione.
Ci girammo.
E il mio sguardo indugiò su una figura alta e imponente che se ne stava vicino alla colonna a braccia conserte, ci osserva con fare annoiato e con disprezzo come se lui fosse superiore a tutti e a tutto.
Chi era costui?
Però mi piaceva il tono arrogante che aveva con mi padre.
<<Avanti.>>
Non riuscivo a respirare.
La sua voce era così... Oh dio.
Potevo solamente ascoltarlo rapinata aspettando che mi liberasse dal suo maledetto sortilegio.
<<Figliolo...>>
Zeus lo guardò con incertezza risuonando quasi ridicolo.
<<Sì?>> Chiese alzando un sopracciglio con area innocente.
Si avvicinò a noi.
I suoi passi risuonavano nell'aria.
Aveva un modo strano di camminare, quasi come se stesse danzando.
Più si avvicinava più sentivo che una parte di me voleva fuggire e scappare da lì il più presto possibile, ma l'altra, voleva solo che mi baciasse in quel preciso istante mentre nostro padre ci guardava.
Mi sorrise come se avesse capito la direzione dei miei pensieri.
Finalmente si era avvicinato abbastanza affinché lo potessi vedere meglio.
Aveva i capelli neri come il carbone, lunghi con qualche ciocca che gli sfiorava la fronte e gli occhi e lui cercava sistematicamente di riportarli indietro al loro posto.
Non so perché, ma un impulso infrenabile mi fece venir voglia di scostarsi io stessa dalla sua fronte.
Occhi di verde acqua così spiccate quasi da renderlo vivo.
Mascella perfettamente scolpita, naso elegante in proporzione al viso, labbra carnose dove il labbro inferiore è più pieno del labbro superiore.
Il mio sguardo scivolò più in basso e non rimase per niente deluso da quello che intravedo dai sottili vestiti.
Indossava un paio di jeans sportivi strappati sulle ginocchia che gli davano un area da trasandato che gli donava molto.
Una maglietta a maniche corte blu notte che faceva intravedere i muscoli perfettamente allenati.
Sulle braccia aveva un tatuaggio che raffigurava una rosa, ma non ero sicura perché gran parte dell'immagine era coperto dalla maglietta.
Mi veniva l'aquolina in bocca per tutti quei muscoli possenti e tonici chw erano lì in bella vista.
<<Tesoro, continua pure.>> La sua voce era davvero come zucchero filato appena comprato al luna park e che ti si scioglie in bocca al primo morso.
Mi si avvicinò incurante degli sguardi di avvertimento che Zeus continuava a lanciargli.
<<Ti piace quello che vedi?>>
Una certa tensione avvolse il mio basso ventre infiammandomi tutta.
Volevo che continuasse a parlare con la sua voce vellutata.
Volevo che mi baciasse e mi prendesse proprio qui dove ci trovavamo con nostro padre che ci guarda.
Volevo che Zeus mi pregasse di fermarmi e di voler anche lui partecipare scusandosi profondamente dell'errore che aveva commesso prima.
Io, da prima, lo lasciavo un po' sulle spine e poi con benevolenza lo avrei perdonato.
<<Non rispondi?>> Mi domandò con tono canzonatorio prendendo una ciocca ramata dei miei capelli tra le dita e giocandoci pigramente con esse.
<<Che cosa vuoi che ti risponda mister arrogante?>>
Il mio tono era pungente come una mattina d'inverno perché ero troppo spaventata dalle emozioni che stavo provando.
Le trovavo così stupide e sciocche!
<<Vuoi sapere qual è il tuo problema?>> Mi sussurrò nell'orecchio prima di abbassare il capo e bacirmi sul collo.
Mugulai e mi avvicinai di più al suo corpo perché dentro di me bramavo di più.
Ma lui si allontanò e mi guardò con fare calcolatore con quei suoi meravigliosi occhi verde acqua.
E questo mi eccitò ancora di più.
Lo volevo.
E lui lo capì semplicemente guardandomi negli occhi.
Non so come aveva fatto.
<<Non hai risposto alla mia domanda, tesoro.>> Calcó specialmente sull'ultima parola.
Non sapevo che cosa rispondergli perché non avevo più fiato per cui decisi di dimostrarglielo con i fatti.
Tirai leggermente I bordi della sua maglietta per avvicinarlo ancora di più a me e poi premetti le mie labbra sulle sue come un invito a prendersi quello che voleva, anzi, che volevo.
Mi staccai, ma lui invece di allontanarsi o baciarmi, rimase fermo affinché a separare le nostre labbra non c'era altro che un soffio.
Stavamo respirando l'una il respiro dell'altra senza però muoverci di un millimetro.
E questo me lo fece desiderare ancora di più.
Era come se fossi sotto un sortilegio.
Non riuscivo a staccare i miei occhi dalle sue labbra.
Le volevo baciare, morderle, succhiarle e perdermi dentro di lui.
Tutto questo era possibile con un solo sguardo?
Era possibile, che io, la dea dell'amore e della seduzione mi stessi facendo sedurre così facilmente?
<<Vorrei scoparti proprio qui mentre nostro padre ci guarda.>> Fece una pausa per farmi assimilare quello che stesse dicendo e per farmi capire quanto mi volesse e probabilmente anche da tanto. <<Che cosa ne pensi? Ti piacerebbe?>>
Altro che.
La mia parte femminile era già bagnata per lui e sarei potuta venire solamente con le sue parole.
Ma non potevo certo dirglielo.
Sarebbe stato così...come dire? Poco elegante? E oltre tutto anche poco femminile.
<<No.>>
Sì. Sì. E sì.
Ti voglio anche se sei un stronzo arrogante.
<<Che bugiarda.>>
Mi sfiorò con le sue labbra le mie in una danza sensuale, ma nessuno dei due voleva cedere e mostrare all'altro la propria debolezza.
Il cuore martellava nella cassa toracica senza darmi tregua e sperai con tutte le mie forze che lui non lo potesse sentire perché sarebbe stato imbarazzante.
<<Alcune volte nella vita bisogna mentire.>>
Non so con quale forza riuscì ad articolare queste parole.
<<Mmm.>>
Ma che risposta era?
<<Che cav...>>
Non riuscì a finire la frase perché le sue labbra si scontrarono violentemente con le mie.
Fu come se il tempo si fosse fermato.
Spalancai gli occhi con sgomento.
Mi stava baciando e io non riuscivo neanche articolare un pensiero sensato.
Le sue labbra erano così morbide e calde che mi persi in lui.
Aprì di più la bocca perché volevo di più.
Le nostre lingue duellavano in un combattimento senza precedenti.
Mi avvicinai di più a lui fino a quando tutte le nostre parti del corpo non si trovarono l'uno appiccicate all'altro.
Gemetti sulla sua bocca.
Volevo di più.
Mi sembra di non riuscire a pensare a nient'altro che questo.
Ci fermammo due secondi per riprendere fiato.
I nostri sguardi ci incrociarono e una scarica elettrica attraverso tutto il mio corpo da capo a piedi.
<<Ti voglio.>>
Sopraffatta dalla tensione sessuale decisi di fare io il primo passo.
Spinsi il mio bacino sul suo punto debole.
E...oh, signore.
Era così duro.
Ringhiò sommessamente, ma non lui non si mosse e né cercò di collaborare.
Ma io non ero una che si arrendeva così facilmente.
<<Dammi quello che voglio.>>
Glielo toccai massaggiandolo lentamente e con delicatezza.
Un'altro ringhio.
Appoggiò la sua mano sulla mia e insieme toccavamo la sua lunghezza.
Occhi negli occhi esprimevano il nostro desiderio.
<<Piccola...>>
Le sue seducenti labbra erano così perfette e appetitose che senza pensarci le morsi.
Muguló.
Erano mie.
Solo mie.
Glielo dissi e lui rispose tra un sospiro e l'altro: <<Sì small rose bud. Sono tuo e tu sei solo mia.>>
Mi guardò negli occhi dolcemente e abbassò il capo per avvicinarsi alle mie orecchie.
<<Lo faremo. Te lo prometto. Ti darò tutto quello che vorrai.>> Mi sussurrò con voce roca e piena di desiderio facendomi bagnare tutta. <<Ma non adesso.>>
Si allontanò di qualche passo da me.
Mi osservò attentamente.
<<Afrodite.>>
<<Ares muo.>> Replicai invece io.
Il suo sguardo si accese come se avesse dentro di sé mille fuochi incandescenti.
<<Padre.>> Fece un cenno di saluto con il capo, mi guardò un ultima volta e poi con uno schiocco delle dita scomparve nel nulla lasciandomi lì ancora tremante e scombussolata.
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Spazio autrice:
Rieccomi!
Alloraaaa...come vi è sembrato?
Vediamo il primo momento in cui Ares e Afrodite si sono incontrati.
È un po' fuocoso, ma vedrete che mano a mano i due diverranno sempre più sdolcinati come il miele.
Vostre impressioni?
Il prossimo capitolo sarà dedicato al nostro protagonista maschile preferito.
Vi piacerebbe che all'inizio di ogni capitolo vi facessi il riassunto del capitolo precedente?
Ditemi voi.
Se vi va ho aggiornato una nuova storia, si chiama: Hunters of time.
Dateci un occhiatina!😉
Vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo.
Ecco alcune traduzioni di alcune parole:
thisavrós: tesoro
Figlia Mia:i kóri mou
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