Capitolo Undici
Chi non ha avuto un cane non sa cosa significhi essere amato.
(Arthur Schopenhauer)
Avete presente quei momenti in cui vorreste che la vostra vita fosse un film semplicemente per avere un telecomando e usarlo per mettere in pausa i momenti più belli? Beh in questo momento io avrei voluto avere un telecomando proprio per questo motivo!
Quando si è con il ragazzo che ti piace e questo sta ballando con te e durante il ballo ti fa a avvicinare a sé, tu cosa puoi fare? Me lo stavo chiedendo da un po'.
Erano diversi secondi, ormai, che io e Terence eravamo nella stessa posizione. Eravamo vicini, molto vicini. Potevamo persino...baciarci. Ma cosa andavo a pensare? Io e lui baciarci? Terence Ashling baciare me? Mi diedi della stupida mentalmente.
Potevo respirare a pieni polmoni il suo profumo e la nostra vicinanza era tale che potevo persino vedere l'accenno di barba che stava crescendo sulle sue guance.
Ma la "favola" durò poco. Perché pochi secondi dopo lui si schiarì la voce e si allontanò da me, sempre tenendomi per mano.
-E oggi com'è andata al lavoro?-domandò come se nulla fosse.
Ecco adesso avrei voluto avere di nuovo un telecomando, ma non per mettere in pausa la scena, ma per tornare indietro al momento in cui le labbra di Terence erano solo ad una spanna da me.
***
-No! Non ci credo e non ci voglio credere! Cioè tu...tu e lui eravate vicinissimi, potevi persino baciarlo e poi...ti chiesto semplicemente com'era andata la tua giornata al lavoro?- fece Abbie ad un semaforo nella via di ritorno a casa.
-Sì, hai capito benissimo.- le risposi, permettendo al vento di accarezzarmi la faccia dal finestrino.- è proprio palese che mi veda solo come un'amica, cara Abbie. -Sospirai.- Forse voleva risultare gentile nel fare un passo un po' "particolare" nel ballo, ma quando ha sentito che gli ero molto vicina ha pensato bene che fosse meglio che mi allontanassi.- continuai leggermente triste.
Non che mi aspettassi chissà che...insomma, alla fine stavamo parlando di Terence Ashling...il ragazzo freddo e scontroso che non ti parlava mai di sè e che ti confondeva con le sue frasi ad effetto.
-Mhm...Terence non me la racconta giusta...no, direi proprio di no.- disse sottovoce quasi come se stesse parlando tra sé e sé. - Secondo me non l'ha fatto perché gli dispiaceva il fatto che tu gli stessi vicino. Sì insomma...pensaci, Jane...lui cosa ti ha fatto sempre capire dell'amore?- ora parlò a voce alta, guardandomi per un momento e poi ritornando a guidare, quando scattò il verde.
-Che lui non l'ha mai provato e che non si fidanzerebbe mai, perché per lui tutte le ragazze che lo corteggiano sono solo interessate ai suoi soldi più che alla sua persona.- dissi.
-Bene! E dietro questa frase non c'è un po' di insicurezza per te? E' palese che dopo essere diventato cieco sia diventato più fragile! Probabilmente non vuole che voi due vi avviciniate troppo perché teme che tu ti possa innamorare di lui e non vuole che questo accada, perché è cieco.- concluse come se avesse pensato a tutte queste parole almeno un'ora prima.
-Abbie, so benissimo che è un ragazzo fragile! Ma detto così, sembra proprio che la mia vita sia una telenovela.- ridacchiai.- non so davvero che pensare. Il guaio è che a me lui piace troppo e non so che fare...davvero!- ammisi.
Mi sentivo così...strana e anche un po' stanca, perché avevo la testa nel pallone e non avevo idea di come reagire.
-Non preoccuparti Jane, vedrai che si sistemerà tutto alla fine.- mi strinse un ginocchio Abbie, sempre mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.
-Il problema Abbie è che non c'è nulla da sistemare. Evidentemente vuole che tra di noi ci sia solo amicizia, tutto qui! Cioè non è che io voglia che tra me e lui ci sia qualcosa di più dell'amicizia...- sentii lo sguardo della mia amica puntato su di me.- nel senso che...mi piace ma non so...uffa sto blaterando.- ammisi, mordendomi il labbro inferiore.
-Certo che vorresti che tra di voi ci fosse qualcosa di più dell'amicizia...altrimenti non ti dispiacerebbe così tanto che non ti ha baciata mentre stavate ballando. Comunque, non è un ragazzo semplice e io sono convinta che tu gli piaccia...mi sento monotona, perché te lo dico sempre! Uscite ancora insieme e tu studia tutti i suoi atteggiamenti
-Vedremo.
-Oppure digli che lo interessi, e facciamola finita.- continuò lasciandomi di stucco.
-Temo di non aver capito.- la guardai.
-Digli che ti piace, che vorresti uscire con lui più spesso perché lo interessi. Non vedo cosa ci sia di male! A me è parso di capire che la tua presenza non gli dispiaccia ma che sia troppo insicuro di sé per dirti chiaramente che lo interessi.
-No Abbie, questo è fuori questione. Primo non ho, e non ho mai avuto il carattere di dire ad un ragazzo, in faccia, che mi piace. O almeno non ho mai avuto il coraggio di dirlo per prima. E poi...lui è...è Terence Ashling, figlio di un magnate industriale e io...sono solo una giornalista a volte impicciona e troppo curiosa. Dubito che lo interessi, altrimenti non mi avrebbe respinto durante il ballo.- ripresi fiato dopo il mio monologo.
-Non ti ha respinto. Ha solo pensato di aver superato un, come dire...limite, perché è troppo insicuro di sé. Cavoli Jane, non sei più una ragazzina...apri gli occhi e prendi un po' di coraggio quando serve.
-Mi stai dando della ragazzina e della vigliacca?- la guardai, adesso, con gli occhi spalancati.
-Quando ti comporti così, sì. Hai capito bene, sei una ragazzina ed una vigliacca.
Tenni il muso e non le risposi. La faceva facile lei. D'altronde era fidanzata con il ragazzo che le piaceva e non aveva avuto le complicazioni che avevo io nel ricambiare l'amore del suo Thomas.
-Senti Jane, non voglio essere dura con te né tantomeno litigare. Lo sai che ti voglio tanto bene, no?- mi accarezzò una mano.
La guardai e lei ricambiò lo sguardo.
-Lo so, e anch'io te ne voglio, ma Abbie...non ti metti nei miei panni tu! Come faccio a dire ad un ragazzo freddo, strano, fragile e complesso che mi piace e che vorrei frequentarlo? Mi direbbe sicuramente che non sarebbe una buona cosa quella di vederci più spesso perché lui è cieco e non se la sente.
-Ma tu che ne sai, scusa? E' sempre stato lui ad organizzare delle uscite con te, o sbaglio?- girò in una stradina.
-Sì...ma erano sempre uscite legate al mio lavoro o al tuo, come l'ultima volta. - le ricordai.
Si voltò un secondo nella mia direzione, per lanciarmi un'occhiataccia.
-Sei più cieca tu di lui, mi sa.
Sbuffai e incrociai le braccia al petto.
Non la capivo quando faceva così.
Per evitare di continuare questa inutile discussione, decisi di accendere la radio da cui, secondi dopo, si diffusero le note di "Lullaby" dei The Cure. Almeno la musica ci avrebbe zittite per un po'.
***
-Lavora qui Jane Ryan?
Distolsi lo sguardo dal computer. Una ragazza bassina e dai corti capelli castani stava viaggiando con gli occhi alla mia ricerca. Assomigliava molto all'attrice che aveva interpretato Alice Cullen in "Twilight".
-Chi mi cerca?- domandai, alzandomi in piedi.
-Il capo mi ha chiesto di chiamarti. Beh vi saluto.- disse sbrigativa, guardò per un attimo Vincent, e poi se ne andò.
-La conosci?- gli chiese Steve, forse accortosi dell'occhiata della ragazza.
-Mai vista in vita mia! Ma sapete com'è ...sono troppo bello per non ricevere occhiate dalle ragazze.- sorrise sfacciato quel Casanova montato, stiracchiandosi le braccia.
Vidi Barbie scoccargli uno sguardo schifato, per poi riprendere a battere freneticamente sui tasti della sua testiera.
Mi guardai un attimo allo screen del mio cellulare per controllare di essere in ordine, e poi uscii.
Percorsi il solito corridoio, fortunatamente vuoto dai modelli e dalle modelle e bussai alla porta di George. Al suo "avanti", entrai.
-Accomodati Jane, accomodati.- mi disse, con il capo chino su un foglio di carta, intento a scrivere chissà cosa.
-Non ti ruberò molto tempo. Volevo solo ricordarti che mercoledì prossimo uscirà il tuo articolo sulla moda per le persone disabili. Ovviamente, come promesso, avrai la prima pagina. Puoi essere orgogliosa del tuo lavoro.
Sorrisi. Era davvero raro che George mi facesse un complimento. Mi sentivo al settimo cielo.
-Bene, puoi andare.
-Grazie.- dissi, alzandomi.
-Ah...un'ultima cosa Ryan!
Mi fece segno con la mano di risedermi.
-Non mi intrometto mai in certe questioni, ma certe voci che mi sono giunte parlottano di un flirt tra te e un modello Calvin Klein. A me non interessa minimamente la vita privata dei miei dipendenti, ma...è vero?
Rimasi non sbalordita, di più! Ma cosa cavolo...? Qualcosa mi diceva che Beth Smith oggi avrebbe fatto una brutta fine.
"Certe voci". Ma dico, erano impazziti? Mi sa che erano tutti usciti fuori di testa!
-Non c'è nulla tra me e il modello, signore. Ci sono uscita solo un paio di volte, ma siamo solo...amici, diciamo così.- dissi sicura.
-Capisco.- rispose, questa volta guardandomi negli occhi.
Si sfilò gli occhiali a bottiglia, e prese a morsicchiare la stanghetta sinistra.
-Non penso che ci sia nulla di male se vi frequentate. Solo...fai attenzione. Non hai idea di quante persone hanno la lingua lunga in questo Giornale. Discrezione e riservatezza devono essere le tue parole d'ordine, chiaro? E ora va, ho da fare.
Rimasi incollata sulla sedia a fissarlo. Mi aveva seriamente dato un consiglio, quel vecchio burbero?
-Beh...non hai del lavoro da fare?- mi chiese ancora, ora scrivendo.
-S-sì certo...- farfugliai imbarazzata.- Ah signore?-mi sorse una domanda.
-Sì.- rispose.
-Ricordo che mi disse, quando mi assegnò l'articolo sulla moda per le persone disabili, che il futuro internazionale dell' Edinburgh Fashion Magazine era in qualche modo, nelle mie mani. Potrei sapere qualcosa a riguardo.?- gli ricordai.
Rialzò il viso verso di me.
-Saprai tutto a tempo debito, Jane, e ora ripeto: va!
A quel punto non indugiai oltre. Mi alzai e dopo aver salutato quel vecchio scorbutico, uscii dall'ufficio. Prima di ritornare nel mio, però, dovevo fare una cosa.
Proseguii dritta nel corridoio. Volevo fare due chiacchiere con quella pettegola della donna delle pulizie.
Mi fermai ,però, quando notai Christopher sotto i riflettori, pronto a fare delle foto. Si trovava in una stanza coperta da tendoni bianchi e luci. I vetri che davano sul corridoio erano trasparenti e di conseguenza si vedeva tutto da dove ero io.
C'erano tante persone, modelli per lo più. Intravidi anche quell'oca di Mary Anne. Era appoggiata ad una colonna, con le braccia incrociate sul petto e stranamente senza scarpe.
Da quella volta del cinema io e il modello non c'eravamo sentiti più di tanto. Aveva provato ad invitarmi altre volte ma puntualmente gli avevo risposto che dovevo lavorare, e al Giornale facevo sempre in modo di nascondermi quando lo vedevo o di rimanere chiusa nel mio ufficio per tutto il tempo.
Ora era senza maglia, scalzo e con solo i Jeans firmati Calvin Klein a fasciargli le lunghe gambe. C'erano vari fotografi a scattargli flash in continuazione.
Aveva una mano sollevata a mezz'aria e appoggiata ai capelli, più chiari sotto le luci. Le labbra leggermente dischiuse e gli occhi socchiusi. Sapeva posare proprio bene, questo era inevitabile. Possibile che un ragazzo dalla bellezza tale si fosse interessato a me? Non potevo ancora crederci.
-Oh ma allora è proprio vero.- sentii una voce gracchiare dietro di me.
Una donna dai capelli unti e corvini, vestita con un grembiule e con una scopa in mano mi stava guardando. La versione femminile del professor Piton di Harry Potter, insomma.
-Oh ma guarda un po'...cercavo proprio lei signora Smith.- risposi guardando quell'ammasso di pettegolezzi vivente.
-Vuole intervistarmi signorina Ryan? No, sa, perché anch'io vorrei togliermi dei dubbi sulla sua storia con Christopher Wilson.
A quel punto strinsi le mie mani chiudendole a pugno. Come osava quella viperetta essere così sfacciata?
-Credo che lei abbia sbagliato persona signora Smith.- non riuscii a trattenermi. Mi avvicinai alla sua figura bassa e grassoccia.
Con il mio metro e sessantasette, mi sentivo alta in questo momento.
-Con quale diritto lei si permette di intromettersi nella mia vita? Come si permette a riferire a mezzo mondo la mia vita privata? - cercai di mantenere un tono di voce basso, seppur duro.
Finalmente il sorriso di questa pettegola se ne andò.
-Prima escono con dei ricconi famosi e poi si meravigliano se ne si parla.- biascicò guardando alla sua destra, come se non volesse vedermi.
-Mi guardi negli occhi.- le ordinai.- le ripeto la domanda: chi le ha dato il permesso di spettegolare su di me? – incrociai i suoi occhi verdi.
-Nessuno.- farfugliò.- Ma non vedo cosa ho fatto di male...
-Si è intromessa nella mia vita, senza alcun diritto. Con chi esco o meno non sono affari che la riguardano e non sono affari che riguardano neanche le persone a cui va a raccontare i fatti miei.- conclusi, sbuffando.
Ero una persona tranquilla e paziente, ma quando era troppo era troppo. E poi, chi ero io? Una vip? Non erano le persone famose quelle la cui vita era sbandierata ai quattro venti? Essere al centro di pettegolezzi non mi era mai piaciuto!
-Senta signorina, le consiglierei di guardarsi bene dalla sue amiche...la colpa non è mai di una sola persona.- concluse acida, allontanandosi.
Dalle mie amiche? Ma cosa stava dicendo quella pazza? Nessuna mia amica avrebbe chiesto ad una pettegola simile di raccontare i fatti miei.
Decisi di lasciar perdere, convinta che Beth Smith fosse solo una pazza in cerca di attenzioni. Poi mi voltai per tornare al mio ufficio, ma quando mi voltai e il mio sguardo puntò nella stanza dei fotografi e dei modelli, mi accorsi che Wilson aveva finito di posare e che stava parlando con ... Mary Anne.
Rimasi un tantino sorpresa. Erano quindi amici quei due? Beh certo...lavorare nello stesso ambiente doveva pur averli avvicinati.
Alla fine mi allontanai e tornai nel mio ufficio.
***
Durante la pausa pranzo, intenta nel mangiare il mio panino, notai Steve guardare sorridendo lo screen del suo cellulare.
-Ehi Romeo, con cui messaggi?- lo stuzzicai.
Dopo qualche secondo, Steve posò lo sguardo su di me.
-Oh, ma con la mia Giulietta, naturalmente.- rispose.
Con la sua Giulietta, sì! Naturalmente.
-Quindi va tutto bene con Arabella?- chiesi, dando un altro morso al mio sandwich.
-Tutto bene, sì, grazie.- rise a trentadue denti e poi ritornò a puntare i suoi occhi azzurri sullo schermo del suo smartphone.
Era proprio vero che l'amore faceva tornare adolescenti alcune persone.
-Jane? Ti ricordi vero, che la settimana prossima dobbiamo andare a comprare il mio vestito da sposa?- fece poi Barbara, avvicinandosi a me.
Eravamo rimasti noi tre in ufficio. A quanto sembrava Freddie aveva colto la pausa pranzo per vedersi con il suo Edward, mentre Vincent era sceso ad un bar con un suo amico, o amica...come pensai io.
-Oh sì, certo che me lo ricordo. Puoi illuminarmi solo sul giorno, però? Temo di non ricordarlo.- risposi un po' imbarazzata.
-Giovedì, tesoro. Alle sette e mezza ci catapultiamo all'atelier di Sarah Newman.- mise delle ciocche di riccioli biondi dietro l'orecchio.
-Perfetto.- le feci un occhiolino.
Quindi la settimana che si sarebbe aperta sarebbe stata bella piena!- pensai.- Sarei dovuta andare con Barbie a comprare l'abito da sposa, sarebbe uscito il mio articolo e ...oh cavoli! Teoricamente sarei dovuta andare con Terence a vedere il cane guida che gli sarebbe stato affidato.
E ora? Alla fine io e lui non ci sentivamo da quel giorno del festival del cioccolato. Lui non aveva contattato me e io non avevo contattato lui. Era ancora valido l'invito ad uscire con lui? Ed io cosa potevo saperne!
Okay, decisi che se non si fosse fatto sentire entro domani, ciò avrebbe significato che l'invito era annullato. Alla fine non sapevo con esattezza neanche il giorno preciso in cui sarebbe dovuto andare a prendere il suo cane. Ricordavo solo che quando me lo disse, accennò al fatto che ci sarebbero volute circa due settimane.
Finii di mangiare il mio panino, poi riattaccai a scrivere il nuovo articolo.
Quando scattarono le sette e mezza, tirai un sospiro di sollievo. Finalmente anche questa giornata di lavoro, era conclusa! Oggi Abbie non sarebbe potuta venirmi a prendere, per via di un impegno di lavoro che l'avrebbe tenuta occupata più a lungo, quindi pensai che fosse meglio prendere un taxi più che il solito pullman. Sapevo che i taxi avevano un loro prezzo, ma questa sera mi sentivo troppo stanca per essere schiacciata in quella scatoletta di sardine chiamata autobus.
Non ci misi molto a tornare a casa. Fortunatamente di traffico non ce n'era stato tanto.
Quando entrai nel nostro appartamento, sfilai il trench e lo appesi all'attaccapanni, poi , come di consuetudine, attivai il tasto dei messaggi vocali della segreteria telefonica.
Un messaggio era del signor French che ricordava a me e a Abbie della scadenza per il pagamento delle bollette. Un altro era di una compagnia telefonica e uno era di mio padre che mi mandava i suoi saluti.
Sorrisi e decisi che in serata gli avrei telefonato.
Dopo aver fatto una doccia veloce, decisi di andare in cucina con l'intenzione di cucinare un po' di pasta con il pomodoro per cena. Un piatto italiano che amavo e che mio padre era solito farmi quando ero piccola.
Messa a bollire l'acqua, decisi di andare a telefonare a mio padre, ma non ebbi il tempo per farlo. Il mio telefonino prese, infatti, a squillare.
Quando lessi quale nome lampeggiava sullo screen, sentii il mio cuore prendere a battere più forte.
Premetti velocemente la cornetta verde.
-Ehi...Terence.- lo salutai.
Si sentiva troppo che ero agitata?
-Ciao Jane! Ti disturbo?- il suo tono di voce era tranquillo.
-No assolutamente, dimmi.
-Volevo chiederti se sei ancora disponibile per uscire con me la settimana prossima! Sai...per il cane guida.- concluse più titubante.
Il mio cuore non la smetteva di battermi freneticamente nel petto.
-Ah sì mi ricordo,- finsi di non averci pensato quasi tutto il pomeriggio.- sì sono disponibile...
-Benissimo! Ho saputo che il centro che se ne occupa può ricevermi venerdì prossimo intorno alla sette e mezza.
-Capisco! Va bene...sempre che tu sia sicuro di voler uscire con me.- non riuscii a trattenermi.
Da quel giorno che mi aveva allontanata durante il ballo, lui non si era fatto più sentire e nella mia testa si erano ammassati così tanti pensieri riguardo al fatto che forse la mia compagnia ora non gli piacesse più. Ricordavo le parole di Abbie...ma non riuscivo a non fare certi pensieri.
-In che senso?- domandò ora. Il suo tono sembrava incuriosito.
-In nessun senso.- risposi.
-Perché non dovrei essere sicuro di voler uscire con te?- chiese nuovamente. Me lo immaginai con la fronte corrugata dalla curiosità e dalla sorpresa .
-Lasciamo perdere. Ci sto allora. Puoi dirmi l'indirizzo? Così mi faccio accompagnare da Abbie!- cercai di cambiare discorso.
-Da Abbie? Non vuoi che ti venga a prendere io con Harrison?- sentivo che era stranito.
-Non vorrei arrecarti disturbo!- feci io.
-Ti senti bene Jane? Mi sembri un po'...strana.- constatò.
"Non sono strana, sciocco! Sono solo arrabbiata perché tu ti sei allontanato da me quando stavamo ballando, qualche sera fa."
-Sto benissimo.
-Non ci credo. Comunque vorrei venirti a prendere io...al tuo lavoro, se non ti dispiace.
-Se insisti...
-Certo che insisto!
-Bene, ci incontriamo venerdì allora. Saluti.- riattaccai.
Ero stata troppo dura? Sì e non me ne pentivo! In fondo, cosa sapevo io di lui? Niente! Eppure, pensandoci, ci conoscevamo già da poco più di un mese. Non era tanto, ma neanche poco. Sapevo che era fragile, che era un ragazzo diverso da tutti quelli che mi fosse mai capitato di incontrare ma...cavoli, io ero stanca di non capirci più nulla. In fondo, le cose tra me e lui non stavano andando male, ma...io volevo di più. Terence mi piaceva e anche tanto...questo si era capito, ed era per questo che volevo capire di più, volevo scoprire chi fosse veramente.
Decisi che per ora non ci avrei pensato molto. Quindi, andai in cucina per tagliare dei pomodori per il sugo.
Dieci minuti e cinque pomodori tagliati dopo, sentii delle chiavi tintinnare contro la serratura di casa.
-Ciaooo.- mi saluto Abbie, accomodandosi e allungando le "o" al suo saluto.
-Ehi Abbie!- le sorrisi.
Della nostra discussione avuta in macchina, non ne avevamo più parlato. D'altronde era inutile continuare a tenersi il muso per qualcosa su cui la pensavamo diversamente.
-Stai cucinando? Fiuto un buon odorino di pomodoro.- chiuse gli occhi inspirando il profumo.
-Sì...questa sera mangiamo pasta con il pomodoro.- le feci un occhiolino.
Si sfregò le mani e mi sorrise contenta. Poi iniziò a posare la sua macchina fotografica e alcune sue attrezzature sul tavolo del salotto.
-Beh, com'è andata?- domandai.
-Tutto okay, ho avuto solo una piccola lite con un mio collega...un troglodita patentato, guarda! Voleva rubarmi tre foto...tre.- sottolineò.- non una.- sbuffò cancellando il suo sorriso dal volto.
Raramente vedevo la mia amica arrabbiata.
-Pff che schifo. Ma chi assume certe persone? Chi?- dissi la mia.
-Non so che dirti guarda.- sospirò.- La bella notizia è che ho finalmente fatto vedere a Sandra le foto che scattai a casa di Terence. Mi ha fatto molti complimenti, dicendomi che con molta probabilità copriranno la copertina del mese di novembre.- concluse ridendo.
-Oddio che bella notizia! Sono davvero tanto contenta per te.- posai il coltello, e mi avvicinai a lei per abbracciarla.
Dopo l'abbraccio, il suo cellulare prese a squillare.
-E' Tom. Ti dispiace se rispondo?- mi chiese facendomi gli occhi dolci.
-No, vai pure. Solo non state ore, la cena sarà pronta fra poco.
Mi fece l'occhiolino e con il suo "ehi amore" si allontanò nella sua stanza.
***
Una volta che Abbie scese in cucina, in pigiama e con gli occhiali da vista inforcati sugli occhi, decisi di riempire i piatti della pasta che avevo cucinato.
La mia amica, intanto, prese dell'acqua dal frigo e due bicchieri di vetro dalla credenza.
-Senti Jane...è successo qualcosa tra te e Terence?
A quella domanda, mi fermai con il mestolo riempito di maccheroni fermo a mezz'aria.
-No, assolutamente! Perchè?- chiesi guardandola.
-No...è solo che Tom mi ha detto che poco prima di telefonarmi era stato al telefono con Terence e che quest'ultimo gli ha detto che ti ha chiamata ma tu gli hai risposto con stranezza. A Tom è sembrato triste.- mi guardò mordendosi le labbra.
Triste? Terence si era rattristato perché lo avevo trattato con freddezza al telefono? Non era possibile!
-Non c'entri niente, quindi?- mi ridomandò.
-Non credo...cioè sì... prima siamo stati al telefono...e...-ingoiai un po' di saliva.
-E?- mi incitò a continuare.
-E sono stata un po' fredda. Ma poi non è detto che a causa della nostra conversazione Terence fosse strano.- feci velocemente.
-Ah no?- la mia amica mi lanciò un'occhiataccia poi prese posto e iniziò a inforcare gli spaghetti con la sua forchetta con...forza. -Dai...raccontami tutto.
Bevvi un bicchiere d'acqua e poi le raccontai la conversazione che avevo avuto con Terence dettaglio per dettaglio. Quando finii, prese parola.
-Ho capito.- si asciugò le labbra con un tovagliolo di carta.- Quindi non hai dato per niente peso alle parole che ti dissi qualche giorno fa?- mi guardò inarcando le sopracciglia.
Abbassai lo sguardo sul mio piatto ancora pieno.
-Okay okay, non dico più niente! Voglio vedere come finiranno le cose.
La guardai.
-No non ho dato peso alle tue parole! Non ci riesco...
Mi guardò male, poi scosse la testa e prese a bere dal suo bicchiere.
***
L'atelier di Sarah Newman era super pieno. E non stavo esagerando! Era affollato e le commesse correvano come matte per tutto il negozio alla disperata ricerca dell'abito da sposa adatto per ogni ragazza. Quell'abito che avrebbe riempito di lacrime gli occhi di ogni futura sposa, e che avrebbe fatto venire la pelle d'oca ad ognuno dei presenti.
Fortunatamente la mia collega aveva prenotato e così io e sua sorella eravamo in sala d'attesa con la disperata voglia di rifarci gli occhi con il vestito di Barbie.
-Un attimo, ma è lei...questa?- sentii una voce femminile avvicinarmisi, mettendomi il nuovo numero dell' Edinburgh Fashion Magazine davanti agli occhi, con tanto di mia foto stampata in copertina .
-Oh sì, sono Jane Ryan, piacere.- sorrisi a trentadue denti, stringendo la mano della donna.
-Che fortuna averla trovata! Adoro questo giornale e i suoi articoli mi piacciono molto. Questo delle persone disabili, poi è stato magnifico.
-Grazie mille, signora. E' molto gentile. Sono contenta di aver scritto qualcosa di interessante.- ero sincera.
Da quando la nuova settimana si era aperta il mio umore era alle stelle. D'altronde era inevitabile dal momento che, passando davanti a numerose edicole, avevo visto il nuovo articolo dell' Edinburgh Fashion Magazine con tanto di mio nome stampato in copertina.
La signora che si dichiarò una mia "fan", mi chiese una foto con lei oltre che un autografo. Dopodiché se ne andò.
-Sei famosa, eh?- fece Jessica, sorridendomi.
-Sì certo, come no!- risposi ironicamente, facendole l'occhiolino.
-Davvero. A scuola quasi tutte le ragazze parlano dell'Edinburgh Fashion Magazine. I tuoi articoli e quelli di mia sorella sono i più gettonati.
-Wow. E' bello saperlo, grazie.- le sorrisi.
Anche le sue labbra si incurvarono. Dopodiché estrasse dalla sua borsetta uno smartphone.
-Uffa, questi ragazzi! Dicono che siamo noi donne complicate e invece...- Jessica sospirò guardando lo schermo del suo cellulare.
-Problemi di cuore?- la guardai.
-Sì...ricordi che quando andammo a comprare gli abiti da damigella, feci accenno a mia sorella che mi piace un ragazzo simile a Logan Lerman?- mi guardò.
Feci mente locale.
-Oh sì, come no.
-Beh lui mi piace molto. Però non so se io piaccia a lui. E' così bello...con i capelli neri e gli occhi più blu che io abbia mai visto.- sospirò.
Mi ricordava tanto me alla sua età. Erano già passati nove anni dai miei diciotto...
-Perché non pensi di piacergli?- le domandai, accavallando le gambe.
-Perché non mi parla quasi mai. A volte è freddo, e distante altre invece...mi sorride e mi saluta con dolcezza.
Mi ricordava qualcuno...
-Fai tu la prima mossa, tesoro, no?!- fece sua sorella da dietro la tenda del camerino.
-Ma come la prima mossa? Sono i ragazzi che devono farla e poi...non ce la farei se rifiutasse un mio invito.- Jessica abbassò il capo, permettendo a suoi lunghi capelli rossi di caderle ai lati del volto.
-Se non rischi non potrai mai saperlo. Inoltre siamo nel 2014, le ragazze sono forti e indipendenti, se ti piace confessaglielo e basta. A volte i ragazzi sono troppo citrulli e anche troppo insicuri per fare il primo passo.- rispose sua sorella.
Questo discorso non mi sembrava affatto nuovo.
-Tu che ne pensi, Jane?- mi domandò Jessica.
Povera! Giusto a me veniva a chiedere consigli su questioni sentimentali che prevedevano ragazzi strambi e insicuri.
-Sono d'accordo con tua sorella. Sei giovane e bella e non hai nulla da perdere.- le risposi comunque.
Mi guardò sorridendo.
Ed io che avevo da perdere? Bella domanda!
Passò qualche minuto.
-Okay, ragazze...credo di essere pronta.- ci sorprese Barbara, ancora dietro la tenda.
-Sorellona muoviti ad uscire, allora.
-Dai Barbie, emozionaci.- aggiunsi.
Non dovemmo aspettare molto, perché qualche secondo dopo, la tenda del camerino fu aperta dalla commessa che aveva aiutato la mia collega a vestirsi.
A quel punto rimasi senza parole, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata. Dire che Barbara era bellissima, era davvero riduttivo, perché lei...lei... era stupenda.
Il suo abito era un modello a sirena, che sebbene non fosse tra i miei preferiti, su di lei stava d'incanto. Le fasciava la stretta vita alla perfezione, e le sue delicate forme erano perfettamente messe in risalto. Il corpetto era decorato con dei decori dorati e delle piccole perle di un lucido bianco.
-Wow, sei davvero magnifica, anzi superba. - le dissi girandole intorno.
-Sembri una dea, sorellina.- fece sua sorella con gli occhi lucidi.
Barbie, si posizionò davanti ad un grande specchio verso cui si guardò con uno strano luccichio negli occhi. Notai che ingoiò della saliva e si toccò il corpetto. Sembrava felicemente sorpresa.
-Oddio...mi sento così strana. Sto davvero bene?- mi guardò negli occhi, per poi guardare Jessica.
-Se stai bene? Stai da sballo, ragazza. Sei davvero stupenda...credo che il tuo futuro marito sverrà sull'altare appena ti vedrà.- le dissi, accarezzandole una mano.
-Concordo pienamente.- continuò Jessica.
Barbara, di risposta, ci guardò e poi scoppiò a piangere.
-E' lui, è l'abito giusto.- disse in lacrime, guardando la commessa.
Inutile dire che io e sua sorella battemmo le mani entusiaste, super contente della felicità provata da Barbara.
***
Okay dovevo solo fare un bel respiro e stare tranquilla. In fin dei conti, avrei solo rivisto Terence. Certo dopo un incontro sulla pista da ballo che io avrei voluto si evolvesse in maniera diversa e dopo una telefonata condotta da me in maniera piuttosto distaccata, ma...cosa sarebbe potuto succedere?
Ormai gli avevo dato la mia parola. E se gli avevo promesso che lo avrei accompagnato a prendere il suo cane guida, l'avrei fatto.
Oggi era venerdì e non potevo tagliarmi fuori, come se nulla fosse.
-Tutto bene?- fece Freddie, a meno di due ore dalla fine del nostro turno.
-Sì sì.- risposi, un po' titubante, battendo freneticamente i tasti del mio computer.
Stavo scrivendo un nuovo articolo su un paio di Christian Louboutin.
-Oh...ok...se lo dici tu.- mi strinse una spalla.
Poi si allontanò.
-Cioè no.- continuai.
Lo vidi fare dietrofront, prendere la sedia girevole di Vincent, al momento non presente (sì non lavorava mai quello sbruffone), e avvicinarla alla mia scrivania.
-Mi sembrava! E poi stai scrivendo troppo velocemente...deve esserci per forza qualcosa che non va. Dai spara!
A quel punto, fermai il mio frenetico scrivere, feci un bel respiro e raccontai al mio ex ciò che era successo con Terence e ciò che provavo, le mie incertezze, le mie ansie, i miei dubbi e i consigli di Abbie.
-Mhm. Secondo me ha ragione la tua amica.
Lo guardai male.
-Nel senso che...magari...potresti invitarlo tu qualche volta. Se ti piace, ma, giustamente, tu sei troppo...insicura e timida per dirglielo, non dico che dovresti saltargli addosso dicendogli "Mi piaci. Sposami". Dico solo che potresti cercare almeno di fargli capire che la sua compagnia non ti dispiace. Prendi tu l'iniziativa qualche volta, invitalo ad uscire, fallo venire a casa tua, fate passeggiate insieme eccetera eccetera. -Concluse, smettendo anche di gesticolare.
In fondo non aveva tutti i torti. Secondo la mia amica avrei dovuto dire a Terence direttamente che mi piaceva, mentre per Fred avrei dovuto solo mostrarmi più intraprendente.
-Cioè mi stai dicendo che dovrei prendere più iniziativa?- annuì con il capo.- Ma, alla fine...quando siamo usciti insieme non mi pare che io gli abbia fatto capire che lui non mi interessa.- tentennai.
Freddie mi lanciò un'occhiataccia.
-Tesoro, Terence è insicuro ed è cieco. Ergo, non può vedere le tue espressioni, i tuoi occhi o i tuoi atteggiamenti quando state insieme. Il fatto che qualche sera fa, mentre ballavate, lui ti aveva avvicinato a sé e poi si è allontanato, è un chiaro segnale della sua insicurezza. Sono certo che abbia pensato di aver esagerato.- spiegò, aggiustandosi prima il nodo della sua cravatta azzurra e poi gli occhiali da vista.
Lo guardai.
-Okay...forse hai ragione. Proverò a essere più intraprendente.- feci sicura.
Mi sorrise.
-Così ti voglio! Stai serena e vai tranquilla. Mi hai detto che fra poco vi vedrete, no?
Annuii con il capo.
-Perfetto. Allora oggi, parlargli, ascoltalo, e invitalo ad un appuntamento. Che so...invitalo a mangiare qualcosa fuori o roba del genere.- mi fissò negli occhi.
-Va bene...ci proverò.- mi morsi il labbro inferiore.
Mi diede un bacio sulla fronte e poi tornò al suo lavoro.
***
All'aria aperta di fuori, strinsi meglio il mio foulard attorno al collo. Il meteo sul mio cellulare segnava 12 gradi per questa sera.
Terence sarebbe venuto a momenti, e il mio "ansiometro" aveva raggiunto livelli alti.
-Jane! Che bello vederti.- sentii ad un certo punto dietro di me.
Mi voltai, trovando...Christopher Wilson. Aveva delle buste in mano ed avvolto in un giubbotto di pelle nera era più bello che mai.
-Ehi Christopher.- lo salutai con un finto sorriso.
Non ero molto entusiasta di vederlo, sinceramente. Soprattutto adesso che sarebbe arrivato Terence.
-Da quanto tempo. Come stai?- mi si avvicinò dandomi un bacio su una guancia.
A quel gesto rimasi un attimo imbambolata.
-Già da quanto tempo! Sai con il lavoro sono super piena...! Sto bene comunque, tu?
-Sto benissimo, grazie.- mi sorrise, passandosi una mano nel capelli gelatinati.- aspetti qualcuno? Posso riaccompagnarti a casa?- mi guardò.
-No grazie. Sto aspettando un mio...amico. Abbiamo un impegno.- puntai lo sguardo sulla strada alla ricerca dell'auto di Harrison. Possibile che proprio oggi dovessero ritardare?
-Ah capisco. Scommetto che è il ragazzo che mi hai detto che ti piace?
Mi voltai a guardarlo.
-Può darsi.- rimasi sul vago.
-Oh, ho indovinato. – si morse il labbro, poi si grattò la barba.
-Hai piani per domani, invece? Sai è sabato...non c'è lavoro quindi potremmo uscire insieme.- continuò.
Lo guardai.
-Sì ho un impegno Christopher, mi spiace...- inventai sul momento.
Non mi andava proprio di passare il mio giorno libero con un ragazzo vanesio e super pedinato da fan e non fan.
-Oh...- assunse un'aria dispiaciuta.
Poi il 'bip' del mio cellulare mi avvisò dell'arrivo di un messaggio.
Sono appena arrivato. Ti aspetto fuori il Giornale.- Terence
Tirai un sospiro di sollievo e alzando lo sguardo sulla strada notai proprio Terence appoggiato ad una macchina nera.
-Non dirmi che è il ragazzo con gli occhiali da sole, il ragazzo che ti piace...- mi stupì Wilson che stava puntando il suo sguardo proprio su Terence.
-Beh ecco...- mi schiarii la voce.- sì è lui.
-Ma perché porta gli occhiali da sole anche se è buio?
A lui cosa importava?
-Perché è un non vedente. – sospirai.- Vabbè allora vado Christopher...- iniziai a fare qualche passo.
-Ah...! Va bene Jane. Buona serata e ...a presto.- prese una mia mano, fermandomi, e vi lasciò un bacio sopra.
Rimasi piuttosto sbalordita dal gesto.
-E comunque meriti di meglio.- disse sottovoce, allontanandosi.
Lo guardai, ma era già lontano da me. Avere le gambe lunghe doveva permettergli di percorrere in poco tempo svariati metri. Io rimasi ferma dov'ero. Perché mi aveva detto quella frase? Cosa ne sapeva lui di cosa meritavo? E perché Terence non era "il meglio"? Perché era cieco? La mia idea che il modello fosse troppo narcisista per i miei gusti fu confermata. Poi presi a camminare in direzione Terence.
Era appoggiato allo sportello della sua auto, con il telefonino stretto nelle mani, forse in attesa di una risposta al suo sms.
-Buonasera Terence.- lo salutai.
-Oh...Jane, buonasera.- si schiarì la voce. Sembrava sorpreso.- Aspettavi da molto?- mise il suo smartphone nella tasca dei pantaloni.
-No...da un po'...- misi le mie mani nelle tasche del mio trench.
-Bene! Prego.- aggiunse subito dopo tastando per qualche attimo lo sportello dietro di lui, per poi aprirmelo con galanteria.
Mi accomodai, seguita a ruota da lui, sui comodi sedili della macchina.
-Salve Harrison.- salutai l'autista.
-Buonasera signorina.- l'uomo mi sorrise dallo specchietto retrovisore.
Nell'abitacolo mi accorsi che si stavano diffondendo le noti di una canzone.
-E' bella questa canzone.- mi rivolsi a Terence.
Notai che aveva il capo verso di me, quasi come se mi stesse...guardando. Sugli occhi aveva una montatura nera, quadrata e rigorosamente Ray-Ban.
-James Morrison, I won't let you go.- mi rispose, poco dopo.
Annuii con la testa, poi ricordandomi che Terence non avrebbe potuto vedermi, gli dissi che mi piaceva molto.
-E' bella, in effetti.- disse, per poi girare il capo verso il finestrino.
-Ci metteremo molto?- chiesi.
-Se il traffico non è tanto, direi che ci metteremo una trentina di minuti signorina.- fece Harrison, fermo ad un semaforo.
-Okay.- appoggiai la testa sul finestrino e rimasi ad ascoltare le parole della canzone.
***
Quando io e Terence fummo davanti ad un centro in mattoni rossicci, l'auto si fermò. Salutammo Harrison e prima di scendere, Terence prese il suo bastone appoggiato al sedile accanto a quello del suo autista.
Iniziammo a camminare e la prima cosa che notai fu che Terence era un po' distante da me e che stringeva saldamente il suo James. Non aveva chiesto la mia mano, infatti.
-Puoi avvisarmi quando siamo di fronte al portone principale?- mi domandò.
Lo guardai.
-Certo.- la mia voce uscì più fioca di quanto credessi.
Il silenzio aleggiava attorno a noi ed io...beh io...non sapevo che dire. Addio all'idea di essere più intraprendente. Ero più timida di quanto credessi.
-Come è andata a lavoro?- ruppi il ghiaccio.
-Bene, grazie. A te?- continuò a camminare tastando ogni centimetro di fronte a lui, con il suo bastone.
-Bene. Il mio articolo è uscito due giorni fa, mercoledì per intenderci. Sono molto contenta perché ho avuto la prima pagina, come ti dissi. E poi ieri, sono andata a scegliere un abito da sposa.
Terence si fermò.
-Un abito da sposa?- la sua voce era tesa.
-Sì...ma non per me...se è questo che stavi pensando.- balbettai.- Per una mia collega che si sposerà a dicembre.- precisai.
-Ah.- rispose, per poi riprendere a camminare.
Quando vidi che il portone d'entrata ci era praticamente di fronte, fermai Terence toccandogli una mano, che prontamente ritrasse. Ammetto che mi ferii un tantino il suo gesto.
-S-siamo arrivati.- feci imbarazzata.
Aprii la porta e gli dissi di andare avanti.
Ad accoglierci ci fu il suono dell'abbaiare di tanti cani.
-Benvenuti.- ci sorrise cordiale un uomo di mezz'età.
-Sono Terence Ashling, buonasera. Ho telefonato questa mattina per avere conferma che questa sera avrei visto il mio cane guida.- disse il mio accompagnatore.
-Oh sì sì, mi ricordo di lei. Dovrebbe solo firmare delle schede, se non le dispiace.
Terence annuì e, aiutato dall'uomo, si avvicinò ad un bancone a cui mi avvicinai anch'io. Il signore gli avvicino dei fogli bianchi che notai essere scritti in Braille.
Terence li tastò e poi con l'indice prese a leggere ciò che vi era scritto sopra.
Io intanto sorrisi all'uomo che mi stava guardando sorridendo.
-Siete fidanzati?- ci domandò.
Io arrossii.
-No.- risposi prontamente.
Il tipo annuì con la testa, poi prese a controllare delle cose sul suo pc nel frattempo che Terence continuava a leggere.
Mi guardai attorno. C'erano due signore sedute su delle sedie di plastica nere. Avevano degli occhiali da sole puntati sugli occhi e un bastone tra le mani. Chissà se erano anche loro venute per dei cani guida.
-Okay. Perfetto.- disse poi l'uomo che ci aveva accolto, prendendo i fogli firmati da Terence.- Sono disponibili due cani guida, signor Ashling. Un pastore tedesco e un Golden Retriever, entrambi maschi di tre anni.
-D'accordo. Andiamo allora.
Il signore prese sotto braccio Terence e lo condusse per un corridoio. Io li seguii in silenzio. Poi arrivammo dentro una stanza.
C'era una giovane donna e tanti cani attorno a lei.
-Vi lascio allora. Buona permanenza Terence.- fece l'uomo allontanandosi.
-Grazie.
-Ciao, sono Rossella, e loro sono Minnie, Teseo, Percy, Ulisse e Nancy.- ci strinse la mano la ragazza, indicandoci i vari cani. Ovviamente avrei potuto vederli solo io.
-Sono Terence e lei è Jane, una mia...amica.- titubò sull'ultima parola.
-Bene, piacere di conoscervi. Dunque, mi hanno detto che sei qui per il tuo cane guida, Terence. Se mi dai la mano, ti faccio vedere Percy e Ulisse, rispettivamente pastore tedesco e Golden Retriever.
Terence tese la sua mano e la ragazza gliela prese. Fece un fischio ai due cani che si avvicinarono. Poi adagiò la mano del ragazzo su uno dei due cani.
-Wow...è molto morbido.- rispose Terence.
Aveva un espressione dolce in viso. Non gliel'avevo mai vista.
-Già. E' adorabile. Quello che stai accarezzando è il pastore tedesco. Sarebbe il suo primo incarico come cane guida ma è davvero prontissimo.
Terence continuò ad accarezzare il cane.
-Se vuoi puoi toccarlo anche tu. Non morde mica.- mi disse, poi, Rossella.
Sorrisi e mi abbassai sulle ginocchia, in modo da avere il musetto di Percy vicino a me. Terence gli stava accarezzando il dorso, mentre io la testolina.
Era davvero soffice e i suoi occhi erano dolcissimi.
-E poi c'è lui. Ulisse presentati.
L'abbaiare di un cane fece alzare la testa a me e Terence.
Percy fu allontanato dalla ragazza e Ulisse ci si avvicinò.
-Lui è più birichino. A volte è super dolce, altre se ne sta più sulle sue, ma è molto fedele e questa sarebbe la sua terza esperienza come cane guida.- spiegò la ragazza.
Era bellissimo Ulisse, anche più di Percy. Il suo pelo era biondiccio, e una piccola macchiolina bianca gli copriva il musetto. I suoi occhi, poi, erano molto profondi.
-Cosa ne pensi Jane?- mi rivolse la domanda Terence.
Pensavo che dopo aver scostato la mia mano, al portone d'entrata, ce l'avesse con me, per qualche motivo a me ignoto. Però ora mi stava ponendo una domanda, quindi...forse era solo nervoso prima.
-Sono bellissimi entrambi, però mi piace un po' di più Ulisse.
-Tu verso quale dei due ti senti più attratto? Considera che il tuo cane guida diverrà quasi il tuo alter ego. Starete sempre insieme e lui sarà la tua ombra e il tuo punto fermo.- precisò Rossella.- potresti fare dei giri nella palestra dello stabilimento, se vuoi. Fai un giro con entrambi e scegli il cane a cui ti senti più vicino.
Terence accarezzò ancora Ulisse.
-Va bene. Faccio un giro con entrambi in questa palestra.
-Benissimo. Vi accompagno. Ulisse, Percy, let's go.- fischiò e una volta che i cani le si avvicinarono li legò a dei guinzagli particolari, che avevo visto altre volte su dei cani guida. Poi ci dirigemmo fuori dalla stanza.
La palestra era molto grande. C'erano dei birilli, degli ostacoli poco alti e dei coni sul pavimento, posizionati in varie parti. Vidi altri ragazzi ciechi fare dei giri con dei cani attorno al perimetro della stanza.
-Con chi vuoi iniziare?
Terence ci pensò qualche attimo.
-Ulisse.
Rossella allora, gli avvicinò il cane.
-Bene, io rimarrò qui con Percy. Cammina sicuro, senza alcun timore e dimostragli di essere suo amico. Nel tuo cammino, potresti incontrare degli ostacoli, come birilli o coni. Ulisse è ben addestrato e saprà fermarti quando verrà il momento. Il bastone puoi darlo a me.
-Ho capito, grazie. – rispose Terence, dandole James e abbassandosi leggermente allungando le mani alla ricerca del guinzaglio. Una volta trovato, iniziò a camminare.
-Puoi andare anche tu, signorina. Solo lascia fare il suo lavoro a Ulisse. Non dire a Terence se davanti si trova un ostacolo.
Annuii con la testa poi mi avviai con Terence.
-Ulisse è proprio splendido.- dissi.
Guardando davanti a me, notai che fra qualche metro ci sarebbe stato un cono.
-E' strano.- mi disse sorridendo.- è come...se sapesse esattamente dove voglio andare. E' una sensazione strana.
-Immagino.- sorrisi anch'io.
-Comunque dobbiamo parlare io e te, Jane.- disse ora, tornando serio.
-Ah sì? E di cosa?- mi guardai la punta delle scarpe.
-Di alcune cose. So che sei arrabbiata con me ma non so perché.- mi sorprese.
-Arrabbiata con te? Ma non è vero...
Sì che era vero.
-Sai che i ciechi hanno gli altri sensi sviluppati? Beh allora sai anche che fiuto se uno mi dice una bugia.- fu la sua risposta.
Poi si fermò. Ulisse aveva smesso di camminare avendo davanti il cono, poi guidò Terence aiutandolo a svoltare l'ostacolo e andare avanti.
-Wow...c'era qualcosa vero?- tornò a sorridere.
Sembrava emozionato, come se stesse tornando a vedere in un certo senso.
-Sì...un cono. E' proprio in gamba Ulisse.- guardai l'animale.
-Già.- Terence non perse il suo sorriso.- se scegliessi lui, ti andrebbe bene il nome Ulisse o preferiresti il da te scelto Anacleto?
Ridacchiai.
-Mhm non saprei. Ulisse è un bel nome per un cane ma, anche Anacleto lo è. Però forse lui è abituato a sentirsi chiamare Ulisse per cui...
-Giusto. Quel giorno che scegliemmo il nome non considerammo il fatto che il mio cane guida avrebbe potuto già avere un nome. Vada per Ulisse allora.
Vidi il cane, fermarsi nuovamente davanti ad un ostacolo.
-E Percy? Non vuoi fare un giro anche con lui?- chiesi.
-No...mi sento ispirato da Ulisse. Credo che ci troveremo molto d'accordo.
-Okay.- sorrisi.
Terence si schiarì la voce.
-In ogni caso, ti stavo dicendo che...sento che c'è qualcosa che non va tra...noi, diciamo così. Ti ho fatto qualcosa di cui non mi sono neanche reso conto, Jane?- era tornato serio.
Ingoiai della saliva. E ora cosa avrei dovuto dirgli? Che al telefono ero stata fredda con lui perché mi dispiaceva il fatto che quando ballammo insieme mi aveva allontanata da lui?
-No Terence non mi hai fatto assolutamente nulla. Perché affermi di sentirmi diversa?- tergiversai.
In fondo lui non aveva realmente fatto nulla. Era forse proprio questo il problema.
-Perché sei stata molto fredda con me, l'altra sera, al telefono. Eri strana e hai insinuato che la tua compagnia non mi dovesse piacere più. Non mi sembra, però, di averti fatto mai capire che la tua vicinanza mi dispiaccia.
-Quando ballammo l'altra sera, sì però.- mi sfuggì.
Terence si voltò un attimo verso di me. Ma poi Ulisse abbaiò e la voce di Rossella mi riportò alla realtà.
-Eccoci qui. Bravissimo Ulisse e bravissimo Terence.- la ragazza accarezzò il cane.
-Come ti sei trovato?- continuò.
-Davvero benissimo. Abbiamo una bella intesa io e Ulisse. Mi sono sentito sicuro, perché sapevo che lui era i miei occhi.
-Ne sono contenta. Vuoi provare adesso con Percy?
-No, grazie. Ho cambiato idea! Credo che Ulisse sia quello giusto. E' stato amore a prima vista, per fare una battuta.- rise Terence.
A volte era tanto fragile, altre era forte e accettava la sua condizione di ragazzo non vedente con forza, a testa alta, scherzandoci anche su. Questo lato di lui mi piaceva proprio tanto.
***
Appena fummo fuori, notai che faceva così freddo che il mio respiro si trasformava in una nuvoletta di vapore. Ed eravamo solo ai primi di ottobre, figurarsi nei prossimi mesi.
-Andrò domani a prendere Ulisse, mi hanno detto che per questa sera preferiscono lasciarlo con gli altri cani, ma che domani, alle luci della giornata sarà pronto per iniziare una nuova vita con me.- disse Terence avvicinandosi a me, con il suo bastone.
-Bene.- risposi, mettendo le mani in tasca.
-Ti va di mangiare qualcosa? Suppongo si sia fatta ora di cena.- mi domandò poi.
Controllai il mio orologio. Erano le 21.00 in effetti.
-Certo. Conosci qualche locale in giro?- mi guardai intorno alla ricerca di qualche insegna luminosa di un qualche pub o ristorante.
-Sì. E' un ristorante italiano che dista qualche metro da questo centro. Si chiama " Via col vento". – concluse con un ottima pronuncia italiana.
-Benissimo. Sai se è sempre su questa strada?
-Sì, è sempre su questa strada. Se puoi però, avvisami quando vedi l'insegna.
-Ovvio.
Iniziammo così a camminare. Lui con il suo James e io per i fatti miei.
-Dunque stavamo dicendo...anzi stavi dicendo che...quando abbiamo ballato insieme ti ho dato l'idea di non gradire la tua presenza.
Era testardo, testardo, testardo. Quando si metteva in testa di chiederti qualcosa non mollava la prese finché non aveva ottenuto ciò che voleva.
-Sì ho detto così...- lasciai la frase in sospeso mordendomi le labbra.
-Ebbene? Perché hai detto così?
-Perché mi allontanasti da te quando ballammo, dopo avermi fatto voltare su me stessa.
L'avevo detto! Era inutile girarsi intorno. Era meglio risolvere la situazione.
-Ah...ti ho allontanato da me?- sembrava in imbarazzo.- In ogni caso non è stato un gesto intenzionale. Non era mia intenzione, infatti, ferirti in qualche modo o darti un'idea sbagliata. E' solo che non so ballare e quella volta ti feci girare su te stessa, poi ti avvicinai a me perché...perché mi andava.- balbettò.- Ma poi mi resi conto di aver esagerato. Non sono mica il tuo ragazzo, per poterti avvicinare a me...- lasciò la frase in sospeso. Era a disagio. Molto a disagio.
-Mhm...okay, ho capito. Bene, ho frainteso. Pensavo che...mi avessi allontanata da te perché la mia presenza ti aveva disturbata.
-La tua presenza non potrebbe mai disturbarmi Jane.- continuò a camminare.
Io invece mi fermai. Perché con queste frasi aveva il potere di destabilizzarmi e di farmi battere forte il cuore?
Lo raggiunsi velocemente.
-Bene.- sussurrai.
-Quindi avresti voluto che ti avvicinassi a me?- chiese ancora.
Voleva farmi sentire proprio in imbarazzo, non c'era niente da fare.
-No...cioè...stavamo ballando e ...e...- tossii.
Porca vacca! Sentivo che sarei esplosa da un momento all'altro tanto ero a disagio.
-Non vedo l'ora che tu mi legga il tuo articolo.- cambiò discorso, sicuramente avendo capito il mio imbarazzo.
Lo guardai. Attorno al vialetto su cui stavamo camminando c'erano tanti alberi le cui chiome, facevano delle ombre sulla strada illuminata solo da qualche lampione.
-Sì, te lo leggerò senz'altro. A proposito, magari un giorno di questi vieni a casa mia.
Intraprendente, ecco come dovevo essere. Mi immaginai Freddie a darmi una pacca sulla spalla, orgoglioso di me.
-E' un invito?
-Sì...è un invito.- risposi.
Mi voltai a guardarlo. Stava sorridendo.
-Credo che siamo arrivati.- dissi poi, quando notai un insegna luminosa recitare "Via col vento- RISTORANTE ITALIANO".
Terence a quel punto si fermò e mi tese la sua mano.
-Andiamo allora.- strinsi la sua mano nella mia, con il cuore a fare mille capriole nel petto e con le guance rosse dalla gioia.
CONTINUA...
Ciaoo ragazzi :))
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!!Se è così spero che mi lascerete qualche stellina :)
Grazie a tutti coloro che leggono questa storia e la votano :)
Alla prossima, con affetto,
Rob
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