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Capitolo Sette

"E resterai con me?"

"Certo a meno che voi rifiutate. Sarò la vostra vicina, la vostra infermiera, la vostra governante. Vi trovo solo: sarò la vostra dama di compagnia, per potervi leggere, per camminare con voi, sedermi con voi, perprendermi cura di voi, per essere i vostri occhi e le vostre mani. Non siate più malinconico, mio caro padrone, non sarete mai più solo, finché avrò vita." 

-CHARLOTTE BRONTE- Jane Eyre-


Quando tornai a casa, notai, come immaginavo, che tutte le luci erano spente, segno che Abbie non era ancora arrivata. Controllai l'orologio a forma di mela appeso alla parete della cucina, constatando che si erano già fatte le dieci e mezza.

Avevo preferito concludere non molto tardi la serata con Terence, non perché non mi piacesse la sua compagnia, anzi...ma perché non volevo che rientrasse troppo tardi a casa. La non presenza di Harrison mi spingeva ad avere più timori. Insomma lui era un ragazzo ricco e non vedente e dunque in strada non era al sicuro con tutte le brutte persone che circolavano a piede libero; mi ero fatta promettere, però, che dopo essere sceso dal taxi con cui mi aveva riaccompagnata, il suo autista l'avrebbe aspettato fuori la sua casa e che mi avrebbe telefonato appena tornato. Volevo sperare che non mi avesse mentito.

Accesi le luci del salotto notando che lo screen del telefono cordless appoggiato sul tavolino vicino alla tv stava lampeggiando, segno che qualcuno aveva lasciato qualche messaggio sulla segreteria telefonica.

Posai la mia giacca e la mia borsa sul sofà e poi premetti il pulsante dei messaggi.

-Un messaggio da ascoltare.- disse la voce meccanica del telefono.

BIP

-Tesoro, sono papà, come stai? Non ci sentiamo da tanto tempo...come sta andando con il lavoro? E la salute? Tutto a posto? Fatti sentire presto...ti voglio bene.

Corrugai la fronte...wow...era da tempo che non ascoltavo la calda voce di mio padre. Ero un po' sorpresa. Tra vari traslochi e qualche problema alla linea telefonica erano passati quasi due mesi dall'ultima volta che ci eravamo sentiti.

Mi avvicinai di più al telefono digitando il numero di Billy Ryan, il mio amorevole papà.

-Pronto?

Sentii in sottofondo il telecronista di una partita.

-Ehi papi, mi hai mandato un messaggio in segretaria, prima? Come va?

-Ehi amore di papà, sì volevo sentirti un po'. Sto bene, tu?

Mi era mancato sentire il suono della sua voce.

-Un po' stanca, ma sto bene anch'io. Già in effetti non ci sentiamo da un po', ma sai com'è...abitiamo anche in due città diverse ora.

-Purtroppo...!- affermò lui con un tono vocale palesemente triste.- e al giornale come procede?

-Martedì prossimo devo consegnare un articolo abbastanza importante e sono un po' tesa, ma ci sto lavorando sodo e quindi...speriamo bene.- dissi, iniziando a camminare avanti e indietro per il salotto.

-Ne sono contento tesoro mio, sono certo che andrai alla grande.- sorrisi felice.- E con Abbie?

-Tutto alla grande...la conosci, è la solita pazzerella, ma è la mia più cara amica. E tu, invece? Al negozio di elettrodomestici come va?

-Tutto okay, l'altro giorno Brad mi ha messo qualche soldo in più nella busta paga...non sai quanto ero felice. Ma raccontami...hai un ragazzo?

Non so perché ma a quella domanda, il primo volto che mi venne in mente fu quello di Terence. Sapevo che ovviamente lui non era il mio ragazzo, ma il fatto di aver passato qualche momento con lui, me lo stava facendo pensare troppo spesso ultimamente.

-No, papà, assolutamente no...deve ancora arrivare il principe azzurro- ridacchiai-. Tu, invece? Qualche bella dama da corteggiare?- domandai curiosa.

Lo sentii sospirare. Da quando mia madre ci aveva abbandonati, il sentir parlare di un'altra donna lo metteva di malumore.

-No tesoro...lo sai...! Cioè c'è la signorina Ford...sai la maestra di Robert...che sembra carina, ma...ho paura.- ammise.

-Ma papà...paura di cosa? Senti facciamo che domenica mangiamo qualche boccone insieme?

Volevo rivederlo, ascoltare dal vivo la sua voce, rivedere i suoi grandi occhi così simili ai miei, rivedere le sue rughe e stargli accanto.

-Ma tesoro, abitiamo distanti! Dovresti prendere il treno.

-E che fa, papà? Sono abituata a prendere i mezzi di trasporto e poi non perché abitiamo lontani non dobbiamo vederci più. E poi Aberdeen non è mica New York.- gli feci notare.

-Hai ragione tesoro, dobbiamo andare contro le barriere della lontananza! Ma allora...visto che dovrai prendere un treno perché non rimani tutto il fine settimana, a partire da venerdì prossimo?

Ci pensai qualche attimo, notando che effettivamente l'idea non era male e che sicuramente per quel giorno il mio articolo sarebbe stato concluso.

-Ottima proposta, papi...ci vediamo venerdì prossimo allora! Ti telefono appena starò in stazione. Un bacio. Ti voglio bene.

-Anch'io Jane cara, un bacio a te, ciao.

E così chiusi la telefonata con il mio genitore e poi rimisi il cordless al suo posto.

Sospirai. Era stato...strano risentirlo dopo tanto tempo.

Andai in camera, e dopo essermi spogliata, mi tuffati sotto la doccia. Avevo bisogno di scaldarmi dopo la piovosa serata, anche se la dolce crepe e il sorriso di Terence mi avevano scaldato a sufficienza.

Come sempre questo era il luogo migliore in cui i miei pensieri amavano uscir fuori.

Non ero sicura di cosa mi stesse succedendo, ma qualcosa di me si stava irrimediabilmente legando a Terence Ashling. Mi piaceva stare in sua compagnia, ascoltare le sue parole, preparare risposte in grado di sorprenderlo...insomma...non sapevo neanch'io, ma mi attraeva parecchio.

Ripensai a lui, ai suoi occhi scoperti dagli occhiali da sole, al suo modo di parlare, al suo viso. Poi pensai alla telefonata che aveva avuto con suo fratello; certo avevo ascoltato poco e niente di quello che aveva detto in quanto aveva parlato perlopiù in "econominese" ovvero nella lingua delle persone che se ne intendono di economia. Alla fine, però, ciò che mi interessava sapere, le mie orecchie l'avevano captato: Catherine Ashling era sua sorella ed era la ragazza bionda con cui aveva passato una serata al Queen Victoria. Riflettendoci i suoi fratelli avevano i nomi dei protagonisti di Cime Tempestose...pensai che fosse proprio una coincidenza. Magari alla mamma di Terence piaceva quel famoso romanzo.

Dopo essermi coperta di crema corpo alle arance, la stessa che Abbie mi diede tempo prima, legai i capelli in una treccia disordinata, misi il pigiama e dei lunghi calzettoni, spazzolai i denti e poi andai in salotto a vedere un po' di tv, nell'attesa che la mia migliore amica arrivasse.

Alla televisione non stava facendo nulla di particolarmente interessante, anche perché la maggior parte dei film erano già cominciati. Appena però scorsi il sorridente volto di Sandra Bullock e gli azzurrissimi occhi di Hugh Grant, posai il telecomando e mi gustai Due settimane per innamorarsi.

Passarono circa quindici minuti quando mi squillò il cellulare.

-Ciao Terence.- sorrisi.

-Ciao Jane. Volevo solo dirti che sono arrivato a casa e sono sano e salvo.

Sospirai sollevata. Aveva mantenuto la sua promessa.

-Noto che eri preoccupata per me, Jane...non dovresti farlo.- rispose, forse avendo sentito il mio sospiro di sollievo.

-Non ero preoccupata per te, Terence...era solo un voler constatare che tu stessi bene...per...non avere pesi sulla coscienza.- conclusi, cercando delle parole che non lo gasassero troppo.

-Sì...okay, come vuoi tu.- affermò poco convinto.- Allora buona notte Jane e se riesci non sognarmi.- concluse ridendo.

-Eh no Terence questo tipo di richieste non dovresti farmele...sai che sono troppo difficili da esaudire. Però dai proverò a non sognarti, promesso.- scherzai.

Lui scoppiò a ridere.

-Hai ragione Jane, sono stato un po' cattivello nel chiederti una tal cosa.- rise.- Va bene, allora a presto e fammi sapere quando sarà pubblicato il tuo lavoro.

-Non mancherò.

E fu così che ci augurammo reciprocamente la buonanotte salutandoci.

Anche dopo aver spento il mio Nokia Lumia 925, però...rimasi a pensare a Terence e sorrisi tra me e me.

***

-Baby? Baby? Ehi...svegliati pigrona...vai nel tuo letto, il divano è scomodo.

Sentii in maniera ovattata la voce della mia migliore amica. Dovevo essermi addormentata sul divano!

Aprii lentamente gli occhi, e poi rivolsi un sorriso a colei che mi aveva allontanata dal regno di Morfeo.

-Ciao tesoro.- la salutai.- che ore sono?- domandai, coprendo uno sbadiglio con la mano.

-E' mezzanotte piccola. Ci siamo soffermati un po' di più perché la prossima settimana non ci incontreremo.

-Perché?- domandai, spegnendo la tv. Il film con la Bullock era stato sostituito con un telegiornale della notte.

- Perché William e Sophie hanno da fare con una cena di famiglia. Sai che sono fidanzati?

-Sì, più o meno...Terence mi accennò il fatto che sono tutti fidanzati nel gruppo.- risposi appoggiandomi ad uno dei braccioli del sofà su cui mi ero addormentata, mentre Abbie iniziò a togliersi il suo trench Burberry.

-Sì è così infatti. Solo Mary Anne non lo è...ma credo, come già mi dicesti tu, sia interessata a Terence...non ti dico, mi ha fatto alcune domande in merito al dove foste tu e lui.- mi rispose.

-Cosa? Mary Anne ti ha chiesto di me e Terence? Non crede di esagerare quella lì? So che lo vorrebbe come fidanzato ma non stanno insieme...- borbottai, corrugando la fronte.

-Certo che è esagerata...il mio Tom mi ha detto che anni fa ci provò persino con lui. Guarda, la vorrei strozzare solo per questo.- disse posando un braccio sulle mie spalle accompagnandomi nella sua camera.

-Davvero? Con il tuo Tom?- sgranai gli occhi sorpresa.

-Yes baby. Vabbè dai non ne voglio parlare, piuttosto tu...com'è andata la tua serata con l' "arrogante"?- mimò le virgolette.

-Bene...direi. Ho intervistato tre persone davvero deliziose, e finalmente potrò concludere il mio articolo. E poi niente, dopo essere usciti dalla clinica si è messo a piovere e abbiamo sostato sotto un palazzo.

-Ho notato che ha piovuto, ma ehi...cos'è successo sotto il palazzo?- chiese, con un tono tra il divertito e il curioso e un accenno di malizia.

La guardai assottigliando lo sguardo.

-Abbie!- la ripresi- secondo te cosa sarebbe potuto succedere sotto un palazzo?

-Non so...dimmelo tu!- continuò a ridere.

-Abbiamo parlato di cose relative a noi...volevo conoscerlo un po' e mi ha parlato della scuola che ha frequentato...niente di che. Però...

-Però...?

-Non so...ma credo che mi attragga parecchio...troppo.- ammisi sinceramente.

-Ma dai...non l'avevo capito!- ironizzò ridendo.- E lui? Secondo te lo attrai?

-Boh...non saprei...sinceramente non credo proprio! Mi ha detto di non essere interessato all'amore e ci conosciamo troppo poco per cui lui possa apprezzare la mia interiorità, visto che d'aspetto esteriore non può vedermi...

-Io fossi in te aspetterei un altro un po' di tempo per dire "non credo proprio"...secondo me sareste benissimo insieme e con il tuo carattere ammalieresti chiunque tesoro mio.- posò un bacio sulla mia testa, prima di farmi stendere sul suo letto.

-Grazie Abbie...sei sempre molto cara.- le sorrisi sinceramente.- ma...perché mi hai portato nella tua camera?- constatai guardandomi attorno.

-Oggi dormiamo insieme se ti va...ho bisogno di averti accanto stanotte...ho carenza di affetto.- concluse imitando la voce di una bambina e sbattendo le ciglia.

Scoppiai a ridere.

-E va bene, ci sto!

Rise.

-Ah e hai scoperto chi era quella biondina che mi dicesti aver incontrato quella sera con i tuoi colleghi?- domandò iniziando a posare gli abiti con cui era uscita su delle grucce nell'armadio.

-Sì sì...avevi ragione tu...è sua sorella.

-Che ti avevo detto! Da quel che mi hai raccontato Terence non era tipo da dire di non volersi fidanzare e poi da avere una ragazza. Sembra una persona sincera.

-Mhm già! Ma non ne potevo essere certa. – sospirai.- E tu? Come è andata?- le chiesi abbracciando il pupazzo di Minnie posato tra i suoi cuscini.

-Come al solito. Ti ho detto, solo Mary Anne mi ha un rovinato un po' la serata. Si è seduta accanto a me e ha iniziato a infastidirmi.

-Uffa quella pecora...ma perché esistono delle ragazze che si comportano come streghe?

La mia amica si limitò a fare un lungo sospiro che celava tante cose.

-Ah comunque io e il mio amore venerdì andremo al cinema e poi al ristorante.- concluse con occhi sognanti, sfilandosi i suoi tronchetti neri.

-Uhhhh bello. – le sorrisi.

-Sì...- mi fece l'occhiolino,- tu sai già che farai?

-Yes! Prima sono stata al telefono con mio padre. Mentre eravamo fuori mi ha lasciato un messaggio sulla segreteria telefonica. Abbiamo deciso di vederci il prossimo weekend...e anzi mancherò sia venerdì pomeriggio, che sabato, che domenica mattina.

-Ah...wow che sorpresa! Sono contenta che tu e tuo padre passerete del tempo insieme, ne avete bisogno entrambi.- mi fece l'occhiolino.- L'unica pecca è che passerò quelle giornate da sola.- concluse mettendo il broncio.

-Macché...e Tom?- domandai.

-Mhm hai ragione...vedremo di trovare qualcosa di interessante con cui passare il tempo.- concluse con gli occhi scintillanti di felicità. -Beh baby vado a farmi una doccia...ah mi presteresti il tuo bagnoschiuma alla vaniglia?- domandò assumendo l'espressione del "ti prego, so che mi vuoi tanto bene".

-E va bene – cedetti, - ...ah Abbie, mi sono dimenticata di dirti una cosa su Terence.

-Cosa?- si sedette accanto a me.

-Praticamente il nonno di Terence è fondatore dell'Ashling Corporation, un'azienda di pneumatici e pezzi di macchine. Mi è stato detto che anni fa questa famiglia era molto famosa e comparve persino in qualche telegiornale.

-Ah...wow!- assunse un'espressione sorpresa.- Dunque Terence è imparentato con degli imprenditori...chi l'avrebbe detto! Tom, ahimè non mi vuole mai raccontare nulla di lui, quando provo a voler scoprire qualcosa. E tu? Come l'hai saputo?

-Ho chiesto in ufficio. Ti dissi che l'altra sera mi parve di capire che i miei colleghi sapessero qualcosa di Terence e dunque ho chiesto loro qualcosa.

-Mhm...hai fatto bene...bah... vabbè baby io vado allora.

-Okay, ti aspetterò.

Mi sorrise e poi si allontanò.

Neanche a farlo apposta, quella notte sognai un ragazzo con gli occhiali da sole.

***

-Oddio...non vedo l'ora di vedere i modelli.- ironizzò facendo una voce femminile Vincent.

Io e Steve scoppiammo a ridere.

Da quando la nuova settimana si era aperta, non si faceva altro che parlare dell'arrivo degli staff Klein e Louboutine. C'era un gran fermento e persino delle imprese di pulizia erano state chiamate per lucidare finestre, per spolverare tende e mobili, per lucidare i parquet e per sistemare le camere dove sarebbero state allestiti i macchinari per le foto ai modelli.

-Zitto scemo...cosa ne vuoi capire tu!- borbottò Barbie.

-Sì infatti, voglio vedere come ti comporterai quando arriveranno le modelle.- sbuffò Freddie.

Vincent mise il broncio mentre Steve assunse un' espressione timorosa guardando la porta del nostro ufficio.

Evidentemente anche i miei colleghi si accorsero della sua strana espressione, perché tutti ci girammo verso la nostra porta.

-Ehm...Steve puoi uscire un attimo?

Cavoli...un metro e sessanta di grazia, boccoli rossi e grandi occhi color miele. Signori e signore, era appena entrata Arabella Thomson, l'ex del mio collega.

Il volto del bruno si colorò delle più disparate tonalità di rosso e dopo essersi aggiustato il nodo della sua cravatta azzurra, si schiarì la voce e uscì.

Che volesse parlargli per dare un'altra possibilità al loro rapporto?

-Oddio ragazzi, avete visto? Secondo voi cosa è venuta a chiedergli?- domandò il mio ex.

-Secondo me vuole dare un'altra possibilità alla loro relazione.- fu della mia stessa idea Barbie.

-Io dico che è venuta a dirgli di riprendersi tutti regali che le ha fatto quando erano fidanzati.- concluse Price.

-Oh ma tu dove caspita sei nato? A cattivolandia? Mamma mia, non pensi mai cose dolci.- lo attaccò Freddie.

-Senti Bennett rispetta le mie idee, hai capito?

A quel punto quei due iniziarono a bisticciare come due bambini dell'asilo, mentre io e la bionda ci guardammo con le sopracciglia puntate verso l'alto in una pura espressione divertita.

Passarono vari minuti, in cui controllai alcune email sul computer, poi il mio collega ritornò, con un sorriso ebete sulla faccia. Forse io e la Richardson avevamo ragione.

-Ragazzi...cari ragazzi miei...amici di una vita...- iniziò volteggiando su stesso.

-Oh e muoviti a dirci cosa è successo, per la miseria!- sbraitò Price fermandosi dal discutere con Fred.

-Io e Arabella ci siamo rimessi insieme.- strillò entusiasta.

Tutti ridemmo, tranne Vincent...ovvio.

-Lo sapevo io...e cosa ti ha detto?- domandai.

-Beh...- iniziò arrossendo.- abbiamo parlato di tante cose...e ci siamo resi conto di non stare bene da soli...siamo due facce delle stessa medaglia...siamo due calamite...e...

-Menomale che non eri cotto di nessuna Thompson.- lo interruppe il biondo ricordando le parole di Steve il giorno della riunione con il capo.

-Oh beh...son fatti miei.- rise arrossendo il bruno.

Inutile dire che la settimana si aprì proprio bene.

***

-Baby, hai messo tutto nella valigia?-gridò Abbie dalla sua camera.

-Credo di sì...cioè ho messo tutto ciò che suppongo in due giorni mi possa servire.- dissi osservando il mio trolley aperto e ciò che vi avevo messo dentro.

-Hai messo anche la crema per il viso, il tonico, i cotton fioc, il collutorio, il...

-Tesoro, mio padre le ha certe cose.- sorrisi.

-Il tonico e la crema viso non credo proprio.- entrò nella mia camera, facendomi una linguaccia.

-Abbie devo stare solo un weekend, tranquilla!- le accarezzai il viso.

-Va bene, come vuoi tu! Senti, e con Terence invece? Da quanto non vi sentite?

-Da venerdì scorso in pratica.- ci pensai su.

-Una settimana addirittura? Baby, devi assolutamente contattarlo...anche perché non mi ha fatto neanche più sapere a proposito di quando potrò vedere le sue automobili.

-Io? Chiamarlo? Ma...mi vergogno...perché non l'ha fatto lui? Forse non si è divertito l'ultima volta con me e allora...- tentennai.

-Chiamalo! Adesso!- mi minacciò la mia migliore amica, guardandomi da dietro le lenti dei suoi occhiali da vista.- digli che devi partire questo weekend, che la tua cara coinquilina vuole sapere quando potrà vedere le sue macchine e che sarebbe bello rivedervi.

Mi allontanai dal mio letto, poi presi la mia borsa e ne uscii il mio cellulare.

-Ma perché non mi ha chiamato lui questa settimana?- tentai a convincerla che non era un bene che lo chiamassi io.

-Forse perché è stato molto impegnato o forse perché pensa che tu in sua compagnia non sia stata bene. Le ultime volte ti ha sempre contattato lui, no? Quella volta del viaggio per Glasgow insistette lui per venire con te, e ti telefonò lui per sapere il giorno in cui vedervi per incontrare i suoi amici al centro di riabilitazione, quindi avanti...- mi fece presente.

Forse non aveva tutti i torti. Così composi il suo numero.

Dopo tre squilli mi rispose.

-Oh ciao Jane...

Mi schiarii la voce, un tantino imbarazzata.

-Ciao...Terence. Ti disturbo?

-No assolutamente. Scusami se non ci siamo sentiti in questa settimana...sono stato un po' impegnato.- mi disse sorprendendomi.

Allora mi avrebbe contattato se fosse stato libero.

-Oh non preoccuparti, scusami anche tu! Senti...Abbie mi chiedeva se avevi scelto una data per incontrarvi.

-Oh già...giusto. Chiedile scusa per il ritardo...facciamo mercoledì prossimo?

Guardai la mia amica, mimandole 'mercoledì' con le labbra.

Abbie annuì.

-Va bene per mercoledì...di pomeriggio?- domandai.

-Sì...per le sette, se per lei va bene.- mi rispose.

-Abbie va bene per le sette?- le chiesi.

Annuì con il capo.

-Sì...mi dice che va bene.- dissi.

-Perfetto! ...E tu come stai?- mi domandò.

-Bene, bene! Sai questo fine settimana faccio un piccolo viaggio...vado a trovare mio padre a Aberdeen...tu? Come stai?

Si sentiva troppo che ero imbarazzata?

-Sto...come sempre, Jane! Bello il viaggio, comunque...spero ti divertirai.

-Grazie...ma sarà qualcosa di breve...solo due giorni.

-Oh...capisco. Senti Jane...ti andrebbe di venire anche tu mercoledì? Potrai vedere le miei auto.- mi propose.

Non ci pensai due volte.

-Certo, volentieri. Allora a mercoledì.

-A mercoledì. Ciao Jane.

-Ciao Terence!

E fu così che concludemmo la nostra telefonata.

***

Mi aspettavamo ben tre ore di treno, così messami comoda su un sedile, presi il mio smartphone, le mie cuffiette, e un libro che amavo molto: "Jane Eyre". Dopo mi sintonizzai su una radio a caso, senza notare quale fosse, e mi immersi nel fantastico modo di carta di Charlotte Bronte.

"Non aveva passione per il giuoco, per il vino, né per i cavalli, non era bello, ma coraggioso e fermo di carattere. L'ho conosciuto da piccolo e in quanto a me ho spesso desiderato che la signorina Eyre si fosse rotto il collo prima di giungere alla villa.

— Allora il signor Rochester era a Thornfield quando scoppiò l'incendio?

— Sicuro! e salì nelle soffitte quando tutto era in fiamme, destò la servitù e l'aiutò a porsi in salvo, poi tornò su a cercare la matta.

"Allora lo avvertirono che lei era sul tetto e agitava le braccia al disopra degli abbaini e mandava certi urli che si sarebbero potuti sentire a un miglio di distanza.

"L'ho veduta e l'ho sentita; era un donnone con i lunghi capelli neri sparsi sulle spalle, e ho visto anche il signor Rochester salir sul tetto e l'ho sentito chiamare: "Berta!" e avvicinarsi quindi a lei.

"La pazza gettò un grido, fece un salto e cadde morta sul lastrico.

— Morta? Oh Dio!

— Avete ragione, signora, fu una cosa spaventosa! — e rabbrividì.

— E poi? — dissi.

— La casa bruciò tutta e non rimase ritto che qualche pezzo di muro.

— Non vi rimase morto nessuno?

— No, eppure sarebbe stato forse meglio!

— Che cosa intendete dire?

— Povero signor Edward! Non credevo mai di vedere una cosa simile! Alcuni dicono che se l'è meritata per aver voluto sposare un'altra donna, mentre la prima viveva; io però lo compatisco di cuore!

— Ma avete detto che vive! — esclamai.

— Sì, ma forse sarebbe meglio che fosse morto.

— Dov'è? — domandai. — In Inghilterra?

— Sì, in Inghilterra, e per sempre. Come era dolorosa la sua agonia! È cieco, cieco! — aggiunse l'oste. — Povero signor Edward!"

Arrivata a quel punto della lettura mi fermai. Avevo già letto il capolavoro della Bronte quando ero poco più che un'adolescente, ma la mia mente aveva completamente dimenticato che uno dei miei personaggi letterari maschili preferiti, il signor Rochester, diventasse...cieco...cieco come...

"Buona giornata da Jonathan, amici di Radio Capital, come state iniziando questa giornata?"

"Ehi ci sono anch'io Jonathan!"

"Oh Terence, hai ragione scusami, non ti avevo visto"

"Ha-ha, mio caro, bella battuta. Qui l'unico che non può vederti sono io"

"Hai ragione amico, ho usato una battuta vecchia quanto me! Piuttosto come stai?"

"Pronto ad affrontare anche questa giornata, ecco come sto, amico mio! E tu? Carico per affrontare l'argomento del giorno?"

Al suono di quella voce e di quel nome, sollevai il capo dal mio libro. Sentii il mio cuore aumentare i suoi battiti.

Possibile che fosse la radio in cui lavorava Terence quella in cui mi ero sintonizzata?

" L'argomento del giorno? Ovvero?"

"Ma come testone, oggi parleremo del nuovo album dei Deep Purple...pff...che tipo che sei!"

Per la barba di Merlino...davvero? Cioè il caso aveva realmente voluto che mi sintonizzassi sulla radio di Terence? Che sentissi la sua voce proprio quando avevo letto una parte del mio libro preferito che mi aveva fatto inevitabilmente pensare a lui?

Chiusi il romanzo, facendo una piccola piega sull'angolino della pagina in cui mi ero fermata, e appoggiai la testa sul finestrino.

"Oh già, che sbadato amico, i vecchi Deep Purple, e come non ricordarli. Uno dei gruppi hard rock inglesi più famosi al mondo. Formatosi a Hertford nel 1968, insieme a i Led Zeppelin e i Black Sabbath sono considerati fra le principali colonne portanti del genere heavy metal. Tu cosa ne pensi, Terence?"

"Beh...io adoro i Deep Purple, caro mio. Con la loro –Smooke on the water- mi conquistarono letteralmente."

"Ah sì? E dire che ti facevo più tipo da Brian Adams"

"Oh beh...hai ragione, sono un tipo più da soft rock, ma ho un'anima anche più heavy metal, caro Jonathan"

Rimasi ad ascoltare Terence e il suo amico per tutto il tempo del viaggio. Era una cosa stranissima sentirlo attraverso le cuffiette. La sua voce era un qualcosa di magico e attraente e come speaker non era affatto male. Era spiritoso, sarcastico, conosceva tante cose su tante band e aveva un modo di fare che fino a quel momento non avevo ancora visto in lui.

Sorrisi tra me e me. Era bello starlo ad ascoltare.

"E ora invece parliamo dei Led Zeppelin, qual è la tua loro canzone preferita?"- domandò Terence.

"Mhm...bella domanda...forse –All of my love- la tua?"

"Stairway to heaven tutta la vita!"-rispose

"Oh bellissimo anche questo grande pezzo dei grandi Led! Ma senti...parlando di –All of my love- mi sovviene chiederti, tu cosa ne pensi del love, dell'amore?"

A quella domanda mi drizzai sul mio sedile. Sapevo già la sua risposta, ma volevo sentire se anche davanti ad altre persone mostrava quell'atteggiamento freddo e distaccato nei confronti dell'amore.

"Penso che siano fortunate le persone che hanno avuto o hanno a che fare con l'amore, con quello vero, con quello con la a maiuscola, ma so anche che è una cosa difficile a trovarsi...io almeno non l'ho mai provato. Tu, invece?"

Alla sua risposta, mi venne da pensare che neanch'io probabilmente conoscevo il significato dell'amore con la a maiuscola. Sebbene avessi avuto qualche storia nella mia giovane vita, nessuna mi aveva lasciato un solco nel cuore...certo la fine della storia con Freddie mi aveva depresso e rattristato ma...non credo fosse amore con la A maiuscola quello che ci legava.

Passarono circa due ore, poi appena il conducente fermò il treno, capii che ero già arrivata ad Aberdeen. Per fortuna che anche Terence aveva lasciato il posto ad altri speaker...mi sarebbe dispiaciuto troppo smettere di ascoltarlo.

Scendendo con il mio piccolo trolley, controllai il mio orologio da polso notando che era appena mezzogiorno. Presi il mio cellulare e avvisai mio padre del mio arrivo.

Dopo una decina di minuti, scorsi una piccola macchina verde e la mano del mio papà salutarmi dal finestrino. Riposi le cuffiette e il mio Nokia in borsa e dopo essermi accomodata nella "caffettiera" del mio papà, lo strinsi in un abbraccio stritolatore.

-Papà!

La mia voce era forse troppo alta?

-Tesoro mio, bella di papà!- mi strinse forte.

-Come stai?- gli domandai, guardandolo negli occhi.

Aveva ancora quella piccola cicatrice vicino al sopracciglio destro, che si procurò quando, da bambina, per aggiustarmi la mia bicicletta andò a sbattere contro una parte in ferro di una delle rotelle.

-Bene tesoro, tu? Hai ufficialmente concluso quell'articolo di cui mi accennasti?

-Sì, per fortuna sì. Ho comunque portato il mio pc portatile in modo da fare gli ultimi ritocchi a casa nostra.

Mi sorrise e poi, fattami una carezza sui capelli, accese il motore.

-Sei sempre bellissima, angelo mio.- mi sorrise.

-E tu sei il solito esagerato.- gli diedi un pugno scherzoso sulla spalla.

***

Era tutto assolutamente come lo ricordavo.

Le familiari pareti del salotto coperte da una simpatica quanto floreale carta da pareti, il tavolo in stile country con il vaso di fiori arancio in tinta con le tende. Il grande tappetto persiano sotto il tavolino da tè, e poi la cucina con il suo mobilio color pistacchio. Tutto, ripeto tutto, era come lo avevo lasciato.

-E la mia stanza?- domandai eccitata all'idea di rivederla.

-Sempre al solito posto, tesoro mio!- mi sorrise mio padre.- Senti io cucino un po' di pasta, ti va?

-Molto volentieri.- risposi, prima di catapultarmi nel luogo dove avevo passato più tempo nella mia infanzia e adolescenza.

Anche il mio piccolo regno era come lo ricordavo. C'erano persino ancora i poster di un giovane Leonardo di Caprio e dei Duran Duran.

Toccai con un sorriso le tende in velo rosa che circondavano il mio letto a baldacchino. Poi la casetta delle bambole e il piccolo pianoforte giocattolo che mi costruì mio nonno quando avevo solo sei anni.

Fu una meraviglia rimmergermi nel mio passato.

Dopo qualche altro minuto, decisi di ritornare in cucina. Apparecchiai la tavola e aiutai mio padre a servire i piatti e a riempire una caraffa di vetro dipinta con delle margherite, con della coca cola.

Io e il mio genitore passammo gran parte del pomeriggio insieme, gustando un ottimo pranzo e un delizioso caffè in stile italiano sul nostro balconcino. Giunta la sera, decidemmo di organizzare una maratona di film, tutti avente come protagonista Marlon Brando, il suo attore preferito.

-Beh papi, mi stavi dicendo al telefono, qualche giorno fa...di una certa signorina Ford...- lanciai questa frase, mentre stringevo tra le mani una grande tazza di cioccolata calda.

-Sì...infatti, mia dolce Jane. E' la maestra di Robert ed è una donna davvero deliziosa. E' anche molto bella, ha dei bellissimi capelli biondi e degli occhi quasi meravigliosi come i tuoi.- mi accarezzò con l'indice una guancia.

-Oh...vedo che c'è tanta stima nei suoi confronti. E allora perché non vi organizzate e uscite insieme qualche volta?

Puntò il suo sguardo sulla televisione.

-Beh tesoro mio...è difficile...non ci riesco. E' come se il mio cuore non riuscisse a dimenticare tua madre...

-Papà...quella donna non è definibile madre, per cui chiamala con il suo nome e basta. Sai...a volte non è tanto il cuore a non voler dimenticare una persona, quanto la nostra testa, il nostro cervello. Ma noi dobbiamo cercare di far funzionare entrambi né solo uno né solo l'altro, perché in un modo o in un altro ci faremmo male, per cui...che ne dici di chiamare questa signorina Ford?- lo guardai.

Lui tornò a guardarmi senza dire niente, in un silenzio carico di significato. Poi mi sorrise e passando un braccio attorno le mie spalle mi strinse forte a sé, dandomi un bacio sulla testa, esattamente come quando ero piccola.

Volevo tremendamente bene al mio papà, e senza lui non sarei stata la stessa.

-Ti prometto che ci penserò.- era già un passo avanti.- E senti...è proprio vero che non è ancora arrivato il principe azzurro? Quando ti son venuto a prendere alla stazione avevi un sorriso un po' ebete.- cambiò discorso, concentrandosi su di me.

-Come? Davvero?

Potevo giurare di non essermene accorta.

-Sì sì...non la finivi di sorridere...era solo perché eri felice di aver rivisto il tuo vecchio?- mi alzò il mento sorridendo.

-Oh beh...-mi schiarii la voce, sentendomi arrossire.- forse non era solo per quello!- ammisi.

Con mio padre non avevo mai avuto problemi a confessare tutto ciò che mi riguardasse, neanche la mia vita sentimentale.

-Oh oh...e allora perché al telefono mi hai detto di non aver ancora trovato il tuo principe?- mi domandò sorridendo.

-Ma perché non c'è nessun principe...è solo un ragazzo con cui sto uscendo qualche volta...

-Ah-ha allora c'entra un ragazzo...e come si chiamerebbe?- assunse ora un'espressione da finto geloso.

-Terence.

-Ah che bel nome... dunque stavi parlando al telefono con lui prima che mi vedessi?

-No! Perché?

-Beh stavi sorridendo...- constatò, curvando le sue labbra.

-No...è uno speaker radiofonico e casualmente sono capitata nella radio dove lavora e allora...

-Ascoltando la sua voce ti sei emozionata.- concluse per me.

-Ma non emozionata...cioè...

-Jane ti piace?- mi colse alla sprovvista.

-Papà...non lo so...forse...mi attrae molto, ma lo conosco da troppo poco tempo per poter dire se mi piace o meno.- distolsi il mio sguardo dal suo.

-Capisco. E cosa mi puoi dire di lui?

-E' figlio di una famiglia di imprenditori...a quanto mi hanno detto piuttosto famosa in Scozia: gli Ashling. Conosci?

Vidi che posò un indice sul mento e rimase a pensarci.

-Mhm...sì, credo di averli sentiti.

-Già, sono proprietari di un'industria di pneumatici! Poi posso dirti che è elegante, gentile, ma anche freddo e a tratti scontroso, e sì anche...- mi schiarii la voce.- cieco.

Gli occhi di mio padre interruppero il contatto visivo con la televisione per guardarmi.

-Oh...mi dispiace, povero ragazzo! E sai come lo è diventato? Oppure lo è dalla nascita?- sembrava davvero incuriosito.

-Lo è diventato circa sette anni fa, ma non ne so il motivo.

-Comprendo.- mi sorrise accarezzandomi i capelli.- sai che dal tuo tono di voce noto che tieni molto a questo ragazzo?

Lo guardai sgranando gli occhi.

-Davvero? Eppure lo conosco da poco e a volte dice cose che mi fanno innervosire.

-Chiamalo sesto senso da papà.- mi fece l'occhiolino.

***

-Jane e la vuoi smettere, cavoli! Un altro po' e so anch'io a memoria il tuo articolo.- sbraitò, passandosi una mano nei capelli, Vincent.

Forse aveva ragione a rimproverarmi. Il nervoso mi stava divorando e nell'attesa che il mio capo mi chiamasse per vedere il mio articolo, stavo rileggendo a voce alta ciò che avevo scritto molte volte, per essere certa di non avere sbagliato con la punteggiatura o con la grammatica.

Alla fine nel fine settimana, avevo concluso al cento per cento il mio lavoro, ma non mi sentivo ancora sicura.

-Scusa...- dissi sospirando.

-Ma no stai tranquilla, Jane! Leggi quante volte vuoi il tuo lavoro...sappiamo che puoi aggiudicarti la prima pagina...giusto Vincent?- domandò Barbie guardando storto il mio collega biondo, che senza risponderle si allontanò dicendo di andare a prendere un caffè.

-Grazie B.- le andai incontro abbracciandola.

-Ma figurati gioiellino, quando vuoi.- mi accarezzò i capelli facendo tintinnare i suoi ciondoli.

-Dai su, che oggi nell'azienda circolano un sacco di bei pollastrelli.- mi fece notare.

Già...ormai tutti i modelli e tutte le modelle erano arrivati all'Edinburgh Fashion Magazine, solo che io ero troppo stressata per potermi godere l'attimo.

-Sì hai ragione.- le sorrisi, ritornando a sedermi.

-Vuoi anche da me un abbraccio orsacchioso?- mi chiese Freddie appoggiandosi alla mia scrivania.

-Perché no!- fu la mia risposta.

Mi alzai e strinsi anche lui. Sentire il profumo di muschio del suo maglioncino turchese, mi riportò alla mente piacevoli ricordi riguardo alla nostra storia.

-Sono certo che George ti farà i complimenti. Il tuo articolo spaccherà tesoro.- mi diede un bacio sulla guancia prima di allontanarsi.

Era bello essere circondati da persone come loro.

Dopo pochi altri minuti, quell'acido di Price ritornò.

-Ho incontrato il capo per i corridoi...ha detto di andare nel suo ufficio per mostrargli il tuo articolo e di portargli un bicchiere di caffè macchiato ben zuccherato.

Tzè ma sentite al mio capo! Non so...voleva anche una brioche?

-Okay...grazie.- risposi al mio collega.

Sistemai i fogli del mio articolo facendo combaciare ogni angolo. Poi li inserii in una bustina di plastica.

Rivolsi un'ultima occhiata ai miei compagni di sventura ricevendo un occhiolino da Steve, la biondina e dal mio ex, e poi mi allontanai.

Il tragitto ufficio-macchinetta di snack e bevande non era molto lungo, peccato però che trovai una sfilza di stangone e stangoni bellissimi a circondare quella macchina forni cibo.

Mi schiarii un attimo la voce per far sì che qualcuno si spostasse per permettermi di prendere quel dannato caffè. Per fortuna riuscii ad avvicinarmi e a digitare il numero della bevanda per quel sadico.

Aspettai i secondi che il bicchiere si riempisse, guardandomi attorno. Uffa mi sentivo una tappa in mezzo a così tante belle ragazze.

Dopo che il bicchiere fu pieno, lo presi con delicatezza facendo in modo che non sporcasse il mio amato lavoro, ma nel momento in cui mi voltai per andarmene, mi scontrai con un ragazzo...a torso nudo.

Inutile dire che il caffè mi scivolò dalle mani, andando a sporcare la punta delle mie francesine, parte dei jeans del ragazzo che avevo di fronte e persino la bustina in plastica del mio articolo. Menomale che avevo deciso di proteggere i fogli inserendoli lì dentro, altrimenti avrei combinato un inferno.

Ora dovevo anche andare a pulirmi le scarpe. Fantastico!

-Scusami, scusami tanto.- disse la voce di quel distratto.

Alzai il mio capo scontrandomi con due occhi grigi con il mare.

Wow...era un ragazzo bellissimo. Sicuramente uno dei modelli Klein.

-Non fa niente.- mi limitai a dire, riabbassando lo sguardo e allontanandomi.

Sentii qualche modello ridacchiare...forse per l'incidente con il caffè.

-Ti posso ripagare almeno il caffè...mi spiace davvero.- mi fermò.

Già come una stupida volevo andarmene senza portare niente a quel decerebrato di George.

-Non c'è problema...faccio io.- dissi riavvicinandomi alla macchinetta.

-Permettimi almeno di sdebitarmi in un altro modo...magari stasera a cena?- insisté, porgendomi un fazzoletto per pulirmi le mani, che accettai.

-No grazie...non è successo nulla, davvero...!- tentai di sorridere rispingendo il numeretto "4" per avere quella bevanda combina guai.

-Sono stato così sbadato, perdonami...stavo parlando con un mio collega e non ti ho vista. Comunque io sono Christopher, Christopher Wilson, piacere di conoscerti.- mi tese la mano.

Gliela strinsi e poi presi il nuovo bicchierino.

-Jane, Jane Ryan...piacere mio!- sorrisi.

Dopodiché mi allontani, riprendendo il mio cammino.

-Jane e per la cena?- mi si parò davanti il modello.

Non gli avevo già risposto? Che faceva? Ci provava con me? Davvero?

-Non preoccuparti...ho detto che è tutto a posto. Ti sei sporcato anche tu i tuoi jeans per cui...siamo pari.

-Per favore...insisto.

-Ci penserò.- mi limitai a rispondergli.

Ci voleva solo questo a farmi perdere tempo!

-Questo è il mio biglietto da visita. Se cambi idea, chiamami.

E fu così che mi lasciò con quel pezzetto di carta tra le mani.

CONTINUA...


Ciao ragazzi ^__^

Grazie a chi legge, e vota questa storia! Auguri di Buone Feste :)


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