Capitolo sei
AD OCCHI CHIUSI
Capitolo sei
"Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici." -KHALIL GIBRAN-
La settimana trascorse fortunatamente in fretta, senza nessun particolare avvenimento degno di attenzioni.
Venerdì era arrivato. Oggi mi sarei dovuta incontrare con Terence, finalmente.
Il mio articolo era quasi pronto, avevo sgobbato come un mulo ogni giorno, finendo a mangiare solo qualche misero biscotto per cena, per non perdere tempo.
Avevo consumato quasi un intero tubetto di correttore per eliminare, o almeno cercare di eliminare, quelle maledette occhiaie che rendevano il mio volto più simile alla sposa cadavere dell'omonimo film d'animazione di Tim Burton.
Dovevo però aggiungere, che ad aumentare il mio livello di stress, c'era il fatto che non riuscivo a togliermi dalla mente la ragazza bionda che avevo visto con Terence qualche sera prima.
So che a me non avrebbe dovuto importare niente, ed era così infatti..., ma qualcosa di inspiegabile dentro di me mi spingeva a torturarmi la mente nel capire chi sarebbe potuta essere quella persona. Come se non bastasse, la mia testa era anche torturata dalla curiosità: come facevano tutti i miei colleghi a sapere della famiglia Ashling? Perché era chiaro che tutti loro conoscessero questa famiglia. E perché io non sapevo nulla? Dovevo assolutamente togliermi ogni dubbio, e se nei giorni passati non ero riuscita a ritagliarmi del tempo per chiedere loro come facessero a conoscere quelle persone, per via del troppo lavoro, beh...oggi l'avrei fatto...!
Aggiunsi delle foto all'articolo, poi osservandomi attorno diedi un'occhiata ai miei compagni d'avventura. Freddie stava aiutando Steve con il suo computer fisso, Vincent stava mangiando una Donut con della cioccolata e delle scaglie rosa sopra, e Barbie stava pigiando i tasti della sua tastiera velocemente...probabilmente intenta a scrivere un nuovo ariticolo.
Dopo un po' mi schiarii la voce, attirando l'attenzione di tutti.
-Ehm, scusate ragazzi, posso farvi una domanda?- chiesi guardando, uno per volta, i visi di tutti.
-Certo cara!- mi sorrise cordiale la futura sposa.
-Sì...ehm, mi chiedevo come mai voi tutti conosciate la famiglia Ashling e io no! O meglio, l'altro giorno al ristorante mi è sembrato di capire che voi conosciate Terence e suo fratello, ma sono così famosi? Perché io non ne ho mai saputo niente?
Tutti si lanciarono degli sguardi d'intesa.
-Te lo spiego io, cara Jane, il perché.- rispose Vincent, appoggiando la sua ciambellina su un fazzoletto, sulla sua scrivania,- vedi, uno dei tuoi più grandi difetti è che per essere una giornalista, tu scrivi giornali ma non li leggi. Perché se così fosse, ti sarebbe sicuramente capitato sotto mano, circa sei-sette anni fa, un giornale avente come testata il cognome Ashling. Questa famiglia era ,ed è, una delle più importanti in tutta la Scozia. Philippe Ashling, il "capo",- mimò con le dita le virgolette, avvicinandosi a me.- era un imprenditore di successo, fondatore dell' Ashling Corporation, una delle più importanti industrie di pneumatici e pezzi interni di automobili di tutta l'Europa. Beh...anni fa, la famiglia fu scossa da vari problemi, c'era chi parlava di banca rotta, chi di liti familiari, poi si sentì parlare anche di una forte rottura e una grave disgrazia, ma...va anche detto, che non si riuscì a capire molto in quanto i giornali, sia cartacei che online, furono tutti eliminati in brevissimo tempo. Il caso Ashling finì perfino in qualche telegiornale locale. Terence e suo fratello erano al centro dell'attenzione, in quanto erano i probabili successori di Philippe, ma ripeto...purtroppo si sa molto poco in merito.
Rimasi meravigliata nell'ascoltare tutte queste notizie. Dunque, era così potente questa famiglia? Ma poi Vincent era davvero a conoscenza di tutte queste cose? Wow...e io che qualche tempo prima chiesi solo a Barbie cosa sapesse degli Ashling...qui tutti sapevano tutto di tutti.
-Ma se voi conoscete bene questa famiglia e i suoi problemi, come fate a non sapere chi è quella bionda che trovammo al ristorante?
-Beh Jane,- ora era il turno di Steve,- sono pur sempre passati molti anni, e comunque tolsero subito i giornali, come ha detto Price. Quel che sappiamo, lo sappiamo solo per via del fatto che all'epoca era una famiglia molto in vista...certo anche ora lo è, ma...anni fa erano molto famosi in certi ambienti, e poi noi conosciamo solo fatti riguardanti il passato non il presente.
-E comunque, come già dissi, volendo potrebbe anche essere sua sorella...sappiamo che sono tre i figli Ashling e la più giovane potrebbe essere stata minorenne all'epoca dei fatti, e dunque neanche citata negli affari di famiglia.- continuò Barbie.
-E non sapete neanche perché è cieco?
-No! Furono bruciati ed eliminati subito tutte le cose che potevano riguardare quella famiglia. Si seppe solo che uno dei due figli era diventato cieco, ma davvero poco altro...- rispose Price.
-Ma scusa perché non rivolgi direttamente a lui, la domanda? Vi state conoscendo, no?- domandò Freddie.
Da quando ci eravamo lasciati, era come se si sentisse in colpa per avermi mollato in quel modo, e quindi ogni volta che sapeva che conoscevo un nuovo ragazzo, mi dava consigli e mi spronava a conoscerlo meglio.
-Lo farò...in ogni caso, grazie ragazzi! Mi avete fatto sapere ciò che mi serviva.
-Ma perché non provi a fare qualche ricerca sul web?- propose Vincent.
-Sul web? Dite che potrei trovare qualcosa?
-Beh è possibile! Ripeto era ed è una delle famiglie più in vista.
Annuii con il capo, poi dopo qualche sorriso, riprendemmo tutti il nostro lavoro.
Non sapevo se fare qualche ricerca sul web mi avrebbe effettivamente aiutato a capire qualcosa di più su questa famiglia, ma non mi permisi di fare nulla, ugualmente. Avrei conosciuto Terence pezzo dopo pezzo, senza pc o altro, non mi sarebbe sembrato corretto nei suoi confronti.
***
Okay il mio turno di lavoro, per oggi, era concluso.
Ridiedi un'ultima occhiata alla mia immagine riflessa nei grandi specchi del bagno dell'Edinburgh Fashion Magazine.
Avevo deciso di vestirmi in un maniera abbastanza sobria, con un Tailleur Pantalone nero abbinato a una camicia con volant bianca e a delle ballerine scure.
Mi ravvivai con la mani i capelli, mi ritoccai il lucidalabbra e poi uscii.
L'azienda era quasi vuota, e io mi affrettai a varcare la grande porta in vetro che mi separava dalla strada.
Un macchina nera e lucida era parcheggiata proprio di fronte ai miei occhi così come la figura slanciata ed elegante di Terence che, appoggiato alla portiera, sembrava guardare davanti a sé.
Sembrava strano vederlo, dopo aver ascoltato cose sulla sua famiglia.
Mi schiarii la voce.
-Buonasera Terence, spero di non averti fatto aspettare troppo.
-Oh Jane, salve. No, siamo qui da poco, tranquilla. Prego.- concluse aprendomi lo sportello ed accomodandosi nel profumato abitacolo della sua Lamborghini, dopo di me.
-Salve Harrison. Come sta?- domandai osservando l'anziano autista allo specchietto anteriore.
-Oh molto bene, signorina. E lei?- ricambiò il mio sguardo e poi mise in moto.
-Tutto a posto, grazie.- l'uomo mi sorrise.
Poi il viaggio continuò in maniera silenziosa.
-Ci metteremo molto?- domandai osservando Terence, vestito in una maniera impeccabile, come sempre, con un completo grigio e una camicia di un pallido rosa.
-Circa un quarto d'ora.
-Bene.
-Signore, gradirebbe se accendessi la radio?- chiese Harrison, rivolgendosi a Terence.
-Beh ci sono uscito un'ora fa da un radio, Harry...ma se Jane, vuoi ascoltare qualcosa, chiedi pure.
-Oh sì, ho sempre amato ascoltare la musica mentre sono in viaggio! Harrison può cercare una radio con musiche anni ottanta?
L'autista accese lo stereo, e dopo un po' di tentativi trovò una radio che faceva al caso mio, da cui trasmisero Beat it di Michael Jackson.
-Oh, guarda! Non mi hai detto che ti piace Michael?- chiesi, canticchiando il ritornello.
-Sì infatti.- sorrise, probabilmente sentendomi cantare.
Mimai anche con le mani una chitarra, amavo questa canzone. Harrison scoppiò a ridere.
-Perché ridi, Harry?- chiese Terence, nel suo solito tono freddo.
-Oh signore, nulla...ma la signorina Jane sta muovendo le mani come se avesse una chitarra, ed è molto divertente.
Risi anch'io...continuando il mio piccolo "concerto".
Terence girò il capo verso di me, sorridendo.
-Peccato non possa vederti.- sibilò sottovoce...ma riuscii a sentirlo lo stesso.
Poi quando la canzone finì, ci fermammo ad un semaforo rosso. Ora c'era una canzone degli Spandau Ballet...ma non mi erano mai molto piaciuti.
Dopo qualche minuto, Terence prese parola.
-Harrison?
-Sì signore?
Io rimasi a guardare fuori dal finestrino.
-Com'è oggi Jane? E' vestita bene? La ritiene sufficientemente bella?
Girai il capo sorpresa. Ma cosa diamine stava chiedendo?
-Terence, ma cosa cavolo...sei impazzito?- gli chiesi, cercando di rimanere calma.
-Calma Jane, non ho chiesto nulla che possa irritarti. Sto solo ponendo un'innocente domanda al mio autista.
Ma come faceva ad essere sempre così ...composto?
-E tu la chiami innocente domanda?! Stai solo chiedendo a qualcuno di porre un giudizio su di me...scusami!
-Eh beh Jane, non scorgo nulla di altamente dannoso per te, dunque Harrison?
Potevo prenderlo a schiaffi? Sbruffone, antipatico, rompiscatole e bla, bla, bla.
-Terence! Potrei risultare io altamente dannosa per te, se continui con queste domande stupide e inopportune. -Sbraitai nervosa e imbarazzata.
Terence di tutta risposta continuò a "guardare" seriamente verso il suo autista.
-No signorina, si calmi... dunque...- Harrison si schiarì la voce, chiaramente imbarazzato,- è vestita benissimo, signore! E poi è una vera bellezza...una delle ragazze più semplici ma allo stesso tempo più affascinanti che abbia mai conosciuto.
Sentii le guance arrossarmi. Wow...certo che quell'uomo era stupendo. Che bellissime parole. Aveva fatto scomparire la mia precedente irritazione in poche semplici frasi. Perché Terence non era così?
-Oh... grazie mille Harrison, lei è davvero una persona bellissima.- gli sorrisi.
L'uomo ricambiò il gesto e poi continuò a guidare, il testardo invece aveva il viso volto al finestrino...ero sicura che stesse ridendo, però.
Dopo pochi altri minuti, l'auto si fermò davanti ad un'imponente struttura bianca su cui svettava la scritta: "The house of the rising sun"- clinica-centro di riabilitazione.
Dopo che scendemmo, salutai l'anziano autista, e prima che Terence varcasse la porta della clinica, lo fermai per un polso.
-Si può sapere perché hai fatto una domanda del genere ad Harrison? Potevi benissimo chiedere a me come fossi vestita.
Si voltò nella mia direzione, liberandosi dalla mia presa. Poi si avviò vicino alla grande porta in legno della clinica, ma prima di oltrepassarla, mi rispose.
-Infatti non ho chiesto solo come tu fossi vestita, anche se effettivamente non mi ha risposto...ma se ti ritenesse bella, e a questa domanda tu mi hai già detto la tua, e volevo sapere cosa ne pensasse il mio autista...perché sai, Harrison è la persona più sincera che conosca. -poi varcò la soglia.
Pronta per ribattere, mi fermai a fare due più due. Dunque Terence aveva chiesto al suo autista di dirmi se mi ritenesse bella, e quest'ultimo aveva risposto che mi trovava affascinante. Poi lui aveva aggiunto che il suo autista era sincero. Possibile che fosse un modo indiretto per farmi avere un complimento? Terence sapeva che il mio livello di autostima non era molto alto, quindi...forse il suo voleva essere un gesto cortese...bah, avevo già detto che era un tipo strano?!
Lo raggiunsi, sorridendo tra me e me.
Poi lo vidi chiacchierare con una donna dal caschetto nero.
Mi avvicinai, e lo sguardo della donna si posò su di me. Mi schiarii la voce, per far notare allo spaccone che ero arrivata al suo fianco.
-Bene Mary Margaret, lei è Jane Ryan, giornalista per l'Edinburgh Fashion Magazine. Siamo qui oggi, perché lei vorrebbe porre qualche domanda ad alcuni dei miei vecchi amici, in merito ad un lavoro che le è stato assegnato.
-Sì infatti. Se per la clinica non è un problema, vorrei fare alcune domande a dei pazienti che presentano delle disabilità fisiche. Vorrei conoscere quel è il loro rapporto con la moda, per un servizio che mi è stato assegnato.
La bruna, nota come Mary Margaret, annuì con il capo guardandomi.
-Certo, certo! Nessun problema. La pregherei solo di non porre troppe domande ai pazienti...sono persone che hanno dei problemi, e sentirsi sottolineare di continuo i loro handicap, aggrava la loro situazione psicologica, quindi non si trattenga molto. E inoltre preferirei che non fosse fatto il nome della clinica.
Sbagliavo o il suo tono di voce era antipatico? Bah...non mi piaceva molto questa tipa.
-Assolutamente, signora, promesso.
-Beh le promesse dei giornalisti non sono mai da prendere troppo sul serio, ma lei ha una faccia pulita, quindi le darò fiducia. Angela, accompagna Terence e la signorina al quarto piano, per favore.- concluse rivolgendosi a una giovane donna dai capelli rossi coperti da un capello da infermiera, bianco.
Ero abituata ai pregiudizi che la gente faceva sulla classe dei giornalisti, quindi mi limitai a guardarla e a rimanere in silenzio. D'altronde come diceva Einstein: "E' più facile spezzare un atomo che un pregiudizio".
Appoggiai la mia mano sul braccio di Terence, come da lui chiesto, e poi salimmo in un ascensore.
Il centro di riabilitazione non era per nulla sgradevole. Certo l'odore di medicinali e farmaci, sottolineavano il fatto che si trattasse di una clinica, così come le candide pareti e le semplici e tipiche piante verdi ospedaliere, ma per il resto il clima era piacevole.
-Angela, potresti accompagnarci alla camera sette? Vorrei che la mia amica intervistasse Tony e gli altri.
La donna annuì, poi ci scortò davanti ad una stanza, a cui bussò. Aprì la porta e davanti ai miei occhi mi si presentarono tre persone. Un uomo, sui cinquant'anni, sulla sedia a rotelle intento a giocare a carte con una donna, sua coetanea probabilmente, stesa su un letto e coperta da un lenzuolo bianco, e una donna più giovane invece, che distesa su un altro letto aveva un libro in mano e che, con le palpebre chiuse, tastava con l'indice riga per riga. Che fosse cieca?
-Ragazzi, avete visite! E voi giovanotti, potete rimanere solo un'ora.- esclamò l'infermiera, prima di chiudere la porta e andarsene.
-Terence, figliolo. Vieni giusto in tempo per la partita!- esclamò l'uomo sulla carrozzella.
Guardandolo meglio mi accorsi che aveva due grandi occhi azzurri e una leggera barba brizzolata.
-Ehi Tony! Sai che mi piace farvi visita. Oggi, però, sono venuto non solo per farvi compagnia ma per chiedervi anche un favore. La ragazza al mio fianco,- gli occhi dei presenti si posarono su di me,- si chiama Jane Ryan, ed è una giornalista per l'Edinburgh Fashion Magazine. E' qui oggi con me, perché vorrebbe farvi qualche domanda in merito ad un progetto assegnatole...qualche obbiezione?
-Oh assolutamente no. Io amo quel giornale...ma a proposito mi chiamo Charlotte.- si presentò la donna che stava giocando a carte, mostrandomi un caloroso sorriso e aggiustandosi i tondi occhialetti sopra il naso.
-Io sono Tony.- mi strinse la mano l'uomo.
-E io sono Lizzy.- concluse la ragazza, secondo me cieca.
Strinsi la mano a tutti.
-Salve a tutti ragazzi, onorata di conoscervi. Come ha detto Terence, sono Jane e faccio la giornalista. Il mio capo mi ha affidato un compito secondo il quale devo informarmi circa il rapporto tra l'universo della moda e quello delle disabilità. Il mio articolo è quasi concluso, ma vorrei terminarlo definitivamente aggiungendoci delle testimonianze di persone di tutti i giorni, che vivono la quotidianità come voi. Se mi date il vostro permesso vorrei farvi qualche domanda.
-Per me, come ho detto, va benissimo, se vuole può iniziare da me.- esclamò entusiasta Charlotte, posando le carte sul comodino accanto a sé.
-Neanche per me ci sono problemi...potremmo diventare famosi...ma Charlie, non pensare che la partita finisca qua, a dopo.- disse Tony, allontanandosi sulla sua sedia, e prendendo un giornale da sotto il suo cuscino.
-Sì sì vecchiaccio, vedrai che round...- rispose orgogliosamente la donna.
Risi così come Terence per il tono di voce che usarono queste simpatiche persone.
-Per me, anche, va bene.- rispose la ragazza con il libro in mano.
-Benissimo! Dunque...- presi il mio quadernetto e la mia penna,- iniziamo dalla domanda fondamentale: Qual è il suo rapporto con la moda, Charlotte?- domandai prendendo una sedia che trovai vicino a una finestrella.
Terence invece, rimase vicino alla porta.
-Oh beh,- mi sorrise timidamente,- io amo lo stile di Marylin Monroe e di Audrey Hepburn...quando ero una ragazza ero solita vestire con gonne ampie e camicette che mostrassero il mio vitino da vespa...purtroppo, poi...anni fa mi ammalai di una malattia che implicò l'amputamento delle gambe. - si scostò il lenzuolo bianco mostrando dei pantaloni di pigiama, riempiti fino al ginocchio, per il resto vuoti...mi sentii stringere il cuore.
-E adesso, sono costretta a farmi aiutare sempre, e a stare seduta su una sedia a rotelle. Non ho più un rapporto con la moda. Mia figlia, ogni due mesi fa shopping anche per me, comprandomi qualche maglietta o qualche vestito, ma sono sincera se le dico che indosso unicamente una gonna che indossavo anche quando potevo camminare, ma è lunga e larga! Amo vedere sfilate, leggere riviste di moda come quelle per cui lei lavora, ma...ormai non sono entusiasta come un tempo per queste cose...insomma, mi guardi...non ho più le gambe...cosa potrei più mettere e mostrare?
-Beh signora, io la sto guardando e, me lo lasci dire in tutta onestà, vedo una donna davvero bellissima.- gli occhi della donna si palancarono, sorpresi e emozionati.- Posso immaginare che ora le cose siano cambiate, ma guardi...-estrassi dalla borsa le foto che feci nell'ufficio di McDuff.
-Oh meravigliose...guarda Tony.- Charlotte prese le foto e le diede in mano all'uomo.
-Forti quelle cravatte. - esclamò Tony.
-Già...avete visto?...Questi modelli sono persone su sedie a rotelle, presentano dei problemi a livello fisico, eppure...guardate quanta classe e quanto stile mostrano. Purtroppo, va detto, che nei tempi d'oggi si ha un canone di bellezza che spinge a dover indossare unicamente certe taglie e a dover indossare solo alcune cose, ma...si fidi se le dico, anzi se vi dico, che vi vedrei benissimo con questi vestiti.
-Grazie signorina, è gentile! Ma non è facile, sa?- mi chiese l'uomo.
-Posso immaginarlo signor Tony, ma quando la vita mette davanti dei grandi ostacoli come quelli che vi siete trovati voi, beh...dovete essere grintosi, forti...guardare il mondo a testa alta, perché non siete inferiori a nessuno. Anche voi potete concedervi dei capi di alta moda...vi faccio un esempio, tramite mie ricerche vi posso citare Jillian Mercado, giornalista nonché modella ventiseienne, presa per una campagna di moda per la Diesel. Questa ragazza soffre di distrofia muscolare e a causa di questo è costretta a stare sulla sedia a rotelle, ma fidatevi se vi dico che è davvero fashion.
-Oh soffre del mio stesso problema, allora.- disse Tony.
-Mi piace questa ragazza, Terence, hai fatto bene a portarcela. – esclamò Lizzy.
Mi alzai in piedi e mi avvicinai al suo letto, notando che aveva le pupille biancastre e che aveva il capo non volto verso di me.
-Grazie Lizzie. Che dici, vuoi parlarmi tu ora del tuo rapporto con la moda?
Mi permisi di dirle del tu, perché sembrava più giovane di me.
-Sì sì, volentieri! Io sono cieca, quindi dal punto di vista fisico posso indossare qualsiasi capo, nel senso che fortunatamente non ho nessun problema, come purtroppo i miei amici di stanza. Ma è ugualmente difficile il mio rapporto con i capi d'abbigliamento. Purtroppo...non mi funzionano gli occhi, come faccio a scegliere un vestito piuttosto che un altro? Posso dirle, però...che mi aiuta il tatto in queste situazioni.
-In che senso?- domandai prendendo appunti.
-Beh con le dita tocco i materiali, tocco i particolari che possono esserci, i bottoni, i filamenti che possono non essere cuciti bene, le tasche, le rifiniture, la lunghezza...l'unico problema sono i colori.- ci rise sopra, aggiustandosi una ciocca dei lunghi capelli castani, dietro l'orecchio.
-Capisco...quindi ti fai aiutare da qualcuno?
-Sì da mia sorella. Ora non faccio shopping da circa tre mesi, perché sto facendo degli esercizi...diciamo così, per riabilitarmi...non sono cieca da molto tempo, perciò ho bisogno di tempo e aiuti.
Buttai un occhio sul libro che stava leggendo e che ora era posato sulle sue gambe. Notai presentare dei pallini in rilievo...il sistema Braille.
-Ho capito! Dunque signori, se non ho capito male...tutti avete problemi con i capi d'abbigliamento! A parte Lizzy, lei Tony e lei Charlotte avete maggiori difficoltà a scegliere dei capi che vi stiano sia comodi e che vi piacciano?
Mi alzai dal letto di Liz e mi avvicinai a Tony e Charlotte.
Terence, intanto si era avvicinato alla finestra e aveva il capo rivolto davanti a sé.
-Sì...è esatto. Quando mio figlio, la domenica, mi porta al centro commerciale ho sempre difficoltà nel trovare dei pantaloni comodi e eleganti...tutti i materiali sono come...duri e stretti. Mi scoccia essere costretto sempre a indossare ridicoli pantaloncini con stampe hawaiane, ma che sono elasticizzati e quindi più comodi.
-E poi sa cosa?- intervenne Charlotte,- le commesse...appena mi vedono è come se vedessero un fantasma...non sanno consigliarmi, si allontanano, mi propongono capi scialbi...e la difficoltà nell'indossare i pantaloni e le gonne, signorina, lei la sa? No, non le dico...una difficoltà immane.
Annuii col il capo.
-Posso immaginare... mi è tutto chiaro.
Dopodiché osservai il mio orologio da polso, notando che si erano fatte già le sei e mezza.
-Quindi signorina, adesso cosa scriverà?- mi domandò Tony.
-Beh, la verità. Voglio che questo articolo di giornale mostri tutti i lati della moda, soprattutto quelli negativi. Il rapporto tra l'universo degli handicap e quello del fashion è un rapporto, al momento, parallelo...non ci sono molti punti di contatto. Ecco io vorrei sottolineare che si dovrebbe fare di più per le persone come voi, o anche per la gente di tutti i giorni che non ha un fisico da modella. Certo ho anche notato che ci sono delle campagne che si occupano della moda per persone con handicap, ma si può e si deve far di più.
-Ma i giornalisti stravolgono sempre la verità...lo farà anche lei?- mi domandò Lizzie.
-No, Liz, ti prego...non fare dei pregiudizi sulla mia classe lavorativa anche tu...mi basta Mary Margaret.- scherzai.- Comunque...no, sono una persona onesta e scriverò la verità...senza stravolgere nulla, anche perché, sebbene io ami la moda, so che non è un mondo meraviglioso, come tutte le rose belle ha anche lui le sue spine.
-E' in gamba Jane, brava. – mi sorrise Charlotte.
-Le va una partita a carte?- mi propose Tony.
Guardai Terence anche se lui non poteva guardarmi.
-Che dici Terence, posso farla?
-Non mi permetterai mai di decidere per te. Vorrà dire che io, nel frattempo, leggerò con Lizzy. Vero ragazzina?- si avvicinò al letto della brunetta.
-Oh certo Terry. – sorrise la ragazza.
E fu così che trascorremmo la restante parte della nostra ora.
Ovviamente la partita a carte fu vinta da me e Charlotte, mentre Terence scorrendo l'indice sulle righe del libro, leggeva a Liz. Sembrava felice e lo vedevo anche sorridere.
-Bene, Jane. – si schiarì la voce ,ad un certo punto.- Se per te è tutto, direi di andare.
Avvicinò il suo orologio da polso all'orecchio e dopo aver spinto un bottoncino, una voce meccanica disse : "Sono le sette e venticinque minuti."
-Come potrai aver sentito sono le sette e venticinque, dunque fra cinque minuti finisce il turno delle visite.
-Oh capisco...e allora, niente...grazie ragazzi per l'aiuto. Spero di non essere risultante stressante, invadente o altro...
-No, assolutamente. Grazie signorina per le belle parole.- mi rispose Charlotte.
-Sì è stata forte.- aggiunse Tony.
-Mi piace proprio.- concluse Lizzy.
Sorrisi. Amavo quando le cose andavano così.
-Grazie a voi di tutto cuore. Vi prometto che sfornerò un articolo ineccepibile e farò anche un bel po' di cattiva pubblicità alle case di moda snob con le taglie impostate. Alla prossima.
-Alla prossima, ciao Jane. E ricordati di portarci una copia del tuo giornale.- concluse Charlie.
Annuii.
Mi salutarono e uscii, mentre Terence rimase a salutare i suoi amici. Riuscii persino a sentire, da parte di Tony, un "non lasciartela scappare". Ridacchiai fra me e me.
La risposa di Terence però non riuscii ad ascoltarla. Proprio in quel momento passò l'infermiera per farci andare.
***
Usciti dalla grande porta della clinica, una fresca folata di vento ci accarezzò. Alzai il capo al cielo, notando che nel manto già scuro, delle tetre nuvole violacee coprivano le stelle. Pioggia in arrivo! Eppure in mattinata c'era stato anche il sole, però ad Edimburgo era così...nuvoloni e pioggia frequenti.
-Comunque,-si schiarì la voce Terence,- a Mosca, in Russia, so che tra gli eventi legati alla Mercedes Benz Fashion Week, c'è stata una sfilata dedicata alle diversità. Persone affette da nanismo, in sedie a rotelle o altro, hanno indossato i capi delle migliori firme.
-Davvero?- domandai curiosa.
Questo non l'avevo trovato. Forse lui ne sapeva qualcosa per via dell'automobile: la Mercedes. Nel pomeriggio avevo scoperto che la sua famiglia si occupava di macchine.
-Sì.
Annuii tra me e me, sarei andata ad informarmi meglio. Dopo qualche secondo mi squillò il cellulare.
-Ehi Abbie, dimmi tutto.
-Ciao baby. Stai ancora lavorando?
-No, sono appena uscita dal centro di riabilitazione, e quindi ho finito per oggi.
-Oh capisco. Senti Tom e gli altri mi hanno chiesto se tu e Terence venite al solito locale, oggi.
-Ah...aspetta un secondo, che lo chiedo a Terence.
-Okay.
Appoggiai il cellulare sul mio petto e mi rivolsi a quel bell'imbusto.
-Terence, è Abbie. Mi chiede se andiamo al locale dove ci siamo incontrati questi venerdì.
Vidi che ci pensò un attimo.
-Tu? Ci vuoi andare?- passò la palla a me, adesso.
Bhe...sinceramente mi attraeva più l'idea di stare da sola con Terence, che stare insieme a Mary Anne e agli altri, con cui non avevo ancora tanta confidenza.
-Mhm...non tanto.
-Bene. Neanch'io allora. Non ci andremo.- rispose freddamente, ma...mi parve di vedere l'ombra di un sorriso sul suo volto.
-Ehi Abbie,- riavvicinai l'apparecchio all'orecchio.- No, non veniamo.
-Oh...volete uscire da soli come due fidanzatini, immagino...- ridacchiò.- bene, allora ci vediamo stasera a casa. Non so di preciso quando torno.
-Non farti strane idee tesoruccio,- risi- comunque sì, va bene. Un bacione e buona serata.
-Anche a te baby! Ciao...ah un attimo, quasi dimenticavo...
-Cosa?- domandai, quasi allarmata.
-Puoi chiedere a Terence se ha deciso il giorno in cui farmi vedere le sue macchine? Ti parlai dell'inserto che voleva aggiungere Sandra...
-Certo ti ho dato io il numero di Terence...aspetta un attimo, allora.
-Terence, Abbie mi chiede se hai deciso il giorno per farle vedere le tue auto.
-No. Dille che glielo riferirò appena possibile.
Riferii ciò che mi era stato detto, e dopo aver salutato Abbie, spensi il telefono e lo rimisi in borsa. Eravamo ancora davanti alla clinica.
-Beh...- mi schiarii la voce.- hai in mente qualcosa, oppure...ognuno torna a casa propria?
Ma perchè Harrison non c'era?
-Perché non vuoi andare al solito locale?- sviò la mia domanda, sorreggendo il suo "James" e iniziando a camminare davanti a sé.
E ora dove stava andando?
-Mhm...perché non mi trovo ancora molto bene con gli altri, cioè alla fine si vede che sono tutti fidanzati e io mi sento un po' a disagio a volte, poi c'è Mary Anne che sinceramente mi innervosisce e non poco.- ammisi seguendolo e posando la mia mano sul suo avanbraccio.
Lui allontanò la presa per poi prendermi per mano. A quel gesto sentii un attimo il cuore accelerare...ma perché accelerava?
-Capisco. Ah...ti dispiace se ti tengo per mano? Sai...ti facilito il tuo "lavoro" da guida.
-N-no certo che no!...E tu?- domandai a mia volta.
-Cosa io?
-Perché non vuoi andare al locale con gli altri?
-Beh io perché ormai conosco bene tutti i ragazzi, tranne te e Abbie, per cui...non mi sarei divertito molto. Poi quasi sempre si finisce che loro vanno a ballare e io rimango solo...quindi...
-Oh...certo che sono scortesi! Che razza di comportamento è mai questo?! Okay che sono tutti fidanzati, ma per lo meno possono rendere partecipe tutti visto che non sono solo loro.
Anche la prima volta che avevo incontrato Terence, erano andati a ballare lasciandolo solo. Non era un bel comportamento, secondo me.
-Ormai ci sono abituato...non bado più al comportamento di molta gente.
Continuammo a camminare.
-E dunque conoscevi già Tony, Lizzy e Charlotte?
-Sì, certo. Li vengo a trovare ogni venerdì.
-E vieni a trovare anche altre persone?- domandai, mentre lo aiutai a svoltare ad un bivio.
-Sì. Conosco molte persone in quella clinica. Ti ho presentato solo loro, perché sono i più...socievoli, diciamo così. Sapevo che avrebbero accettato felicemente di farsi intervistare.
-Oh capisco...e quindi anche tu sei stato qui, anni fa?
Strinse la presa sulla mia mano...lo sentii irrigidirsi.
-Sì.- mi rispose soltanto.
Okay, forse era meglio non toccare più questo tasto.
-Circa sei anni fa fui ricoverato in questa clinica...poi rimasi per svariati mesi, quasi un anno...per abituarmi alla mia nuova condizione.- continuò.
Evidentemente era un tasto dolente per lui parlare di queste cose, ma in un certo senso...si sentiva più leggero quando ne parlava.
-Quindi sei anni fa...diventasti cieco?
-Esatto.
Sei anni di oscurità, sei anni di nero, sei anni di buio.
Il cuore di Terence doveva essersi raffreddato molto...ma come biasimarlo, d'altronde.
-Comunque, grazie Terence per avermi aiutato con il mio progetto.
Girò il volto verso di me per qualche secondo, poi ritornò sulla strada di fronte.
-Non c'è bisogno di ringraziarmi. Mi devi un favore e quindi sei in debito con me.- sorrise malizioso.- E dunque il tuo lavoro è concluso?- cambiò discorso.
-Debito? Quale debito? In ogni caso sì, diciamo che ho concluso. Vorrei dare un'ulteriore occhiata a quel progetto di cui mi hai appena parlato, ma ormai ho raccolto abbastanza ricerche, foto e testimonianze da stilare un articolo come si deve. Lunedì prossimo il lavoro dovrà essere concluso, in quando martedì lo dovrò far controllare al mio capo, e tutta la settimana che si aprirà la userò per scrivere e preparare tutto il lavoro. Ma pensandoci tu mi dicesti di voler essere intervistato...vuoi ancora che ti ponga delle domande?
-No. Ho cambiato idea! E poi la mia versione non sarebbe molto diversa da quella di Lizzie. Anch'io mi aiuto con il tatto quando devo andare a fare spese, con l'eccezione che non mi aiuta mia sorella con i colori ,ma Harrison...devo dire che ha buon gusto quell'uomo.
-Comprendo. Ma, se posso chiedere, dove stiamo andando?
Ora ci fermammo ad un semaforo rosso. Guardandomi attorno mi resi conto che eravamo vicino alla New Town.
-Da nessuna parte, in particolare. Quando vengo a trovare alcuni miei vecchi amici in clinica, faccio aspettare Harrison. Generalmente, dopo la visita, facciamo una passeggiata insieme fino Princes Street. Ti va di farla con me?
Non conoscevo bene la zona, ma Terence sembrava essere molto sicuro della strada che stavamo percorrendo.
-Assolutamente sì. Ma, a proposito di Harrison, dov'è?
-Gli ho dato delle ore libere e quindi suppongo che sia con la donna che ama. L'hanno chiusa in un pensionato, povera donna!
-Oh, mi spiace! Sembra davvero un brav'uomo il tuo autista.
-Lo è, infatti! Ma dimmi, mi leggerai il tuo articolo, quando sarà pronto?- chiese, adesso.
-Se ti farà piacere, certo che sì...
-Bene! Sai Jane, si vede che ti piace molto il tuo lavoro.
-Sì? Ed è così infatti. Amo scrivere e amo la moda, e il mio lavoro è un connubio perfetto. E il tuo? Ti piace fare lo speaker radiofonico?
-Beh, tutto sommato non disdegno neanch'io il mio lavoro. Purtroppo non è che abbia molta scelta dal punto di vista lavorativo!...ma mi piace poter usare la mia voce e permettere alle persone che ascoltano la nostra radio di svagarsi un po', magari ritornando anche indietro nel tempo, con la musica di altri anni.
E che voce, la sua! Era calda, profonda e affascinante come lui.
-Sì, lavorare in una radio non deve essere per niente male!
-Sì, non è male per niente. E qual è l'articolo che più ti è piaciuto scrivere?
Si vedeva che voleva intavolare delle conversazioni con me, era interessato a conoscermi, ma voleva che conoscessi poco lui.
-Mhm...beh tutto ciò che ho scritto mi ha sempre entusiasmato, però devo dire che ricordo con piacere che il mio primo vero articolo lo feci parlando di una collezione di Tommy Hilfiger. Mi piace tanto questo stilista, quindi fui entusiasta quanto parlai dei suo capi!... Sai non è che appena misi piede all' Edinburgh Fashion Magazine, subito mi misero a scrivere articoli. Ero più il fattorino del giornale...portavo caffè a destra e a manca, facevo fotocopie, servivo tè durante le riunioni, e roba così, quindi fu davvero emozionante scrivere della collezione di uno stilista così famoso.
-E da fare la factotum del giornale, come arrivasti a scrivere tuoi articoli?
-Un concorso! Si tenne un concorso in cui bisognava scrivere un articolo sulla collezione Hilfiger, io mi ci buttai a capofitto e il mio articolo fu scelto tra tanti. Ovviamente non ebbi la prima pagina, ma iniziai a farmi vedere e il mio stile piaceva a quello che è il mio attuale capo, e quindi... Certo è che, sebbene siano passati quasi quattro anni, continuo a correggere bozze e spesso finisco ancora a servire caffè, ma per fortuna ho anche svariate occasioni di mostrare quel che valgo e ho un ufficio in cui lavoro con persone competenti.
Era bello passeggiare con Terence, circondata dai lampioni, intenta nel vedere la vita di molti scozzesi. C'era chi stava chiudendo la propria bottega, chi entrava in un cinema o in un negozio. Avvicinarsi alla New Town implicava non sentirsi mai soli, ma sempre circondati da calore e da tanti turisti che venivano ad ammirare la mia bellissima nazione.
Ad un certo punto lo fermai, per permettere ad un cane di passare.
-Che succede?- mi domandò, curiosamente.
-Sta arrivando un cane, meglio farlo passare.
Annuì con il capo, e dopo qualche altro secondo riprendemmo il cammino.
-Capisco. Hai una bella parlantina, infatti. Scommetto che anche il tuo modo di scrivere è bello scorrevole. Ma dimmi, pensi davvero tutto ciò che hai detto in clinica? Che le persone con handicap non sono inferiori a nessuno?
Sembrava quasi che con queste domande volesse mettermi alla prova.
-Assolutamente sì. Non sono una ciarlatana che dice le cose tanto per. Il fatto di essere diversamente abili non implica essere inferiori alle altre persone. Nessuno è inferiore o superiore agli altri...anche se alcuni pensano il contrario solo perché hanno potere e soldi.
-Potere e denaro, la rovina del mondo! A volte, ti stupirai nel sentirtelo dire Jane, ma sono quasi contento di non vedere nulla. Il non vedere la corruzione, il potere, il male che certi individui fanno mi allevia il dolore...la povertà, la sofferenza...ci sono, ma non vederli forse fa meno male.- rispose seriamente.
Si vedeva che era un ragazzo dai sani principi. Aveva detto della parole così vere.
-Già...- mi limitai a dirgli.
Dopo qualche altro minuto silenzioso, sentii un qualcosa di freddo bagnarmi la guancia. Alzai il volto al cielo, e...ecco, come immaginavo! Stava iniziando a piovere.
Cercai con la mano libera l'ombrello in borsa.
Da brava scozzese dovevo sempre averne uno a disposizione.
-Senti anche tu che sta iniziando a piovere?- domandai, continuando la mia ricerca.
Maledette borse. Più grandi le avevi e più non trovavi niente.
Trovato finalmente l'ombrello, lo aprii, alzandolo sopra di noi.
-Beh ancora no, a dir la verità. Deduco che sia ancora una pioggia debole.
Furono pochi attimi e la "pioggia debole" si trasformò in un vero e proprio acquazzone. Dannazione ci mancava solo questa!
-Era meglio se non parlavo.
Risi per il modo in cui disse la frase. Poi notai che l'ombrello non copriva molto bene entrambi, e la spalla di Terence rimaneva scoperta.
-Terence ti stai bagnando, avvicinati di più.
-Non preoccuparti. E' meglio che mi bagni io piuttosto che tu.- rispose prontamente.
Mi girai verso di lui alquanto sorpresa da questa frase.
-Mi stai osservando, Jane? Ti converrebbe più guardare la strada visto il mal tempo.
Si accorgeva sempre di quando lo osservavo.
-Ti stavo osservando perché la tua frase mi ha sorpreso...è stata bella e dolce.- ammisi evitando un palo.- Mi dicesti che sarebbe stato difficile scorgere delle virtù in te e invece...sto iniziando a cogliere delle sfumature di gentilezza nel tuo essere.- continuai, stringendomi nella mia giacca.
Stava tirando un vento piuttosto freddo.
-Sbaglio o ti dissi, in treno, che ero un ragazzo cortese?!- piegò le labbra in un mezzo suo sorriso,- ma comunque, credo tu confonda la gentilezza per l'educazione, Jane.
Ritornò serio.
-Se la metti su questo piano anche l'educazione può essere considerata una virtù, soprattutto se si considera che al giorno d'oggi non tutti ne hanno una.
-Sono d'accordo su quest'ultima tua frase, ma sul fatto che l'educazione sia una virtù no. L'educazione, infatti, è un qualcosa che ci viene insegnato, mentre le virtù sono quelle cose che una persona possiede già nel cuore.
Quando parlava sembrava quasi un libro di aforismi. Mi piaceva il suo modo di parlare.
-E va bene, mettiamo che tu abbia ragione, è proprio per questo che ho detto di vedere della gentilezza in te, e non ho parlato subito di educazione.
-Io non penso di essere gentile, ma mi fa piacere sapere che tu abbia visto in me un valore così bello, Jane. Alla fine come diceva il tuo amato Oscar Wilde, tutti noi abbiamo dentro Inferno e Paradiso, quindi avrò anch'io del buono.
-Sicuramente hai in te del buono.
-Mhm...quindi, ora che mi ci fai pensare, se ritieni di aver visto un po' di luce buona in me, mi ritieni più bello?- domandò maliziosamente.
-No, ho bisogno di più tempo!- ribattei sorridendo.
-E va bene!- sorrise- Comunque, noti qualche palazzo sotto cui poterci riparare? La pioggia continua imperterrita.
Girai il capo in varie direzioni, fino a scorgere un palazzo, con una piccola tettoia sporgente.
-Sì l'ho visto. Dobbiamo procedere dritti e poi attraversare.
-Perfetto.
Ci avviammo verso la nostra meta.
Arrivati notai che si trattava di uno stabile abitato. Sulla parete sotto la tettoia c'era un citofono con vari cognomi e degli scalini in marmo bianco che portavano al portone.
Chiusi l'ombrello, scuotendolo un po', poi aiutai Terence ad appoggiarsi al muro del citofono e così feci anch'io.
-Uff, certo che non ci voleva proprio questa pioggia!- esclamò passandosi una mano nei capelli, leggermente bagnati.
-Già...il nostro è un bel paese ma troppo piovigginoso.
-Ahimè è proprio così. In ogni caso, hai fame?
-Uhm...un po', sì. Tu?
-Un po' anch'io...quando smette di piovere ti va di andare a mangiare una crepe alla nutella?
-E come potrei rifiutare una proposta così alettante? Ovvio che sì...sempre però, sperando che smetta di piovere.
-Oh sì che smetterà. Dovresti sapere benissimo che da noi la pioggia non dura molto.
-A volte, ma altre può anche non finire mai. Comunque ci pensi, da stare sui comodi sedili della prima classe sul treno, ora ci troviamo sotto un portone...è comica la situazione.- osservai.
Rise.
-Già! Ma in ogni caso, penso che non sia tanto importante il dove ma con chi si sta in un posto, e non mi lamento ora come ora.
-Quindi la mia compagnia non è tanto male?- lo fissai, incrociando le braccia al petto.
-Non ho mai detto che la tua compagnia mi dispiace Jane. Sei una creatura curiosa, su questo non ci sono dubbi, e mi pare di avertelo detto.
Mi lusingavano le sue parole.
-Ti ringrazio. Però non riesco ancora a capire cosa ti incuriosisca di me...sono una persona assolutamente comune, senza nulla di speciale.- ammisi sinceramente.
Era vero. Ero una persona completamente normale.
-Sono proprio le persone che non si ritengono speciali che sono tali, ma...- si schiarì la voce,- oggi sono troppo buono, non credi? Non mi si addice la parte del dolce per cui...ti va un po' di musica?
-Che scemo che sei.- gli diedi uno scherzoso pugno sulla spalla.
La parte del dolce, invece, gli si addiceva eccome.
-Ehi non si picchia un uomo cieco!- scherzò.
-Ma se i miei pugni sono come carezze.- risi.
-Sì certo!- curvò le labbra in un mezzo sorriso.- Comunque, ripeto, ti va della musica?
-Ma se in macchina hai detto che, essendo uscito da poco da una radio, avresti ascoltato musica solo se mi andava!
-Ho cambiato idea! Non posso?
-Certo che sì...Bene. Basta che non siano i Limp Bizkit.- ci scherzai sopra.
Sorrise.
-D'accordo. Ti vanno bene i Pink Floyd?
-Assolutamente.
-E sia!
Così detto estrasse dalla tasca della sua giacca il suo lettore musicale, e dopo avermi dato una cuffietta, rimanemmo ad ascoltare musica appoggiati alla parete del citofono.
"We don't need no education"
-La canzone recita: "Noi non abbiamo bisogno di istruzione", ma tu Terence, quale istruzione hai ricevuto, e cosa ne pensi della scuola?- domandai, cercando di costruire una nuova conversazione.
-Oh la scuola può essere il luogo migliore di questo mondo, ma anche il peggiore. Tutto sta nelle compagnie in cui ci si imbatte. Penso, in ogni caso, che l'istruzione sia una cosa importante nella vita di uomo, perché senza di essa saremmo...ciechi...- si schiarì la voce,- mentalmente. Io ho frequentato la St John's High School e come università la St Andrews.
-Wow...un'università di tutto rispetto. E dimmi com'eri da studente?
Mentre la canzone continuava, buttai un occhio sulla strada, notando che varie persone stavano correndo cercando riparo, con mega ombrelli sopra le proprie teste. C'era chi stava chiudendo il proprio negozio voltando il cartellino bianco da "Aperto" a "Chiuso" appeso sulle porte, c'era chi entrava in qualche bar in cerca di calore e chi si rifugiava sotto palazzi, come me e Terence.
-Un ragazzo normale. Amavo andare alle feste, soprattutto quelle universitarie, stare con le ragazze,- sorrise maliziosamente,- ma anche studiare molto.
-Ah sì? Non l'avrei mai detto...
-Ti ho già detto che mi sottovaluti troppo?
-Sì.- risposi sorridendo, strofinandomi le mani per fare un po' di calore.
-E tu? Quale è stata la tua istruzione?- mi domandò, voltando il viso verso di me.
-La Liberton High School e l'Università di Edimburgo.
-Ah la Liberton, davvero? Ci andava un mio amico lì.
Che bei lineamenti che aveva.
-Sì, non era molto lontano da dove abitavo.
Rimanemmo altri minuti in silenzio, con il solo suono delle gocce infrangersi sulla strada e con le calde voci di una delle band più famose al mondo.
Dopo poco, però, continuando a osservare la strada, notai che finalmente la pioggia si stava calmando. Furono altri secondi e la pioggia smise definitivamente. Che bello, oggi quelle fredde goccioline avevano infastidito meno di altre volte.
-Caro Terence, sono lieta di annunciarti che la pioggia è finita, e dunque possiamo riprendere la nostra passeggiata.
-Oh sia ringraziato il Cielo! Se per te va bene, ho intenzione di portarti in un piccolo chiosco qui vicino. Ha dei tavoli all'esterno e si può anche ballare. Certo, con l'acqua non credo potremmo sederci, ma almeno mangeremo qualcosa di buono.
Terence mise le mani nelle tasche dei pantaloni, spegnendo il suo IPod argentato, da cui si stavano trasmettendo le ultime note della canzone dei Pink Floyd.
-Comunque che facoltà hai fatto all'università?- chiesi riprendendo a camminare, mentre lui mi riprese per mano.
Io non sapevo dove fosse il chiosco dove voleva portarmi, ma notando che si muoveva con il suo James in tutta sicurezza, mi limitai a dargli fiducia.
-Economia.- rispose freddamente.
-E ti piaceva?
Volevo assolutamente che si aprisse con me. Volevo che mi parlasse, che mi permettesse di conoscerlo.
-No. Io volevo fare la facoltà di storia dell'arte, ma evidentemente non era destino.
-Il destino ce lo scriviamo noi con le nostre mani, chi è che te l'ha impedito?
-Jane, perché vuoi che te lo dica? – voltò il capo verso di me.
-Beh Terence mi incuriosisci anche tu e poi...giorni fa mi hai detto che se avessi voluto diventarti amica...avrei dovuto accettare la tua stranezza, ma penso che per essere amici ci vuole ben altro, ho bisogno di conoscerti, di sapere se posso diventare qualcosa di più di una conoscente.
-Hai ragione. Ma ci sono delle cose di cui non preferisco parlare al momento...sono cose che mi fanno male e che non voglio rivangare. Ma hai ragione, dobbiamo conoscerci se vogliamo diventare amici. E dunque...non ho fatto la facoltà che avrei voluto perché mio padre me l'ha impedito ma...alt, non chiedermi altro sull'argomento.
-E va bene.- mi arresi.
-Senti Jane scorgi qualche chiosco con una tendina a fasce bianche e rosa?- cambiò discorso ora.
Mi fece girare ad un angolo. Ed intravidi ciò che mi aveva chiesto.
-Sì.
-Benissimo.- sorrise.- siamo arrivati.
Un delizioso profumo di zucchero filato e di cioccolata ci invase, man mano che ci avvicinammo al chioschetto.
-Oh ciao Terence, quale onore averti qui.- salutò una donna, appena fummo davanti a quel nido di dolci.
-Ciao Susan, ci puoi dare due crepes alla nutella?
-Subito! Vi dispiace se prima, però, apro i tavolini e le sedie? Vi faccio accomodare. Sapete con la pioggia avevo chiuso tutto.
-Certo, fai pure.- le disse Terence.
Conosceva molte persone in città.
La donna entrò dentro il suo chioschetto da cui poi uscì portando dei tavolini e delle sedie, di quelle apri e chiudi.
Posizionò il tutto al centro dello spiazzale in cui si ergeva la sua piccola impresa e in cui erano presenti anche panchine e lampioni.
Dopo aver sistemato tavolini e sedie, si allontanò nuovamente, tornando con delle tovaglie turchesi con stampe a margherite che stese sui tavoli.
-Prego accomodatevi.
-Grazie, molto gentile.- le sorrisi, aiutando Terence e sedendomi a mia volta.
-Jane, piacere.- le dissi.
-Susan, piacere mio.- mi sorrise.- Vi porto subito ciò che avete chiesto allora.
Si allontanò.
-E' bello qui, vero? Ci sono venuto un mese fa insieme ad Harrison, e mi ha detto che il luogo è carino.- mi disse Terence.
-Sì molto. Ci sono perlopiù panchine e lampioni, ma il chiosco è delizioso e rende il tutto più speciale.
- Mi fa piacere sapere che ti piaccia.- mi rispose sfilandosi gli occhiali da sole, modello Rayban a goccia, per lucidare le lenti.
Forse era stata la pioggia ma i suoi occhi sembravano quasi grigi in questo momento.
-Ecco a voi.- ci interruppe la donna, dandoci ciò che avevamo chiesto.
Wow quanta velocità.
Due crepes alla nutella contornate da fiocchi di panna e da polvere di cacao. Sembravano davvero buone.
-Grazie. – dicemmo all'unisono io e lo scontroso.
Susan ci sorrise e se ne andò.
Dando un'occhiata attorno, notai che anche altre persone stavano iniziando ad arrivare. Le fastidiose nuvole che macchiavano il cielo se ne stavano andando e qualche stella illuminava la serata.
Dopo qualche istante il cellulare di Terence squillò.
Terence lo prese dalla tasca dei suoi pantaloni e cliccando due volte il touch screen, una vocina meccanica simile a quella del suo orologio gli disse: " E' Heathcliff ."
Heathcliff? Suo fratello?
-Scusami devo rispondere, Jane.- mi disse.
-Fai pure, tranquillo!- gli risposi, iniziando a mangiare la mia crepe.
Si portò l'apparecchio al telefono.
-Dimmi Heath.- rispose piuttosto scocciato.
-Ma come l'affare Ledger?- continuò.
-Guarda che ne ho già discusso con Catherine...quando? Non ti ha detto nulla? Ma non è possibile! Ci eravamo detti tutto!...Al ristorante, per la miseria, come sei insistente!...Sì al Queen Victoria ne abbiamo parlato lì...ma non è importante il dove piuttosto il fatto che non te l'abbia detto...sì, ne parliamo dopo...non posso più uscire adesso?
Terence stava parlando con un tono di voce piuttosto alterato ma basso. Le mie orecchie però avevano perfettamente captato la parola "Queen Victoria". Stavano parlando di qualche affare di cui lui aveva parlato con questa Catherine. Ma chi era questa ragazza? Ancora non ero riuscito a capirlo.
-Harrison?...Ma non sono affari tuoi dove sono e con chi, fatti accompagnare da quell'incapace di nostra sorella...guarda, non mi capacito ancora che non ti abbia detto nulla di quello che abbiamo discusso.
Ah ha...Catherine...sua sorella. Un altro dubbio era stato risolto.
CONTINUA...
Ciaoo ragazzi! Grazie per aver letto anche questo capitolo. Spero di cuore che vi sia piaciuto :)
Se vi va, sarei molto lieta di leggere delle vostre opinioni ;)
Alla prossima ;)
Piccole noticine:
1) Jane cita Jillian Mercado...la ragazza esiste realmente e tutto ciò che ho scritto su di lei l'ho trovato sul web.
2) Il nome della clinica "The house of the rising sun" è un mio piccolo omaggio a una canzone bellissima ,che amo, di una band anni 60 i "The Animals" ;)
3) Il progetto di cui parla Terence è anch'esso realmente esistente.
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