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✵ Silenzio ✵



Prologo

Silenzio










Tra qualche anno














Non c'è.

La respirazione. Partiva tutto da lì, dal suo controllo. Ogni parola e pensiero venivano concepiti dal grembo di lei, la madre di qualsiasi azione. Se respiri, puoi fare. Il cervello era un padre premuroso, perché la teneva per mano assicurandosi che mantenesse una ciclicità regolare, e il cuore era un fratello dispettoso, che trovava un insano divertimento a lasciarsi coinvolgere dalle emozioni, compromettendo il suo lavoro. E i polmoni erano miei amici, non la paura. Polmoni sì, paura no. Mai il contrario. Me lo ricordavo. Me lo ricordo, Allan.

Non c'è, non ti vedo.

Ma la paura esisteva e amava saccheggiare il respiro, ci si aggrappava come un simbionte tossico. Lei, era una matrigna cattiva che ambiva a essere la madre biologica. Ed era astuta, provava piacere a sottrarmi dalle calde braccia di chi consideravo miei amici.

Non ci sarà.

Per molto tempo avevo creduto che fosse la paura a farmi sopravvivere sui palcoscenici a cui mi sottoponeva la vita. Credevo che vivere a fiato sospeso, per quanto sembrasse elettrizzante, mi aiutasse ad avvertire prima di chiunque altro il pericolo.

Mi guardano.

Non c'è, Ophelia.

Non guardate.

Invece era un errore. L'avevo imparato. Lo so, non lo dimentico. Vivere dietro le tende della paura era una caduta continua e costante, il rimbalzare di una pallina da tennis giù per un'infinita rampa di scale. Non finiva mai, ma la fine avresti voluto che arrivasse presto.

Allora perché, per tanto tempo, l'avevo preferita a un respiro regolare? Perché la matrigna, anziché una mamma? Perché mozzarmi il respiro dal panico, il terrore, l'ansia, quando avrei potuto farlo per l'euforia, la felicità, la meraviglia? Perché non l'avevo scelto prima?

Non ci sarà.

Sapevo rispondermi da sola: perché quando mi trovavo lì, davanti un mare di occhi che esigeva e attendeva e voleva, pronto a giudicare, la bilancia dei miei valori si sfaldava. E così, nel disordine, preferivo salvarmi scegliendo la via più facile, uno scudo perfetto: la paura. Con lei ero al sicuro. Con lei facevo marcia indietro. Con lei non salivo sui palchi. Con lei nessuno avrebbe potuto giudicarmi.

Lui non ne sarebbe stato contento.

Lo so. So cosa mi avresti detto.

Ed ero scappata.

Brusii alle spalle, mani che cercavano di afferrarmi, io che agguantavo la borsa per correre in bagno. "Dove vai", "Perché", "Aspettavamo questo momento". Richieste, comandi. Vieni, torna, vai, fai, di'. Non potevo biasimarli, loro non sapevano che la paura non mi faceva sentire nulla. C'erano echi del mio respiro ansimante, nelle orecchie, e tutto fischiava, come una bomba appena esplosa.

«Ophelia!»

Sbattei la porta alle spalle, la bloccai con il chiavistello, il mondo fuori si ridimensionò, ma rimase comunque un ronzio ancora vivido.

Feci avanti e indietro, lo stomaco si ribaltò, il water da lì a pochi centimetri mi suggerì che avrei potuto rigettare tutto quel nervosismo. Ma no, non era il caso. Mi tastai le guance. Roventi. Un respiro, poi due, tre. Non funziona. Mi aggrappai ai lati del lavandino e alzai il viso allo specchio. Sudavo, la schiena appiccicosa aderiva all'abito, respiravo troppo veloce. Paura stringeva, Respiro soffocava. Normale amministrazione. Ci risiamo. Tirai dalla borsetta l'Alprazolam e un bicchierino di carta. Dieci gocce, e poi giù.

Chiusi gli occhi, cercando di moderare il respiro.

Qualcuno bussò.

«Nena...» Fu un mormorio in confronto al mio caos mentale. «Non se l'è presa nessuno, però non hai motivo di scappare proprio ora.»

L'avevo, ma non l'avrebbe mai capito.

«Nena, por favor...»

Osservai in trance la benda rossa legata al mio polso destro. Poi tornai a fissare un riflesso che si vergognava di essere chiamato tale.

Qualcos'altro, sia dentro di me che là fuori, stava giocando un ruolo di supremazia sui miei sensi, sottomettendoli. Persino la paura tentennò di fronte alla potenza di certi pensieri. E il respiro, forse, stava tornando a un ritmo dignitoso. Ma quell'altra cosa, quell'altra cosa che martellava, non mi permetteva di tornare alla normalità.

Non c'è.

Non ci sei.

Era il rumore. Ce n'era troppo.

Troppo rumore uguale a fallimento.

Ti prego, torna.

E io... io volevo solo un attimo di silenzio.











ANGOLO AUTRICE

E direi che ora, forse, ci siamo.

Avrei voluto aspettare il 29, il mio compleanno, ma pazienza non ne ho. 🙃

Doppio aggiornamento perché sì. Visto che sono due capitoli brevi mi scocciava lasciarvi solo con la fiaba iniziale. Per cui, ecco qui l'inizio vero e proprio. Che in realtà, come in ADLDS, è un flash forward, ossia andiamo a dare uno sguardo a un futuro neanche troppo lontano.

Me impanicata come Ophelia.

Sembra sia un po'... in ansia, vero? Chissà come mai. Comunque mi fa stranissimo intrufolarmi in una mente che non sia megalomane come quella di Irina. Lo stacco è decisamente forte, povera me. 😂 Anche se non è che un piccolo sguardo a ciò che vi dovrete sorbire (poveri voi), se vi va potete dirmi le vostre primissime impressioni. A me farebbe solo tanto piacere. 🖤

Il primo capitolo non so quando uscirà, ma spero di essere costante come lo sono sempre stata. Grazie a chi vorrà di nuovo tenermi per mano mentre stenderò questo disagio, grazie ai nuovi arrivati che riporranno la fiducia in me e a questi nuovi personaggi, grazie ai veterani di guerra (coloro che mi seguono da CCS, per intenderci) che ci sono sempre, nonostante tutto.

See ya soon, nightingales!🕊️✨



▪️Playlist:

Bones - WENS

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