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Preterist (Riley Flynn - Padre Paul Hill)


7. Preterist

qualcuno il cui interesse principale è nel passato

(Riley Flynn - Padre Paul Hill)
•••


   Quando ha sentito bussare alla porta, a quell'ora di notte, Paul non ha pensato nemmeno per un secondo che, sull'uscio, avrebbe trovato Riley. Era certo si trattasse di Bev – perché quella donna, dopotutto, a volte è una presenza troppo costante nella sua vita e, che il Signore possa perdonarlo, ha bisogno di ricaricare le pile quando passa più di mezza giornata con lei lì, accanto. Anche se tace, anche se non si muove, anche se è immobile come una statua, i suoi occhi sono sempre puntati sulla sua nuca e, in qualche modo, a Paul la cosa mette parecchio a disagio.

   Forse per questo sorride con una calda genuinità quando vede Riley di fronte a sé; le mani infilate nella giacca di pelle, le spalle alzate con quella sua insicurezza e quella sensazione che si stia portando sulla schiena tutto il peso del mondo e poi, ai lati della bocca, un sorriso che non è sincero come il suo.

   È forzato, triste, quasi come se Riley avesse dimenticato come si fa, ad essere felici.

   Eppure Paul lo ricorda, quel ragazzo, quando stava lì in piedi accanto a lui durante la messa e, devoto, lo aiutava durante la funzione. Lo ricorda bene, perché Riley era sempre contento di dare una mano, e non solo in chiesa, anche a Crockett, eppure... Eppure quegli occhi tristi, in qualche modo, li aveva sempre avuti.

   «Hai perso la strada di casa?», chiede Paul, ironico.

   «Ho seguito la luce del signore.» Riley raccoglie la provocazione e, per un attimo, quel sorriso si bagna di sincerità, poi torna a spegnersi. «Mi fa entrare?», domanda.

   Paul risponde con un movimento della testa. Gli fa spazio per entrare e poi, quando sono entrambi dentro casa, si chiude la porta alle spalle. Incrocia le braccia al petto e vede Riley girarsi intorno, guardare le pareti, i mobili, e quel vecchio divano che, forse, sarebbe ora di cambiare. Poggiata sopra ai cuscini c'è la bibbia, aperta su un brano, uno dei preferiti di John – di Paul.

   Filippesi 3:13,14: «Fratelli miei, io non penso davvero di avere già conquistato il premio. Faccio una cosa sola: dimentico quel che sta alle mie spalle e mi slancio verso quel che mi sta davanti. Continuo la mia corsa verso il traguardo per ricevere il premio della vita alla quale Dio ci chiama per mezzo di Gesù Cristo.»

   «La luce del signore ti ha guidato a me? Perché non sei con tua madre o con Erin?»

   «Perché non avrebbero capito. E forse, a dirla tutta, nemmeno lei può.»

   Riley non si è voltato. Si guarda ancora intorno, con le mani infilate nelle tasche; fa passi confusi, non segue un tragitto. È perso. Riley è ormai smarrito in una vita che, Paul lo sa, non sente più scorrere come un tempo.

   «Perché non ti siedi? Ti preparo un tè caldo, ho già l'acqua sul fornello, ne stavo preparando uno per me.»

   «Padre, lei beve così tanto tè che a volte mi domando se non ne sia dipende.» Una battuta. Una di quelle che, a volte, sembra quasi che mascherino altro. In questo caso specifico, Paul sa che Riley sta semplicemente sminuendo il suo problema scherzandoci sopra.

   Sbuffa divertito e si avvicina alla teiera di metallo. «Forse lo sono. Non è facile staccarsi da qualcosa che ci fa sentire bene, no? Anche se sappiamo che non è poi così salutare.» Versa l'acqua bollente in due bicchieri di vetro, poi infila dentro al liquido delle bustine e, infine, ne cede uno a Riley, che lo accetta ringraziando con un cenno del capo.

   «Ognuno ha le sue croci.»

   «O le aveva. A te come va? La dipendenza chiama, ogni tanto?», domanda, e spera di non essere troppo indiscreto, per questo si nasconde subito dietro ad un sorso che quasi gli brucia la lingua. Fa una smorfia che tenta di trasformare in un sorriso.

   «No, mai. A dirla tutta i quattro anni di carcere me l'hanno tolta totalmente, la voglia di bere. Non ho nemmeno l'impulso di farlo quando vedo degli alcolici, anzi... è un po' come da bambino, quando mia madre si era fissata a cucinarmi gli asparagi perché le avevo detto che mi erano piaciuti molto. Dopo dieci giorni ho iniziato ad odiare persino l'odore. Non li ho più mangiati.»

   «È una grande dote, dopotutto. C'è chi non riesce a stancarsi mai delle cose che inizialmente gli piacciono.»

   «Per fortuna mi succede solo con cibi e bevande. Con le persone, invece, tendo a non stancarmi mai di loro.»

   Paul sa che sta parlando di Erin e che, per quanto si siano divisi, per quanto la loro amicizia si sia interrotta ad un certo punto della vita, hanno comunque continuato a pensare l'uno all'altra, e forse... forse tra loro c'è sempre stato qualcosa destinato a durare per sempre. Un po' come lui con...

   No, non vuole ricordare, il passato è il passato. Non è più John Pruitt, ora è qualcun altro.

   Il passato è il passato.

   «Le persone sono capaci di regalarti grandi cose, Riley. E sono capaci di stupirti, anche a distanza di tempo. I cibi e le bevande, come ogni cosa materiale che esiste su questo mondo, sono immutabili. Restano sempre le stesse. E non le ferisci, se le abbandoni.» È un discorso un po' qualunquista, ma Paul si sente di farglielo. Dopotutto Riley si è presentato lì, alle undici di sera, mentre forse tutta Crockett dorme e attende l'arrivo del giorno e di un nuovo inizio.

   Qualcosa che Riley, forse, non aspetta. Per lui è tutto uguale: giorno, notte, mattina, sera... glielo ha confidato all'ultimo incontro che hanno fatto alla sala degli Alcolisti Anonimi. Non ha un obiettivo, non ha un punto d'arrivo. Esiste e pensa di essere troppo grande per cambiare le cose. Ha bruciato le sue possibilità, con quell'incidente, e pur essendo uscito di prigione e aver espiato le proprie colpe, non riesce a perdonarsi.

   «Lei pensa che io abbia ferito i miei, quando me ne sono andato? Quando ho scelto di andarmene via da Crockett e vivere sul continente?»

   «No, non lo penso. O meglio... sono certo che tua madre e tuo padre abbiano sofferto molto la tua lontananza ma, lo so per certo, avranno capito quali erano le tue necessità e il fatto che, quest'isola, stava troppo stretta ad un ragazzo così intelligente. Le ferite sono altre... la sofferenza non è per forza data da qualcosa che lascia un segno. Sei tornato, poi. Hai annullato quel dolore.»

   «Sono tornato perché non avevo altra scelta, Padre.» Riley tenta di tenere per sé la rabbia, ma Paul sa che, dentro, ne sta covando un'infinità, ma sa controllarla. Ha imparato a farlo: lo ha visto più volte, anche durante gli incontri, dare tutto se stesso per non perdere il controllo. «Se non avessi fatto quello che ho fatto, sarei rimasto sul continente con il mio lavoro, i miei amici, i miei soldi, la mia casa... e avrei continuato così, perché ero felice della vita che stavo conducendo, che mi sono creato con le mie mani e che...» Si ferma. Si guarda la mano libera dal bicchiere e Paul lo vede tremare.

   Gliela prende e blocca il tremore.

   «E che pensi di aver distrutto con lo stesso mezzo. Le tue mani.»

   Lui alza lo sguardo sul suo e arriccia le labbra, poi guarda altrove e annuisce.

   «Però, a conti fatti, se hai distrutto qualcosa... non implica che tu abbia fatto lo stesso col resto. C'è modo di risolvere le cose, no? Di ricominciare. Hai scontato la tua pena, ricevuto il tuo perdono da tutti quelli che ti amano. Nessuno ti tratta per come pensi di essere. È successo. So che non dovrebbe succedere, ma succede e il fatto che ci sia andato di mezzo tu non significa che sei una cattiva persona. Non era tua intenzione, non eri in te. Non avresti mai ucciso nessuno di tua iniziativa e non lo faresti nemmeno ora. Hai capito l'errore che ti ha messo in questa condizione, ora devi solo perdonarti e andare avanti e trovare il modo di ricominciare da capo trovando qualcosa su cui basare la tua esistenza.»

   «Non so come accidenti si fa. Nessuno sa dirmi come si fa... e quello che ho fatto...»

   Paul gli lascia la mano. Rivede per un attimo quel bambino che gli porta, piangendo, la scatola con dentro quel topo che stava morendo e che gli supplica di farlo vivere. Sembra che ora gli stia facendo la stessa domanda, ma parlando di sé.

   «Acqua passata non macina più.»

   «Lo diceva Gesù?», commenta Riley, quasi sprezzante.

   «No, lo dice un proverbio popolare», risponde John – Paul, con un sorriso. Quando vede che Riley non ribatte, continua, e sospira. «Non fidarti della cosa giusta fatta per motivi sbagliati, è il perché che conta, è basilare. Se pensi che meritare di rifarti una vita non faccia per te, pensi che meriti solo di soffrire e di non vivere più è un errore di cui ti pentirai il giorno in cui questo grande disegno avrà qualcosa da offrirti. In quel caso avrai fatto la cosa giusta, a tuo parere, ovvero non vivere, e quello è il motivo sbagliato. Abbiamo tutti un ruolo, nella vita, e tu hai il tuo, ma se resti fermo sei solo un tempio vuoto che aspetta di crollare. E tu sei troppo intelligente e speciale per permetterti questo.»

   «Cosa devo fare?», chiede ancora Riley, e ha gli occhi lucidi.

   Paul poggia il bicchiere di tè sul tavolino accanto al divano logoro. Usa le mani per prendergli le guance tra le sue e poi sorride, con una malinconia che, lo sa, a Riley ha ricordato qualcosa. Lo vede sussultare.

   «Sposta il tuo interesse al di fuori del passato. Non sarà facile, ma ce la farai. Trova qualcosa, con tutte le tue forze, che ti accende dentro quello che per te è un motivo per vivere. Pianta un seme e lascialo germogliare, accudendolo e nutrendolo ma, per favore, non farlo da solo. Non sei solo, Riley. E tu lo sai. Sei tornato a Crockett perché non avevi altro posto dove stare, ma hai ritrovato una famiglia e qualcuno che ti ama. L'amore... Riley, sembra stupido, ma l'amore è tutto. L'amore non porta rancore, nemmeno per i sensi di colpa più forti. Ti prometto che presto finirà questo vuoto e lo colmerai. Abbi pazienza e rinascerai anche tu.»

   Riley lo guarda e sembra assimilare quelle parole. Riduce gli occhi lucidi a due fessure.

   «Come?»

   «Lo vedrai! Dio ha parlato molte volte e in diversi modi nei tempi antichi, lo farà ancora e sarà magnifico, te lo prometto! Dopo quello che è successo a Leeza, non puoi negare la possibilità che qualcuno di bello accadrà anche a te. Devi solo crederci. Non importa se credi in lui, credi in te e alla possibilità che tutto il tuo passato è alla tue spalle e che tu non hai il potere di cambiarlo o di ricostruirlo. Puoi solo guardare avanti. Lo farai?»

   «Ci proverò e... non so perché sono venuto qui stasera ma forse un motivo c'è.»

   «Nulla accade a caso, Riley Flynn. Te lo assicuro. Ora siediti, finisci il tuo tè e parliamo del futuro. Ti va?»

   «Sì», risponde Riley, con un sorriso leggermente più caldo di qualunque altro, «Perché no.»

Fine

[Questa Shot partecipa alla Maritombola 12 indetta da Lande di Fandom con il Prompt: "«Non fidarti della cosa giusta fatta per motivi sbagliati, è il perché che conta, è basilare» - Interstellar]

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