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Capitolo 19 (Parte II) - Quella notte di tanti anni prima

🎶 Le parole lontane
- Måneskin

"Ti prego lasciami perdere dentro l'acqua del mare".
- Måneskin

Andrea era un'anima fragile e la realtà di Borgo Paradiso gli stava stretta come un paio di scarpe di un numero più piccolo, almeno così diceva lo psicologo che lo seguiva da anni.

Aveva mostrato i primi segni di sofferenza in età adolescenziale e da allora era stata una scalata alla salvezza, segnata da picchi di assoluta tranquillità misti ad attimi di vero disagio.

La scenata di quel giorno di festa era stata l'ultima di una serie di "tarantelle" che Tommaso odiava e Aurora digeriva a fatica.
Quest'ultima aveva ripetutamente provato a lasciarlo: con le buone, con parole pensate e ponderate, ma lui la minacciava puntualmente, come quella volta della proposta di matrimonio: "se te ne vai mi ammazzo".
Una frase buttata lì a caso ma che la terrorizzava, anche l'ipotizzare che potesse compierla una pazzia del genere le faceva mozzare il respiro, tanto da farle pronunciare un sì che non sentiva.

Rory infatti non lo amava come in passato o forse si era semplicemente resa conto che esisteva un amore più grande, uno di quelli che ti sconquassa il cuore, che ti fa tremare le gambe e battere il petto.

Tommaso.

I suoi occhi addosso la facevano sciogliere come uno di quei budini che zia Teresa preparava e poi ti si disfacevano in mezzo alle papille gustative.
Le sue mani che la afferravano erano una scossa atroce che destava paura ed eccitazione.
I suoi sorrisi erano diventati l'unica pace che era in grado di ritagliarsi.

Tommaso e non Andrea.

E quando quella porta aveva sbattuto nel giorno di Santo Stefano, Aurora gli era corsa dietro nella speranza di fermarlo e farlo ragionare, col desiderio di non dover scontare ancora o per l'avvenire una condanna troppo pesante che portava il nome di un altro uomo.

«Rory, fermati!» Tommaso l'aveva raggiunta strattonandola per un braccio.
«Quello si ammazza, ci inguaia a tutti» la ragazza aveva il viso rosso, lo sguardo colmo di lacrime e il fiatone per il passo sostenuto che aveva inutilmente mantenuto per stare dietro a un Andrea che si era volatilizzato nel nulla.
«No che non si ammazza, lo dice sempre per tenerci lontani, ma non si ammazza».

Tommy lo ripeteva ad Aurora ma era un modo misero per convincere anche se stesso: suo fratello non ne sarebbe stato in grado, non avrebbe avuto quel coraggio tale per mettere fine alla propria esistenza.

La sera era ormai inoltrata e in paese nessun rumore faceva più fracasso dei passi veloci di quei due giovani che in ogni via si auguravano di scovare un Andrea irascibile ma in buona salute.

«Dobbiamo scendere in spiaggia, abbiamo cercato ovunque, manca la spiaggia» Rory ansimava con la fronte sudata nonostante il freddo di dicembre.
«Noi non andiamo da nessuna parte, toglietelo dalla testa, lo sanno tutti che c'è una tempesta in corso... il mare non scherza Nese, il mare ci mette un secondo a tirarti dentro e farti sparire» e quella consapevolezza gli faceva più male di non essere stato ancora capace a scorgere il sangue del suo sangue e riportarlo a casa integro.
«Tu resta pure qua se vuoi, io non posso farlo» Aurora in poche falcate aveva raggiunto l'auto pronta a recarsi nella zona balneare, ma Tommaso più veloce per natura le aveva strappato le chiavi repentinamente e si era messo alla guida.
«Sei una stronza perché lo sai che non ti lascerei nemmeno se rischiassi di bruciare» aveva blaterato una volta in macchina, lei aveva accennato un flebile sorriso e gli aveva catturato il palmo - poggiato sul cambio - nel suo.
«Pure io brucerei nel fuoco per te».
Tommaso si era voltato riservandole un occhiolino che valeva, per loro, più di mille discorsi.

I cavalloni arrivano alla riva e la oltrepassavano, l'orologio segnava le 23:45 e il cielo era denso di nubi, nemmeno una stella faceva capolino in quel manto blu.
Rory si era tolta le scarpe e urlava a gran voce il nome del suo fidanzato, Tommaso qualche metro avanti tentava di proteggerla e liberarle la strada.

Il vento aveva trascinato rovi e utensili vari sulla sabbia, ogni centimetro di quella robaccia rischiava di farli cadere o farli rimanere impigliati.
Si dirigevano entrambi spediti verso il rifugio delle barche, dove sapevano ci fosse un piccolo peschereccio che era appartenuto al nonno paterno di Tommaso e Andrea, scomparso ormai da parecchio.

Non erano certi di trovarci il ragazzo, eppure qualcosa li conduceva là, probabilmente il ricordo di quando da bambini ci salivano a bordo e il signor Parisi li portava a largo, dove era possibile tuffarsi e riscoprire la bellezza dell'isola e delle estati siciliane.

Erano bravi a nuotare, per chi nasce e cresce in un luogo che sa di salsedine è quasi un reato non avvertire l'acqua come il proprio elemento.
Rory si lanciava dagli scogli per prima, gli altri la seguivano a ruota come ogni galantuomo che si rispetti.

«Guarda!» l'indice della giovane puntava in direzione di un'ombra che rapida faceva spola tra un vecchio capannone in legno e l'attracco di una barca.
«Andrea!» echeggiò nel silenzio di quella che ormai era mezzanotte «Non fare cazzate...» continuò Tommaso avvicinandosi alla sagoma.

Non avevano mai instaurato un rapporto idilliaco, eppure Tommy avrebbe fatto carte false per rivedere suo fratello felice come quando erano alti tanto quanto una colonna fatta di poche bottigliette in vetro di succhi di frutta.
Bottigliette come quelle che Speranza comprava e poi apriva facendo leva sull'angolo del muretto in giardino.

In quella notte scorci di tempo trascorso parevano essersi palesati privi di remore, mentre la mente di Tommaso assumeva una pesantezza alla quale non riusciva a dare spiegazione.

«Andatevene!» tuonò Andrea senza esitazione «Avete già fatto abbastanza... vedervi insieme mi fa diventare matto» concluse sradicando l'imbarcazione e trascinandola sulla battigia.
«Dove pensi di andare?» Tommaso lo sorpassò calandosi con le ginocchia nell'acqua «Se ti addentri in mare non ne uscirai vivo».

All'udire quella verità, Aurora, si scaraventò su Andrea provando a bloccarlo con la forza minima che teneva in corpo.

Era stanca, le ultime ore erano state estenuanti e ora che il "suo" Didi, pieno di pregi e difetti, gli era addosso si sentiva svenire per le sfilza di emozioni che la attraversavano.
«Per favore, sai bene che i tg sono stati chiari, non si può salpare» sussurrò lei con la consapevolezza di chi sta perdendo tutto.
«Tanto a te che te ne importa? Tu sei Aurora Di Stefano ed esisti solo se c'è Tommaso Parisi nei paraggi... di me non te ne è mai fregato un cazzo!» la scansò con una spinta facendola scivolare di lato, rompendo così l'ultimo pezzo che teneva unito quel legame malato, poi con un salto balzò su quell'instabile vasca di tavole usurate.

Tommaso istintivamente si abbassò su Rory e la aiutò a sollevarsi, ma la ragazza in preda alla disperazione si rimise in piedi e si apprestò a seguire la barca che stava entrando in mare.
«Andrea!» sbraitava e piangeva e veniva investita dalle onde.
«Andrea non andare!» implorava mentre l'immagine di lui sbiadiva dietro a quella distesa di inchiostro e schiuma.
«Andrea annegherai!» e nel frattempo annegava lei, con l'acqua a coprirla per metà e le iridi offuscate da gocce salate.

«Aurora torna indietro, ti supplico... chiameremo la guardia costiera, faremo ciò che vuoi ma torna indietro» Tommaso annaspava nel tentativo di arrivare ad afferrarla prima che fosse troppo tardi.

Ghiaccio e tragedia gli scorrevano nella carne, come una storia già scritta di cui conosci il finale e sai che non puoi cambiarlo.

Provava ad avvicinarsi alla donna che amava sin da quando era venuta al mondo e assieme rifiutava l'idea che suo fratello, di lì a poco, sarebbe diventato un puntino in mezzo al niente.

Rory a qualche spanna da lui barcollava, aveva smesso di toccare e la corrente la spingeva lontano da quella voce così familiare che la voleva per sé, da quella voce che era stata ed era il suo dolce rifugio.
Riparo da qualsiasi avversità.

Non avvertiva più preoccupazione e neanche dolore, una nenia lenta pareva suonare nel massacro di quella serata.

Leggerezza e inconsistenza.

Lei e la sua colpa, quella di essersi innamorata della persona sbagliata, quella che stava espiando coperta da quella indomabile mareggiata.

Poi uno strattone improvviso e il gelo a tagliarle la faccia, l'abbraccio caldo di qualcuno che la recupera, che la riporta a galla.
Delle labbra morbide a baciarle ogni lembo di pelle.
Forse le stava solo sognando.
«Sei qui, menomale che sei qui...» una delicata carezza fatta di dita tra i capelli «...ti ho presa e non ti mollo, ti ho presa per fortuna, ti ho presa giusto in tempo...».

Stille che gocciolano dalle palpebre di lui e si mescolano con lo stordimento di lei, sentimenti che incombono e distruggono e allo stesso modo guariscono.

«Sei qui e ti amo da morire, te lo giuro Nese, ti amo da morire».

Una dichiarazione attesa e persa nel disastro di quell'oscurità, una dichiarazione che nessuno avrebbe più citato ma men che meno rimosso.
Una dichiarazione orfana di una risposta verbale, ma straripante di emotività taciute.

In quella notte d'inverno per Aurora era finito il mare ed era "finita" la vita, aggrappata a Tommaso aveva appunto compreso quale fosse la sua casa, ma aveva pure appurato che non vi avrebbe mai potuto abitare.

La morte mette fine e cancella ogni altra cosa, pure l'amore.
Soprattutto il loro amore.

SPAZIO AUTRICE 🌊
Mi scuso per l'assenza e l'enorme ritardo che ho accumulato nel postare la seconda parte del capitolo, spero che l'attesa ne sia valsa la pena.
Non sono stati mesi facili per me e per questo mi auguro che possiate apprezzare lo sforzo fatto per tornare a raccontarvi di Tommaso e Aurora.
Questo è un capitolo chiave, ci fa comprendere molte scelte fatte dai protagonisti e ci svela meglio le loro personalità e i loro disagi, lo dedico a chi ha perso qualcosa o qualcuno ma non ha smesso di guardare avanti e ha continuato a vivere.
Vi abbraccio e vi prometto che cercherò di essere più rapida nel postare il continuo 🌊.

Arianna.

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