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Capitolo 16 (Parte II) - Ho preso spunto dal migliore

🎶 Quanto tempo e ancora
- Biagio Antonacci

"Devo liberarmi del tempo
e vivere il presente giacché non esiste altro tempo
che questo meraviglioso istante".
- Alda Merini

«Farò una statua a mio cugino, come la prepara lui la parmigiana nessuno».
Lia si leccò la salsa di pomodoro dalle labbra e sorrise in direzione di Tommaso.
«Adulatrice! Di cosa hai bisogno?» la bacchettò simpaticamente il ragazzo.
«Ha ragione, è veramente buona» confermò Rory tra un mugolio di piacere e l'altro.

I quattro si erano seduti a tavola qualche manciata di minuti prima, Roberto spalla a spalla con Marilia e Tommy a un palmo da Aurora.
Più erano vicini e più lui si sentiva bene, una sorta di effetto placebo a lunga durata.

«Compà dopo tutti sti complimenti che ne dici se ci aprissimo un ristorante? Tu fai lo chef e io incasso» intervenne Roby con una delle sue solite battute di scarso successo.
Tommaso si passò una mano tra i capelli scuri e gli rispose con un rapido dito medio.
«Come sei scurrile!» sentenziò di rimando e con fare altezzoso l'amico.
«L'avete finito questo teatrino?» li fermò Lia con il tono fastidioso di una di quelle maestrine di una volta con la montatura tonda e la messa in piega cotonata.
«Senti da che pulpito viene la predica...» brontolò Roberto.
«Muto! Non ti azzardare a fare sarcasmo!» l'ammonì lei senza concedergli diritto di replica.
«E basta! Sfogatela diversamente questa rabbia repressa» tentò di sdrammatizzare Aurora.
«Rory!» convennero contemporaneamente i due ex fidanzati, pugni serrati e un rimprovero bloccato in bocca.

Era trascorso talmente tanto tempo da non credere possibile che nulla fosse mutato in quei loro rapporti: i battibecchi avevano solo preso una forma più adulta, le schiticchiate capaci di farli abbuffare quasi fino a scoppiare erano rimaste identiche, così le gambe molli davanti a un'attenzione inaspettata, o ancora la normalità - figlia attesa da un'infinità di stagioni - che più di ogni cosa gli era mancata.

«Comunque ho preso una decisione...» esclamò Tommy improvvisamente.
I tre giovani puntarono le iridi dritte su di lui incitandolo a continuare.
«A mio avviso questo posto necessità di una rinfrescata, quindi ho pensato che nei prossimi giorni, qualora Nese fosse d'accordo, potremmo metterci all'opera per riverniciare i muri, sistemare gli infissi... insomma riparare ciò che va riparato».

Aurora all'udire quella proposta s'illuminò in un istante, le gote porpora e i denti in bella vista.
«Davvero lo faresti?» gli chiese con la voce spezzata dall'emozione.
«Insieme, lo faremo insieme» le assicurò afferrandola per un fianco e stringendosela un po' addosso.

Era stato impensabile in quegli anni immaginare i loro profumi tornare a mischiarsi, la loro pelle consumarsi a contatto e i loro cuori battere in sincrono.
Era stato per lei il sogno di ogni notte ritrovarselo accanto, con la barba incolta a pizzicarle le guance e il suo animo dannato e buono in egual misura.
Era stato per lui il desiderio che non conosce confine, la dedizione che si rinnova priva di interruzioni dovute allo scorrere dei minuti, delle ore.

Erano stati lontani e avrebbero dovuto dimenticarsi, accantonarsi come si fa con i vecchi scatoloni, eppure quel sentimento inespresso non aveva smesso di esistere ed era là, vivo e forte come non lo era mai stato.

«Propongo di passare al dolce, la cassata di zia Teresa merita di essere assaggiata» consigliò Lia mossa da una sottile linea di imbarazzo.

Con Tommaso e Aurora la sensazione di disagio era spesso dietro la porta, quell'assurdo legame che li univa aveva il potere di annullare chiunque gli ronzasse intorno, rendendo anche il più intimo degli affetti un completo estraneo.
In loro presenza si veniva a creare un bolla che oscurava il resto, un mondo ovattato dove l'accesso era limitato e la tensione sessuale si tagliava con il coltello.
Tensione che entrambi avevano omesso con impegno, mascherandola con vestiti dipinti dei colori di una stabile e fedele amicizia.

«Esatto» acconsentì Rory avviandosi verso il frigo e tirando fuori l'involucro rosa e dorato della pasticceria Parisi.

Aveva sentito persino la nostalgia di quelle confezioni datate con la carta liscia e lucida e il fiocco arricciato sopra, a Roma le torte andavano nei contenitori in cartone: pratici e chic, a Roma non c'era spazio per i sentimentalismi; la quotidianità scorreva in fretta come una metro in corsa lontana dalla fermata successiva.

«Il signor Tano è il re indiscusso della ricotta, così come tua madre...» Roberto fece un cenno del capo verso Tommaso «...è la regina del pan di spagna» terminò raccattando dal piattino in ceramica della collezione di nonna Speranza - decorato con minuscoli fiori dipinti - qualche goccia di cioccolato che gli era sfuggita dal cucchiaino.

«Non esiste dolce più zuccheroso e calorico, ma farei follie per averne una porzione pure quando sono distante» replicò in accordo Rory.
«Tu resta qui, così non avrai bisogno di rinunciarci» la punzecchiò Lia con un sopracciglio alzato.
«Magari» biascicò piano Tommy evitando che potessero sentirlo.

Leggera come una folata di vento quella tentazione di possederla gli annebbiava la razionalità, tramutandolo in un uomo perso e in balìa di qualcosa più grande di lui.

«Fosse semplice...» balbettò Aurora colta di sorpresa.
«Certo, incoraggiamola ad inseguire il fallimento della sua carriera qui a Borgo...» le venne in aiuto Roberto, evidenziando quella che era la verità «...piuttosto domani è la festa del patrono, dunque si cena in piazza che ci stanno allestite le bancarelle. Poi ci prendiamo una birra in memoria del secolo scorso...» ironizzò facendo riferimento al passato «...non accetto un rifiuto da nessuno di voi».
«Io sono di turno al bar» ci tenne a precisare Lia, quasi scottata da quella richiesta.
«Non più...» tuonò Tommaso «...abbiamo già contrattato con i miei...quando siamo
andati a recuperare il dessert. Non è stato facile ma alla fine hanno accettato di darci la serata libera».
«Fantastico!» urlò Rory strisciando indietro la sedia e gettandosi al collo di una cupa e scocciata Marilia.

«E adesso divano e film» esalò Tommy sollevandosi e trascinandosi dietro Aurora, raggiungendo poi Roberto e Lia li invitò a seguirlo con un sonoro scapellotto ciascuno.

Si accomodarono sui confortevoli e larghi cuscini: Tommaso con Nese accovacciata sul petto, appicciati come lo erano stati da bambini, l'uno l'ombra dell'altra, a corto di malizia e con la sola voglia di esserci.
Roberto con i piedi stesi su uno sgabellino basso e di fortuna, con l'orecchio adagiato sulle falangi e gli occhi di Marilia a scrutarlo di sottecchi come una ladra che ruba in casa propria.

Si sarebbero addormentati così poco dopo, storti e contriti ma con la felicità dentro la carne, quella che ti può essere regalata esclusivamente da coloro che detengono le chiavi dello stralcio più puro della tua persona.

SPAZIO AUTRICE 🌊
Scusate l'attesa, spero vi sia piaciuta la seconda parte del sedicesimo capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate💙.

Arianna.

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