Capitolo 15 - Un romanzo turbolento
Passa e lassa
- Ture Muschio
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"L'amuri 'mbriaca e lu ricordu 'nsigna".
{L'amore ubriaca e il ricordo insegna}
- Ture Muschio
«Lo vedete no? È un fottuto stalker, un pazzo ossessionato».
Marilia gesticolò indicando un albero situato a poca distanza dall'entrata del bar.
Indossava il grembiule bordeaux ripiegato sui fianchi e si muoveva sul posto come una forsennata: la mattinata, per lei, non era di certo iniziata bene.
«Ma chi?» chiese Rory lanciandole un'occhiata interdetta, mentre il braccio di Tommaso ancorato alla sua spalla la stringeva quasi a proteggerla.
«Il bronzo di Riace, quello che ha il cervello proporzionato al pise...».
«Lia!» l'ammonì il cugino prima che potesse completare la frase.
Dopo aver lasciato il cimitero e aver fatto colazione sui gradini del parco di Borgo, i due, avevano deciso di passare in pasticceria a salutare Marilia.
Una volta arrivati nello spiazzale - che ospitava tavoli e sedie per i clienti - avevano, però, faticato a credere alla scena che gli si era palesata davanti: non si aspettavano, infatti, di trovarla intenta a contemplare la folta chioma di una pianta e a indirizzargli contro insulti alquanto coloriti.
«La verità non deve essere taciuta mio caro, così come è inutile che provi a difendere il tuo amichetto del cuore» sentenziò la ragazza con lo sguardo fisso verso quel tronco mal concio, dove nel tempo ognuno di loro ci aveva lasciato inciso iniziali e sogni.
«Ma sei matta? Ti sei per caso corretta il decaffeinato?» domandò Tommy con un sopracciglio alzato.
«Oltre che cretino sei improvvisamente diventato cieco?» sbuffò lei rifilandogli un colpo secco tra le costole.
Tommaso si scostò da Aurora balzando a causa del dolore.
«Ahia! Che cazzo di problemi mentali hai?» tuonò scocciato massaggiandosi la zona in cui lo aveva offeso.
«E basta, che c'avete tre anni?» intervenne Rory in evidente stato confusionale «cos'è che non vediamo, Lì?».
La giovane percorse qualche passo fermandosi di botto e spalancando i palmi con la sua immancabile teatralità.
«Esci fuori coglione, altrimenti mi fanno internare» sbraitò neanche fosse la padrona di quel quartiere.
Dopo un istante di puro silenzio un ciuffo castano sbucò piano da dietro le foglie.
«Non solo i capelli, Sherlock» ribadì Lia con sarcasmo.
Con lentezza disarmante Roberto uscì dal suo nascondiglio a capo chino.
Era stato scoperto e la vergogna che avvertiva era paragonabile a quella di un ladro che viene colto con le mani nel sacco.
«Ma che fa? Ti controlla?» s'informò Rory scrutando il ragazzo che si apprestava, come una lumaca, a raggiungerli.
«S'amuccia...l'unica cosa che gli riesce con una parvenza di dignità».
Aurora si coprì la bocca nel tentativo di frenare una risata.
Da troppo le sue orecchie non udivano quel dialetto che era stato una sorta di religione quando era bambina.
In paese l'italiano lo ritenevano una piaga - al livello di quella delle locuste -, e nonostante la sua famiglia evitasse di rivolgersi a lei in siciliano, quella lingua le era entrata dentro come fosse inchiostro indelebile.
Scuro ed eterno, simile al mare quando di notte si specchia nel cielo.
«S'ammuccia...voce del verbo ammucciare...» le bisbigliò Tommaso con aria di sfida «...a Roma non si usa?».
Aurora si girò regalandogli una linguaccia.
<<Nella capitale diciamo "si cela"...siamo raffinati noi» cantilenò con un finto tono da snob marcando, volutamente, la parola finale.
«Compà» sussurrò Roberto giunto vicino a quello che riteneva un fratello, Tommy di rimando gli posò una pacca affettuosa sulla schiena.
«E comunque per la cronaca non sono un coglione» inveì rivolgendosi alla sua ex fidanzata.
«Hai ragione, sei peggio. Sei almeno una coppia di coglioni» lo mise a tacere Lia.
Il giovane privo di obiezioni e consapevole che non avrebbe ottenuto un accordo di pace, spostò la sua attenzione su Rory.
«Piccola Di Stefano» la chiamò tirandosela al petto «finalmente di nuovo a casa. Ti abbiamo aspettato come i vecchi aspettano la pensione ogni giorno 1 del mese» esclamò facendola sghignazzare.
«Sei rimasto il solito troglodita» lo accusò lei lasciandosi cullare dalla sua stretta calda.
Roberto e Aurora si erano incontrati grazie a Tommaso ed erano andati d'accordo sin da subito.
Da adolescenti si erano alleati spesso, sia nell'organizzare scherzi a qualcuno della comitiva, sia nel far saltare le famigerate festicciole che Lia amava trascorrere in quello che veniva etichettato come pub e, invece, era un buco che puzzava di tabacco e gente sbronza.
Non c'erano attrazioni in quel luogo scordato da Dio, non c'era spazio per i desideri e ancor meno per il divertimento.
Loro erano diventati adulti disegnando con i gessetti le caselle della campana sulle mattonelle di fronte alla chiesa; o scavalcando la rete arrugginita dell'oratorio in tarda serata, quando il cortile era chiuso e infilarcisi per fumare le sigarette a sgamo pareva un reato.
«Stop alle smancerie» proruppe Tommy schioccando le dita in modo da spezzare quell'idillio.
«È geloso» spettegolò Roberto, sperando che potesse ascoltarlo esclusivamente Rory.
«Ti hanno sentito pure i marinai al porto...e il porto è a chilometri da qui, genio!» lo applaudì Marilia che, fino ad allora, se n'era rimasta muta come un pesce.
«Sei gelosa anche tu, gioiellino?» Roby diminuì la presa su Aurora sporgendosi per pizzicare il naso di Lia tra i polpastrelli.
La giovane si ritrasse come scottata, facendo nascere nel ragazzo un senso di vuoto senza eguali.
Quello del disagio, di un qualcosa che ti apparteneva ma che adesso non conosci più.
Il sentimento che aveva segnato la loro storia era stato forte e pulito, condito da un blando corteggiamento e terminato in una relazione stabile e duratura.
Gradualmente la passione però si era spenta come una fiammella che non viene alimentata, facendo calare il buio.
Del resto non si erano mollati per un motivo preciso o scatenante, semplicemente l'abitudine aveva arrugginito i meccanismi facendo affievolire ciò che avrebbe dovuto bruciare.
Ogni bacio aveva assunto lo stesso sapore di quello che si sarebbe susseguito e si sa, quando fai abuso del medesimo cibo finisci per intossicarti.
Lia aveva plasmato la sua quotidianità su quella di lui e ora ne scontava le colpe.
«Che ne dite di cenare assieme dato che sono di riposo e posso prepararvi qualcosa di buono?».
Tommaso smorzò quell'attimo d'imbarazzo proponendo una rimpatriata che dipinse sui visi di Lia e Roberto l'espressione tipica dei condannati a morte.
Tommy adorava smanettare ai fornelli, era un artista pure in quello.
All'epoca delle superiori quella di riunirsi per delle sane abbuffate era quasi una ricorrenza con cadenza settimanale, così come lo erano le scampagnate all'aperto o le giocate a carte accompagnate da polpette al sugo e pasta alla norma.
«Parisi sei rinsavito? Quasi quasi ti preferivo quando facevi il depresso» lo redarguì la cugina.
Il giovane le dedicò un gestaccio e lei si lagnò spazientita.
«Per me si può fare» accettò Roberto oltre ogni previsione.
«Possiamo mangiare a casa di nonna» propose Aurora con entusiasmo.
Tommaso le andò accanto sfiorandole con una carezza la nuca.
Un mucchio di brividi s'infransero al centro dello sterno di lei, provocandole un fremito in tutto il corpo.
«Che ormai è diventa casa nostra» la corresse con la felicità stampata in faccia.
Le iridi gli brillarono come pietre preziose stese al sole, rilasciando spiragli di una nuova serenità.
Marilia, sopraffatta dalla situazione, si schiarì la gola.
«Ok, ok...» si arrese «...vada per la cena...l'importante è che la smettiate con questo film romantico, la mia glicemia rischierebbe di subire un picco vertiginoso» li canzonò omettendo la gioia che le recava osservarli insieme e complici, come lo erano stati per una grossa fetta d'esistenza.
«Che scema! Hai pregato quasi quanto le devote per rivederci affiatati e adesso, che siamo ritornati ad essere amici, non sei contenta» la provocò Rory.
«Amici...si!» ripeterono in coro Lia e Roberto, collegati da un filo inesistente.
Tommaso agguantò il polso di Aurora e fece un cenno col mento agli altri.
«Alle nove! Mi raccomando puntuali altrimenti ve lo dico, digiunerete!» concluse allontanandosi.
Alle nove: che poi altrove sarebbero state le ventuno, eppure al Sud non faceva differenza tra l'alba e il tramonto.
Le nove rimanevano le nove.
«A più tardi!» urlò Rory trascinata da quel folle che se l'era svignata come un narcotrafficante di fronte a una pattuglia dei carabinieri.
Sarebbe potuta scendere un'infinità di acqua sotto i ponti, si sarebbe potuto rivoltare l'universo, ma quei quattro non avrebbero smesso di essere quello che erano: un romanzo turbolento in attesa del lieto fine.
SPAZIO AUTRICE 🌊
Questo capitolo lo dedico a tutti coloro che hanno una particolare simpatia per Lia e per la sua relazione con Roberto.
Spero che vi sia piaciuto anche non essendo incentrato totalmente su Rory e Tommaso.
Inoltre adoro la canzone che ho inserito come intro, qualora voleste la traduzione contattatemi tranquillamente in privato.
Fatemi sapere!💙.
Arianna.
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