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Capitolo 11 - Casa nostra

🎶 Padre
- Nyv
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   "Colui che genera un figlio non è ancora un padre, un padre è colui che genera un figlio e se ne rende degno".
- Fëdor Dostoevskij

Sdraiata sullo stesso lettino che l'aveva accolta per gran parte della sua infanzia, Aurora, osservava le fotografie incorniciate e appese alle pareti umide di muffa.
Aveva scelto di non dormire in camera di Speranza, appropriarsi delle sue cose le sembrava quasi una profanazione.
Una sorta di oltraggio alla memoria di quella donna, o meglio di quella famiglia, che, tra quelle mura, ci aveva scritto la propria esistenza.
La propria storia.

Faceva parecchia fatica ad accettare che ormai quell'abitazione fosse sua, sua e di Tommaso.
Uno scherzo del destino o di quella matta di sua nonna, un tiro mancino che le stava facendo traballare quel minimo di lucidità che le restava.

Quegli scatti, ormai ingialliti, la riportavano indietro negli anni, segnando una scissione netta tra la felicità di allora e l'apatia che oggi non sapeva scrollarsi di dosso.

Nel quadretto appena sopra il comodino appariva una piccola Rory sdentata con un codino in ordine e l'altro sfatto. Poco lontano da lei, nella medesima immagine, Tommy sorrideva furbo stringendo un elastico rosa tra le mani.
Lui e la sua stupida fissazione di metterle in disordine i capelli.
Lui e quei dispetti che l'avevano accompagnata fedelmente nel tortuoso ed assurdo cammino della vita.
Lo odiava, o piu giustamente lo aveva odiato.

Alla sinistra della scrivania spiccava, invece, un'istantanea meno datata.
Quel momento era ben impresso nella mente della ragazza: Teresa e Tano Parisi avevano organizzato una grigliata in giardino - un sabato di primavera in cui l'aria sapeva di foglie di limone e gerani - e Aurora appariva come la sedicenne spensierata che era.
Bocca spalancata in una risata e fianchi cinti dalle braccia possenti di Andrea che, quasi come una piuma, la sollevavano da terra.
Di lato al giovane, a pochi centimetri di distanza, lo sguardo di fuoco di Tommaso pareva infiammare l'obiettivo.
La gelosia che lei non aveva mai colto si palesava spudoratamente in quegli occhi del colore del mare, limpidi e privi di divertimento.

Se solo avesse prestato maggiore attenzione, se non si fosse rinchiusa nella sicurezza che quei due rapporti le infondevano, che le regalavano senza chiedere niente in cambio.
Se solo avesse saputo che quella gioia sarebbe stata spazzata via e di fretta da una valanga di dolore avrebbe fatto l'impossibile per evitarlo, per garantirsi e garantire loro un futuro diverso.

Sospirò massaggiandosi le tempie.
Le mancava l'adolescente che era stata, le mancavano i consigli pacati di Andrea e la sua maturità, ma soprattutto le mancavano le scenate fuori dal comune di Tommaso e la sua presenza costante.
Quasi ossessiva.
La certezza che in ogni circostanza lui l'avrebbe trovata e salvata.
Perché avrebbe potuto davvero salvarla da qualsiasi cataclisma, tranne che dalle grinfie di se stessa.

Voltò il capo esausta e, poggiata sul davanzale della finestra, scorse inaspettatamente una stampa che ritraeva lei in fasce cullata dai suoi genitori.
Non era opera sua, quella riproduzione ce l'aveva adagiata qualcun altro su quel marmo bianco venato di grigio.
Probabilmente Speranza, magari le aveva ridato luce dopo averla recuperata da qualche cassetto impolverato, spinta forse da un'assenza che le pesava troppo per essere colmata.

Le palpebre le si riempirono di lacrime e Aurora avvertì la durezza del senso di colpa annidarsi senza sconti nel cuore, come un masso che chiude un varco.

Era stata proprio un'incosciente ad allontanarsi da Borgo Paradiso, a privarsi dei suoi affetti e nel medesimo modo, a derubare le persone a cui teneva del suo supporto e della sua vicinanza.

Non era neppure andata al funerale di sua nonna, non aveva pianto sulla sua tomba; non ci aveva posato un fiore e non aveva dato sostegno a suo papà.
Figlio di una grande signora ma purtroppo dannatamente diverso da lei.

Rory e Giuseppe non avevano il classico legame che può unire un uomo alla sua bambina, anzi quella parvenza di rapporto che mantenevano in piedi era frutto delle pressioni di Paola, mamma premurosa ed esemplare, a tratti folle ed impulsiva ma estremamente fragile.
Fragile fino al punto di accontentarsi di un matrimonio miseramente fallito e di un marito capace solo di riempirla di corna e di frustrazioni.

Questo Aurora non glielo perdonava, di fatto non era stata in grado di accettare che sua madre avesse superato quelle scappatelle extraconiugali consentendo a Pippo di continuare a vivere con loro.

Un padre che pensa prima ai suoi tornaconto non è degno di definirsi tale.

Lo aveva detestato con ogni fibra del suo corpo Rory, sino a declassarlo dal suo ruolo, illudendosi piuttosto, per non stare male, di essere orfana.

Quell'estraneo, che per lei non aveva mosso un dito, non meritava i suoi abbracci o le sue carezze; non meritava i suoi pentimenti e le sue pure.
Nonostante ciò un sincero vuoto le comprimeva le costole rendendole difficoltoso respirare.

Non era sufficiente ignorarlo per smettere di essere sua figlia.
Avevano lo stesso sangue e al sangue non si può mentire.
Al sangue, per quanto ti ribelli, non si può  sfuggire.
Aurora Di Stefano era e sarebbe rimasta per l'eternità schiava del suo cognome, schiava di una paternità che era riconosciuta semplicemente all'anagrafe.

Paola era stata debole, o giovane o incosciente, ma lei lo aveva giurato, non avrebbe ceduto in nessuna situazione alle avances di un maschio che pure lontanamente somigliasse a Giuseppe.

Un rivolo di sudore freddo le attraversò la fronte e Rory si coprì la faccia col cuscino.
La consapevolezza aveva il gusto aspro che possiedono le scelte sbagliate.
Come quelle di sua madre o, non andando lontano, come le sue.

Un suono breve ed insistente, simile ad un trillo, la fece sobbalzare riportandola alla realtà: un messaggio lampeggiava pigro sul display del suo cellulare.

Svogliatamente afferrò il telefono e per un soffio lo stupore non glielo fece scivolare dalla sua fievole presa.
Ficcanaso era l'intestatario; "Stasera chiariamo davanti ad una pizza. Non cercare scuse perché non sono contemplate. Ceniamo a casa nostra" il contenuto.

Un battito corse più degli altri - casa nostra - e il muscolo cardiaco le puntellò in gola.
Maledizione a lei e a quel recapito che aveva deciso di non cambiare, maledizione a Tommy che lo aveva imparato a memoria subito dopo aver preso dimestichezza con i numeri alle scuole elementari.

Ancora una volta, a discapito di ciò che credeva, quel ragazzo le stava dando un'occasione, una sottile ed essenziale opportunità per ricongiungere i tasselli, per riassemblare i cocci e rimettere in sesto i fili di una storia che non era stata in grado di sorgere.
Per poco coraggio o per timore di rimanerne sopraffatti.
Sotterrati da una montagna di sentimenti che non erano stati capaci di gestire, per superficialità o più per il terrore di perdere quello che già possedevano.

Tommaso aveva gettato le armi abbattendo le barriere che lei aveva innalzato, accantonando l'orgoglio tipico del suo carattere irruente.

Lui stava tornando scansando le incomprensioni e le cattiverie di cui si erano ricoperti, pronto ad ascoltarla.
Stava tornando inconsapevole che questo significava proteggerla dalle negatività che le avevano reso gli attimi separati un inferno.
Stava tornando per riprendersi il suo posto.
Come quando per il paese erano "gli inseparabili", come quando era sufficiente un movimento di ciglia per comprendersi.
Come quando lei era la sua Nese e il mondo si sfocava davanti alla loro intesa.

SPAZIO AUTRICE 🌊
Questo capitolo ci chiarisce un po' il rapporto tra Rory ed i suoi genitori, più nello specifico con suo padre.
Credo sia fondamentale per comprendere molte sfaccettature del suo carattere e anche determinati errori e altrettante scelte.
L'insicurezza di Aurora nel vivere i sentimenti dipende anche da ciò.
In più abbiamo fatto un salto nel passato "sfogliando" dei suoi ricordi sia con Tommaso che con Andrea, il primo è pronto a rivederla per chiarire.
Che dite? Questa volta ce la faranno?

Arianna.

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