Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

CAPITOLO 6 - UN'ALTRA SCUSA

[trigger warning: violenza di genere]


Rimasi a osservare Quinto che adagiava Volumnia sul mio giaciglio. Entrambi respiravano a fatica. Entrambi tremavano. E il sangue che da giorni sgorgava per la Repubblica li imbrattava da capo a piedi. "Non soltanto" pensai, con lo stomaco stretto in una morsa "L'avete dentro. Nelle vene. Nella testa. Nell'anima". Qualsiasi cosa fosse accaduta, lei pareva un'ombra smarrita e lui un colpevole in cerca della giusta condanna. Io, invece, ero paralizzato e inutile.

«Cosa ci fa un letto in ingresso?» domandò Quinto, appena ebbe ripreso fiato «Al Nord dormite nell'atrium

Non risposi, troppo sconvolto persino per comprendere.

«Virgilio?»

Ancora niente.

«Le serve dell'acqua» sbuffò lui «Sbrigati!»

«Ehm... giusto... acqua...» ubbidii con movimenti meccanici, riempii una brocca fino all'orlo e tornai strisciando i piedi. Adesso, eravamo in tre a tremare.

Avanti, agisci! Ringhiarono le voci nella mia testa, Per una volta, sii d'aiuto e non un fardello.

«Sì... Devo...»

«Che c'è?!» soffiò Quinto esasperato.

«Nulla.»

«Allora fa' qualcosa, invece di vaneggiare.»

Annuii, mi sedetti accanto a Volumnia e immersi un panno nell'acqua. "Flacco si sbucciava di continuo" pensai, strizzando il cotone "Le ferite non mi spaventano". Tentai di mantenere un'espressione confortante e iniziai adagio a tamponarle lo zigomo.

«Starò bene» annaspò lei «Avevo bisogno di un amico. Di te.»

«Sono qui» sussurrai, passandole una mano tra i capelli arruffati. Poi spostai lo sguardo su Quinto e lui chinò il capo. Lo vidi stringere i pugni, mordersi il labbro e cominciare a vagare per la stanza.

«Devo andare da mio padre» mugugnò tra sé «Sarà rientrato a casa. Mi starà cercando. Non lo vedo da prima delle Idi» scosse la testa e soffocò un grido «Volevo passare un po' di tempo insieme a mia madre, per Giove! "Che sarà qualche giorno?" mi sono detto "Trascorro da lei la festa di Anna Perenna. Tanto, mio padre avrà mille impegni. Se ne occuperà lo zio. Non..."»

Volumnia provò a mettersi seduta. «Non è colpa tua» tossì con un filo di voce «Sei stato gentile. Non eri obbligato a portarmi da Virgilio.»

Li fissai confuso. «Cos'è successo?»

Quinto aumentò il passo e il suo respiro crebbe. O, forse, mutò in un pianto privo di lacrime. «Ho assistito per anni alle angherie che subiva mia madre» farfugliò, pettinandosi i capelli scuri più e più volte, quasi fosse un modo per placare l'angoscia «Era un matrimonio infelice. Tu lo sai, Virgilio. Ricordi la notte a Napoli? Ricordi Argo? La scuola per cani? Il...» [1]

Lo fermai. «Certo che ricordo. E mi dispiace.»

Quinto arricciò il mento. Per un attimo, credetti che sarebbe corso a rannicchiarsi in un angolo, ma, appena gli tesi la mano, s'irrigidì.

«Dopo il divorzio, contavo di andarmene anch'io. La mamma era libera: perché restare?» studiò il viso tumefatto di Volumnia e riprese a camminare avanti e indietro «Mio padre è un uomo crudele, violento, abietto, imprevedibile, però... La paura di perdermi lo tormentava, destando il mostro che si porta dentro. Mi ha sempre considerato il suo bene più prezioso, la sua... ragione di vita. Quando ho scelto di rimanere con lui, l'ho fatto per la sicurezza di tutti. E dovevo riflettere, prima di allontanarmi». Parlava con rabbia, rassegnazione e affetto. Uno strano connubio di sentimenti.

«Quinto pensa che, se lui fosse stato a casa, Cicerone non mi avrebbe toccata» spiegò Volumnia «Si fa una colpa di essere andato via qualche giorno.»

«Non dovrei?!» i suoi occhi si riempirono di lacrime «Ti ha presa di forza, ti ha torturata, ti ha... Dobbiamo ringraziare gli Dei se non sei morta». Tacque un momento, regolò il respiro e sostenne il mio sguardo. «Sono rientrato nella villa al tramonto. Ero da solo, immerso in una quiete spettrale che non riuscivo a comprendere. Poi ho visto lei.»

«E mi hai portata in salvo» completò Volumnia «Tuo padre mi voleva da tempo: avrebbe trovato un'altra scusa, approfittando della follia che dilaga nell'Urbe

"Un'altra? Quale scusa può esserci per..." mi soffermai sui lividi che ricoprivano braccia e gambe della mia amica "Cicerone la pagherà!" «Quinto, il Senato deve sapere.»

«Ai senatori non importa» sospirò amareggiato «E, se muoveranno accuse a mio padre, lui addurrà motivazioni politiche.»

"Politiche?" non capii, ma evitai di chiedere e proposi a Quinto di fermarsi almeno fino all'alba. Lui, però, insistette per tornare a casa: Cicerone avrebbe perso il senno, non trovando né il figlio né Volumnia. C'era bisogno di qualcuno in grado di placarlo, e quel qualcuno non poteva che essere il mio amico.

«So gestirlo» ci rassicurò.

«Se ti aggredisse?»

«Non l'ha mai fatto, Virgilio. Tu occupati di lei.»

Uscì rapido e io pregai che avesse ragione. Intanto, Volumnia aveva ceduto al sonno ma, nell'attimo in cui le rimboccai le coperte, ebbe un sussulto. «Tranquilla» sorrisi «Sei al sicuro.»

Le stetti accanto finché non avvertii il suo respiro divenire profondo e adoperai la notte per preparare abiti puliti, sperando che non fosse sgarbato offrire a una donna indumenti maschili. Riempii la brocca una seconda volta, riscaldai un po' di zuppa e tagliai qualche fetta di pane.

«Buon mattino» la salutai, quando aprì gli occhi «Hai fame?»

Volumnia digiunava da giorni e mangiò voracemente. «Sapevo che mi avresti accolta» bisbigliò, tastandosi il labbro gonfio «Tu sei buono, gentile, attento...» i suoi complimenti mi fecero arrossire «Non frequenti tante donne, vero?»

Scossi il capo.

«Magari, sei speciale anche per questo» percepii una sfumatura di sensualità nella sua voce; poi, lasciò spazio a un tono cupo «Là fuori è pieno d'individui squallidi.»

«Tipo Quinto Cicerone?»

«Ho perso il conto degli uomini a cui ho scaldato il letto» mormorò, abbassando lo sguardo sul piatto ormai vuoto «Molti direbbero che ho gradito persino... non importa. Che parlino.»

«Certo che importa!» strinsi forte le sue mani e la fissai dritto negli occhi «C'è un'unica voce a cui presterei ascolto: la tua.»

Volumnia trattenne il fiato.

"L'ho offesa? È a disagio?" «Non sei costretta... Non devi... parlare. Se non vuoi.»

Lei emise un lungo respiro e chiuse le palpebre. «Ho iniziato a esibirmi nuda perché il padrone desiderava qualcosa da mostrare e io ero graziosa.»


Avevo tredici anni.

Osservavo il palco smarrita, chiedendomi cosa avrebbero trovato in me quei vecchi avvolti in toghe pregiate. Gli abiti erano bianchi, i capelli canuti, le carnagioni pallide. Delle figure tutte candide, esclusa l'anima.

«Datti una mossa!» ruggì l'uomo che mi possedeva da che ero nata «Non vedi che aspettano?»

Gettai un'altra occhiata ai presenti e indietreggiai di un passo. «Non ho nemmeno un testo da recitare.»

«Sono i Ludi Florales!» sghignazzò lui, sfilandomi la veste «Chi vuole una rappresentazione non assiste a una nudatio mimarum». Poi mi spinse sul palco e gli sguardi del pubblico si precipitarono sul mio corpo. Ne studiavano ogni piega, ogni sfumatura, ogni imperfezione. Ciascuno bramava un pezzo di me e io ero lì, infreddolita, a eseguire una coreografia improvvisata.

Scorsi anche un ragazzino della mia età. Viso pulito, capelli corvini, lineamenti sottili e grandi occhi crepuscolari. Studiava lo spettacolo diviso tra imbarazzo e curiosità, senza malizia. Per un istante, ebbi addirittura la sensazione che volesse conoscermi.

Gli sorrisi. "Questo ballo è per..." non ebbi il tempo di allungare un braccio verso di lui, che suo padre mi fece segno di arretrare.

«Lontana da mio figlio, sgualdrina» soffiò indignato, destando l'ilarità generale.

«Suvvia, Catone!» rise l'uomo alla sua destra «Scommetto che Marco non disdegnava.»

«Vieni da chi ti apprezza, tesoro!» sbraitò un grasso individuo in ultima fila.

«Dai, lasciati toccare.»

Il vociare crebbe, sovrastando i liuti e le cetre. Vidi Catone scuotere la testa, borbottare un paio di frasi seccate e trascinare il figlio fuori dalla sala. Mentre usciva, udii chiaramente il modo in cui mi definì:

Disgustosa

Quella parola fu un pugno allo stomaco. Catone aveva ragione, però non potevo abbandonare il palco né smettere di sorridere. Appena la musica cessò, mi avvolsi nel primo telo che trovai, presi i saldali e corsi verso il corridoio.

«Detesto i perones! Hanno troppi lacci» sbuffai sottovoce, sperando che pensare alle scarpe mi avrebbe permesso di scordare l'esibizione. Poi, avvertii dei passi accompagnati da un chiacchiericcio divertito. "Ignorali, ignorali, ignorali" continuai ad allacciare. Sempre più forte. La pelle si sbucciava, ma non me ne accorgevo. Sentivo solo i passi e i battiti affannati del mio cuore. "Andate oltre" pregavo "Non venite da me".

Invece, il padrone mi presentò un uomo di nome Volumnio Eutrapelo e lo fece accomodare. «Alzati, ragazzina» ordinò in tono sbrigativo.

Io ubbidii. Mi lasciai toccare da quello sconosciuto e l'osservai in silenzio. Lui controllò che avessi i denti bianchi, la pelle liscia e i capelli puliti. Chiese anche di vedere le dita.

«Quanto vuoi per lei?» domandò infine al mio padrone.

Concordarono un prezzo. E io divenni Volumnia – come la gens che mi stava comprando –Citeride – in onore di quella Venere a cui molti dicevano che assomigliassi –. Soddisfai le voglie del mio nuovo dominus, partecipai agli spettacoli che organizzava e imparai i trucchi del mestiere. Dopo, lui decise di liberarmi. Non per affetto: offrire agli amici una schiava era un'offesa, però, da liberta avrei potuto intrattenermi con ciascuno di loro. E li ricordo tutti.

Ricordo le loro parole. Il loro odore. Le loro mani.

Ricordo anche il luogotenente di Cesare, l'unico che credevo diverso. Antonio non si vergognava del mio Passato, non voleva incontrarmi in un vicolo buio e io sentivo, per la prima volta, di essere fortunata. Presto andammo a convivere. Parlammo persino di figli, ma... al ritorno del suo generale, lui mi buttò via. La gente sosteneva che stesse "divorziando" da me, la moglie non ufficiale da cui si separava per obbligo. In realtà, mi aveva già dimenticata e, nel giro di un anno, aveva una sposa rispettabile e un neonato tra le braccia.

«Cosa speravi?» mi domandai per mesi interi «Schiavi e liberti sono un diletto passeggero». La ferita tardava a rimarginarsi, però non pensavo che quell'Amore effimero mi avrebbe ridotta in fin di vita.

Ero sulle rive del Tevere, quando udii delle grida. Sebbene non sembrassero gli abituali schiamazzi della festa di Anna Perenna, mi convinsi che fossero parte delle celebrazioni. "La parata sarà cominciata in anticipo" ipotizzai, costeggiando un tratto del fiume. Tuttavia, più mi avvicinavo al teatro di Pompeo, più incrociavo visi terrorizzati. Botteghe sbarrate, singhiozzi, clangore di lame. Stava accadendo qualcosa di grave. "Dovrei tornare a...".

«Volumnia!» Quinto Cicerone sgranò gli occhi. Era stupito d'incontrarmi lì e, dopo un attimo di sconcerto, assunse un'espressione paterna. «Donna, bella e sola: non è prudente vagare per le strade dell'Urbe. Non oggi» provai a indietreggiare, ma lui mi afferrò un polso e si fece largo tra la folla «Li senti? I figli di Roma fremono. Lupi pronti a sbranare teneri agnelli.»

«Ehm... sì... I festeggiamenti...»

«I festeggiamenti sono interrotti» dichiarò «Il popolo è affamato e la Legge non ti tutela. Vuoi finire come l'attrice di Atina?»

"Stuprata in pubblico mentre la platea acclama" scossi il capo. Nella confusione di quella mattina, rischiavo di peggio. «Hai ragione» balbettai, tentando ancora di liberarmi dalla sua stretta «Stavo appunto tornando a casa.»

«Ti accompagno» esclamò in tono sostenuto «È compito di un uomo proteggere ed educare le donne, no?»

Non seppi rifiutare. Conoscevo bene Cicerone e i suoi comportamenti da soldato: ogni scusa era valida per ergersi a difensore della Patria. Pensai che volesse mettermi in salvo, magari sperando di ottenere qualcosa. Invece, appena entrammo nella sua villa, divenne minaccioso.

«Non è singolare?» chiese, serrando la porta «Per l'intero tragitto, non hai fatto domande su quanto accaduto nel teatro di Pompeo.»

«Beh... desideravo allontanarmi...»

«Non hai fatto domande, perché sapevi.»

Corrugai la fronte. «Sapevo?»

«Della congiura». L'espressione accorata di Cicerone mutò in un ghigno vorace.

"Il lupo". Non erano là fuori: l'avevo seguito nella sua tana.

«Cosa ti ha detto Antonio?» incalzò lui «"Dei pazzi hanno ucciso il mio generale. Ti prego, aiutami"? Oppure è stato meno supplichevole?»

«Cesare? Assassinato?»

«Non recitare. Non con me» Cicerone mi tirò uno schiaffo e io caddi a terra. «Dove hai nascosto Antonio?!» abbaiò «Gli hai dato abiti da servo per passare inosservato? L'hai scortato in qualche rifugio noto solo alle meretrices

«No! Non l'ho neppure visto.»

«Bugiarda» soffiò, strappandomi la veste «Eliminare Cesare risparmiando Antonio è un lavoro a metà. O mi dici dov'è adesso, o temo che Roma non rivedrà il tuo bel faccino.»

Tra noi due, non ero io quella che recitava: Quinto Cicerone aveva capito subito che non sapevo nulla, ma ero finalmente sua. Una bambola che poteva prendere, usare e rompere a piacimento. Nessuno avrebbe obiettato.

Sorrise gelido. «Ti farò parlare. A qualsiasi costo.»

Non esisteva gioco più allettante.


NdA

Prima dei ringraziamenti, stavolta devo chiedere scusa per l'attesa! Il periodo è quello che è e i problemi sono sempre parecchi, ma cercherò di essere un minimo costante (intanto, il mio povero protagonista dell'altra storia -ferma da un anno- mi maledice in sottofondo)! Grazie mille di essere ancora qui a sopportarmi e per la pazienza. Ve ne sono grato!! <3

Adesso, un paio di cosucce storiche:

1) I Ludi Florales erano giochi in onore di Flora celebrati tra fine aprile e inizio maggio, con cerimonie pastorali che, però, prevedevano orge, bevute sconsiderate, scherzi e grande lascivia (cosa diamine c'entra tutto ciò coi pastori o con la dea dei boccioli?! Meglio non indagare... #PastoriFurbetti). Le donne indossavano colori sgargianti e gli uomini ghirlande di fiori, mentre le attrici di mimo si spogliavano dietro richiesta degli spettatori;

2) Cos'è la nudatio mimarum? Lo spogliarello. Catone-bacchettone, ovviamente, la criticava e, stando alla tradizione, il popolo aveva così l'ansia di essere moralizzato pure durante la festa zozza da non richiedere un simile spettacolo in sua presenza. Sembra, infatti, che Catone abbia lasciato il teatro per permettere alla gente di guardarsi lo spettacolino osé in pace (ne parla anche Marziale, commentando l'episodio coi seguenti versi: "Visto che conoscevi le cerimonie care alla festosa Flora, gli allegri giochi e la sfrenatezza del popolo, perché sei entrato in teatro, severo Catone? O sei entrato solo per uscirne?");

3) Volumnia, purtroppo, ha davvero iniziato a esibirsi a 13 anni e ha avuto una vita sotto i riflettori nonché piena di delusioni. Chissà che, accanto a Virgilio, non trovi qualcosa di nuovo... Intanto, anticipo che lei sarà parecchio determinante per un risvolto della vita di Virgy-mainagioia.

Grazie ancora di tutto (e scusate)!! Ave atque vale! ^_^


[1] Parte II – Capitoli 12 (Pater Familias) e 15 (La via del ritorno)

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro