CAPITOLO 2 - I FIGLI DELL'URBE
Cornelio si fermò all'ingresso della popina e indicò il muro su cui erano elencate le pietanze. «Sai già cosa vuoi mangiare?»
«Quello che prendi tu» farfugliai senza nemmeno guardare le opzioni e seguendolo nel locale. Era un posto affollato, ma non troppo da rendere difficile muoversi; sul pavimento non c'era un singolo avanzo di cibo e tutti mantenevano un tono di voce tanto gioviale quanto pacato. L'aria era calda, intrisa di profumi invitanti e, in una giornata d'inverno come quella, mi parve una vera benedizione, quasi fossi ancora avvolto nelle mie coperte di lana.
«L'accademia di Epidio» la voce squillante di Cornelio mi riscosse dallo stato di torpore «Dunque, è lì che completerai i tuoi studi?»
«Corretto.»
«Che fortuna!» fischiò lui, dirigendosi a un bancone solcato da ampi buchi rotondi in cui erano incassate anfore di terracotta «Sostengono che Epidio stia formando i futuri astri del Foro.»
"E tutto ciò mi preoccupa" sarei stato circondato dai rampolli dei patrizi e da giovani ben più ambiziosi di me.
«Pare che Pompeo voglia mandarci il figlio prediletto, mentre Cesare avrebbe già preso accordi con Epidio per far studiare laggiù il nipote.»
"Che gli Dei mi assistano!" deglutii in silenzio, aspettando che Cornelio mi passasse un piatto di legumi fumanti.
«Vuoi del pane?»
«Un po', grazie.»
«Garum?» s'informò ancora.
Feci segno di no: malgrado apprezzassi le salse, ero troppo agitato per mangiarle in quel momento. Aspettai che Cornelio terminasse di servirsi, poi pagammo e andammo a sederci in un angolo del locale.
Non feci neppure in tempo a immergere il pane nel piatto, che il mio nuovo amico m'indicò un gruppo in una saletta separata. «Li vedi?»
«Sì» mormorai, stando attento a non scottarmi col cibo.
«E cosa ne pensi?»
Mi strinsi nelle spalle.
«Non hai notato la ragazza in mezzo a loro?»
Aggrottai la fronte e aguzzai la vista. "Cornelio ha ragione!" conclusi, non appena individuai una giovane dai tratti sottili. I lunghi capelli scuri e le forme femminili erano nascosti sotto un pesante mantello, eppure non c'erano dubbi. "Avanti, Publio, fai vedere che non sei diverso dai tuoi coetanei, che conosci il mondo e apprezzi la compagnia delle professioniste" mi ripetei, prima d'incrociare lo sguardo di Cornelio. «Tre uomini e una sola donna» esclamai, sforzandomi di apparire sicuro «Credevo che a Roma non ci si dovesse accontentare in questo modo!». Avvertii subito il sapore sgradevole di quelle parole; però, ciò che mi lasciò davvero sbigottito fu la reazione di Cornelio.
«Stai scherzando, vero?»
«Ecco... io...» "cercavo solo d'integrarmi" «N... no? S... sì?» "cosa dovrei rispondere?".
«Hai seriamente dato della sgualdrina all'unica figlia di Catone?» Cornelio soffocò una risata «Se ti avesse sentito suo padre, adesso saresti morto! E anche ciascuno di loro ti avrebbe passato a fil di spada» puntò il dito verso il più maturo del gruppo, un uomo piacente, ma dalla corporatura snella e un incarnato fin troppo pallido per apparire in salute «Suo cugino, Bruto. Qualcuno vocifera che sia l'erede naturale di Cesare». Aggiunse altri dettagli a cui non prestai attenzione, troppo imbarazzato per la brutta figura appena fatta, e lo sentii a malapena nominare Marco, il fratello di Porzia seduto alla sua destra, nonché allievo di Epidio.
«E l'ultimo è Pompeo» disse, alzando gli occhi al cielo «Il figlio del console, la progenie di Alessandro Magno, colui che se battesse il piede a terra, farebbe spuntare migliaia di soldati.»
Mi fermai a studiarlo. Assomigliava ai busti del padre che avevo scorto di tanto in tanto, eppure non c'era traccia dei lineamenti austeri e dell'espressione accigliata; al contrario, lo vedevo scherzare animatamente coi presenti, quasi fosse lì per intrattenere il gruppo, mentre il fare protettivo verso Porzia, per un istante, mi fece ipotizzare un fidanzamento tra i due. "No, Publio" sorrisi tra me subito dopo "Il figlio del console non la guarda come si guarda un'amante" erano altri occhi a scrutarla in quel modo, gli occhi di Bruto.
«Virgilio?» Cornelio posò una mano sulla mia spalla.
«Scusami. Ero distratto.»
«Porzia è una notevole distrazione, te ne do atto» scherzò lui «Ma è una donna impegnata.»
«Che peccato» mentii, mentre terminavo di consumare il pasto. Chissà se Cornelio aveva intuito la mia totale inesperienza, chissà come aveva considerato le affermazioni di poco prima. "Ogni frase che dico è inappropriata" pensai, seguendolo fuori dalla popina "Devo tacere".
E così feci. Rimasi ad ascoltarlo per il resto del tragitto e, quando tentò di rivolgermi qualche domanda, risposi a monosillabi. "Non posso essere quello strano anche stavolta" ripetevo tra me "Desidero degli amici, un lavoro, una famiglia...".
«Siamo arrivati» esclamò Cornelio «Se vuoi, intanto che aspetti tuo nonno, posso tenerti compagnia.»
«Non preoccuparti.»
«Sei sicuro?»
Annuii; però, aggiunsi in un sussurro: «Possiamo vederci domani alla popina.»
Lui esitò un attimo, poi tese la mano. «Va bene. Buona fortuna». La sua stretta fu ancora più vigorosa di quella che ci eravamo scambiati un paio d'ore prima e, quando lasciò la presa, quasi mi dispiacque. Restai perfino a fissarmi il palmo finché il nonno non mi si parò davanti.
«Il ragazzo di Forlì dov'è?» domandò con voce indagatrice «Hai fatto qualcosa di stupido?»
Scossi il capo e, in tutta risposta, lui sollevò un sopracciglio.
«Su, andiamo» dichiarò poco dopo «Voglio conoscere questo Epidio di persona e spiegare gli studi che hai svolto». Nella sua frase ne era sottointesa una seconda – voglio esserci al vostro incontro, perché tu non saresti in grado di presentarti a dovere – e, come in tante occasioni, avvertii il cuore mancare un battito. Tuttavia, mi sforzai di sorridere e, insieme, varcammo la soglia dell'accademia.
Il cortile interno era ampio e popolato da giovani. Alcuni ripassavano seduti sull'erba, altri passeggiavano sotto i portici. Io, intanto, mi guardavo intorno estasiato. "Sembra di essere ad Atene" era in quel modo che immaginavo la scuola di Platone e immergermi lì dentro equivaleva a entrare nelle mie fantasie di bambino. Un luogo elegante, in cui dominava un equilibro senza Tempo. Le statue disseminate nei giardini davano un tocco di ostentata raffinatezza, ben bilanciata dalla natura florida che le circondava; mentre l'architettura sobria vantava interi muri dipinti con scene agresti. Anche il nonno era ammirato, sebbene non avesse né rallentato il passo né tantomeno incurvato la schiena. Si fermò soltanto nell'attimo in cui, giunti allo studiolo di Epidio, trovammo la porta aperta e il mio futuro rhetor intento a discutere.
«Non sono venuto per una trattativa» dichiarò un uomo in abiti militari «Se avessi voluto negoziare, sarei andato al mercato.»
Spostai lo sguardo sul nonno e lui mi fece segno di non prestare attenzione al litigio. Provai a distrarmi, ma il loro parlare animato continuava a ronzarmi nelle orecchie.
«Tuo figlio è troppo giovane!» aveva replicato Epidio «Aspettiamo che abbia celebrato i Liberalia. Persino il console ha acconsentito...»
«Pompeo ha tutto il tempo per far studiare qui suo figlio» lo interruppe l'altro «Io no: ci trasferiremo in Cilicia appena si concluderanno i processi e non intendo aspettare. Quinto è perfettamente in grado di seguire le tue lezioni, Marco.»
«Ho una gens. Sei pregato di rivolgerti a me con rispetto, Cicerone.»
"Cicerone?! Come il principe del Foro?" quel nome mi spinse a cercare di nuovo il nonno.
«Ti avevo detto di non ascoltare» mi ammonì lui in un sibilo «È un'accademia prestigiosa: non c'è nulla di cui sorprendersi.»
«Ma è parente di...?»
«Presumo sia il fratello. Dicono che sia un uomo astuto, oltre che un buon comandante» afferrò un lembo della mia tunica e mi tirò verso di sé.
Fu allora, per un gioco del Fato, che posai gli occhi su una statua di Minerva al centro del cortile. Sembrava risalente ai tempi di Pericle, forse anche più antica, e, appoggiato al suo piedistallo, c'era un giovane assorto nella lettura. Aveva la stessa espressione sognante che assumevo io ascoltando le gesta degli eroi; i lineamenti dritti e sottili ricordavano quelli ellenici, la postura era composta ma non rigida e i capelli scompigliati da una brezza leggera.
Avvertii un brivido.
"È il vento" mi dissi, soffermandomi sul movimento di quei riccioli ramati.
Non era il vento, e una parte di me lo capì subito. Però, mi ostinai a incolpare l'inverno per una sensazione che non riuscivo... non volevo spiegarmi, e il resto passò in secondo piano. Non mi accorsi nemmeno che Epidio aveva terminato di discutere ed era uscito dallo studiolo.
«Presumo siano qui per te» esclamò Cicerone, accennando a noi due.
«Ehm... sì... ecco...» "Publio, smetti di balbettare".
«Poche parole ben dosate, ragazzo» Cicerone mi posò un dito sulle labbra. Il tono era paterno, eppure, nella sua voce risuonò una sfumatura sinistra. Poi si fermò a studiarmi, quasi riuscisse a scorgere il mio animo e il segno indelebile del dono con cui ero nato. «Usalo con saggezza» lo sentii mormorare un istante prima che si rivolgesse al nonno: «Spero non abbiate atteso a lungo» dichiarò contrito «Io e il maestro avevamo un punto da chiarire». Lanciò uno sguardo d'intesa a Epidio e lui, con le labbra serrate e i pugni chiusi, abbozzò un cenno d'assenso.
«A quanto sembra» proseguì Cicerone «I nostri figli saranno compagni di studi.»
«Virgilio è mio nipote.»
«Ah... interessante». Intendeva "il padre del ragazzo dev'essere un uomo di poco conto" e il suo giudizio era talmente evidente che mi spinse a parlare.
«I miei genitori sono rimasti al Nord a causa d'impegni lavorativi» riuscii a malapena a finire la frase, che gli occhi di Epidio s'inchiodarono su di me.
Cicerone arricciò il naso e rivolse un secondo sguardo al maestro. «Almeno ha una bella voce» ridacchiò «Ed è in mani esperte.»
"Il mio accento..." mi morsi il labbro, arrossendo. Era davvero così ridicolo?
«Non puoi definirti un figlio di Roma» sentenziò Cicerone, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi «Se non sai neppure pronunciare la "R".»
NdA:
Bentornati e grazie come sempre! <3
In questo capitolo compaiono un bel po' di personaggi, ma prometto che, per un po', non ci sarà altra gente importante da ricordare!!
Intanto, mentre valuto la possibilità di aggiungere una scheda-personaggi da qualche parte, scrivo un ripassino, qualora vi facesse comodo:
1) Catone (sì, QUEL Catone che compare come un vecchio rompiscatole all'inizio del Purgatorio) ha due figli, Porzia e Marco, e sua sorella è Servilia, la mamma di Bruto (sì, QUEL Bruto che "tu quoque fili mi");
2) Il "figlio del console" è Sesto Pompeo. E qui sarebbe lecito chiedere "ma mica erano due i consoli?"... Vero, ma non in questo specifico anno, in cui Gneo Pompeo è console sine collega;
3) Quinto Tullio Cicerone è il fratello minore di quel Cicerone [spazio per coloro che hanno studiato latino in cui imprecare], nonché padre di Quinto Tullio Cicerone (complimenti alla fantasia);
Probabilmente ho scordato qualcosa, ma per qualsiasi dubbio o curiosità sono qui e più che contento di rispondere!!! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e... al prossimo (spooky) capitolo. Ave atque vale!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro