CAPITOLO 18 - UN BUON ESEMPIO
Il mattino seguente, Atilia mi fece trovare una gustosa colazione, controllò che non avessi la febbre e ascoltò il primo abbozzo dell'arringa, dando suggerimenti laddove il discorso era meno efficace. Sorrideva affabile e io mi sentivo a casa, tanto che rimasi per pranzo. Dopo, tutto cambiò con un'unica domanda: «Come hai capito che Marco era un'anima... affine?»
Sussultai.
«Virgilio, non tremare» malgrado scuotessi la testa, Atilia pareva non farci caso «Mio figlio ha bisogno d'affetto e tu sembri una persona buona.»
«Hai frainteso! Inoltre...» pensai a ciò che Sabino mi aveva ripetuto molte volte «Non esiste un Amore senza sesso e sarebbe assurdo immaginare che tuo figlio...»
«L'Amore ha infinite forme» mi fermò lei «E così il sesso.»
Negai ancora, giurandole di non aver mai nutrito sentimenti ambigui per Marco.
«Allora, perché venire qui?» Atilia provò a incrociare i miei occhi, ma io chinai il capo.
«L'arringa» mugugnai.
«Non soltanto.»
Mi morsi il labbro, sempre più in difficoltà. «Forse, ho commesso un errore.»
«Oh no! Se rendi mio figlio felice, se sei tu l'anima che gli corrisponde... dovreste tentare.»
«Due uomini liberi non giacciono insieme.»
«Francamente, ho smesso di curarmi delle vecchie leggi sulla moralità» Atilia bevve un sorso di vino e sospirò «Te l'ho detto: Marco non è sereno e io l'ho abbandonato. Se il Fato ha mandato qualcuno a prendersi cura di lui, non posso che essere dalla vostra parte.»
«Come?»
«Sono sua madre. Dovrei preferirlo angosciato e fedele al mos maiorum?»
"Cosa darei per leggere queste parole sulle labbra dei miei cari" loro ignoravano persino l'esistenza di Sabino. Non osavo nemmeno citarne il nome, temendo d'insospettirli.
«Non intendevo farti piangere» Atilia mi avvolse in un abbraccio. «Troverete un modo. E sarò al vostro fianco, per quello che vale. Dillo a Marco.»
«Gli dirò che lo ami molto» balbettai, mentre lei mi asciugava le lacrime «Però, smetti di darmi un ruolo che non possiedo.»
Avevo altro di cui discutere, tuttavia, la situazione era diventata troppo strana e, terminato il pranzo, lasciai la domus con una scusa. Percorsi le vie della Suburra tenendo stretta la borsa, attraversai le Carinae e proseguii verso il Foro, facendo una breve sosta nella casa del nonno.
«Puntuale e di parola!» dichiarò Valerio, ancor prima che varcassi la soglia «Stavamo giusto iniziando a caricare la merce». Allargò le braccia ma, vedendomi arretrare, divenne più composto. «Magio è nello studio, se desideri salutarlo.»
Mi sforzai di sorridere; poi, notai i suoi effetti sparsi ovunque e avvertii un profondo fastidio. "Sei un ospite" volevo puntualizzare "Non il padrone di casa" e, senza accorgermene, il mio sguardo rimase fermo su dei rotoli di pergamena.
«Mappe dalla Giudea!» esclamò lui, di nuovo entusiasta «Le darò ai clienti più affezionati.»
Com'era prevedibile, subito dopo si lanciò in aneddoti non richiesti e, solo quando ebbe terminato, potei andare dal nonno a raccontargli della causa.
Lui allungò una mano per prendere la mia. «Dunque, è il momento» bisbigliò in tono assorto «E gli Dei mi privano di questa gioia. Anni di sacrifici, trasferimenti e spese, per non assistere nemmeno.»
«È un processo semplice... Ci saranno occasioni migliori.»
«Sì. Occasioni migliori» fece eco in un sospiro. Nella sua espressione scorgevo un turbinio di emozioni e, per la prima volta, trovai anche una punta d'orgoglio: il ragazzino di dodici anni inadatto alla città stava per arringare nel Foro di Roma.
"Ed è grazie a te" ero indeciso se spiegargli il mio confronto col maestro Sirone. Volevo dire al nonno che adesso capivo i modi burberi, lo scetticismo verso il soprannaturale e il bisogno di vivere il Presente; eppure, non trovavo le parole. Il nostro chiarimento doveva essere perfetto, come nelle migliori rappresentazioni "Ne discuteremo quando avrò vinto la causa". «Fa' buon viaggio» mormorai, consegnandogli una lettera per i miei genitori e un sacchetto di conchiglie da dare Flacco.
Poi tornai nell'accademia dove, il giorno seguente, rientrarono Sabino, Marco e gli altri.
Fu imbarazzante.
Sentivo il peso dei loro sguardi e li ascoltavo a distanza, sperando che si avvicinassero. Invece, non mi rivolsero la parola fino al pomeriggio, durante la lezione col rhetor.
Epidio desiderava affrontare le origini della Repubblica e, presto, citò il suo fondatore. «Enea giunse sulle coste italiche più di undici secoli addietro, trovandovi una seconda sposa e la tanto agognata Pace» quindi, fece un cenno a Marco «Il tuo illustre antenato ha studiato la vicenda a lungo: sono certo che potrai esprimere pareri interessanti.»
Lui sollevò il capo dalla tavoletta e rimase zitto.
«Suvvia, i tuoi compagni ne gioveranno.»
«Non voglio offenderti» Marco picchiettò il calamus sull'argilla e osservò il rhetor «Ma non apprezzo quel mito, né ho piacere a ricordare che, forse, discendiamo da Enea.»
Aggrottai la fronte. "L'ha detto davvero?"
«Omero sostiene che abbia fondato un regno nella Troade» continuò «Molte altre versioni lo immaginano approdare in Italia; però, tutti concordano su una cosa: lui abbandona la sua città in fiamme. E un uomo che scappa non è un uomo. È un codardo.»
Non sapevo se fosse una velata critica al mio comportamento a Capua, tuttavia mi sentii provocato. «Enea lascia gli scontri per salvare la famiglia» replicai a mezza voce.
«Ebbene?» domandò Marco stizzito «Anteporre il Privato al Bene pubblico è da egoisti. Di nuovo, non siamo di fronte a un modello da seguire.»
Sabino spostò lo sguardo da lui a me; Epidio, di contro, si sedette in cattedra e ci invitò a proseguire.
Iniziai a sudare. Come ad Andes, nella domus di Ottavio e all'incontro con Atilia, il mio corpo reagì in modo strano, in preda a un terrore immotivato. "Publio, respira" m'imposi di ragionare "Non sta accadendo niente". Cercai d'ignorare il malessere e, per fortuna, le parole raggiunsero presto le mie labbra. «Un uomo in lotta perenne col Fato agisce mosso dall'hybris. Enea poteva combattere per la gloria, ma a che prezzo? Di lui ricorderemmo solo sangue e lacrime.»
Nella classe si levò un brusìo. Chiunque sapeva che sangue e lacrime erano la ricompensa che il Traditore di Roma aveva promesso ai suoi seguaci.
«Catilina è caduto sul campo di battaglia» sentenziò Marco «Biasimiamolo per lo stile di vita, non per la Morte che ha scelto». I suoi occhi luccicavano, quasi provasse ammirazione verso l'individuo più pericoloso della Repubblica. Se non fosse stato irragionevole, avrei detto che ne fosse attratto.
«Una Morte onorevole...» concordai «...Quanto egoista. Catilina ha causato il caos, si è battuto per un ideale ardito e, magari, lo proclama pure adesso, nel Tartaro. I Greci canterebbero di lui, però noi non esaltiamo l'ira funesta di un semidio ed Enea, oltre ai suoi cari, ha salvato i Penati che ancora veneriamo. Gli Dei gli hanno affidato un compito. Lui ha ubbidito. E questo, ai miei occhi, è un ottimo modello.»
«Tradire la Patria, l'onore e il proprio Passato perché dall'alto impongono di chinare la testa?» il tono di Marco divenne tagliente «Tu proponi un buon esempio per un paese di schiavi: "Siate remissivi: penserà un Re a dirvi quando e come muovere i vostri passi".»
Parlare di sovrani, nell'Urbe, era un argomento spinoso e, appena udì quella frase, Epidio interruppe il dibattito, spostando la lezione sui legami tra la Repubblica e Marte.
Io provai a concentrarmi, ma ero distratto da troppi pensieri: per la prima volta avevo risposto bene, con voce ferma e spiegazioni valide. Forse, ero veramente pronto ad arringare nel Foro. E, magari, sei anche pronto per chiarire con Sabino, suggerì una voce nella mia testa.
"Sì, lo sono".
Aspettai che calasse la sera e raggiunsi il suo cubiculum in punta di piedi. "A breve tornerà dalle terme" mi dicevo, mentre il cuore batteva più veloce "Gli chiederò di discutere nel cortile". Quando varcai la soglia, però, ebbi un sussulto.
«Tu qui!?» pure Marco trasalì, facendo cadere l'olio che si stava spalmando sulle braccia.
«Ehm... credevo che fossi alle terme.»
«Detesto le terme» sbuffò lui, senza nemmeno alzarsi dal letto «Vuoi riprendere il dibattito?»
Scossi il capo. «Cerco Sabino.»
«D'accordo.»
«Grazie.»
Marco ricominciò a ungersi la pelle e io rimasi in piedi a guardarmi intorno. La stanza era ordinata in modo maniacale: le superfici non avevano un briciolo di polvere, le coperte erano ben tese, le tavolette impilate e ogni oggetto pareva disposto secondo un rigore matematico.
Attesi ancora, quindi mi schiarii la voce. «Siete amici da tempo... tu e Sabino?»
Marco mi lanciò un'occhiata infastidita e adagiò l'olio. «Da oltre un decennio.»
«È una bella cosa. Sarà come un fratello per te.»
Lui sollevò un sopracciglio. Non aveva alcuna voglia di parlarmi, ma io desideravo tentare. In fondo, Marco era l'unico a conoscenza del mio rapporto con Sabino, non sembrava contrario e avevamo molto su cui confrontarci, a partire da Atilia. «Ritieni davvero che Enea sia un...»
«Non dobbiamo conversare solo perché un mio amico ti porta a letto» troncò pungente.
«O magari sì. Potremmo... conoscerci meglio.»
Marco mi studiò interdetto. «No.»
«Sarebbe più semplice» gli tesi la destra e lui non la strinse.
«Sarebbe inappropriato, Virgilio. Immagina se iniziassi a frequentare tutti gli amanti dei miei amici.»
«Ma noi studiamo insieme! Non sono un domestico.»
Marco serrò le labbra e inclinò il capo. Pareva dire: "Non sei un domestico per ora", quasi fosse scontato che non avrei intrapreso il cursus honorum e le nostre classi sociali sarebbero rimaste distinte. «Posso lasciarti la stanza» propose infine «Dormirò altrove, mentre voi due... ci siamo intesi.»
Mi colse alla sprovvista e non seppi rispondere. Lui, nel frattempo, radunò i suoi effetti. «Non ringraziarmi» dichiarò, già sulla soglia.
«Aspetta!»
«Sono stanco, Virgilio.»
«Ho incontrato tua madre.»
«Come, prego?»
«Mi ha... aiutato nella causa che discuterò a breve» proseguii balbettando «Le manchi. Desidera vederti e dice che non sei felice.»
«Eccellente» sibilò lui sulla difensiva «Una donna che non fa parte della mia vita da anni è convinta di sapere se sono o meno felice.»
«Sembra volerti molto bene.»
«Virgilio, pensa alla tua famiglia: io, Porzia e nostro padre stiamo magnificamente senza che tu o Atilia vi intromettiate. Per me, lei è morta. Riferiscile questo, se ci tieni.»
"Morta" ripetei "Come nella visione". «Dalle un'opportunità.»
«Hai superato il limite» tentava di mantenere un tono pacato, ma trasudava rabbia. Aveva i muscoli contratti e i grandi occhi crepuscolari erano un cielo in tempesta, velati di un rossore sinistro. «Il tuo posto non è nel Foro, né tra i miei amici. È tempo che te ne accor...»
«Marco? Virgilio?» Sabino, ancora un po' bagnato, si fermò al di là dell'ingresso.
«Scambiamo le camere» si affrettò a spiegare il figlio di Catone «Divertitevi con moderazione.»
«Cosa? Tu non...?»
«Andrò nel letto di Virgilio» Marco non gli permise di replicare e ci lasciò soli.
Per un istante interminabile, Sabino continuò a fissare il corridoio, quasi sperasse di veder ricomparire il suo amico. Sembrava infastidito dalla situazione; non era contento di vedermi e io avevo paura.
Sei ridicolo, ringhiò la voce nella mia testa, L'uomo che ami ti spaventa più del Foro. In realtà, mi spaventava più di qualunque fallimento, guerra o umiliazione: avevo il costante timore di perderlo e non esisteva Futuro più angoscioso di quello senza di lui.
«Dovevo tornare a Roma per... aiutare... mio nonno...» farfugliai «Ti avrei avvisato...»
«Non è vero» Sabino sfilò il panno che lo avvolgeva e terminò di asciugarsi «Sei tornato a Roma a causa della nostra lite.»
"E sia. Affrontiamo il problema". «Tu mi hai offeso» bisbigliai «Hai messo in discussione il mio onore e il mio status.»
Mi sarebbe bastata una giustificazione; Sabino, invece, assunse un'aria di biasimo. «Non hai neppure avvisato Sirone! Ci siamo preoccupati. Ti abbiamo cercato. Che razza di comportamento è?»
«Ecco, io...»
«Tu cosa, Virgilio? Ti ho fatto notare che stavi rovinando la giornata e hai deciso di andartene. Devo presupporre che potresti svanire in ogni momento? Oppure, accadrà solamente quando saremo in disaccordo?»
Provai a rispondere e non trovai le parole. "Non mi lasciare" supplicavo tra me.
«Forse dovremmo...»
«No» gli presi le mani, mentre il mio cuore batteva all'impazzata «Hai ragione, mi dispiace. È colpa mia e non si ripeterà più.»
Sabino non mutò espressione.
«Per favore» lo strinsi più forte, mentre tutto diveniva confuso «Io ti amo.»
Un attimo dopo, sentivo i nostri respiri affannati, il suo corpo contro il mio e il cigolio del letto.
"Come siamo arrivati qui? Sembravamo distantissimi e adesso...".
Un'altra spinta, seguita da un gemito di piacere.
"Non so nemmeno se lo volevo. Eppure, sono stato io a chiederlo".
Gli davo le spalle, fissavo il muro e mi domandavo perché Sabino non cercasse le mie labbra, né i miei occhi. Non notò neppure le lacrime che mi rigavano le guance o, forse, fui bravo ad asciugarle in tempo. «Dormiamo insieme?» sussurrai, appena ebbe finito.
Lui annuì, ma continuò a guardare altrove e, quando provai a toccarlo, si scostò leggermente.
Come una recita sempre uguale, i nostri incontri si ripeterono il giorno seguente e quello successivo. Ci spogliavamo, consumavamo un veloce rapporto e condividevamo il letto, lui avvolto nei suoi sogni e io in un'unica preghiera: "Dei celesti, dimostratemi che Sabino è innamorato di me".
Ci pensavo durante le lezioni, ai pranzi, sul luogo di lavoro... Persino se ero in compagnia di Cornelio, tanto che il mio amico cominciò a preoccuparsi.
«Sei pronto!» m'incoraggiò, convinto che stessi male a causa del processo «La tua orazione è eccellente e il rhetor ne sarà entusiasta.»
«Atilia mi ha aiutato parecchio. Ricordami di ringraziare Ottavio.»
«A proposito...» Cornelio mi guardò dritto in faccia «Il ragazzino ha una luce speciale. Sembra inviato dal cielo per cambiare il mondo.»
«È un bambino intelligente.»
«C'è di più» Cornelio abbassò la voce «Non so dirti perché, ma mi è bastato riaccompagnarlo a casa per scorgere in lui... qualcosa.»
Feci spallucce. Per me, Ottavio era un ragazzino fragile, dotato di grande acume e animato da sentimenti sinceri; però... cambiare il mondo? Era un po' eccessivo.
«Verrà ad ascoltarti domani?»
Scossi il capo. «Non gli ho detto la data del processo. Sarà già imbarazzante così e, in effetti, dovrei tornare in accademia a ripassare l'arringa.»
«Puoi ripeterla a me.»
«Di nuovo?» ormai la conosceva quasi a memoria e io avevo bisogno di stare solo. Ciò che non immaginavo, tuttavia, era che Epidio volesse vedermi. Sosteneva fosse urgente.
NdA
Niente magia in questo capitolo. In compenso, c'è una buona dose d'incomprensioni e rapporti ambigui. In quanto a me, sarò un disco rotto, ma ciò che va detto va detto: grazie mille di tutto!! <3 è meraviglioso avervi qui e vi sono immensamente grato <3
Dato che il capitolo era più una puntata di Uomini e Donne, non ho molti commenti utili... ergo, li unirò a un paio di considerazioni:
1) Possiamo fidarci di Valerio? E quell'interesse per la Giudea sarà un tramite per svelare la cultura ebraica (e pre-cristiana) a Virgy & family? Di certo, il legame tra Virgilio e le religioni abramitiche non è solo una storiella medievale;
2) Epidio si riferisce al fatto che il mito "definitivo" di Enea (ripreso pure nell'Eneide) viene in parte dagli studi di Catone il Censore, trisnonno di Marco. Invece, la questione di "sangue e lacrime" riguarda l'ultimo discorso tenuto da Catilina (nel 62 a.C.), nel quale prometteva proprio quelle cose. Long story short, all'inizio della WW2, Churchill pronuncerà il famoso "vi prometto lacrime, sudore e sangue, ma alla fine vinceremo". #ChurchillFreebooter XD
3) Cornelio sembra affascinato da Ottavio (come Marco da Catilina... uhm... in questo caso, c'è il fascino del bad boy? Avrà ripercussioni nelle sue scelte?): il loro rapporto appena nato potrebbe avere parecchie evoluzioni (non romantiche!).
Di nuovo un enorme grazie e... alla prossima!
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