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CAPITOLO 1 - ROMA CAPUT MUNDI

Gennaio, 702 AVC

Mi guardavo intorno frastornato, camminando a passi lenti tra decine di edifici e persone. Roma non aveva lo sfarzo di Alessandria o la raffinata cultura di Atene, eppure a me sembrava immensa. Persino Cremona e Milano erano granelli di polvere, paragonate a quella città in fermento. Al Nord, la gente si muoveva più adagio, gli abiti si assomigliavano tra loro e udire una lingua straniera era una rarità.

A Roma no.

Le voci erano mischiate in un turbinio di cadenze differenti; i venditori si affacciavano dalle botteghe sventolando stoffe, nastri, perline e statuette di ogni genere; un gruppo di mimi stava interpretando una coreografia licenziosa; alcuni litigavano, altri erano intenti a consumare per strada un pasto rapido, altri ancora seguivano delle donne discinte in vicoli poco illuminati, e tutti, prima o poi, finivano per commentare la scarsa pulizia dei clivi e il potere indiscusso di Pompeo. Io non sapevo molto di quell'uomo e di certo non potevo dar ragione né a chi ne elogiava l'abilità strategica abbinata all'animo nobile, né a chi lo definiva un borioso aristocratico privilegiato fin dall'infanzia. Riguardo ai clivi, invece, non avevo dubbi: Roma era lercia e io mi sarei lavato accuratamente i piedi non appena giunto nella nuova casa.

"Chissà cosa ne pensa il nonno" lanciai un'occhiata verso di lui, ma non incrociai il suo sguardo. Come sempre, teneva la schiena ritta e il capo rivolto in avanti, incurante di ciò che mi passava per la mente. "Eppure, ha trovato una scusa per trasferirsi insieme a me" mi dissi, consapevole che sarebbe rimasto al mio fianco finché ne avessi avuto bisogno. Se solo fossimo riusciti a intenderci! Dalla lite di ottobre, ci eravamo scambiati poche frasi e non avevamo mai affrontato l'argomento, quasi la mia lettera di scuse avesse cancellato la discussione stessa.

Feci per aprire la bocca, quando un rumore di ruote attirò il mio interesse.

Davanti a me, a qualche metro, c'era un carretto guidato da un giovane dai lineamenti duri e la corporatura atletica. Indossava una toga identica alla mia, ma la sua carnagione era più chiara, l'espressione sicura e i capelli corti, secondo una moda cittadina che, magari, avrei dovuto adottare anch'io, così da perdere almeno un po' l'aria da campagnolo.

«Non pagherò alcuna multa, scordatevelo!» esclamò il giovane, rivolto a due uomini in divisa fermi di fronte a lui.

«Il mezzo è requisito» sbuffò il soldato più anziano in tono esasperato «Scendi.»

Il giovane assunse un atteggiamento di sfida. «È abuso di potere!» dichiarò «Ho acquistato il carro personalmente ed è mio fino a prova contraria.»

«Questa è la multa che dovrai pagare» l'altro uomo in divisa gli tese una tavoletta e lui la spinse a terra con una mano.

«Non lo farò!»

«Scendi.»

Mi voltai in direzione del nonno, trovandolo ugualmente perplesso. A Cremona, una scena del genere avrebbe destato parecchio interesse, ma lì nessuno sembrava essersi neppure accorto del diverbio. La gente proseguiva a discutere, mangiare, fare acquisti e passeggiare, come se nulla fosse.

"È assurdo,a meno che..." forse, nell'Urbe, gli abusi di potere erano talmente all'ordine del giorno da risultare normali. Forse, i cittadini avevano paura a intervenire.

Tornai a osservare.

Il giovane continuava a lamentarsi, tuttavia, era sceso dal carretto e se ne stava con le braccia incrociate, mentre gli uomini in divisa requisivano il mezzo. «Bastardi, infami, figli di... ehi, perché mi fissi?»

Sussultai. «S... stai parlando con me?» spostai lo sguardo sul nonno e lui fece segno di passare oltre. Io, però, mi avvicinai allo sconosciuto. «Ecco... mi... dispiace» balbettai.

«In che senso?»

«Virgilio, vieni via!» mi richiamò il nonno.

«Mi dispiace che quei funzionari abbiano abusato del loro potere.»

«Ehm...» il giovane mi studiò da capo a piedi con aria interrogativa «L'hanno fatto perché stavo andando in una via pedonale... Per la quinta volta dall'inizio del mese.»

«Cosa?»

Lui si strinse nelle spalle. «Capita.»

«No, aspetta! Quindi, avevano ragione?»

«Sì.»

«Ma tu dicevi...»

«Tutti dicono qualcosa a Roma: se resti zitto non esisti! Inoltre, litigare ha un suo fascino» si strinse di nuovo nelle spalle e tese la destra verso di me «Gaio Cornelio Gallo, piacere di conoscerti, straniero

Io guardai ancora una volta il nonno, indeciso se ricambiare la stretta.

«Cornelio Gallo, hai detto?» s'intromise lui in tono indagatore «Occupazione e rango.»

«Equestre, signore: mio padre è un cavaliere e io studio retorica.»

«Bene» e, con un cenno del capo, mi diede il permesso di presentarmi.

«Sono Virgilio» abbozzai un sorriso «Figlio di Stimicone Virgilio Marone e futuro studente della scuola di Epidio. Vengo da...»

«Lasciami indovinare» m'interruppe, fissandomi dritto negli occhi «Nord. Dalle parti del Mincio.»

«Come lo sai?»

Cornelio fece schioccare la lingua. «Ho un potere speciale.»

«Davvero?»

Nel sentire la domanda, lui scoppiò a ridere. «No, per Giove! Il tuo accento è la cosa più del nord che abbia sentito dall'inizio dell'inverno.»

Aveva ragione: ora che ci riflettevo, il mio modo di parlare non era uguale al suo. «È un problema?»

Cornelio scosse il capo: «Nemmeno io sono dell'Urbe: vengo da Forlì. Tuttavia, sono sicuro che Epidio non ti lascerà in pace finché non avrai iniziato a parlare come un uomo nato e cresciuto all'ombra dei sette colli» poi si rivolse al nonno «Signore, stavo andando nella popina all'angolo. Volete unirvi a me?»

«Mi proponi di andare in una bettola di basso...»

«Oh no, questa non è una bettola!» si affrettò a spiegare «A Roma esistono anche popinae più che dignitose e, spesso, ci va gente interessante. Potrei giurare di aver incrociato laggiù Bruto, Marco Antonio e addirittura il figlio del console.»

«Capisco» in realtà, per la prima volta, il nonno era spaesato quasi quanto me. Erano anni che mancava dall'Urbe e stentava a riconoscere la città in cui aveva trascorso la giovinezza.

«Ebbene?» Cornelio interruppe il momento di silenzio «Vi unite a me?»

«Virgilio, vai insieme a lui. Io devo sbrigare alcune faccende.»

«Io...»

«Ci vediamo all'accademia.»

Annuii, mentre speravo che il nonno cambiasse idea. "Non lasciarmi da solo con uno sconosciuto" tentai di comunicargli attraverso lo sguardo "Non saprei di cosa parlare, mi sento a disagio e lui potrebbe non essere una persona raccomandabile".

Tuttavia, il nonno non mi rivolse nemmeno un'occhiata e, dopo aver salutato in fretta Cornelio, sparì tra la folla.

"Fantastico!" conclusi, mordendomi il labbro "Sarà un pranzo imbarazzante".

«Se non vuoi seguirmi, non sei costretto» esordì Cornelio, interpretando i miei pensieri «Non a tutti piace mangiare cibo già pronto, servendosi in pochi minuti e senza concedersi un po' di sano ozio.»

Congedati, suggerì una voce nella mia mente, è amichevole perché gli fai pena: sei un campagnolo sprovveduto e lui si prenderà presto gioco di te. Quel pomeriggio, però, le voci che mi ronzavano in testa si confondevano nel brusio dell'Urbe e seguirle non mi parve l'opzione migliore. Potevo agire in modo diverso.

«Ti seguo volentieri» farfugliai, sforzandomi di sorridere «Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a comprendere questa città.»

Non lo sapevo, allora, che sarei tornato decine di volte nella popina, né tantomeno che avevo appena incontrato una delle persone più importanti della mia vita. Così importante da trovare spazio in tutte le opere che mi avrebbero reso famoso, talvolta col suo nome, talvolta in maniere più inaspettate. Senza Cornelio, avrei seguito un Fato diverso, ne sono certo. Più lieto? Più triste? Non mi è dato saperlo, ma non baratterei il nostro legame nemmeno per la più intensa felicità concessa ai mortali.

Quel pomeriggio, ero ignaro che i nostri Destini sarebbero rimasti intrecciati e speravo soltanto di non risultare strano, fuori luogo o troppo ingenuo. Sembrava un giorno qualunque. D'altronde, è proprio vero che i giorni più speciali si travestono spesso da giornate ordinarie.


NdA:

Ave, meravigliose persone che state leggendo!! <3 Non smetterò mai di ringraziarvi <3

Finalmente siamo a Roma e la storia entra davvero nel vivo. Dopotutto, una parte che s'intitola "volere" ha senso che abbia fatti più scoppiettanti rispetto a "tacere"... spoiler alert: la III parte sarà "osare", e lì ci saranno guai anche peggiori ^_^ Qualcuno riesce e immaginare (non vale guardare su internet!! Google è meglio dell'oracolo di Delfi e sa la risposta) il nome della IV parte?

Comunque, un paio di considerazioni rapide: i clivi di Roma facevano veramente schifo (lo dice persino Cesare, e ciò che dice Cesare è sacro), la questione aree pedonali è altrettanto vera, idem con patate per quanto riguarda il modo di parlare di Virgilio (ma la questione verrà approfondita nei prossimi capitoli, quindi non mi dilungo ora).

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