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☞ ATTENZIONE ☜
↳ Questo capitolo contiene scene dettagliate e forti sulla tematica sessuale esplicita; linguaggio scurrile e triviale.
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Stalker.
Io, Ukai Kaori, avevo uno stalker.
Non so quanti giorni passarono prima che ne me ne rendessi conto, ma Mitsuki me lo aveva apertamente dichiarato, quel giorno, nella sua autoironia per non terrorizzarmi ed io l'avevo "assecondata" pur di non prendere la situazione più seria di quanto fosse.
In quei giorni, o settimane, mi ero occupata a fare altro con la Toda. Mancava davvero poco prima che arrivasse l'ultimo dell'anno e non stavo più nella pelle di giocate alle Olimpiadi. Dovevo ancora parlarne con gli altri del mio possibile trasferimento programmato mesi prima, ma da quando si era messo di mezzo anche lo stalker non avevo più avuto il tempo né la voglia per farlo.
Lasciai ricadere l'acqua dalle mani e la ripescai con le mani a conca, ripetendo il continuo ciclo. Era passata un'ora da quando ero entrata nella vasca da bagno con le bollicine e l'acqua bollente; non avevo voglia di uscire né affacciarmi alla finestra perché, il caso volle, che quella figura nera continuava a fissarmi da dietro a quell'albero accanto casa mia.
Mio fratello non ne sapeva nulla. Di certo non potevo dirgli che un presunto stalker stava lì a fissarmi o seguirmi ovunque andassi. Persino fuori alla palestra, dopo gli allenamenti con la mia squadra, lui era lì, nascosto dietro all'edificio incappucciato con addosso occhiali neri. Non riuscivo a vederlo bene di faccia perché prontamente avanzavo il passo o cambiavo traiettoria pur di seminarlo. Ma non era abbastanza.
Rabbrividì dai miei stessi pensieri e strinsi le gambe al petto, appoggiando il mento su un ginocchio. Che cosa avrei dovuto fare? Un paio di giorni fa, lessi sul giornale dal paragrafo di cronaca nera che lo stalker era -la maggior parte delle volte- un nostro conoscente o una persona che avevamo visto e parlato non più di dieci minuti.
Spaventata ero a dir poco. Più che altro, riflettevo sul fatto del perché le situazioni più tragiche e spaventose accadessero proprio a me. Non riuscivo a darmi delle risposte, figuriamoci se un poliziotto o mio fratello me l'avrebbero date. Forse, ogni vittima come me penserebbe alla stessa cosa, facendosi la tipica domanda: "Perché io? Che cos'ho di speciale?"
Ma non credo che siano domande da porsi quando alle calcagna ti ritrovi uno sconosciuto seguirti, spiarti e aspettarti che tu esca di casa per svolgere le tue commissioni. Sospirai profondamente e chiusi il getto d'acqua della vasca, distendendomi di schiena sul bordo bianco e socchiusi gli occhi.
«Kaori, sei lì dentro?» Improvvisamente, le nocche che sbatterono contro il legno della porta pesantemente mi fecero sobbalzare dallo spavento, avendomi colta di sorpresa. Strinsi i bordi della vasca tra i palmi e aprì gli occhi, guardando la porta accigliata.
«Sì cazzo! Che cosa vuoi, Keishin?», sbottai su di giri, muovendomi nell'acqua e farla ondeggiare in piccole e mosse onde.
«Hai il dente avvelenato anche oggi?», chiese sarcastico e alzai gli occhi al cielo. «Comunque volevo avvisarti che sto per uscire con gli altri», proseguì dato che non gli risposi e involontariamente le mie budella si torciarono e inghiottì a vuoto.
«Uscire...?», mormorai con un pizzico di panico nella voca e mi guardai attorno come per cercare una qualunque distrazione. «Devi per... forza?» domandai titubante, mordicchiandomi nervosamente il labbro inferiore.
«Certo che devo per forza», rispose con ovvietà. «È la mia uscita tra adulti anziché guardare voi adolescenti ubriacarvi e fare... cose», disse colui che un paio di settimane prima si era ubriacato assieme ad un gruppo di adolescenti. Keishin era incredibile. Negativamente parlando. «Ma stai bene? Ti sento strana. Non dirmi che vuoi suicidarti.»
Mi rabbuiai. «Non voglio suicidarmi, idiota! E comunque sto bene, non preoccuparti», dire che lo fossi era una barzelletta da raccontare ai miei futuri nipoti rivivendo il momento con ironia e sarcasmo. Magari, se allo stalker non gli fosse venuta -prima- la brillante idea di uccidermi e gettare il mio corpo nel fiume più vicino.
Credo di aver visto troppi film dell'orrore.
«Chiedo per puro preavviso. Dopo toccherà a me pulire», si lamentò e alzai un sopracciglio incredula.
«Hai mai visto C.S.I, Keishin? Sono sempre quelli della scientifica a ripulire il tutto. Ovviamente per non occultare le prove», spiegai sarcastica con uno sciame di fastidio. «Ma che razza di fratello, sei?» piagnucolai.
«Colui che ti ammazzerà se ti ammazzerai», rispose tranquillamente.
Guardai la porta con le labbra semi aperte. L'avevo detto davvero? «Il tuo discorso non fa una piega!», sbottai.
«Touché», ridacchiò lui dall'altra parte. «Se hai bisogno di qualcosa o dovesse succedere qualcosa, chiamami», mi avvisò prima che si allontanasse dalla soglia della porta, calpestando a passi di elefante il pavimento fino ad arrivare alle scale.
M'irrigidì momentaneamente e cercai di tranquillizzarmi con profondi respiri, appoggiando la schiena nuovamente contro la vasca. Se sarebbe successo qualcosa, ero sicura che avrei chiamato la polizia anziché mio fratello. Perché diciamocela tutta, Keishin avrebbe bevuto come una spugna e la mia chiamata di aiuto l'avrebbe intuita come uno brutto scherzo finito male, perciò mi limitai a stare in silenzio ad osservare le dita dei miei piedi uscire da sotto alle bolle di sapone.
La mia vita non poteva assomigliare ad una telenovela anziché ad un film dell'orrore? L'avrei gradito tutto quel cliché.
༄
Ore 𝟷𝟷:𝟸𝟶 di sera.
Mi strinsi in cerca di conforto nella mia coperta pelosa di lana, affondando il mento nell'incavo delle ginocchia e tenere lo sguardo puntato sul programma che stava andando in onda in tv. Dopo che ero uscita dalla vasca, asciugata e vestita con il mio confortevole pigiama, mi ero comodamente seduta sul divano e lì ero rimasta. Non avevo neanche avuto il coraggio di spostarmi da una camerata all'altra senza accendere tutte le luci in giro per casa, controllare di tanto in tanto fuori alla finestra e armarmi di un'arma appuntita la quale mi sarei difesa se il pazzo maniaco che girovagava attorno alla mia abitazione gli fosse venuta la brillante idea di violarla per ammazzarmi o peggio, sgozzarmi.
Credo che non ci sia morte più brutta di essere sgozzati. Insomma, chi vorrebbe mai essere sgozzato con un coltello alla gola? Amavo ogni cosa macabra dei film, persino le scene inquietati e vomitevoli di Saw, ma non volevo provare di certo quella sensazione e trovarmi al posto della troia bionda che moriva per prima.
Diamine! Non ero neanche bionda.
Sospirai e feci zapping con il telecomando, cercando di trovarvi un programma che non mi annoiasse. Di solito ero tenta a guardare horror fino all'alba, ma quella sera decisi che forse era meglio occupare la mia mente da qualcos'altro. Improvvisamente, mentre ero intenta a cercare un programma degno di essere guardato, il campanello della porta principale suonò e sussultai sul posto.
Avete presente le tipiche bambole indemoniate le quali girarono il collo lentamente con quel rumore stridulo? Ecco, feci esattamente la stessa cosa, con l'unica differenza che la mia espressione era puro terrore.
Scacciai via la coperta dalle gambe e mi alzai dal divano, abbassando il volume della televisione. Camminai verso l'uscita del salotto, fino a ritrovarmi nel corridoio principale. Esposi la testa inclinata di lato, cercando di dare un'occhiata anche la stanza della cucina. Mi avvicinai alla porta e appoggiai la mano sulla maniglia, stringendola nel palmo.
La regola principale dei film horror era che: se chiedi chi è fuori alla porta, stai ben sicuro che nessun serial killer o pervertito ti risponderà. Quindi a mali estremi, chiedere o non chiedere di certo non sarebbe cambiato assolutamente nulla. Ma era più temibile aprire e trovarsi il killer davanti, senza chiedere chi ci fosse dietro alla porta, a differenza di chiedere chi ci fosse finendo per non trovarvi veramente nessuno. Lì sarebbe stato inquietante.
Girai la maniglia verso il basso e aprì lentamente la porta facendola cigolare. Quando portai gli occhi sulla veranda, non vidi nessuno. Né una sagoma. Strinsi con forza i denti e mi feci coraggio di spalancare velocemente, un modo banale per spaventarlo, magari. Mi raddrizzai con la schiena e feci un passo in avanti, ma di punto in bianco, la figura di Akaashi si materializzò davanti ai miei occhi come una fantasma e sobbalzai dallo spavento, cacciando un gridolino che prontamente tappai con la mano.
«Kaori, ehi –», Akaashi mi guardò confuso con gli occhi leggermente sbarrati e diedi una veloce occhiata in giro, sperando di riuscire a intravedere qualcosa attraverso il buio soppiatto della strada. Comunque, il ragazzo non riuscì ad rassicurarmi che prontamente gli mollai uno schiaffo sulla spalla.
«Sei impazzito?», sbottai a denti stretti. «Mi hai spaventata a morte. Cazzo! Non farlo mai più o giuro che la prossima volta ti tirerò un cazzotto.»
Akaashi continuò a fissarmi tra il curioso e il confuso. «Okay...», prolungò la lettera "o" nervosamente. «...hai le tue cose?»
A quella domanda per di più maschilista, lo incenerì con lo sguardo. Una donna doveva per forza arrabbiarsi o sbraitare solo perché si trovava in quel periodo del mese? «Che cosa? No! Non mettere in mezzo il mio ciclo», ribattei offesa e mi strinsi nelle spalle. «Credevo... Ah! Lascia stare», sbuffai e alzai gli occhi al cielo, cercando di darmi una regolata. «Perché sei qui?»
«Credevo che ti avrebbe fatto piacere», alzò e abbassò le spalle. «...ma se vuoi che me ne vada, dillo.»
«Certo che non voglio che te ne...», mi bloccai per socchiudere un secondo gli occhi. «Entra. Ti racconto in casa. Non mi sento a mio agio parlartene qui fuori», e mentre glielo dissi, controllai che dietro alla spalle di Akaashi non ci fosse un pazzo assassino pronto ad uccidere prima lui e dopo me.
Mi misi di lato per farlo passare e Akaashi si mordicchiò il labbro inferiore, annuendo. Una volta in casa, chiusi la porta alle mie spalle, senza dimenticarmi di dare due mandate alla serratura. Mi voltai verso Akaashi e sorrisi leggermente in imbarazzo. «Sono felice che tu sia qui.»
«Dici?» ribatté sarcastico. «Dallo schiaffo che mi hai dato non sembrava», proseguì quasi offeso.
Roteai gli occhi. «Perché mi hai fatto quasi prendere un infarto», mi giustificai, allargando le braccia. «Credevo... credevo che fossi qualcun altro e...», farfugliai impacciata. «...mi sono spaventata.»
«Qualcun altro?», mi guardò con un cipiglio poco rassicurante sulla fronte. Annuì piano. «Aspetta... ti vedi con qualcun –», gesticolai nervosamente le mani sotto ai suoi occhi accigliati, scuotendo il capo.
«Ma che cosa blateri? Assolutamente no. Sei l'unico con cui mi frequento e non è questo il mio problema, Keiji», sbuffai, massaggiandomi le tempie con le dita. «Possiamo sederci?»
Akaashi mi guardò titubante, ma poi annuì e gli feci strada -dopo essersi tolto le scarpe- nel salotto, dov'ero accomodata un attimo prima. Ci sedemmo sul divano e mi confortai nell'angolo avvolto dai cuscini, stringendo le braccia al petto. «Quindi?», fece Keiji, aspettando che gli dicessi qual era il problema.
Presi un profondo respiro e aprì bocca: «Credo di avere uno stalker», rivelai d'un fiato.
Il ragazzo sbatté ripetutamente le palpebre, fissandomi come se avessi avuto tre teste. «Stalker?»
«Sì, uno stalker è praticamente una persona –»
«Frena! So cosa vuol dire stalker», mi interruppe con un leggero sorriso. «Perché credi di avere uno stalker alle calcagna?»
Inghiottì a vuoto. «Perché l'ho visto?», ribattei interrogativa con una nota di irritazione. Akaashi si ammutolì. «È comparso all'improvviso. Non so nemmeno chi diavolo sia. È sempre vestito di nero: porta un cappuccio e un paio di occhiali neri», gesticolai nervosamente, cercando di scrollarmi addosso i brividi di freddo. «La prima volta che l'ho visto è stato quando Kageyama mi ha riaccompagnata casa, la sera che i ragazzi stavano festeggiando la partita vinta contro la Shiratorizawa», spiegai brevemente. «Da quel momento, continuo a vederlo sempre. Mi segue persino agli allenamenti...»
Akaashi sembrò pensieroso e giocherellò con il suo labbro inferiore tra le dita. «Aspetta...», fece improvvisamente e alzai un sopracciglio. Lui mi guardò confuso, arricciando il naso. «Hai detto che Kageyama ti ha riaccompagnato a casa?»
Lo guardai allibita. «Hai capito cosa ti ho appena detto?» sbottai. «Ti ho appena esplicitamente detto che un pazzo mi sta seguendo e tenendo d'occhio», proseguì su di giri. «...E tu ti preoccupi di Kageyama?» ridacchiai nervosamente. «Assurdo!»
«Beh, scusami, ma non me lo avevi detto», ribatté stizzito, marcando il suo dispiacere con finta ironia. «Hai solamente accennato quella sera di essere ritornata a casa, ma non hai specificato con chi e come», proseguì.
«Di certo non devo darti spiegazioni più dettagliate, anche perché Kageyama è un amico e fa parte della Karasuno così come gli altri ragazzi. La tua gelosia è fondata sulla stupidità», portai le braccia strette al petto.
«Ma io non sono geloso!» esclamò e aggrottò la sopracciglia.
«Ah, no?», canzonai sarcastica. «Perché cavolo allora ne stai facendo un dramma?»
«Perché... perché volevo che me lo dicessi», farfugliò. «Ecco tutto!»
Scossi il capo, guardandolo male. «Proprio come tu mi hai detto di parlare con quella Milla?»
«È Camille...», mi corresse.
Feci spallucce. «E quindi?», alzai un sopracciglio. «Dovrebbe importarmene qualcosa?»
Akaashi si portò una mano alla fronte, massaggiandosela. «Di nuovo, Kaori? Seriamente?» domandò esasperato. Annuì.
«Certo, perché no? Parli tanto di fiducia e lealtà nei tuoi discorsi, quindi perché non mettere di mezzo anche quest'episodio? D'altronde, se vogliamo dirla tutta, sei stato tu a cominciare.»
«È un'amica...», sibilò.
«Anche Kageyama lo è, Keiji!», proclamai nervosa. «Non pensare sempre con il cazzo. Non tutti i ragazzi vogliono ricavarne un premio...»
Lui sorrise enigmatico, bagnandosi sensualmente le labbra. Cavolo, non poteva provocarmi nel bel mezzo di una discussione. «Io ti ero amico anche da molto più tempo di Kageyama. Mi hai sempre attizzato, secondo te non è lo stesso per lui o gli altri? Io scommetto di sì. Dopotutto, sono maschi», fece spallucce.
«Potrei dire la stessa cosa di Milly, sai?», mi stampai sulle labbra un sorriso tirato. «Conosco le ragazze come lei e non portano mai nulla di buono.»
Akaashi mi guardò senza speranze e sospirò.
Ero nervosa. Mai stata così tanto su giri. Mi alzai dal divano e lo sorpassai, ma prontamente avvolse le dita attorno al mio polso, strattonandomi all'indietro e farmi sedere sulle sue gambe fasciate da un paio di pantaloni grigi. «Kaori...»
«Ti stavo parlando di una cosa importante e hai preferito prestare attenzione a qualcos'altro», sussurrai. «Che cosa vuoi, ora?»
«Ti credo», ammise. «Dico davvero: ti credo», sussurrò quasi implorante. «Ma sono venuto qui per stare con te e perché mi sei mancata. Non voglio litigare».
«Litigare? Guarda che hai iniziato tu», e gli puntai il dito davanti agli occhi. «...aspettavi che stessi in silenzio? Keiji, ti ho già ripetuto che non me ne può fregare minimamente –», all'improvviso mi ritrovai a chiudere letteralmente la bocca e assaporare le labbra morbide di Akaashi, sulle mie.
Ricambiai il bacio e socchiusi gli occhi, appoggiando una mano dietro alla base del suo collo e spingerlo più contro la mia bocca. Potevo considerarmi contraddittoria, ma non riuscivo a resistere alla sensazione delle sue labbra sulle mie, di come si muovevano coordinate e dall'emozioni che mi suscitava.
Akaashi scese con le mani lungo ai miei fianchi, stringendoli e farmi voltare con il corpo, in modo tale che salissi a cavalcioni sulle sue gambe. Ubbidì, infilando le dita nelle ciocche dei suoi capelli corvini, stringendole. Mi dimenticai di qualunque preoccupazione, del fatto che fossi spiata da uno sconosciuto fuori alla porta, della discussione di pochi minuti fa e del resto del mondo. Keiji mi faceva quest'effetto che neanche Oikawa riusciva a recarmi.
Le sue mani corsero verso l'orlo della maglietta, alzandola e sfilarmela dalla testa. Gli occhi blu del ragazzo brillarono di una luce che conoscevo fin troppo bene, trovandomi in completa mercé per lui, con i seni senza protezione e disposti nudi per la sua bocca. Akaashi portò una mano su un mio seno, stringendo la coppa prosperosa nel suo palmo, giocherellando, con l'indice e il pollice, il capezzolo. Mi scappò un leggero ansimo il quale venne inghiottito all'interno della sua bocca. Akaashi sentendomi così in balia per lui, si raddrizzò con la schiena e si staccò per un attimo dalla mia bocca e la mano dal mio seno, sfilandosi la felpa velocemente e gettarla sul pavimento.
Portò le mani dietro alla mia schiena nuda e invertì le posizioni, in modo tale che rilassassi la schiena contro il morbido divano e farsi spazio tra le mie gambe già divaricate. Afferrò una mia coscia la quale accarezzò delicatamente sulla stoffa del pigiama, salendo e scendendo con la mano, arrivando a sfiorare l'inguine con i polpastrelli. La sua bocca si depositò sul capezzolo che stava torturando un secondo prima, mordicchiandolo e succhiandolo avidamente, mentre io inarcai improvvisamente la schiena e gettai la testa all'indietro, beandomi della sua saliva calda mischiarsi con i bollenti spiriti della mia pelle.
«Keiji ~», ansimai il suo nome, mordicchiandomi il labbro inferiore. Lui sollevò di poco il capo per potermi guardare negli occhi mentre continuava a torturare quella parte sensibile da procurarmi un leggero spasmo. Posò entrambe le mani ai lati dell'inguine, massaggiandolo avido e impaziente di volermi completamente nuda. La sua lingua roteò attorno al capezzolo roseo e ansimai, stringendo i suoi capelli tra le mie dita.
Il ragazzo si alzò con il busto e portò le dita all'elastico dei miei pantaloni del pigiama, abbassandomeli lentamente fino ad arrivare ai piedi e sfilarli. Fece la stessa cosa con i suoi pantaloni grigi i quali evidenziarono maggiormente la sua erezione. Mi ritrovai a stringere le gambe di scatto per non venire subito a guardarlo in quella visione paradisiaca.
«Ti piace quello che vedi?» sembrò capire subito su cosa stessi guardando e me lo fece notare quasi vanitoso. Avvampai di scatto e distolsi lo sguardo dal suo essendo stata colta in flagrante. Akaashi però, non d'accordo del mio gesto, portò l'indice e il pollice sotto al mio mento, girandomelo e intimarmi di guardarlo negli occhi. «Guardami», sussurrò e lo feci a comando, notando un ghigno malizioso corniciare le sue labbra arrossate. «...voglio che guardi l'effetto che mi fai a differenza delle altre ragazze.»
Afferrò una mia mano e la posizionò sulla sua erezione, incalzandomi a stringerla sotto alla sua più grande ed esperta. Mi morsi il labbro, toccandolo sulla stoffa delle mutande, il quale soffocò degli ansimi leggeri. Dentro di me, mi sentì soddisfatta di fargli un certo effetto. Il pollice di Akaashi si posò sulle mie labbra dischiuse, il quale andò a corniciare le marcature sottili della mia bocca.
«Ogni volta che mi tocco, penso sempre al momento in cui mi hai fatto quel pompino nel corridoio del dormitorio», ammise in un sospiro pesante ed io mi bagnai vergognosamente. «...non hai idea di quanto sia stato appagabile.»
Mi morsi il labbro, risucchiandolo all'interno della mia bocca, ma Akaashi prontamente me lo tirò via dai denti, scendendo con la mano fino al mio collo e stringerlo senza alcuna pressione emessa. Le mie mani percorsero gli elastici delle sue mutande, calandole verso il basso e sfilargliele con il suo aiuto. Lui si alzò, mettendosi all'impiedi di fronte a me, mentre io mi avvicinai con la bocca alla punta della sua erezione rossiccia e bagnata dai suoi pre-umori, inglobandola nella mia bocca.
Akaashi emise un sospiro di sollievo, facendomi intendere che non aspettasse altro. Mossi la testa in avanti e all'indietro in un ritmo dettato da me, facendo in modo che gli piacesse; afferrò la mia nuca tra le sue mani, tenendola ferma e dare piccole spinte nella mia cavità orale, gemendo acutamente con la bocca spalancata e la testa all'indietro. Mi ammalai a guardarlo dal basso e ciò che vidi, la sua espressione di puro piacere, mi fece bagnare ancor di più rendendo l'indumento addosso più fastidioso del solito.
Succhiai avidamente incavando le guance e feci schioccare la labbra ogni qualvolta che ritornavo sulla punta, roteandoci poi la lingua attorno e sentirlo imprecare a denti stretti.
«Ka-Kaori.... cazzo», sibilò grottesco, tirandomi la testa all'indietro dai capelli senza farmi male. «Mi piace vederti così priva di difese... solo per me», ammise senza scomporsi e mi allontanò dalla sua erezione; con un leggero cenno di testa mi invitò a distendermi e lo feci, senza perdere un secondo il contatto di sguardi. Akaashi si inginocchiò davanti a me, divaricandomi le gambe e sollevare un angolo della bocca quando trovò le mie mutandine rosse strette e appiccicate contro il centro pulsante del mio sesso. «Dio, sono così eccitato...» sussurrò senza fiato, depositando un bacio vergognosamente umido all'interno della mia coscia, scendendo piano e lentamente, mentre dall'altra parte la massaggiò con la mano.
Ansimai con le guance che mi andarono a fuoco e gettai la testa sul bordo del divano, mordendomi il labbro. La punta del suo naso sfiorò il mio centro, proprio nel punto dove si trovava il clitoride gonfio, soffiandoci sopra.
«Keiji ~» piagnucolai per lo spasmo avuto, avendo la stramaledetta voglia di chiudere le gambe con la sua testa di mezzo. Lui mi lanciò un'occhiata e afferrò i fili sottili delle mie mutandine, abbassandole leggermente fino a scollarmele dall'intimità che sospirai sollevata per la sensazione di impatto all'aria.
«Dimmi, Kaori, ti tocchi quando mi pensi?», non mi era mai piaciuto il linguaggio sporco e volgare durante il sesso, dal mio punto di vista mi imbarazzavo e non riuscivo più a concentrarmi su chi avevo di fronte. Ma Akaashi invece, aveva la particolarità che, anziché imbarazzarmi, mi rendeva così affamata da riuscire ad assecondarlo. Il pollice di Akaashi, strofinò il mio clitoride gonfio e gemetti, annuendo alla sua domanda.
«Sì ~», miagolai. «Sì, penso... penso a te, Keiji», ribadì eccitata.
«Mh?», mugugnò bastardo. «E a cosa pensi esattamente? Coraggio, piccola, dimmelo così da poterti dare quello che vuoi...»
Ero accaldata. Sarei scoppiata lì a poco, ne ero sicura. «Penso a quando...», il suo indice tracciò i contorni delle mie grandi labbra, fino a raggiungere l'apertura e stuzzicare il buco. Strinsi volutamente il tessuto del divano nella mia mano con il petto che faceva su e giù per lo sforzo.
«A quando?», mi intimò a continuare con una scintilla negli occhi, affondando l'indice dentro di me; mi scappò un gemito che non riuscì a smascherare ma che rese gloria al sottoscritto. Pompò lentamente nel mio interno, emettendo dei suoni acuti di pelle e gelatina in un modo quasi vergognoso, facendomi sentire quanto fossi completamente bagnata ed eccitata.
«A quando mi scopi... quando mi tocchi... così», sospirai profondamente con le labbra semi aperte, socchiudendo gli occhi. Infilò un secondo dito nella mia apertura e sussultai colta alla sprovvista; sforbiciò e allargò le mie pareti, avvicinando le labbra alla mia intimità e leccarla dal basso verso l'alto, senza smettere un secondo di far lavorare le dita.
«Sei così impaziente... dico bene?», sorrise maliziosamente sentendomi torcere sotto al suo tocco maestrale. Mi morsi il labbro inferiore e annuí, sentendo la sensazione di formicolio nel basso ventre invadermi, come se avessi voluto scoppiare da un momento all'altro. «...è uno dei tanti motivi per cui vado pazzo per te, Kaori», ammise e le mie guance si arrossarono involontariamente per la sua schiettezza, sentendolo sfilare le dita dal mio interno e posizionarsi su di me, in mezzo alle mie gambe rigide che aspettavano vogliosamente l'orgasmo.
«Keiji ~», mormorai senza fiato. Il ragazzo afferrò la sua erezione divenuta più dura ed eretta, portando la punta verso la mia entrata e stuzzicarla volutamente per lubrificarla. Akaashi alzò gli occhi e li puntò nei miei, senza interrompere il nostro gioco di sguardi che, prontamente, affondò nel mio interno senza preavviso con una botta secca e al contempo lenta. «Ke-Keiji~», spalancai le labbra e intrecciai le gambe attorno al suo bacino, permettendo così tenere il suo corpo più avvinghiato al mio.
Akaashi affondò il viso nell'incavo del mio collo, lasciando umidi e delicati baci fino ad arrivare al lobo dell'orecchio e stuzzicarlo con la punta della lingua. «Quanto sei bella vista da qui», sussurrò respirando in modo irregolare e affannoso, affondando sempre più nel mio interno, roteando il bacino in senso orario in modo da ricavarne più piacere ad entrambi. Si resse con le mani ai lati della mia testa, pur di non pesarmi addosso e salì con le labbra, arrivando a sfiorare le mie, ansimandoci l'uno nella bocca dell'altro.
«Keiji ~», soffiai sulle sue labbra senza fiato, sentendo nuovamente la sensazione nel basso ventre farsi spazio. Il ragazzo puntò gli occhi nei miei e congiunse la sua bocca bollente sulla mia, trasportandomi in un bacio poco casto con le lingue che si cercavano e si leccavano come un forte bisogno d'acqua.
«Piccola... sto per ~ Cazzo!» Akaashi si bloccò nello stesso momento in cui venne, versandosi e spruzzando nel mio interno il suo seme caldo. Sospirai di sollievo quando le ultime spinte mi fecero raggiungere l'orgasmo, soffocando gemiti nella mia gola. Il ragazzo mosse il bacino, spingendo lentamente ma andando in più profondità, riempiendomi con il suo liquido caldo ed esserne certo che neanche una goccia uscisse. Strinsi le sue spalle tra i miei palmi, mordicchiandomi il labbro inferiore e portare gli occhi nei suoi, i quali mi stavano già puntando. Lui non disse nulla e nemmeno io. Ci bastò guardarci, soffermandoci nel silenzio della stanza e inebriandoci dell'odore del sesso fatto poco fa.
Avvicinò le labbra alle mie e depositò un bacio breve su di esse, staccandosi e rilassarsi con la fronte sulla la mia, respirando dal naso. «Hey...», sussurrò quasi impercettibile e sorrisi stanca.
«Ciao straniero», ridacchiai, salendo con le mani dalle sue spalle ai suoi capelli, accarezzandoli dalla base.
«Ciao a te, straniera», sorrise, strofinando la punta del suo naso alla mia, riprendendomi a baciare per quelle che furono secondi, minuti e ore.
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Lo so, questo capitolo è molto lungo ma non potevo di certo farmi scappare l'occasione di farli accoppiare con i conigli. Scrivo questa nota autrice per una domanda che vorrei farvi:
Secondo voi chi è lo stalker di Kaori?
È una domanda da centomila euro.
Tranquill*, la storia non sta prendendo una piega strana. Tutto coincide perfettamente alle situazioni. Poi si sa, io amo mettere del dramma in ogni mio libro. 🧐
Fatemi sapere che cosa ne pensate lasciando un commento e una stellina. Vorrei tanto leggervi.
Baci.
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