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Avete presente la sensazione di pace assoluta, dove nessuno vi parla, nessuno vi dice cosa dovete o non dovete fare, evitandovi come la peste? E allora voi che odiate di parlare con il genere umano appena gli occhi vi si aprono, presentandovi l'occasione di ignorare qualunque cosa vi circonda, era come vincere un biglietto alla lotteria? Sì beh, era fantastico. Una sensazione fantastica. Ma non era il mio caso però.
Il mio telefono squillò frequentemente per almeno due volte; ero troppo pigra persino di cercare l'oggetto infernale tra le lenzuola o pingere il tasto rosso per staccare la chiamata. Non capivo perché suonasse così insistentemente o se la persona che mi stesse chiamando aveva una stramaledetta voglia di rovinarmi il sonno.
Mi rigirai a rigirai nel letto, strofinandomi gli occhi chiusi e li sbattei una volta arresa all'idea che avrei dormito un altro po' quella mattina, puntandoli al soffitto. Allargai le braccia in mo' d'angelo e sbuffai. La sera successiva ero tornata casa presto e Kageyama mi aveva accompagnato, quindi, non sapevo per certo cosa fosse successo agli altri dopo la mia non presenza. Ero convinta che si trovassero ancora lì, nel locale, ubriachi e semi svenuti sul pavimento.
Con la mano testai sotto alle lenzuola, cercandovi il cellulare e una volta trovato, sbloccai lo schermo e vidi due videochiamate perse da parte di Sawamura Mitsuki, la sorella di Daichi. Mi sollevai mettendomi a sedere e premetti sulla videochiamata, richiamandola.
Quando si aprì la fotocamera, notai quanto facessi pena; i capelli presentavano delle piccole onde selvagge ed ero sicura di essermi fatta la coda il giorno prima. Mi strofinai gli occhi i quali presentavano delle evidenti occhiaie, e mi morsi il labbro inferiore, aspettando che, appunto, Mitsuki rispondesse alla mia chiamata.
«Ohayo Kaori-chan!» Improvvisamente dall'altra parte, la voce della ragazza mi entrò nei timpani e sorrisi un po' stordita, salutandola goffamente con una mano.
«Ohayo Mitsuki!» Sorrisi a labbra strette, portandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio. «Come stai?» Era da un po' che non la sentivo a dire il vero: Daichi mi aveva raccontato che Mitsuki se la stava cavando piuttosto bene con i ragazzi della Nekoma, facendovi da manager, ma suo fratello era continuamente preoccupato nei suoi confronti.
Da diversi giorni, Mitsuki, si comportava in modo strano e raramente -parole di Daichi non mie- la ragazza fosse una persona -che su due piedi-dimostrasse o si aprisse rivelando quali erano i suoi evidenti problemi di cui non parlava. Magari, se mi aveva chiamato, era perché volesse parlare con qualcuno e scorrendo nella sua lista di contatti, fossi stata la prima persona a cui aveva pensato.
«Sto bene. Me la cavo, piuttosto» fece Mitsuki, appoggiando il mento sul palmo della mano. «Tu invece? So che la Karasuno ieri ha vinto contro la Shiratorizawa e ha festeggiato fino a tardi», proseguì con un sorrisetto.
Scostai le coperte dalle gambe come se una forte scarica di adrenalina mi avesse ricordato che ieri, proprio i ragazzi della Karasuno, avevano dato la grossa batosta ad Ushijima. Ne ero più che entusiasta. «Oh, puoi dirlo forte...», ridacchiai e saltai all'impiedi dal letto, trovandomi a fare i conti con un leggero capogiro; mugugnai di disappunto e portai una mano alla nuca. «Comunque sto bene. – alzai e abbassai le spalle – Anche se mi sento un po' stordita come se avessi bevuto cinque drink di fila, passando per il Sahara.»
In verità non sapevo se avrei dovuto dirle che suo fratello ci avesse provato con la sottoscritta. Perché insomma, per quanto Daichi fosse un bravo fratello e un'ottima persona, certamente Mitsuki, da ragazza curiosa, avrebbe voluto sapere i dettagli per prenderlo in giro -e forse anche per prendermi in giro-. Sicuramente anche per il fatto che non reggesse per niente bene l'alcool.
«Niente alcool?» ridacchiò la ragazza, archeggiando dall'altra parte. Scossi il capo, camminando fuori dalla mia stanza. «Ieri Daichi mi chiamò...» se ne uscì ad un tratto e mi guardai attorno, cercando di non sbattere contro le pareti del corridoio o il mignolo contro lo spigolo di qualche mobile posto come arredamento lungo la via. «...tralasciando che fosse ubriaco marcio, mi ha confessato di quanto tu eri maledettamente attraente con la tuta della squadra.»
Mi fermai improvvisamente sui i miei passi e portai l'attenzione allo schermo, praticamente sull'immagine della ragazza che alzò e abbassò le sopracciglia maliziosamente. «Tuo fratello... ti ha anche detto che mi ha esplicitamente chiesto di potermi baciare?» chiesi retorica, sottolineando puntigliosa le parole.
Lei d'altro canto rise di cuore. «Non lo facevo così schietto, sai? È sempre stato una persona sulla difensiva e taciturna – quando voleva. Pensa, da bambini, aveva la strana mania di girarci intorno al discorso pur di non ammettere i suoi sbagli. E invece, ieri sera, aveva un tono così spensierato che non ce l'ho fatta più a non ridere ed essere la sorella buona della questione», raccontò con un pizzico di ironia nella voce. «...però davvero, non eri curiosa di sapere come bacia mio fratello? Magari avresti potuto dirmi che ci metteva troppo lingua o cose del genere?» aggiunse divertita, mentre io mi trovai a strabuzzare gli occhi e arrossire come un peperone.
«Oh per il Signore, Mitsuki!» esclamai, infilandomi una mano nei capelli. «Sei incredibile. Dico davvero», proseguì con una risatina e all'improvviso mi venne da pensare. «A proposito di fratelli... dov'è il mio?» borbottai tra me e me, cercando con lo sguardo la porta della stanza di Keishin. Corrucciai la fronte una volta trovata e mi avvicinai, mentre Mitsuki rise in sottofondo.
«Scommetto dieci mila yen che si trova assieme al mio, ubriaco marcio, sul pavimento del locale», le lanciai un'occhiata e sospirai.
«Non sei divertente», affermai, lagnandomi. «Toccherà a me andarlo a rialzare con il cucchiaino, insieme agli altri», e alzai gli occhi al cielo al solo pensiero di doverlo fare. «Controllo se è ritornato...»
Aprì la porta della stanza di Keishin e vi entrai dentro, sentendo Mitsuki in sottofondo chiedermi di riprendere dal telefono attraverso la fotocamera esterna. Sospirai, pensando che non fosse stata una buona idea dato che Keishin aveva il brutto vizio di restare completamente nudo, come mamma l'aveva fatto, quando era ubriaco marcio.
Non avevo mai capito la sua strana mania del perché si spogliasse quando era ubriaco.
Nervosamente, accesi la luce della stanza e gli occhi mi caddero sul letto, ancora intatto. Sospirai sollevata ma allo stesso tempo profondamente innervosita: sarei dovuta uscire per andarlo a pescare nel locale e scusarmi con chi lo gestisse.
«Allora, nessun fratello ubriaco marcio?» Mitsuki mi destò l'attenzione dai miei pensieri a sé e la guardai per un secondo, prima di chiudere la porta e scendere al piano di sotto.
«Nessun fratello ubriaco marcio», canzonai divertita le sue parole. «Non so se essere sollevata o arrabbiata. Quando commetto una sciocchezza è sempre il primo a puntarmi il dito contro...», sbuffai e presi posto sullo sgabello della penisola. «È una noia», sporsi il labbro inferiore in avanti e quello superiore all'interno, mettendo in mostra il labbruccio. «Dici che dovrei andarlo a raccattare?»
«Nah», scosse il capo. «...tornerà sulle sue gambe con un mal di testa allucinante e il vomito addosso. Ma no, non dovrai raccattarlo da nessuna parte.»
Sorrisi divertita. «Parli come una vera e propria esperta nel contesto di "ubriaco marcio"», le feci notare e Mitsuki alzò le spalle, portandosi alle labbra quella che sembrava una mandorla secca.
«Questo perché mi sono sempre data alla pazza gioia», ammise senza problemi e mi fece un'occhiolino, facendomi ridere.
«Immagino», e roteai gli occhi sarcastica. «Comunque, ieri sera mi è successa una cosa strana...»
«Sareffe?» chiese con la bocca piena di mandorle. Sembrava uno scoiattolo e sorrisi dal mio stesso pensiero.
«Ieri Kageyama mi ha accompagnato a casa –» non ebbi il tempo di finire ingenuamente la frase che Mitsuki cacciò un gridolino, spaventandomi.
«Cosa? Kageyama?!» sbottò con una strana luce negli occhi. «Kageyama ti ha accompagnato a casa?» replicò e alzai gli occhi al cielo annuendo, posando il mento sul dorso della mia mano. «Ti prego, voglio sapere tutto!»
«Mitsuki non è successo nulla di quello che stai pensando: mi ha accompagnata a casa e se n'è andato. Fine», marcai l'ultima parola con un pizzico di esasperazione. Mitsuki alzò un sopracciglio scettica e liquidai la situazione con un gesto di mano. «Ti stavo dicendo... quando Kageyama mi ha accompagnato a casa e poi è andato via, ho visto un uomo nascosto dietro ad un albero accanto casa mia», spiegai brevemente. «...è stato strano. Ha aspettato il momento che Kageyama se n'è andasse, per andare via anche lui.»
«Hai uno stalker, semplicemente», commentò con un'alzata di spalle.
Le sopracciglia mi schizzarono verso l'alto. Come poteva essere così calma? «Semplicemente? È stato inquietante!», la rimproverai con un cipiglio sulla fronte. «Ero anche da sola casa, sarebbe potuto entrare lui... o chiunque», borbottai, picchiettando l'indice sulla guancia pensierosa.
«Kaori-chan sta' tranquilla! Siamo in Giappone, non in America. Raramente le persone commettono reati come violenza di domicilio o aggressione», specificò, sventolando una mano come se ciò che stava elencando non erano altro che idiozie. «Magari era un tuo vicino di casa che stava portando il suo cane a fare i bisogni...»
«Mitsuki! Non c'era nessun cane e poi, non credo che il mio vicino di casa ne abbiano uno», la interruppi pensierosa.
«...Allora, eri così stanca che sicuramente non ti sarei resa conto del cane», proseguì con un leggero sorriso. Sbuffai rassegnata. Qualunque cosa avrei detto, sicuramente l'avrebbe ritorta contro la sottoscritta perciò, arresa, decisi di lasciar perdere.
«...Sono sicura che non c'era nessun cane, però», borbottai tra me e me, ma non così piano da farmi sentire dall'altro capo del telefono.
«Invece sì, ne sono sicura», fece Mitsuki. «Sei facilmente suggestionabile, lo sai?»
Storsi la bocca in una smorfia. «Già, può darsi», e alzai un angolo della bocca.
Improvvisamente, mentre ero sommersa dai miei pensieri e dalla voce di Mitsuki, il mio telefono vibrò tra le mie mani e posai prontamente lo sguardo sul display, notando il messaggio di Akaashi sulla barra delle notifiche. Sorrisi istintivamente.
Akaashi Keiji
Hey, straniera! Ho saputo della vittoria contro la Shiratorizawa. Grande!
10:54 A.M.
Ignorai per una manciata Mitsuki, digitando velocemente sulla tastiera per rispondergli. Dall'altra parte sentì la ragazza borbottare qualcosa sulla Nekoma.
Ukai Kaori
Hey straniero! Tutto merito per i ragazzi.
10:54 A.M.
«Hey Kaori, mi stai ascoltando?» scossi il capo distogliendo l'attenzione dalla chat strinsi le labbra, guardando lo schermo rimpicciolito della videochiamata all'angolo del display, trovandovi una Mitsuki imbronciata.
«Sì, scusami... rispondevo ad un messaggio», risposi con un sorriso da ebete.
«Mhm!» mugugnò e assottigliò lo sguardo. «Chi è il mittente del messaggio?»
«Certo che sei proprio una pettegola!» esclamai divertita e Mitsuki sorrise innocentemente. «È Akaashi...», rivelai leggermente imbarazzata.
«L'amico figo di Bokuto-san?» domandò e annuì, roteando gli occhi. «Sono curiosa di sapere i dettagli più piccanti», ammiccò. «Dimmi... l'avete fatto?» involontariamente arrossì come un peperone.
«Uhm... ecco... noi»
«Lo sapevo!» esclamò euforica, puntando il dito contro la fotocamera. «Sapevo che ci fosse del tenero fra di voi.»
«Cos'è, sei diventata una sensitiva ora?» ridacchiai.
Mitsuki sbuffò. «Per niente! Me ne sono accorta al ritiro estivo. Vedevo come Akaashi ti guardava.»
«Normale...?» risposi dubbiosa. «Al ritiro è stato un po' complicato, sai... – mi morsi il labbro – lo abbiamo fatto proprio lì e sono stata io a chiederglielo.»
Mi stupì di me stessa come raccontai la situazione "complicatamente amorosa" mia e di Akaashi; eravamo riusciti ad invertire le situazioni di una normale relazione tra due persone. Di solito funzionava prima con gli appuntamenti, un bacio in più e uno in meno, finendo poi per andarci a letto.
Io e Akaashi, invece, avevamo seguito l'ordine delle cose partendo dal "finire al letto insieme" ad avere "un appuntamento al cinema"; potevamo considerarci una coppia fuori dalla norma.
«Questo ti rende proprio una ragazzaccia!» si beffò di me e la cosa mi fece sorridere e imbarazzare allo stesso tempo. Non l'avevo detto ancora a nessuno e lei era stata la prima. «Ci sa fare?»
«Oh...», mi grattai una tempia e riflettei attentamente sulla risposta. Avrei potuto dirle che sì, Akaashi ci sapeva fare ed era tutt'altro che un ragazzo apatico e casto, ma decisi di risponderle semplicemente con un: «Sì, è bravo...» farfugliante.
«Ora tutto mi è più chiaro...» apostrofò maliziosamente. «...sai con mio fratello e il motivo per cui tu non hai voluto assecondarlo e baciarlo.»
Alzai un sopracciglio. «Può darsi... sì.»
«Beh, se dovessi cambiare idea... sai dove poter trovare Daichi», e mi strizzò l'occhio.
Portai le mani davanti al viso. «Oh, no! Non ricominciare», ridacchiai a disagio. «Mi sono appena ricordata di dover svolgere delle commissioni. Devo staccare!»
«Andiamo! Non fuggire dalla realtà dei fatti, Kaori-chan!» piagnucolò la ragazza. «E soprattutto dal fatto che mio fratello potrebbe usare la bocca meglio di –»
«Addio, Mitsuki!» strillai divertita e interruppi la videochiamata, prima che dicesse qualcosa che mi avrebbe attizzato le punte delle orecchie.
Feci scorrere il pollice sul display e lessi il visualizzato di Akaashi il quale probabilmente si trovasse a scuola o agli allenamenti e il motivo era più che ovvio che non potesse rispondermi. Sospirai e portai una ciocca di capelli dietro all'orecchio, quando improvvisamente il cellulare vibrò per una notifica.
Sawamura Mitsuki
Sappi che sei una stronza.
Perché mi hai staccato in faccia?
Ha fatto male. :'(
11:03 A.M.
Ukai Kaori
Perché sei volgare quanto un camionista ucraino. :P
11:03 A.M.
Sawamura Mitsuki
Può darsi... ma ho ragione ;)
11:04 A.M.
La bocca è di famiglia.
11:04 A.M.
Ukai Kaori
Sgualdrina XD
11:04 A.M.
Mi morsi il labbro in modo di reprimere un sorriso, quando ad un tratto la porta principale dell'ingresso si aprì e sbatté acutamente allo stesso tempo. Mi sporsi con il busto all'indietro dallo sgabello e vidi Keishin con una brutta cera e i capelli biondi spettinati sullo scalino dell'ingresso.
«Credevo che fossi andato in coma etilico», commentai divertita per via del suo aspetto e Keishin alzò il capo e puntò gli occhi accigliati nei miei, minacciandomi un dito contro il quale era circondato dal gancio del mazzo di chiavi.
«Non... – strinse i denti – dire altro» e letteralmente parlando, non dicendo altro, Keishin si tolse le scarpe e andò direttamente di sopra, in camera sua.
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