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Passarono i giorni e arrivò l'ultimo giorno del ritiro. I professori assieme ai coach delle squadre, avevano organizzato un barbecue di carne. Erano tutti così entusiasti della notizia che avevano allestito il cortile di tavoli, sedie e barbecue per ogni gruppetto delle squadre, la mattina presto.

Restai a fissare i ragazzi in cortile fuori dalla finestra, osservando la situazione degenerarsi man mano che Bokuto rubò una buona quantità di fette di carne dal barbecue di Kuroo e quest'ultimo lo acchiappò dal colletto della maglietta, dicendogliene di tutti i colori.

Ma il ragazzo dagli occhi color gialli non sembrò assolutamente importarsene, gustandosi i grossi pezzi di carne rubati.

Portai una ciocca di capelli dietro all'orecchio, stringendo le braccia conserte sotto al seno.

Intravidi la figura di Akaashi accanto al tavolo delle bevande, mentre si versava da bere. Stranamente, non sembrava così teso quanto me.

Non era una buona motivazione scappare dai problemi una volta averli creati, ma non potetti far a meno di pensarci su mille volte, prima di presentarmi lì fuori con gli altri e comportarmi come se niente fosse successo.

Certo, era stato solo dell'innocente -tecnicamente-sesso, ma provavo una strana sensazione nel buco dello stomaco, la cosiddetta giungla: non volevo e non potevo provare qualcosa per Akaashi, sapendo ancora di non riuscire a togliermi Oikawa dalla testa e dal cuore.

Era uno stronzo. Letteralmente. Ma era stato la mia prima cotta, la mia prima volta, la prima persona che avevo raccontato ogni mio segreto e lui non se n'era mai andato, tantomeno illuso di quanto potessi essere ingenua. Nulla di tutto ciò.

Fin quando poi, non gli bastai più.

«Resterai a fissare gli altri che si divertono ancora per molto?» Sussultai dallo spavento e mi voltai di scatto, scorgendo l'espressione dispiaciuta di Mitsuki per essere piombata alle mie spalle così all'improvviso. «Scusami, non volevo spaventarti...», si grattò una tempia imbarazzata, affiancandomi.

«No, scusami tu, ero assorta dai miei pensieri», giustificai prontamente, sorridendole rassicurante. «Perché sei qui?»

«Le ragazze mi hanno chiesto di andare a prendere altri bicchieri e piatti», rispose, mostrandomeli. «A te, va tutto bene?» Inclinò il capo di lato, guardandomi tra il preoccupato e il serio.

«Tutto bene, nulla di cui preoccuparsi», risposi, agitando le mani nervosamente in avanti.

Mitsuki sospirò, ritornando a sorridere com'era il suo solito fare. «Andiamo a prenderci un piatto di carne prima che quegli ingordi ci lasciano a stomaco vuoto?» Chiese, agitando la plastica avvolta dei bicchieri e dei piatti. Ridacchiai.

Non potevo scappare sempre dai problemi che la vita mi metteva continuamente davanti come piccoli ostacoli fastidiosi. Prima o poi, avrei dovuto affrontare i guai a testa alta senza alcun rimpianto. Perciò, risposi: «Certo! Anche perché a guardarli da qui, mi è venuto un certo languirono», prendendola poi sotto braccio.

Varcammo la soglia della struttura, piombando nel cortile zeppo di ragazzi; chi si era accomodato sull'erba a godersi il sole, chi aveva preso il posto fisso accanto al barbecue e chi giocava a pallavolo: Hinata per esempio, era uno di quelli.

«Quello lì è un tuo kohai?» Mi chiese Mitsuki curiosa, indicando con il dito Hinata palleggiare con Kenma, anche se quest'ultimo non sembrava che avesse molta voglia.

«Da cosa lo deduci?» Risposi interrogativa, senza distaccare lo sguardo dal piccoletto. Era migliorato molto sia di tecnica che di velocità.

«Vi ho osservato molto questa settimana e sembra che tu ci tenga a quel ragazzino, così come tutta la squadra», spiegò sinceramente, alzando le spalle. «Se può aiutarti, all'inizio ero contraria di far da manager a sedici ragazzi simultaneamente, occuparmi di loro come se fossi una seconda mamma», la guardai con la coda dell'occhio e riportai l'attenzione su Hinata che aveva iniziato a correre verso Lev, saltando come un canguro. Quel ragazzo era mostruosamente alto. «Ma poi, ho capito che ci tenevo e non volevo abbandonarli, nel bene e nel male.»

«Già, hai ragione», commentai il suo monologo, bagnandomi poi le labbra. All'improvviso mi venne in mente il messaggio della coach Tamiako che non avevo ancora risposto. Abbassai gli occhi sulle punte delle mie scarpe, fin quando non udì la voce di Mitsuki chiamarmi.

«Basta fissare tutti mentre si ingozzano di cibo. Andiamo assolutamente a mangiare oppure non controllerò la belva affamata che c'è in me!» Mi riprese sotto braccio e mi trascinò letteralmente verso i barbecue, al che risi per i suoi cambi d'umore improvvisi.

Ci fermammo al primo barbecue che presentava tre fette di carne abbastanza cotte, e Mitsuki mi porse poi un piatto di plastica e le bacchette.

«Posso avere quella medio-cotta?» Una terza voce, la quale riconobbi per il suo forte egocentrismo mischiato all'arroganza, mi affiancò con il piatto tra le mani mentre aspettava che il ragazzo, dandogli una risposta positiva, la cuocesse. Mi lanciò un'occhiata furtiva ed inespressiva, la quale ricambiai, senza dire una parola.

«Ecco a te, amico.» Il ragazzo sorrise di cortesia, mettendogliela nel piatto e Tsukishima fece un cenno come per ringraziarlo. Prima di andarsene, mi guardò per un'ultima volta, raggiungendo un Yamaguchi sorridente seduto su un muretto.

Il pomeriggio si concluse velocemente tra chiacchiere, risate e gli scherzi di cattivo gusto di Bokuto e Hinata. Avevano cercato più volte di spaventarmi ogni qualvolta che giravo l'angolo oppure mi avvicinavo al tavolo delle bevande per rinfrescarmi la gola, trovandoli prontamente nascosti sotto alla lunga tovaglia del tavolo.

Le avevano prese, più e più volte, ma non demordevano, usando la scusa: «Ori, spaventarti è così divertente!» Ma non era divertente, non per me. Specialmente se avevo cercato più volte di non urlare come Regan del film l'Esorcista.

«Stupidi», borbottai tra me e me, bevendo un sorso d'acqua dal mio bicchiere, mentre quei due si erano allontanati per andare alla ricerca della loro prossima vittima.

All'improvviso, girandomi di scatto per raggiungere il gruppetto di Mitsuki assieme a Lev, Kenma e Kageyama, andai a sbattere contro qualcuno, riversandomi addosso la poca acqua rimasta nel bicchiere, inzuppandomi la maglietta.

«Dannazione.» Strinsi i denti, toccandomi la parte bagnata della maglietta, sbuffando. «Guarda dove vai la prossima- Akaashi!» Squittì sorpresa, quando alzai lo sguardo per dirgliene quattro all'idiota che mi era venuto addosso, vedendo però due occhioni blu guardarmi con pentimento.

«Scusami Kaori, non ti ho vista. Qualche idiota mi avrà spinto», cercò di scusarsi ma lo bloccai prontamente, gesticolando nervosamente le mani sotto ai suoi occhi attenti. Ero sicura che la mia faccia facesse concorrenza ai pomodori.

«No, no, scusami tu. È colpa mia. Non ho visto dove andavo e...», si poteva essere più ridicole di così? «scusami!» Asserì, impacciata.

Akaashi restò in silenzio per un secondo e scoppiò a ridere, grattandosi la nuca a disagio. Lo guardai confusa, il che mi fece allarmare, iniziando a testarmi la faccia goffamente.

«Ho qualcosa in faccia? O nei capelli?» Chiesi d'un fiato, guardandomi le ciocche. «Se ci sono residui di patatine, la colpa è di Bokuto e Hinata», aggiunsi stizzita al solo pensiero di quei due furfanti.

Per colpa loro, mi avevano spaventato nell'esatto momento in cui stavo portando due recipienti pieni di patatine al formaggio ai tavoli. Potete immaginare cosa sia successo, senza che aggiunga altro.

«No, i tuoi capelli stanno bene, così come la tua faccia», si giustificò con un mezzo sorriso.

Sussurrai un lieve: «Ah!», bloccandomi con le mani a mezz'aria, ricomponendomi subito dopo.

«Solo... è strano che non ci siamo più calcolati da... beh, lo sai», tentennò, gesticolando con una mano per farmi intendere a cosa si riferisse. Per mio imbarazzo, capì subito e lo intimai a continuare. «E ora, stiamo parlando per via di un'idiota che, d'altronde ringrazio, di avermi spinto proprio su di te», ammise. «Mi dispiace solo per la tua maglietta, ma... è acqua?» Indicò la chiazza sul mio petto e annuì, stringendomi nelle spalle con le braccia conserte per nasconderla.

Anche se dal suo lieve rossore, capì che non stava indicando e fissando la macchia d'acqua incisa -guarda il caso- sul mio petto. A volte, il destino, mi metteva in condizioni fin troppo difficili.

«Già...», ridacchiai. «Tranquillo, si asciugherà oppure andrò a cambiarla», dissi con una certa nonchalance, liquidando la situazione con una mano.

Akaashi sembrava pensieroso, molto a dire il vero. Ero sicura che il criceto nella sua testa non stesse correndo abbastanza sulla ruota, rimanendo a fissarmi come un ebete.

«Kaori, senti, forse dovremmo», ma non ebbe il tempo di terminare che un esemplare di gorilla, ci venne incontro, appoggiando un braccio sulle spalle di Akaashi e abbassarsi abbastanza per arrivare ad un palmo dai nostri visi.

«Hey Hey Hey, ragazzi! Che ci fate qui tutti e due, soli soletti? State per caso confabulando qualche segreto di cui non ne sono a conoscenza?» Il sorriso mingherlino che mise su, fece scattare l'allarme mentale nella mia testa, pensando subito al peggio.

Segreto? Quale segreto? Kotaro era a conoscenza di qualcosa? Per caso, Akaashi gli aveva detto qualcosa riguardo a quella sera?

«Se-segreto? Di quale... quale segreto parli? Nessun segreto.» Ridacchiai nervosamente, oscillando con gli occhi tra quelli di Bokuto e Akaashi, cercando di trovarvi un aiuto. Un aiuto qualunque. Anche quello divino.

Bokuto e Akaashi si guardarono per un momento confusi e capì che quella che stava andando in panico, ero solamente io.

«Ori, sei diventata tutta rossa...», commentò Bokuto, fissandomi attentamente. «Sicura di stare bene?» Dal tono di voce sembrava preoccupato e mi portai le mani sulla guance, sentendole accaldate, bollenti, il fuoco sarebbe stato meno cuocente.

«Sì... sto bene. Perché non dovrei stare bene?» Stirai un sorriso, cercando di trovarvi una scusa plausibile. «Avrò mangiato troppa carne. Nulla di che.»

Il ragazzo dagli occhi gialli e indagatori fece per aprire bocca, ma venne interrotto da Komi, il libero della loro squadra. «Bokuto, vieni oppure no? Tra poco iniziamo con o senza di te.» Il suo tono non emetteva repliche e Bokuto sembrò essersi offeso, tanto da allarmare Komi: «Scherzavo, amico! Stiamo aspettando tutti te per giocare, perché adesso non ti muovi?»

Come un tornado in picchiata, Bokuto tornò ad essere il solito Bokuto. «Ovvio che non potete iniziare senza di me: io sono il migliore, Komi.» Indicò se stesso con il pollice, padroneggiandosi sotto agli occhi annoiati del libero.

«Certo, Bokuto... - Oh, Akaashi! Vieni a giocare anche tu? Ovviamente, anche lei è ben accetta.» Ammiccò, sorridendo nella mia direzione, al quale ricambiai con un sorriso di circostanza, non capendo a cosa si stessero riferendo.

Akaashi sospirò. «Certo, adesso veniamo: Bokuto tu inizia ad andare, vi raggiungiamo subito.»

«Va bene, ma non metteteci troppo, oppure iniziamo senza di voi.» Ci minacciò in modo scherzoso con un dito, allontanandosi a gran falcate per raggiungere Komi.

«Di quale gioco stavano parlando?» Domandai, spostando lo sguardo dalla figura lontana di Bokuto. Akaashi mi guardò con la coda dell'occhio e borbottò qualcosa sottovoce che non capì. «Ah

«È il gioco della bottiglia...», ripetette in un sospiro. «Ci hai mai giocato?»

«Sì... certo!», sorrisi, dubbiosa. «È quello con la bottiglia in mezzo che si deve far girare, giusto?»

Akaashi annuì. «Sì, è un gioco tranquillo, tecnicamente...», si grattò una guancia.

«Tecnicamente?» Ripetetti.

«Beh, Bokuto lo ha trasformato nel gioco "bevi o baci"...» Bevi o baci? «Quindi, beh... ci troveremo persone ubriache con il cuore spezzato. Carino, no?» Sorrise.

Annuì, titubante. «Decisamente.»




«Suzumeda devi dare un bacio a Yamamoto», sorrise malizioso Bokuto. «Oppure bevi.»

Yamamoto, l'asso della Nekoma, si stava esaltando al solo pensiero di baciare una ragazza. Suzumeda sembrò disgustata e la cosa iniziò a farmi sorridere divertita, capendo che non l'avrebbe mai baciato, anzi, si sarebbe sgolata due bottiglie di vino senza pensarci due volte.

«Bevo.» Affermò cruda e Yamamoto per poco non gli venne un infarto, vedendo che Suzumeda aveva preferito bere anziché dargli un bacio.

Bokuto rise e girò poi la bottiglia nel bel mezzo del cerchio umano, aspettando impaziente che si fermasse. «Il prossimo è... Tsukishima», Annunciò a gran voce e il ragazzo impallidì. Girò di nuovo la bottiglia, fermandosi su Kageyama. «Kageyama!»

Partì un sonoro boato, mentre i due arrossirono per rabbia e imbarazzo. «Scordatelo che bacio un ragazzo, specialmente se questo è il Re...», commentò disprezzante Tsukishima.

«Allora, bevi. Sono le regole.» Ribatté Bokuto, indicandogli la bottiglia di vino. Tsukishima lo guardò in malo modo e afferrò poi la bottiglia dal collo, sgolandosi un sorso.

Mi morsi il labbro, stringendo le gambe al petto. Stavamo giocando da un bel po' e quante probabilità ci fossero che la bottiglia si fermasse proprio su di me? Eravamo un gran cerchio: la maggior parte partecipavano mentre l'altra era rimasta a guardare, aspettando solamente chi fosse crollato prima con tutto quel tasso alcolico nel sangue.

Portai una ciocca di capelli dietro all'orecchio, picchiettando i polpastrelli sul ginocchio. All'improvviso, giunse un forte silenzio, il quale non stavo prestando minimamente attenzione, pensando che fossi stata l'unica fortunata ancora sobria senza aver baciato nessuno.

Ma parlai troppo presto.

«Ori, Ori, Ori», canzonò Bokuto, facendomi alzare il capo di scatto. Il sorriso malizioso del ragazzo mi fece gelare il sangue e guardai la bottiglia puntata verso di me.

La probabilità che capitasse alla sottoscritta era del 30,5%.

«Tocca a me?» Domandai curiosa, posando un dito sul petto, indicandomi. Mi guardai attorno, osservando le facce divertite dei ragazzi, tranne gli occhi fulminati di Nishinoya e Takada che fissarono Bokuto in malo modo.

«Certo», sorrise il ragazzo dagli occhi gialli. «Mi baci o bevi?» Si sporse con il busto in avanti, guardandomi con gli occhi pieni di malizia, i quali mi fecero arrossire di scatto.

La presenza di Akaashi al mio fianco, divenne tutt'altro che amichevole, irrigidendosi come pietra. Quel gioco stava iniziando a causare distruzioni di massa, e nessuno se n'era accorto, neanche Bokuto. A parte me.

«Io...», le parole si bloccarono in gola, così come la lingua che si era incollata sotto al palato non permettendomi di esporre la mia decisione.

Bokuto notando il mio tentennamento, si avvicinò sempre di più, arrivando ad un palmo dal mio viso, sentendo il suo respiro caldo battermi sulle labbra.

«Baci o bevi?» Ripetette peccaminoso, saettando lo sguardo sulle mie labbra e alternarlo nei miei occhi, aspettando impaziente. Strinsi le mani in due pugni e presi un grosso respiro.

Kotaro era un bel ragazzo, attraeva molte ragazze con il suo fascino esuberante, ma non potevo fare una cosa simile ad entrambi. Né ad Akaashi né a Bokuto.

Che cosa fosse successo se qualcuno avrebbe scoperto del segreto mio e di Akaashi?

«Bevo.» Risposi sincera, afferrando la bottiglia e attaccarmi come un'unica opportunità, bevendone un gran sorso, senza distaccare lo sguardo da quello di Bokuto.

Quest'ultimo cambiò espressione, serrando la mascella così forte che ebbi il presentimento di volersi spaccare i denti in bocca. I ragazzi, attorno a noi, restarono in silenzio a guardarci come avvoltoi e riposai la bottiglia al centro del cerchio, portando una mano davanti alla bocca e tossire per la foga.

Bokuto ritornò al suo posto, seduto, e chiese ad un suo compagno di squadra di girare al posto suo la bottiglia con la scusa di dover andare al bagno, andandosene.

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Volevo augurarvi a tutt* i miei lettor* -anche se in leggero ritardo- una Buona Pasqua con questo capitolo.

Secondo voi, come l'avrà presa Bokuto?

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