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𝖷𝖵𝖨


I primi tre giorni al ritiro passarono velocemente. Riuscì a conoscere la famosa Daichi Mitsuki durante la cena, scoprendo che fosse la ex ragazza del mio più acerrimo nemico della Shiratorizawa: Ushijima Wakatoshi.

Quando lo rivelò, mi caddero le bacchette da mano e la mascella aveva toccato il pavimento sotto ai miei piedi. E non perché avessi davanti l'ex di Ushijima nel mio stesso tavolo.

Come ne aveva parlato, capì che avevano avuto un trascorso di delusioni e fughe selvagge tra le coperte, ma restai senza parole per il semplice fatto che non credevo, uno come lui, potesse intraprendere una relazione con qualcuno.

Il contatto più vicino che avessi mai avuto con Ushijima fu le cinque dita che gli stampai in faccia durante le partite di allenamento per i suoi modi freddi e burberi che non mi piacquero, per niente, nei miei confronti.

In quell'istante, riuscì a far tacere anche il coach indemoniato della Shiratorizawa, facendogli prendere quasi un mini infarto per il gesto impulsivo.

Mi guadagnai il suo rispetto così, venendo etichettata dal vecchio mezzo demone: tigre reale del Bengala. E anche dalla sua squadra di svitati.

«Hey, hey, hey!» Davanti alla mia figura, si materializzò quella robusta e muscolosa di Bokuto con le braccia lunghe e massicce spalancate e le gambe divaricate, cessando ogni mio passo e una scorciatoia per uscirne intera, senza essere strapazzata di coccole da lui.

Non che la cosa mi dispiacesse, anzi, in quel periodo avevo un bisogno costante di percepire un contatto fisico diverso: un abbraccio da farmi togliere il respiro e le guance strabuzzate di baci.

Il problema era che lui sapeva essere fin troppo egocentrico da far mettere in imbarazzo anche una ragazza con il carattere come il mio.

Un giorno fa, me lo trovai all'improvviso alle mie spalle, iniziai a pensare che utilizzasse il teletrasporto, perché non c'era spiegazione più plausibile e logica alla mia, il quale mi afferrò e mi abbracciò come se non ci vedessimo da anni luce, urlando: «Ti piacciono i miei abbracci, Ori? Allora, usciresti finalmente con me?»

Comunque, dovetti anche ringraziare il carattere euforico di Bokuto che arrivò Akaashi in mio soccorso come un richiamo di pericolo, staccandomi da quell'ammasso di muscoli e rimproverandolo come un bambino.

Avrei potuto benissimo scollarmelo di dosso da sola, ma gli volevo così bene da non voler ferire i suoi sentimenti e farlo cadere nella parte più oscura del suo carattere.

«Ciao anche te, Kotaro!» Sorrisi, portando le braccia conserte sotto al seno. «Hai bisogno di qualcosa? Perché dovrei», ma non riuscì a finire la frase che Bokuto mi interruppe.

«Sì, ho bisogno di qualcosa», disse sbrigativo, iniziando a gesticolare nervosamente con le mani. Si trattava di qualcosa di serio per essere agitati in quella maniera. «Anzi, di chiederti qualcosa e non accetto un no come risposta.» Specificò, imputandosi.

Alzai entrambe le sopracciglia, sbattendo piano le palpebre. Dovevo essere pronta a tutto con lui. «Di cosa si tratta, esattamente? Non vorrai mica chiedermi di dormire con me stasera, vero?»

Bokuto si imbronciò, mettendo su una smorfia tenera. «Anche se fosse? Non hai mai dormito con me», ribatté offeso.

Mi morsi il labbro reprimendo una risata. «Sicuramente avresti trovato la scusa del freddo per infilare le mani dove non batte il sole...», alzai gli occhi al cielo e sospirai.

Stavamo divulgando troppo il discorso. Non volevo entrare in situazioni piccanti con lui, dopo chi lo avrebbe fermato? Non percepivo neanche lo scudo di protezione alias Akaashi nei paraggi.

«Avanti spara, cos'è che volevi chiedermi?» Lo incalzai a continuare, prima che riuscissi a trovare l'uscita d'emergenza e scappassi a gambe levate.

«Prima che te lo chieda, voglio mostrartelo», afferrò la mia mano e senza che potessi ribattere contrariata, mi trascinò letteralmente per il cortile, fino all'entrata della palestra dove sentì gli striduli delle scarpe e la palla rimbalzare sul pavimento.

Corrucciai la fronte confusa, rivolgendo l'attenzione al ragazzo alla mia destra. «Che significa?»

Bokuto sorrise cristallino, appoggiando le mani sulle mie spalle e spingermi delicatamente all'interno di quella poltiglia puzzolente di sudore. Chiusi gli occhi e sbuffai. Qualunque idea brillante gli fosse venuta in mente, iniziava già a non piacermi.

«Hey, hey, hey, guardate un po' chi ho portato!» Il rimbombo della sua voce pesante risuonò all'interno della palestra come eco, attirando l'attenzione del capitano della Nekoma, Kuroo, Akaashi, Tsukishima, Hinata e Kenma.

«Ciao Kaori-chan!» Mi salutò Hinata, sventolando il braccio in aria, sprizzando felicità da tutti i pori alle otto del mattino.

Ma cosa mangia 'sto ragazzino a colazione per essere così energico?

Akaashi mi rivolse uno sguardo curioso, alternandolo poi verso Bokuto e guardarlo male. Possibile che tutti sapevano il motivo del perché mi trovassi lì, tranne me?

«Oya, oya, sei riuscito a convincerla?» Chiese Kuroo con la palla tra le mani e un ghigno per niente rassicurante sul volto. Bokuto fece una smorfia, evitando di rispondere a parole.

«Va bene, d'accordo...», sibilai, voltandomi a trecentosessanta gradi verso il mio sequestratore. «Di cosa state parlando? Convincermi di cosa, Kotaro?», sbottai con le mani sui fianchi.

Il ragazzo si grattò il retro del collo, continuando a sorridermi evidentemente imbarazzato. «Ecco, ho parlato di te a Kuroo di quanto tu sia strabiliante nel tuo ruolo di asso e gli ho fatto vedere dei video delle tue partite, tranne quelle dove ti si vede il culo in primo piano e quella volta che ti scordasti di indossare il reggiseno sport»

«Va' avanti!» Sbottai paonazza, interrompendolo, alternando lo sguardo da lui a Kuroo che sorrise mingherlino. Akaashi si massaggiò la fronte, avvilito.

«Giusto!», «Volevo chiederti se volevi fare una partita con noi. Ovviamente starai nella squadra dei vincenti, cioè la mia»

«Rimangiati quello che hai appena detto, gufo cornuto bastardo!» Sbottò stizzito, Kuroo.

Bokuto gesticolò con una mano, ignorandolo. «Ovviamente, faremo vedere ai primini come si fa una buona schiacciata, e quei due lì», indicò un Kuroo imbronciato e un Tsukishima apatico, «ci mureranno.»

Ridussi lo sguardo in due spilli, facendo finta di rifletterci. «No!»

«Cosa? Ma perché?» Sbottò, lui. «Ti ho detto che non accettavo un no come risposta!»

«Perché no!» ribadì seria. «Non ho voglia di discuterne qui, Kotaro.» Sussurrai.

«Andiamo, Ori!» Piagnucolò. «Non ti sei mai tirata indietro per partite come queste.»

«Bokuto, se non vuole giocare, non esistere.» Intervenne Akaashi in mio soccorso, il quale ringraziai mentalmente.

«Ma Akaashi!», lagnò. «È solo una partita tra amici, eccetto quello lì», indicò Kuroo con una certa nonchalance.

«Ah?! Giuro che prima o poi le prendi, gufo di merda

«Sì, capisco cosa vuoi dire», ribatté Akaashi. «Ma se non vuole, non assillarla.»

«Kaori-chan vorrei tanto vedere le tue schiacciate!» Esclamò Hinata, il quale avevo ignorato la sua esistenza fino a quel momento. Lo guardai scettica, mordendomi il labbro.

Lo vorrei... tanto. Ma non posso, continuai a ripetermi mentalmente.

Mentre i due ragazzi della Fukurodani discutevano, all'improvviso Tsukishima parlò di sproposito: «È solo una partita qualunque, così accontenterai tutti e fine della storia», la sua voce indifferente mi fece gelare il sangue. «È solo uno stupido club di pallavolo in cui ti trovi dentro...», mi guardò divertito e provocatorio. «Non dirmi che hai acquisito il tuo titolo di terzo asso più forte del paese senza aver fatto nulla?» Scrollò le spalle. «Se è così, me lo aspettavo.»

«Ehi Tsukki! Non parlarle in questo» Bokuto inveì contro il ragazzo, ma posai una mano sul suo petto, sorridendogli in un modo rassicurante.

Una volta preoccupata che Bokuto non intervenisse, feci un passo in avanti e accettai il suo guanto di sfida. «Accetto!» Sorrisi falsamente di rimando. «E stai sicuro», gli puntai un dito contro, «che non riuscirai a murare nessuna delle mie schiacciate!»

Tsukishima sembrò soddisfatto e si ammutolì nell'esatto momento in cui Hinata gridò euforico: «Sì, Kaori-chan! Dai una bella lezione a Tsukishima!» Il biondo lo guardò male.

Sorrisi soddisfatta, sfilandomi la giacchetta bianca e restare in tenuta sportiva: pantaloncini da pallavolo femminili e una t-shirt sbracciata alle maniche di un rosso pastello.

I ragazzi si prepararono al centro del campo, mentre io mi misi all'angolo per fare riscaldamento. Guardai il mio ginocchio fasciato dal tutore e sospirai, stringendo di più la fasciatura per evitare che subissi danni interni. Il mio fisioterapista aveva detto che stavo migliorando, ma dovevo completare il mese e restare a riposo più del necessario da non causargli alcun abuso eccessivo.

Una volta finito il mio riscaldamento, andai in mezzo al campo, dove presi la posizione di schiacciatore centrale e Bokuto quello laterale. Inghiottì a vuoto e mi misi in posizione: gambe divaricate e le braccia larghe.

La prima squadra che doveva battere era quella di Kuroo.

Akaashi mi guardò con la coda dell'occhio e gli sorrisi in modo rassicurante, facendogli capire che non doveva preoccuparsi. La partita sarebbe finita prima che se ne rendessero conto.


Un'ora e mezza. Il primo set era durato un'ora e mezza, finendo con la nostra vittoria. Il ritmo della partita era aumentato di dismisura e cercai di reggere fino alla fine, nonostante le gambe mi tremassero e cercavano un appiglio su cui aggrapparsi.

«Time out!» Annunciai, mimando una "T" con le mani e uscire dal campo per sedermi sulla panchina. Afferrai la borraccia d'acqua e mi aggrappai ad essa come l'essenziale, bevendo rumorosamente e velocemente.

Al mio fianco, si sedettero anche Bokuto e Akaashi, bevendo dalle loro borracce.

«È stato fantastico, Kaori-chan! Hai prima fatto boom, poi woosh, poi uno smash pazzesco!» Strillò Hinata, sorridendo a trentadue denti. Ricambiai il sorriso dolcemente, posando la borraccia accanto alla giacchetta.

Mi stupiva giorno per giorno il suo modo strano nel comunicare la felicità che lo invadeva.

«Visto, Hinata? È una forza.» Esclamò Bokuto, felice quanto lui, il quale batté un cinque con Hinata che non stava un secondo fermo con quei piedi ballerini. Mi ricordò tanto un cartone che vidi da bambina.

«Ce la fai a proseguire?» Mi chiese Akaashi, cercando di non farsi sentire dai due terremotati.

Lo guardai, oscillando gli occhi sul mio ginocchio. «Sì, sto bene.»

«Sicura? Non sembrava così.»

«Akaashi...», mi morsi il labbro. «Seriamente, sto bene.»

Il ragazzo mi guardò attentamente, sperando di trovarvi una bugia in merito. Tenni lo sguardo fisso su di lui e si arrese, annuendo restando dubbioso.

«Andiamo.» Suggerì, alzandosi, e lo seguimmo a ruota per riniziare il secondo set.


«Nice serve!» Mi gridò Akaashi, tenendo gli occhi fissi e puntati sulla palla spesa in mezz'aria, pronto ad alzarla a Bokuto.

Il ragazzo saltò e schiacciò nella sua mossa più assurda, oltrepassando il muro di Kuroo e Tsukishima, i quali ringhiarono infastiditi. Kenma riuscì a difendere la palla, alzandola direttamente al primo tocco e Kuroo la schiacciò nel nostro campo velocemente, facendo lagnare rumorosamente Bokuto.

Mi accovacciai in avanti, appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Le forze mi stavano letteralmente abbandonando.

«Kaori!» Inveì, Akaashi.

«Sto bene!» Risposi di rimando, sollevandomi e sgranchirmi le braccia.

La partita del secondo set durò ancora un'altra mezz'ora e la maggior parte delle volte, riuscivo solo a difenderla e fare una buona ricezione. Iniziai ad innervosirmi.

Il perché Akaashi la stesse alzando solo a Bokuto, mi causò un fastidio tremendo. Credeva davvero che non ce l'avrei fatta? Pensava che fossi così debole? Ero il terzo asso migliore del paese, cazzo.

«Out!» Dichiarai a mani alzate, indicando la palla fuori dalla linea. Kenma restò impassibile.

«Kaori, batti tu.» Disse Akaashi, lanciandomi la palla che presi a volo.

Mi posizionai infondo alla metà del campo, dietro alla linea, facendo rimbalzare la palla ai miei piedi due volte per prepararmi. Lanciai un'occhiata alle mie gambe, notando che stessero lievemente tremando dallo sforzo. Mi morsi il labbro e mi ripetetti di tenere duro. Quella mattina, avevo scordato di prendere le medicine.

Respirai profondamente e lanciai la palla in aria, la quale rotolò in mezz'aria e presi la rincorsa. Saltai più in alto che potetti e con una grande manata, la schiacciai velocemente al lato del campo, segnando un punto.

Bokuto esultò, cominciando a fare dispetti al capitano della Nekoma, il quale lo minacciò più volte di spennarlo come un pennuto.

Akaashi mi rilanciò la palla e ritornai di nuovo alla postazione di prima. Feci la stessa cosa, soltanto che misi più potenza nel braccio e nella mano, in modo tale che non riuscissero a prenderla al volo.

Ma purtroppo Kuroo, essendo più robusto della sottoscritta, difese la palla in un bagher d'eccellenza e la fece avere a Kenma che la alzò a Tsukishima. Quest'ultimo riuscì a pararla nel nostro campo, ma Akaashi la difese e l'alzò in aria simultaneamente.

Corsi più che potetti e saltai in aria, guardando il punto centrale del campo avversario illuminato dalla mia immaginazione per colpire.

Il tocco leggero e in più fluido, andò a una velocità di 0,1x in un slow motion con i fiocchi.

Il mio braccio si mosse da solo, così come la mia mano rossa e gonfia per le troppe schiacciate, fece per colpire la palla.

Ma ad un tratto, quella sensazione di mettere fine la partita, divenne il peggior incubo di ogni giocatore.

I miei occhi saettarono sulla figura slanciata e pomposa di Bokuto, anch'esso intenzionato a prendere la palla e schiacciarla.

Nezero Kujii, schiacciatrice laterale, saltò anche lei nel mio stesso momento e ci trovammo entrambe a sgranare gli occhi per l'errore commesso.

Bokuto mi guardò e i suoi occhi eccitati di vittoria, divennero preoccupati e privi di qualsiasi luce. Andai in panico e sudai freddo, ma il ragazzo non ebbe i riflessi pronti da afferrarmi così velocemente che mi ritrovai a cadere all'indietro.

Sbattei la testa contro il parquet, mentre la mia compagna di squadra mugolò addolorata, sopra di me, facendo pressione sul fianco destro.

«Kaori!» Gridò Akaashi, trovandomelo inginocchiato come un fulmine accanto alla mia testa. «Ehi, Kaori! Mi senti? Kaori!»

«Capitano Ukai? Oh mio dio! Allenatrice Tamiako faccia qualcosa! Non si muove.»

Ovatta bagnata ciò che percepì nella voce di Akaashi. Lo guardai, ma la vista era così opaca che ebbi la terribile sensazione di addormentarmi. Cercai di spalancare gli occhi ogni qualvolta che la stanchezza mi pervadeva, fin quando non mi sentì schiaffeggiare ripetutamente le guance in un modo delicato ma al contempo forte.

«Kaori, ehi! Resta sveglia. Non addormentarti, hai capito? Adesso chiamiamo i coach.» Guardai alla mia destra il capitano della Nekoma, cercando di riassicurarmi nel suo intento.

«Kaori, mi senti? Non chiudere gli occhi, mi hai capito? I paramedici stanno arrivando. Resta sveglia, Kaori.»

Mi morsi l'interno guancia e scossi il capo. «Non ce n'è bisogno...», sussurrai. «Allontanatevi, sto bene.» Dissi, riferendomi ad Akaashi e Kuroo.

Con la coda dell'occhio vidi Bokuto fissare, immobile sul posto, un punto fisso, quasi colpevole.

«Stai scherzando?» ringhiò, Akaashi. «Hai appena sbattuto la testa ad un'altezza di due metri e mezzo.»

Chiusi gli occhi e sbuffai, portando una mano dietro alla nuca. «Vedi?» gli mostrai la mano a palmo aperto con un sorriso finto. «Niente sangue. Sto bene, maledizione!»

Kuroo sospirò. «Ti aiuto a metterti seduta.» Afferrò una mia mano e posò l'altra dietro alla mia schiena, aiutandomi a sedere. Lo ringraziai con un sorriso.

Akaashi però, continuò ad essere su di giri. «Vado a chiamare i coach.»

«No!» lo guardai male. «Cosa non capisci che sto-bene? Sono due parole semplici da assimilare, Akaashi.»

«Perché sei così testarda?!» Sbottò.

Distolsi lo sguardo dal suo, ignorandolo. «Kuroo mi aiuteresti ad alzarmi?» Il corvino annuì, così gli porsi le mani e feci pressione sulle mie gambe, le quali subì un dolore allucinante. «Mollami!» Strillai, allentando la presa dalle sue mani e ritornare seduta.

Allarmata e con il respiro accelerato, mi preoccupai di controllare il ginocchio. Allentai il tutore e lo scoprì, rivelando la cicatrice dell'operazione. Mi morsi il labbro e distesi la gamba, provando ad esercitare una leggera pressione, la quale mi fece scappare un ansimo di dolore.

«Faccio io.» Si propose Akaashi, mettendosi di fronte a me e sfilarmi la scarpa e la calza, massaggiando dalla pianta del piede fino al ginocchio.

«È... è solo il ginocchio», ammisi un po' imbarazzata per il contatto delle sue mani accarezzarmi e massaggiarmi la pelle nuda in un modo così esperto. Akaashi mi lanciò un'occhiataccia.

«Non importa», commentò serio. «Bisogna fare così anche per una lieve storta.»

Sussidiò un forte silenzio che veniva ricompensato dai miei mugolii di dolore quando Akaashi toccava il punto dove mi faceva più male.

All'improvviso, in mezzo a quel caos infernale, Tsukishima prese parola: «Farsi male al punto di arrivare a questo», disse, pensando evidentemente ad alta voce. «Ma che problemi avete tutti quanti voi? Che cosa ci trovate di così elettrizzante a farvi del male per prendere una palla?» Lo ignorai, ma lui continuò: «Non mi stupisce se non sei riuscita a vincere le Olimpiadi oppure che tu sia una delusione per la tua squadra. Ma ti vedi?» Mi indicò con disprezzo. «Vuoi un ruolo, le medaglie, i premi, i titoli... e poi? Alla prima problematica diventi la più debole di tutti!»

«Ehi, Tsukishima. Adesso, piantala!» Lo rimproverò Kuroo, assottigliando gli occhi che ricordavano quelli di un gatto.

«Piantarla? E per quale assurdo motivo, Kuroo?» Sbottò, ridendo amaramente. «Non la conosci bene, anzi, non la conosci affatto. È una debole», strinsi le mani in un due pugni. «Ed io non voglio averci a che fare con i deboli, specialmente se questo è solo uno stupido club di pallavolo!»

«Ehi, ragazzino! Hai finito?» Chiese ad alta voce Akaashi fulminandolo con lo sguardo. Tsukishima fece per aprire bocca, ma lo interruppi.

«Credi che questo sia solo un club di pallavolo, Tsukishima?» Chiesi, neutra. Lui fece per rispondere, ma continuai: «Sai, io non ho mai alleggerito le persone come te... quelle che hanno sempre avuto tutto e non apprezzano nulla», allontanai la gamba da Akaashi e infilai la calza velocemente così come la scarpa.

Il ragazzo mi guardò confuso, ma lo bloccai con un gesto della mano prima che potesse dire qualcosa.

«Se tu pensi che io abbia avuto la fortuna dalla mia parte», continuai e mi appoggiai al braccio teso di Kuroo, rimettendomi in piedi. «Puoi anche sottovalutarmi. Ma no, io non ho mai avuto fortuna...», restai all'impiedi e lo guardai, alzando il naso all'insù. «Ho sempre combattuto per avere quei titoli, ho sempre dato il meglio di me ad ogni partita, ad ogni allenamento, ad ogni schiacciata, ad ogni...» la mia voce si incrinò e inghiottì a vuoto. «Ad ogni cosa», iniziai a vedere appannato e sapevo che sarei scoppiata in lacrime da un momento all'altro.

«Questo è solo uno stupido club di pallavolo per te, ma tu non hai idea di quanto io ti invidi, Tsukishima», alzai il tono di voce, senza distaccare gli occhi dai suoi. «Invidio che tu possa contare sui tuoi compagni di squadra, che tu possa consolarti quando non ti senti all'altezza, che tu possa esultare ad una vittoria, che tu possa essere te stesso perché sai che i tuoi compagni, nonostante sia solo un club di pallavolo, loro resteranno sempre al tuo fianco. Ovunque tu, ti trovi!» Gesticolai nervosamente e la mia voce incrinata dai singhiozzi rimbombò all'interno della palestra, così come le lacrime che bagnarono le mie guance arrossate per la rabbia.

«Sei soltanto un egoista e le persone egoiste perderanno chiunque si trovi al loro fianco. È questo che vuoi?» Domandai retorica. «Vivere una vita dove commenti le azioni delle persone che ti circondano per il gusto di farlo perché odi troppo te stesso? Oppure, odi qualcuno che si è dato alla sconfitta?»

A quella domanda, gli occhi di Tsukishima si strabuzzarono leggermente, facendomi capire che avevo colto il punto.

«Sarò anche debole, hai ragione...», strinsi le mani in due pugni, «Ma quando vivi nel contesto di una squadra, le tue debolezze si azzerano e la voglia di vittoria è forte quanto quella dei tuoi compagni.» Mi morsi il labbro inferiore e sorrisi amaramente. «Tu... sei ancora in tempo, mentre io... ho perso tutto.»

«Kaori...» Akaashi appoggiò una mano sulla mia spalla, la quale scostai bruscamente fino ad allontanarmi. Zoppicai leggermente verso la panchina e afferrai la mia giacchetta. «Kaori!»

«Scusatemi», sussurrai, prima di uscire dalla palestra, camminando verso i dormitori in lacrime.

Fanculo.

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