𝖨𝖵
Il giorno dopo, andai a scuola in fretta e furia, cercando più volte di inciampare tra le crepe dei marciapiedi.
Oikawa era stato così gentile da accompagnarmi alla fermata dell'autobus e aspettare insieme fino a quando il mezzo in tutta la sua comodità non giungeva a destinazione.
Dire che fossi in ritardo era un eufemismo. Così, dopo aver maledetto mentalmente l'autista -che ci mise più del dovuto a controllare il mio abbonamento-, partì con tutta la calma del mondo come se io e le persone accomodate sui sedili disponibili, non eravamo letteralmente in ritardo.
Picchiettai la punta del piede a terra ritmicamente, lanciando sguardi fulminei all'autista che si concentrò parzialmente alle caccole del suo naso.
Trattenni coniati di vomito e mi sedetti sul primo sedile libero che trovai, ignorando quella vista.
Infilai gli auricolari nelle orecchie e feci partire Chasing di NF e Mikayla Sippel a tutto volume, osservando il lato della strada sfrecciare dal finestrino.
Una volta che l'autobus si fermò alla fermata, a pochi passi dalla struttura, sfilai gli auricolari e scesi dal mezzo con addosso la divisa scolastica del giorno prima, incamminandomi frettolosa verso l'ingresso della scuola.
Sicuramente il mio ginocchio ne avrebbe risentito con tutta la pressione a cui lo stavo esercitando a fine giornata.
Avrei tirato imprecazioni in diverse lingue, subendomi -per finire in bellezza- una delle tante ramanzine di mio fratello.
A proposito di mio fratello, ieri mi sono completamente dimenticata di avvisarlo. Doppia ramanzina.
Un brivido di freddo oltrepassò la mia spina dorsale e decisi di scacciarlo via con una scrollata di spalle. Keishin era indomabile da incazzato e avrei dovuto trovare una giustificazione credibile e plausibile, oppure sarei rimasta chiusa in casa come una prigioniera a poltrire senza poter prelibarmi della luce del sole.
Varcai l'ingresso della scuola nell'esatto momento in cui la campanella, che segnava l'inizio delle lezioni, suonò.
Tirai un sospiro di sollievo e mi incamminai verso la mia classe: secondo anno, classe 5.
Le prime lezioni passarono velocemente quella mattina, per fortuna. Non sarei riuscita a subire un'altra mezz'ora di Letteratura Moderna per quanto, ahimè, la adorassi.
Dopo la serata che avevo passato con Oikawa, non avevo dormito molto. Tooru crollò subito in un sonno profondo per la stanchezza accumulata dagli allenamenti, mentre io ci misi più tempo del previsto, raggomitolandomi nelle coperte per trovare la giusta posizione.
Avevo dimenticato le medicine che mi aiutavano a dormire la notte riguardo al ginocchio; il Dottor Yagami mi aveva avvisato che avrei risentito gli effetti collaterali una volta che il corpo si rilassava e le cause erano dovute per la troppa pressione, fino ad infiammarlo leggermente.
Mi stropicciai gli occhi assonnati, alzandomi dalla sedia del mio banco con in mano il bendo preparato amorevolmente -parole sue- da Oikawa. Uscì dall'aula e mi incamminai verso il lato opposto della scuola nonché il retro, decidendo di dedicarmi un'ora di svago e pranzare in santa pace.
Nel pomeriggio, avrei dovuto occuparmi della Kurasano, nonostante stessi riflettendo lucidamente sulla decisione che avevo preso. Nishinoya non mi aveva lasciato il tempo di rifletterci su che, con i suoi occhi fin troppo grandi, mi avevano inquietato e allo stesso tempo addolcito l'animo.
Se non si fosse capito, gli occhi grandi mi ipnotizzavano e li ho sempre trovati più sinceri delle parole; il nanerottolo mi aveva adescato nella sua stessa trappola.
Sospirai mentalmente e mi sedetti sugli scalini della porta sul retro, notando di trovarmi di fronte all'entrata della palestra, laddove si allenavano la squadra.
Chiamala coincidenza.
Lanciai occhiate curiose, mentre toglievo il coperchio al bendo, addentando con le mani un pezzo di salmone.
L'idiota si era dimenticato le posate. In qualche modo dovevo pur arrangiarmi.
Finì l'ultimo pezzo di salmone senza distaccare gli occhi dalle porte della palestra. Continuai a ripetermi se avevo preso la decisione giusta, e con quei pensieri iniziai a stressarmi, principalmente quando abbassai gli occhi sul mio pranzo e notai il riso in bianco posto di lato.
Sollevai un sopracciglio, trovando una soluzione su come mangiarlo. Se qualcuno fosse passato di lì, vedendomi mangiare il mio pranzo con le mani, sicuramente avrebbe pensato di trovarsi davanti uno dei film premiere sugli zombie.
Sorrisi al mio stesso pensiero. Alle volte, modestamente, ero così simpatica da focalizzare i miei disagi su azioni sarcastiche, facendomi sentire meglio nel peggio.
Pensi alla situazione più imbarazzante mai subita e dire: «Andiamo! Non può andare peggio dell'altra volta.»
Non sei per niente simpatica, commentò la vocina nella mia testa che decisi di ignorarla, portandomi una grossa quantità di riso alla bocca, masticandolo a guance piene.
«Esistono le posate appositamente per mangiare.» Una voce dura e fredda alle mie spalle mi fece sussultare, al quale il bendo sulle mie gambe traballò e lo afferrai prima che quel poco di riso rimasto, venisse spiaccicato sul pavimento del cortile.
Alzai il capo infastidita e pronta a partire di quinta sul deficiente che aveva disturbato la mia quiete, ma i miei occhi incontrarono un paio di pozze blu opache con il ciuffo corvino cadergli delicatamente davanti agli occhi: era Kageyama. L'acerrimo nemico nonché ex kohai di Oikawa.
Continuò a fissarmi con un cipiglio stampato in faccia, dall'alto verso il basso, stringendo il brick di latte che stava bevendo, facendo fuoriuscire il liquido bianco dalla cannuccia.
Ma sto tizio non ha altre espressioni?
«Ti sembra normale sbucare alle spalle di qualcuno così? Potevo morire di infarto.» Sbottai, corrucciando la fronte stizzita. Afferrai una salvietta e mi pulì le mani dai chicchi di riso.
Kageyama però non si scompose e portò la cannuccia alle labbra, succhiando rumorosamente il contenuto. Mi limitai a lanciare un'occhiata veloce al suo abbigliamento, notando che indossava la tuta nera della squadra.
«Non è un po' presto per allenarsi? Ci sono ancora le lezioni mattutine.» Commentai, gettando la salvietta sporca nel bendo e chiuderlo con il coperchio.
«Chi fa parte del club di pallavolo può richiedere un permesso di sospendere le lezioni un'ora prima.» Ribatté, alzando le spalle larghe che guardai ammaliata. Il mio secondo punto debole? Le spalle larghe dei pallavolisti. Anche Oikawa aveva le spalle larghe, solo che a Kageyama risaltavano di più. In un certo senso.
«Adesso, puoi spostarti? Dovrei passare.» Stirò un sorriso forzato, indicando la porta della palestra. Per quanto si stesse sforzando, quel sorriso era tutto fuorché amichevole.
Inquietante, pensai.
Non mi stupì del perché Hinata cambiava traiettoria ogni qualvolta che si imbatteva in puro caso con Kageyama, nei corridoi.
Però, io potevo essere anche più inquietante e arrogante di lui, se volevo.
Portai le braccia conserte sotto al seno e inclinai il capo di lato, sorridendo furbamente. «Non ti hanno insegnato a dire per favore a qualcuno più grande di te? Sarei la tua senpai dopotutto.» Dissi, spostandomi i capelli dietro alla schiena con la mano e portarla poi, a pugno chiuso, sotto al mento.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, osservando attentamente i miei capelli cadermi sulla schiena. Con una leggera pressione al brick che manteneva nella mano, replicò duramente: «Te l'ho chiesto gentilmente.»
«Ed io di chiedermi per favore; poco mi importa della tua gentilezza.» Ribattei a tono, scrollando le spalle e continuare a tenere stampato il sorriso sulle mie labbra che man mano, divenne sempre più inquietante.
Il suo pomo d'Adamo inghiottì pesantemente la saliva in gola e inspirò profondamente dal naso.
Carino, decisamente cari- Cosa?
Sbattei le palpebre più volte, storcendo le labbra in una smorfia sbigottita. Ma come diavolo mi era venuto in mente pensare che fosse carino? No che non lo fosse, perché decisamente lo era, ma... insomma!
Sbuffai mentalmente e appoggiai il bendo sullo scalino. Mi alzai dal mio posto a sedere, sistemandomi la gonna da dietro. Le pozze blu di Kageyama oscillarono sul mio corpo, fino a calarsi sulle mie cosce nude.
Scossi il capo divertita. I ragazzi erano tutti uguali, chi in modo diverso e chi esattamente identico all'altro. Bastava vedere un paio di gambe nude, la gonna leggermente sollevata e una scollatura profonda da attirare la loro completa attenzione.
Sapevo che quello che stavo per fare era un azzardo, ma volevo che il ragazzo davanti a me, capisse chi aveva davanti.
Accettavo le sfide, la competizione, studiavo e rimodellavo il mio sfidante, fin quando non mi ritenevo soddisfatta e compiaciuta.
Quelli come Kageyama, taciturni e arroganti, me li mangiavo per colazione.
Infilai la lingua in mezzo ai denti, masticandola per trattenere una risata isterica. «Che guardi?» Domandai retorica, facendogli alzare gli occhi di scatto nei miei. «Sai vero che non si guarda in questo modo una ragazza fidanzata?» Inarcai un sopracciglio e senza perdere il contatto visivo, mi inchinai per prendere il bendo.
Le guance del ragazzo si colorarono di un rosso acceso e strinse le labbra in una linea dura, pressata. «Fidanzata?» Borbottò, distogliendo lo sguardo come scottato, essendo stato colto in flagrante.
«Il Grande Re...» mormorai, girandomi il bendo tra le mani. «Non ti dice niente?» I suoi occhi si sgranarono leggermente sorpresi nell'udire il nomignolo del suo vecchio senpai. «Tu invece, sei Il Re del Campo», «È così che ti chiamavano alle medie, non è vero?» Kageyama voltò lentamente lo sguardo, riducendo gli occhi in due spilli di fuoco, tramutando la sua espressione da sorpresa a stizzita.
Sollevai un angolo della bocca, fiera di aver centrato il bersaglio, e annullai le distanze dai nostri corpi, stringendo il bendo al petto e ricambiai il suo stesso sguardo.
«Chi temi di più, Kageyama?» sussurrai a pochi centimetri dal suo viso, sentendolo deglutire. «Il tuo vecchio senpai o la tua nuova senpai?»
Restammo secondi infiniti a dichiararci guerra con gli occhi. Kageyama tacque, limitandosi a parlare con lo sguardo, come se avesse voluto dirmi: «Temo chi mi teme; gli amici vanno e vengono, i nemici si accumulano.»
I suoi occhi blu opachi si posarono un secondo contato sulle mie labbra, un tempo giusto per analizzarle e studiarle, ritornando poi a guardarmi in malo modo e fare un passo in avanti, al quale mi diede una forte spallata che prontamente bloccai i piedi al suolo, restando in equilibrio.
«Sai vero che non dovresti esporti così tanto con un ragazzo non fidanzato?»
Touché.
Sfilò le chiavi della giacchetta nera e aprì la porta della palestra, entrandovi, senza degnarmi più di uno sguardo.
1 per Kageyama; 0 per Kaori.
Alla fine delle lezioni, potei finalmente tirare un sospiro di sollievo. Infilai i libri rimanenti sul banco nella mia borsa, mentre gli studenti abbandonarono la classe così come il professore di Matematica, sollevati per un altro giorno di scuola giunto al termine.
Feci per uscire dalla classe e incamminarmi verso la palestra, ma una vibrazione proveniente dalla mia borsa, attirò la mia attenzione.
Sfilai il cellulare dal taschino e mi guardai un attimo attorno, vedendo che ero rimasta nel silenzio più totale. Aprì la notifica e lessi il nome di Tooru. Sorrisi.
Tooru
Mi manchi.
Sei sicura di non poter passare neanche per un'ora?
4:56 P.M.
Mi morsi il labbro inferiore, insieme all'indice.
Kaori
Ieri sera ho dimenticato di avvisare mio fratello, sicuramente mi farà una ramanzina. Preferisco evitare l'uragano Keishin.
4:57 P.M.
Digitai velocemente i tasti del touch sulla tastiera, rileggendo più volte il messaggio e inviarlo.
Tooru
Uff!
4:57 P.M.
E se venissi io? Il primo autobus delle cinque passa tra poco. Sono il capitano della squadra, posso permettermi di saltare gli allenamenti per un giorno.
4:58 P.M.
Avrei voluto tanto vederlo, e sapevo che sarebbe stata una settimana infernale, visto che agli interscolastici mancava davvero poco e gli allenamenti si sarebbero triplicati, o quadruplicati. Non poteva di certo saltarli per colpa mia.
E poi, c'era un piccolo e minuscolo problema: Tooru non sapeva che stavo "aiutando" la Kurasano. Se l'avesse scoperto, beh... che dico, non l'avrebbe scoperto. Alla partita mi sarei accomodata sugli appalti, tranquillamente per non destare sospetti, anziché stare in panchina.
Kaori
Tooru hai gli interscolastici questo weekend.
Non puoi saltare gli allenamenti!!
4:59 P.M.
E poi, l'autobus delle cinque è già passato.
5:00 P.M.
Tooru
Cazzo!
5:01 P.M.
Cherry, stiamo per iniziare...
il coach è più nervoso del solito.
Ho paura che la vena sulla sua fronte, scoppi.
5:02 P.M.
Kaori
Ahaha! Lo immagino.
5:02 P.M.
In bocca al lupo, capitano!
5:02 P.M.
Tooru
Non potevo desiderare un portafortuna migliore di te.
A dopo, cherry!
5:03 P.M.
Bloccai il telefono, riponendolo nel taschino della borsa. Avanzai il passo verso l'uscita e aprì la porta scorrevole della classe. Cacciai un piccolo urletto, il quale tappai velocemente con la mano, trovandomi due piccoletti che saltellavano sul posto, guardandomi emozionati con un grosso e inquietante sorriso sulle labbra.
«Hinata, Nishinoya!» Sbottai in un ringhio, portandomi una mano sul cuore, il quale batté all'impazzata. I due chiusero gli occhi a mandorla e per quanto era possibile, allargarono di più quello strambo sorriso.
Ma cosa mangiano durante la giornata? Spinaci?
«Kaori-chan sei pronta?», «Gli altri ci stanno aspettando in palestra.» Disse Nishinoya e Hinata confermò annuendo con fin troppa energia.
Sospirai profondamente ad occhi chiusi. «Ditemi...» iniziai, sbattendo poi le palpebre. «Da quanto tempo mi state aspettando?» Chiesi, sapendo già la risposta. Stranamente.
Hinata alzò gli occhi al cielo riflettendoci su e posò un dito sotto al mento. «Mh! Vediamo...» mugugnò. «Da quando gli altri studenti hanno lasciato la classe»
«...E non ti abbiamo vista uscire, così io e Shoyo ti abbiamo aspettato.» Continuò Nishinoya.
Questi due... sono inquietanti. C'è per caso un'uscita di sicurezza da qualche parte? Chiedo per eventualità future.
«Stavo giusto per venire, non c'era bisogno di aspettarmi. Conosco la strada.» Ribattei con un sorrisetto tirato, sistemando la borsa in spalla. Camminai verso il corridoio deserto, seguita dai due cuccioli di cervo danzanti.
«Ah no, neanche per sogno! Qualche ragazzo durante il tragitto poteva infastidirti...» Puntualizzò Nishinoya, alzando un dito. «E nessuno tocca le ragazze della Karasuno.»
Aspetta... cosa? E poi, quale ragazzo che la scuola è vuota?
Risi leggermente. «Adesso, sarei una ragazza della Karasuno?» Posai un dito sul mio petto e mi girai verso di loro a trecentosessanta gradi, continuando a camminare all'indietro. «Ho solo accettato di aiutarvi, mica di far parte della squadra.»
«Kaori-chan offrirci il tuo aiuto, significa già che hai scelto di entrare a far parte della squadra. Avresti potuto rifiutare, ma non lo hai fatto.» Hinata mi guardò furbamente e Nishinoya sorrise vittorioso in direzione dell'amico, alzandogli la mano per battere un cinque che prontamente il piccoletto dai capelli arancioni gli diede.
Li guardai con un'espressione perplessa. Avrei voluto rispondere che non avevo avuto molta scelta, visto che Nishinoya sbucava in ogni angolo cupo della scuola.
Una volta me lo trovai persino nel bagno delle ragazze ad aspettarmi. Fu imbarazzante. Ma d'altronde, il loro discorso non faceva una piega.
Credo.
Avevo accettato di aiutarli, ed era completamente diverso di entrare a far parte della squadra, giusto?
Giusto.
Schioccai la lingua sotto al palato e ripresi a camminare normalmente, decidendo di ignorarli, mentre i due gridavano, anziché parlare con calma, sugli allenamenti che avrebbero fatto oggi.
Ribadisco: questi ragazzi sono strambi.
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