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[𝖤𝗑𝗍𝗋𝖺] 𝖯𝖺𝗌𝗍.

Verrà divisa in tre parti: passato, presente e futuro. È molto lungo come capitolo, ma ci tenevo ad allungare il brodo perché la storia si era concentrata molto su Kaori e la sua passione per la pallavolo.

Ci tengo se mi lasciate un vostro giudizio nei commenti. 🥺

♋︎


Cinque anni dopo.

Il mio uomo.

Quella mattina mi svegliai con la sensazione di aver commesso uno sbaglio, un grande sbaglio. Le prime luci dell'alba penetrarono dalla finestra e mi colpirono direttamente il viso, rendendomi irrequieta ad aprire gli occhi. Strizzai le palpebre e sprofondai con il viso nel cuscino, raggomitolandomi tra le coperte calde, tutto pur di non aprire quei maledetti occhi e rendermi conto di aver fatto una cazzata.

Purtroppo, il suono di una notifica mi fece gelare il sangue. Pressai i polpastrelli sui lembi del piumone, promettendomi che sarei stata la persona matura che entrambi ci aspettassimo. Aprì lentamente l'occhio sinistro, l'unico del quale era completamente scoperto dal piumone e gettai lo sguardo sul comodino affianco al letto.

Era il mio cellulare.

Presi un sospiro e allungai la mano verso il comò, afferrando l'aggeggio piano in modo tale da non fare troppo rumore e svegliare Keiji al mio fianco ancora dormiente. Ingoiai il groppo in gola e pigiai sul display, accendendolo; era la notifica di un messaggio, da parte di Atsumu, il quale mi chiedeva come stessi aggiungendo a fine domanda che gli mancavo.

Mi bagnai le labbra essiccate, restando impalata a fissare lo schermo per più di trenta secondi. Era vero che entrambi stessimo portando la nostra "relazione" ad un passo successivo; andavamo a letto insieme, ci divertivamo quando uscivamo o andavamo a mangiare in un ristorante di lusso pur di commentare negativamente le mini pietanze che ci servivano; giocavamo nella stessa squadra: lui palleggiatore, io come asso; ci completavamo a vicenda ad occhi chiusi.

Eppure, quando mi confidò di star provando qualcosa in più per me, qualcosa che rendeva le nostre scopate più eccitanti, a guardare film fino a tarda notte e addormentarci sul divano, a coccolarci fino a quando non ne avevamo abbastanza, iniziai ad avere paura... Paura di me e di cosa realmente provavo per Atsumu.

Lui era bello, bellissimo. Negli anni era cambiato molto, diventando una persona molto più matura e con la testa sulle spalle. Il suo gemello però, non era d'accordo con la mia idea, dicendomi che ero fin troppo buona per reputarlo tale e soprattutto avevo i prosciutti davanti agli occhi.

Ciò, scatenava le loro liti, ma senza mancarsi di rispetto. Si volevano bene. Vivevano l'uno per l'altro e Atsumu mi diceva spesso che Osamu provava una grande stima nei miei confronti, ed era felice che finalmente avesse trovato qualcuno che lo sopportasse al di fuori di lui.

Erano pensieri del genere che mi portarono alla sensazione di colpa. Chiusi gli occhi. Presi un grosso respiro. Non meritava di essere ferito.

Improvvisamente, avvertì una sensazione calda solleticarmi il seno; un braccio robusto mi circondò, per poi spingermi contro al proprio petto e sprofondare il viso nell'incavo del mio collo, respirandoci contro. Rabbrividì a quel tocco, irrigidendomi anche per la sorpresa. Odiavo ammetterlo, ma non mi sarei mai stancata di sentire le sue mani su di me. Sul mio corpo.

Ero davvero in un bel pasticcio.

«Buongiorno...» soffiò sul pezzetto di pelle del mio collo; ci depositò un delicato bacio e prese un grosso respiro dal naso per inebriarsi del profumo di vaniglia che la mia pelle emanava grazie alla doccia della sera prima.

«Buongiorno a te!» risposi, nascondendo il cellulare tra le lenzuola. Voltai la testa per guardarlo ancora mezz'addormentato e sorrisi inconsciamente pensando che fosse bello anche alle prime ore del mattino; i capelli spettinati, il viso corrucciato con l'impronta del cuscino stampata, le labbra schiuse e gli occhi del blu opaco pigri. Mi morsi il labbro per reprimere la sensazione di nostalgia crescermi dentro: da quant'era che non dormivamo assieme? Da quanto tempo non lo vedevo nelle vesti di solo e soltanto Keiji?

«Mhm...» mugugnò, scostandosi una mia ciocca di capelli dal viso che, presumibilmente, gli stava solleticando il naso. «Con chi parlavi?»

«Parlare?» All'inizio non capì, anche se avrei dovuto essere pronta a tale inconveniente, eppure la mia innocenza infantile prendeva sempre il sopravvento sulle mie azioni; «Non stavo–»

«Ho sentito il tuo cellulare squillare» disse, sbattendo delicatamente le palpebre. «Il mio è in modalità silenzioso; lo silenzio sempre prima di addormentarmi...» spiegò in un mormorio. Lo guardai senza battere ciglio. Keiji si girò mettendosi su un lato con la mano a sorreggergli la testa; «È successo qualcosa per ricevere a quest'ora dei messaggi?» la sua espressione seria mi fece sentire doppiamente una merda.

«No, non è successo nulla... È-È solo uno stupido messaggio da parte di Hinata» feci un mezzo sorriso. «Abbiamo una partita il mese prossimo. Qui, a Tokyo.»

«Non me lo avevi detto...» prese ad accarezzarmi la guancia. «Ed è importante?»

Ridacchiai nervosamente. «Abbastanza» il suono di una seconda notifica mi fece sussultare; Keji dovette notare il mio nervosismo, dato che le sue sopracciglia si corrugarono in un'espressione da: "Non me la conti giusta. C'è dell'altro sotto e non vuoi dirmelo."

Mi agitai freneticamente sotto al suo tocco e mi sollevai su con i gomiti, cercando il mio cellulare tra le lenzuola. «Maledizione... dov'è finito?»

«Kaori» continuai a cercarlo impetuosa; possibile che il materasso l'avesse inghiottito?

«Kaori!» Keiji mi fermò stringendomi i polsi e incatenò lo sguardo nel mio. «C'è qualcosa che non va?» scossi il capo. «Allora, perché diavolo ti stai agitando così tanto? Sarà qui da qualche parte, non c'è bisogno di–»

«Non era Hinata!» esclamai di colpo; non ero brava a mentire né tantomeno a tenermi una cosa così importante per me, a lungo. A mali estremi, mi sarei dovuta dare la zappa sui piedi da sola se volevo, lontanamente, che Keiji capisse le mie vere intenzioni.

Ma lui era andato a letto con quella... Linda.

Mi guardò serio, in certi versi potevo scorgergli la freddezza nel suo sguardo. Provai risentimento, amore, eppure pensai... perché ci eravamo lasciati se ci amavamo così tanto? Perché non avevamo trovato la forza di combattere?

«...Era Atsumu» aggiunsi, stringendo il lenzuolo al petto. «Il mio possibile futuro nuovo ragazzo.»

In quel momento, riuscì a vedere quali emozioni gli passassero davanti agli occhi: rabbia, frustrazione, tristezza, delusione e... fiducia. Soprattutto, fiducia.

«Hai un ragazzo?»

«Ho detto futuro ragazzo, non stiamo tecnicamente insieme...» lo corressi come se la mia giustificazione fosse ben accetta. «È... È complicato...» mormorai, abbassando gli occhi.

Qualunque cosa gli stesse balenando in testa, ero sicura di essere stata poco delicata e me ne rammaricai. Ci fu silenzio. Un silenzio assordante per le mie povere orecchie. Non riuscivo a sentire niente, nemmeno il suo respiro.

Quando provai ad alzare gli occhi per guardarlo, sentì il materasso sotto al mio peso abbassarsi e il fruscio delle lenzuola scuotersi. Keiji si era alzato, mettendosi in mostra – con il suo corpo girato di spalle – completamente nudo. Mi morsi il labbro per il nervoso quando lo vidi pescare le mutande dal pavimento e indossarle.

«K-Keiji–»

«Sai una cosa, Kaori...» non mi piacque per niente come pronunciò il mio nome; si voltò di scatto e mi guardò con un'espressione mista al sarcastico e disgusto. «Era da tanto tempo che non andavo a letto con una donna. Non saprei come raccontarti i giorni passati rinchiuso in me stesso perché non riuscivo a parlare con una singola persona, una singola donna che... che non fossi tu!» sussultai. «In questi anni non ho fatto altro che pensarti... Ho pensato a come avremmo potuto ricreare di nuovo il nostro rapporto, partendo da zero, nonostante Yuki, e ritornare com'eravamo un tempo: felici, spensierati e follemente innamorati...» non spicciai parola durante le pause; era arrabbiato, sì, ma il suo tono di voce mi fece intendere che avrebbe voluto urlarmi contro. Scosse il capo amareggiato. «...Ho lasciato che realizzassi i tuoi sogni. Ho accettato che non volessi sposarmi perché non eri pronta. Ho... provato a prendermi cura di Yuki, mentre tu non c'eri, perché diciamocela tutta... – mi guardò con un'espressione cattiva – non è quello il modo giusto per crescere un bambino; tra videochiamate e telefonate...»

Non doveva, fu l'unica che pensai quando mi alzai di scatto con il lenzuolo a coprirmi il corpo. Non doveva affatto dirmi una cosa del genere. «Vuoi davvero parlare di quanto io sia una cattiva madre, Keiji? È questo che pensi di me?» mi indicai con un dito sul petto; lui alzò un sopracciglio, diventando un blocco di ghiaccio e mi affrettai a raccogliere i miei indumenti dal pavimento. «Stupida, sei una stupida...» continuai a ripetermi sottovoce, infilando velocemente la maglietta e le mutandine.

«Sono io lo stupido!» sbottò. «Stupido per essermi avvinghiato a te, di nuovo. Cazzo, non potevi startene dov'eri e scoparti il tuo nuovo ragazzo?!» sbraitò con tutto il fiato che aveva in corpo. Strabuzzai gli occhi e gli lanciai il lenzuolo contro.

«Cristo Santo, Keiji!» allargai le braccia avvilita. «Sono io quella che è tornata e ti ha trovato a letto con un'altra... – indicai lo stesso letto dove avevamo fatto l'amore solo poche ore prima – Con nostro figlio, dormiente, dall'altra parte del muro!» Stavo urlando anche io, senza rendermene conto.

«E allora?» rise istericamente. «Abbiamo scopato anche io e te, ma non credo che ti sei fatta mille problemi al riguardo! Che c'è? Ti ribolla sapere che ti abbia scopato nel letto dove ho scopato un'altra?!» Il sangue mi gelò nelle vene. Non ci avevo affatto pensato a "quel" particolare. «...Con tanti ragazzi, ti sei scelta il peggiore. Complimenti, Kaori, – imitò un'applauso – sei diventata tutto ciò che volevi; l'asso prodigio con un ragazzo perfetto e un figlio che vede una volta all'anno perché è impegnata a girare il mondo, anziché pensare che qui avrebbe potuto costruirsi una cazzo di famiglia!» il suo volto divenne rosso dallo sforzo delle urla, le quali cessarono nell'esatto momento in cui, Yuki, fece capolinea nella stanza.

Aveva il viso assonnato e gli occhi pigri. Mi mancò il fiato nei polmoni. «Y..Yuki» sussurrai sull'orlo del pianto.

«Mamma...» mi guardò confuso; «Papà...» Keiji sussultò e strabuzzò gli occhi; dev'essersi reso conto solo in quell'istante della presenza del piccolo di casa. Si stropicciò un'occhietto. «Perché state gridando...?»

Mi catapultai verso di lui, prendendolo in braccio e fuggire dalla camera da letto. Yuki non stava capendo un bell'accidente, soprattutto del motivo per cui suo padre iniziò a seguirmi a passo spedito. «Kaori! Kaori non abbiamo finito!» continuava a ripetermi. «Kaori–»

«Invece sì!» Mi girai di scatto con Yuki in braccio e lo fulminai con lo sguardo. Keiji si fermò sui propri passi ed io proseguì verso la cucina. Posai Yuki sullo sgabello e gli accarezzai la testa; «Ti preparo la colazione, tu resta qui» dissi dolcemente, baciandogli la nuca e voltarmi verso i fornelli.

Presi una pentola. Le mani mi tremavano dall'agitazione. Aprì il frigo e afferrai uova, bacon e del riso già cotto della sera prima.

«Mamma...»

«Sì, piccolo?» mi veniva da piangere.

«Tu e papà stavate litigando per...» prese una pausa; ruppi due uova nella pentola. «colpa mia?»

«Che cosa?! No! Non dire assurdità...» Esclamai, lasciando la padella sul fornello acceso e andargli vicino. Yuki tenne lo sguardo basso. «Yuki, tesoro, guardami...» sussurrai dolcemente, abbassandomi per arrivare alla sua altezza. Lui lo fece, senza esitazioni. «Perché pensi questo? Io e tuo padre ti amiamo alla follia. Non c'entri assolutamente nulla nelle nostre discussioni e mai succederà...» amavo le sue guance paffute, potevo restare ore e ore ad accarezzarle e baciucchiarle senza mai stancarmi. Gli sorrisi. «Sai, quando due adulti litigano, diventano stupidi e alle volte, perdono persino il controllo; i grandi non capiscono mai niente» Yuki ricambiò pian piano il sorriso. Lo strinsi fortemente al mio petto. «Non crescere mai. Non diventare mai grande. Ti voglio tenere così...» fino a quando avrò la possibilità.

«Mamma» borbottò. «ma anche io diventerò grande, non posso essere piccolo per sempre» ridacchiai e gli depositai un veloce bacio sulla nuca.

«Lo so» lo guardai negli occhi. «Ma quando diventerai grande, sono sicura che ti vergognerai di essere abbracciato così da tua madre» misi su un broncio finto, ottenendo da parte del mio bambino uno sguardo offeso.

«A me piace abbracciarti» ammise imbronciato.

Sorrisi e gli accarezzai la testa. «Ne riparleremo quando avrai sedici anni» mi fece una linguaccia e ricambiai, ritornando poi ai fornelli.

Incredibile come la presenza di Yuki mi facesse dimenticare di un attimo prima, della litigata con Keiji. Ed era ancora più incredibile la schiettezza del mio bambino. Avrei voluto dirgli che l'unica colpa l'avevamo entrambi: io e suo padre. Alle volte dimenticavamo i nostri ruoli e altre volte invece, del perché avessimo smesso di amarci.

Anche se, non credo che l'avessimo mai fatto. E perciò, la nostra rabbia veniva percepita da una distanza chilometrica... La stessa rabbia che si provava quando non potevi stare insieme con chi amavi.

Ad un certo punto, mentre servivo la colazione di Yuki nel piatto, suonò la porta. Guardai mio figlio distratto dal piatto che aveva davanti, non facendoci neanche caso e mi precipitai a passi incerti alla porta d'ingresso, quando improvvisamente, Keiji sbucò dal nulla.

«Lascia» mi suggerì freddo. Lo guardai senza battere ciglio e feci un passo all'indietro, mentre lui con un'occhiata di fuoco afferrò la maniglia e aprì la porta. Era vestito con un maglione beige, pantaloni eleganti sui toni del blu scuro e delle sneakers; sbattei ripetutamente le palpebre.

Avevamo litigato un attimo fa, giusto?

«Ciao Keiji!» una voce squillante mi perforò i timpani, la stessa che sentì un paio di giorni prima al mio rientro a Tokyo. Linda, la quale stava così maledettamente bene nel suo tailleur bianco, mi squadrò infastidita fino a che Keiji non entrò nel suo campo visivo di trecentosessanta gradi. «Perché è ancora qui?» sussurrò nell'orecchio del mio ex, come se non avessi potuto sentirla da quella distanza.

Il mio ex esitò. Si limitò a lanciarmi un'occhiata veloce. «Ciao» la salutai, facendo un passo in avanti. Non so perché fosse lì, ma ero sicura che Keiji c'entrasse qualcosa; l'aveva chiamata. «Vuoi fare colazione?» Forse qualcun'altra al posto mio avrebbe dato di matto, scaraventandola per le scale e darle infine il resto... Ma la calma di come stavo tenendo testa entrambi, sorprese anche me.

«In realtà, dobbiamo andare–»

«Perché no!» Cinguettò, sbattendo le ciglia. Keiji strabuzzò gli occhi.

Sei sorpreso persino tu.

«Perfetto!» Sorrisi in direzione di entrambi.

Linda entrò in casa e Keiji da galantuomo chiuse la porta al posto suo. Osservai l'uomo che avevo di fronte con una voglia incredibile di dimostrargli che fossi diventata molto più matura di quanto credeva.

La donna in tailleur andò avanti per conto suo verso la cucina e mi voltai per seguirla, ma venni frenata prima che facessi un solo passo. «Che intenzioni hai?» mi sussurrò all'orecchio, causandomi una serie di brividi mai provata prima.

Lo guardai. «Farla mangiare» risposi, ritraendomi il polso dalla sua stretta.



«...Mi ricordi di cosa ti occupi?» Linda era seduta accanto a Keiji, mentre servivo ad entrambi le uova strapazzate con riso e bacon negli appositi piatti. La donna in tailleur fece un'espressione disgustata all'impatto, come se fosse anormale mangiare un piatto del genere al mattino. Keiji non disse una parola; afferrò le bacchette e iniziò a mangiare silenziosamente. Yuki aveva già terminato da un pezzo e stava perdendo tempo a colorare un disegno sul foglio.

«Sono una giocatrice professionista di pallavolo» risposi, gonfiandomi il petto d'orgoglio. Linda alzò le sopracciglia sorpresa.

«Davvero? È incredibile. Non è vero, tesoro?» sorrise a trentadue denti, posando una mano sulla spalla di Keiji. Lui annuì distrattamente. L'aveva davvero chiamato... tesoro? «Strano che tu non me ne abbia mai parlato...»

Scrollò le spalle, masticando il cibo in bocca.

Non mi stupì, sinceramente. «Voi due sembrate carini insieme...» sentì lo sguardo di Keiji addosso, «Uscite insieme?» oscillai con gli occhi sulle loro figure e incrociai le braccia al petto.

Keiji tossì, andandogli di traverso il boccone di riso e bevve un sorso d'acqua d'urgenza; Linda invece, continuò a sorridere inquietantemente nella mia direzione. «Diamo davvero quest'impressione?» gli occhi le divennero a cuoricino. «Oh Keiji, perché non mi hai anche detto che la tua ex se ne intende di bellezze di coppia?» trillò, gettandosi addosso a quest'ultimo.

Cos'era, un nuovo programma televisivo?

Keiji pressò le labbra per contenere le migliori parolacce da versarmi e smascherò un sorrisetto di cortesia, mentre mi fulminò con lo sguardo. Linda era così stupida da non accorgersene. «Non... Non lo so. Mi sarà sfuggito dalla mente» Che bastardo.

«Da quanto tempo vi conoscete?» domandai.

«Oh beh...» ridacchiò la rossa. «Siamo colleghi di lavoro da diverso tempo e non abbiamo mai avuto occasione di parlarci per colpa dei nostri reparti. Poi, da quando è stato promosso responsabile, – gli accarezzò il petto; strinsi le mani sotto al tavolo – mi hanno trasferita e sono diventata una sua aiutante...»

«Capisco» feci un mezzo sorriso. «Dev'essere...bello.» Bello? mi schiaffeggiai mentalmente. Guardai Yuki che era completamente perso nel suo disegno. Almeno il mio piccolo, riusciva a mettermi di buon umore.

«...E tu? Hai il ragazzo?» Sussultai alle parole di Linda che mi presero in contropiede; guardai la diretta interessata e poi Keiji che, guarda caso, mi stava già fissando con insistenza. «Scommetto di sì! Insomma, la prima volta che ti ho vista quasi non ci credevo che fossi la mamma di Yuki. Saresti sprecata a non stare insieme a qualcuno...» Neanche la stavo ascoltando più, continuavo a guardare Keiji per capire cosa stesse pensando e se avesse detto qualcosa in merito. Ma non parlò. Anzi, ero sicura che non stesse neanche più respirando.

«Ecco... è complicato» ridacchiai nervosamente, grattandomi una guancia.

«Mh? Perché?» Certo che le piaceva molto impicciarsi negli affari che non le riguardavano.

Cercai di non perdere la calma. «Siamo due professionisti che lavorano nella stessa squadra e–»

«Oh mio Dio! Giochi in una squadra maschile?!» Strillò incredula. Perché trovava sempre un pretesto per urlare?

Aggrottai le sopracciglia confusa. «Ehm, sì...?»

«Oddio! Ho avuto sempre un debole per i giocatori di pallavolo: sono davvero sexy» disse eccitata, facendosi aria con le mani. Keiji aggrottò le sopracciglia contrariato. Io, non riuscì a contenere il mio divertimento. Ti sta bene, gli urlai indispettita con gli occhi. «...È incredibile che giochi in una squadra maschile. E dimmi... – si mordicchiò il labbro inferiore pittato di rosso – anche il tuo ragazzo è sexy?»

«E-Ecco, non saprei, cioè nel senso...» farfugliai confusa. Ma cosa diavolo voleva sapere, esattamente?

«Posso vederlo?»

«Come, prego?» Alzai un sopracciglio.

«Linda!» la guardò male Keiji; lei ricambiò lo sguardo innocentemente. «Che c'è? Voglio solo vederlo! È reato per caso?»

«...Ho lasciato il cellulare di là e–»

«Non importa, – trillò e tirò fuori il suo di cellulare – dimmi come si chiama che lo cerco. Se è famoso, comparirà subito nelle prime ricerche.»

«Ah, che idiozia...» borbottò Keiji, alzandosi dalla sedia e togliere via il suo piatto.

Deglutì. «Atsumu...» mormorai imbarazzata. «Miya.»




Nei giorni successivi, le cose tra me e Keiji non migliorarono affatto. A malapena ci parlavamo. Così me ne andai dopo due giorni dal mio soggiorno a casa sua. Yuki non era affatto felice al riguardo, ma gli dissi che sarei rimasta in città per lungo tempo e se voleva, poteva restare con me a casa del nonno.

E così successe.

Perché sì, mi ero stabilita momentaneamente a casa del vecchio, nonostante avessi preferito affittare un'appartamento o prenotare una camera d'albergo. Ma il mio vecchio aveva insistito, poiché non sopportava il fatto che sprecassi i soldi in queste stronzate quando avevo una famiglia amabile che mi avrebbe ospitata ogni qualvolta che ne esigevo la necessità.

«Quindi, è finita? Vi siete lasciati definitivamente?» Mio fratello era davvero insistente quando ci si metteva; coprì le orecchie di Yuki e lo guardai male. Da quando era nato, non aveva mai avuto l'occasione di vedere i suoi genitori insieme, perciò per quanto potesse essere una cosa normale per lui, ero sicura che nel suo piccolo corpicino soffrisse terribilmente.

«Sai tenere chiusa quella bocca?» sussurrai stizzita. «Non voglio che ne parli davanti a Yuki...» e delicatamente gli scoprì le orecchie.

«Scusa» mi mimò con le labbra.

«Che c'è, mamma? Zio Keishin ha detto una parolaccia?» mi guardò Yuki; Keishin sussultò diventando pallido.

Sorrisi pacata. «Beh, il tuo zietto ne combina una più del diavolo. È davvero...» stupido, troglodita, idiota, cretino, senza cervello, imbranato, coglione, stronzo... «sciocco.» Sciocco, l'ho detto davvero.

Avevo un vocabolario ricco di meraviglie.

«Mh, – ci rifletté su – capito!» e scrollò le spalle, portando nuovamente l'attenzione sul suo cartone animato preferito che stavano mandando in onda sulla tv.

«...Credevo che fosse normale parlarne, sai» Keishin continuò a volersi giustificare. Ma dopotutto, non volevo dargli la colpa di niente. Mio fratello c'era sempre stato per me ed io ero felice di averlo al mio fianco, nonostante ci vedevamo poco. «Non siete mai stati assieme seriamente da quando mio nipote è nato, quindi, che cosa cambia– Aspetta! Tu, tu hai fatto qualcosa, non è così?» mi puntò un dito accusatorio contro. Strabuzzai gli occhi.

«Che... Che intendi? E toglimi questo dito dalla faccia» glielo schiaffeggiai.

«Kaori» sibilò sottovoce, sporgendosi verso il mio volto. «Dimmi la verità, prima che quei due vecchi tornino dal loro giro di bevute» con "due vecchi" intendeva nostro padre e nostro nonno; pareva che negli ultimi anni se la stessero spassando alla grande, provando a recuperare il loro rapporto. Ne ero felice.

Dopotutto, l'avevo fatto in primis con mio padre e Keishin, beh... Ci metteva più tempo di me a perdonare, ma ci stavano lavorando.

«Che cosa sta succedendo? So che non mi hai raccontato tutto, perciò riparti dall'inizio... Vorrei capirci qualcosa, non posso essere un indovina!» sbuffò. «Non so neanche se sia veramente una professione!»

Presi un grosso respiro. Aveva ragione. Lanciai un'occhiata a Yuki e vedendolo assorto dalla televisione, decisi di raccontare tutto ciò a mio fratello, abbassa voce.

«Aspetta, aspetta, aspetta...» mi frenò con la bocca aperta, gesticolando le mani davanti al mio viso; alzai gli occhi al cielo spazientita. «Non... non sei mica incinta, di nuovo, vero?»

Era un trauma sapermi incinta?

Sbattei un pugno sul tavolino. «Vuoi starmi a sentire oppure no, boke?!» strillai silenziosamente. Keishin sussultò e annuì energicamente con la testa. Sospirai esasperata.

Sarei uscita fuori di testa.

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