Capitolo ventuno - Olivia
STO provando con tutta me stessa a non vomitare.
Difficile quando a dividerti dal destino sono una doppia porta d'acciaio grigia e una guardia giurata che ti osserva curioso. Forse potrei vomitargli sulle scarpe, sarebbe una prospettiva davvero allettante. Magari, in questo modo, smetterebbe di fissarmi come se avessi commesso chissà quale reato e ora stessi aspettando di scoprire in cosa consiste la mia pena. Sarebbe perfino carino se si togliesse quella smorfia altezzosa dal viso, se invece che il broncio si decidesse a regalarmi un sorriso d'incoraggiamento o se facesse sparire quelle due rughette sottili sulla fronte.
Non lo sa che a forza di non ridere mai il viso gli si riempirà di lineette?
È giovane, non avrà più di trent'anni a giudicare dal portamento e dalla faccia pulita da qualsiasi traccia di barba. È alto, i capelli scuri sono corti ai lati e leggermente più lunghi in cima, le labbra strette in una linea dura lo fanno sembrare più offensivo di quello che secondo me è in realtà. La cosa che più mi irrita e il modo scortese con cui mi sta guardando, mi giudica a prescindere per il semplice fatto che mi trovo lì e devo mordermi la lingua più volte per non sbottargli contro. Non sono una cavolo di criminale, non so nemmeno perché mi hanno chiusa in questa stanza, o forse sì.
Sospiro passandomi le mani sul viso. Mi sono tolta il blazer rosso e ora la camicia bianca stropicciata, da cui si intravedono diverse chiazze di sudore su schiena e petto, è in bella vista. Alcune ciocche di capelli mi rimangono appiccicate sul viso, segno che in questa stanza si muore di caldo.
Sospiro piano, dopodiché mi passo una mano sul collo tentando di alleviare la tensione. «Per quanto ancora dovrò rimanere chiusa qui dentro?» chiedo al simpaticone in divisa.
Per la prima volta dopo mezz'ora distoglie lo sguardo dalla mia figura per posarlo sul muro alle mie spalle. «Non mi è dato saperlo» risponde con tono duro.
«Hai almeno idea del perché sono stata portata qui?»
Gli esce uno sbuffo nasale che mi fa inarcare il sopracciglio.
«Davvero me lo stai domandando?»
«Pensi che se lo sapessi perderei tempo con uno come te?»
I suoi occhi tornano a posarsi nei miei in modo singolare.
«Esattamente, che cosa vorresti dire con questa frase?» La sua non è un'accusa, sembra più che altro... curiosità.
Sbuffo allentando il colletto della camicia. Perché diavolo mi hanno costretta a vestire in modo così ridicolo? Sarebbero bastati un pantalone e un maglioncino semplice invece, secondo il mio Avvocato, indossare un tailleur rosso in ricordo di tutte le donne vittime di violenza avrebbe fatto colpo in modo positivo. Non sarebbe stata per nulla una cattiva idea se solo la Giudice non fosse stata una grandissima ipocrita antifemminista e corrotta. L'ho capito nel momento in cui l'ho guardata in faccia aspettandomi da parte sua un qualche segno di incoraggiamento, di supporto, e invece mi sono trovata di fronte una donna che disprezza le altre donne. Ho percepito la sua incredulità quando, porgendomi domande riguardo quella notte, mi ha chiesto più volte e con insistenza se fossi sicura di essere quasi stata violentata. Come se quel quasi cambiasse tutto. Mi sono trattenuta dall'urlarle in faccia anche dopo che il mio Avvocato le ha mostrato le foto scattate con i diversi segni di colluttazione sulla pelle e lei ha esordito con: «Signorina Anderson, è sicura che questi lividi non fossero già presenti prima della possibile aggressione?»
Ho capito in quell'esatto istante che non mi avrebbe aiutata in alcun modo, che se non le avessimo mostrato il filmato in cui si evince la violenza sessuale subita da Carol non avremmo avuto alcuna possibilità di vincere. Ed è stato in quel preciso momento che ho preso la decisione, senza consultarmi prima con il mio Avvocato, di tenere Logan fuori da questa storia. Quando mi è stato chiesto chi fosse presente quella notte, chi poteva testimoniare che Gerald Hall - il padre di Carol - avesse quasi abusato di me sessualmente, io ho risposto che nessuno era in quella stanza. Ho riferito di essere riuscita, dopo averlo ferito, a sottrarmi dalla sua presa scappando via e trovando al piano di sotto i miei amici che cercavano di liberare Carol dagli abusi di altri due uomini. In pratica, avevo mentito sotto giuramento. Una mossa azzardata visto che ho sentito mia madre trattenere il fiato sconvolta, James imprecare ad alta voce, Carol singhiozzare silenziosamente e ho visto il mio Avvocato scattare in piedi come una molla quasi rovesciando la sedia a terra, per poi chiedere alla Giudice di poter parlare con me in sedi private prima di continuare con l'udienza. Forse sono stata portata in questa stanza dopo aver tirato uno schiaffo ad una guardia che mi aveva afferrato il braccio con forza per trascinarmi via. Già, credo sia questo il motivo.
Tengo gli occhi incollati al pavimento quando con un sorriso amaro gli dico: «Credi che io non veda il modo in cui mi stai guardando? Non sono cieca e nemmeno stupida, quindi puoi anche smetterla di lanciarmi occhiatacce pensando che non veda niente.»
Mi sono proprio rotta le palle di chiunque.
Lo sento muoversi sul posto cambiando posizione, quando sollevo di poco gli occhi noto subito che ha abbandonato la posa rigida di prima lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi, un piede è appoggiato al muro alle sue spalle e il suo sguardo duro mi brucia una guancia.
Continua a fissarmi. «Hai volutamente e consapevolmente mentito nell'aula poco fa» mi fa notare.
Scatto sull'attenti. «No. Questo non è vero» mento, ovviamente.
Annuisce. «L'hai fatto, e credo che tu sia una pessima bugiarda al riguardo. Poi, come se già non bastasse a farti una pessima reputazione, hai assalito una guardia penitenziaria senza nessuno scrupolo, e ora ti chiedi perché gli altri ti guardano con... curiosità e sospetto?»
«Mi ha messo le mani addosso!» sbotto infuriata. «Non ne aveva alcun diritto!»
«È il suo lavoro, ragazzina. A nessuno è permesso lasciare un'udienza in corso senza essere accompagnati fuori dalle forze dell'ordine. Dove pensi di essere? Al campo estivo per bambini? Ti rendi almeno conto di quello che hai fatto o pensi sia tutto uno scherzo? Il tuo gesto non passerà inosservato, spiacente di deluderti.»
Scuote la testa con decisione lasciandomi l'amaro in bocca e una strana sensazione di impotenza che non avevo mai provato prima. Non faccio in tempo ad elaborare una risposta, perché la porta si apre quasi con uno schianto facendomi sussultare. Il mio Avvocato entra nella stanza come una furia, lancia sul tavolo che ho di fronte la ventiquattrore e un plico di fogli pesante che ricade con un tonfo.
Sbatte le mani sul metallo piegandosi poi alla mia altezza. «Ma io dico, sei fuori di testa per caso? Che ti è saltato in mente eh? Mentire spudoratamente di fronte alla Giudice e ai membri della giuria dopo che avevamo espressamente dichiarato di avere un testimone presente!» Sbatte un pugno facendomi trasalire. «Non avevo idea di come giustificarti, Olivia! Non puoi prendere decisioni simili senza prima consultarmi!»
Incrocio le braccia al petto. «Non l'ho programmato, e anche se l'avessi fatto che cosa sarebbe cambiato, eh? Se ti avessi detto qual era la mia idea, mi avresti ascoltata?»
«Dio, certo che no! Ti rendi conto di esserti appena giocata la credibilità? Quella donna non passerà mai oltre una bugia, non ti prenderà più sul serio d'ora in avanti! Se già nutriva dubbi sulla vicenda in corso, puoi biasimarla se deciderà di non credere più ad una tua parola?» sbotta furioso.
«Devo chiederle di darsi una calmata, Avvocato, o sarò costretto a sbattere entrambi fuori con la forza.» La guardia fa un passo nella nostra direzione a braccia conserte, osservando l'uomo che ancora mi sta di fronte con severità nello sguardo.
Vincent Casey alza uno mano sventolandola in aria, senza però smettere di fissarmi. Sospira pesantemente e, come me, prova ad allentarsi il colletto della camicia bianca. Poi scosta la sedia con furore e ci si accascia sopra, raccogliendo i documenti per sistemarli energicamente insieme con una graffetta.
Deglutisco a fatica sotto il suo sguardo penetrante. «Che cosa succederà ora?» gli chiedo.
Si passa una mano sulla fronte da cui intravedo gocce di sudore, poi congiunge le mani sul tavolo lanciandomi un'occhiata seria. «Ora, tornerai lì dentro e dirai che ti sei sbagliata, che hai avuto un momento di confusione dovuto al ricordo di quella terribile notte. Ti scuserai per essere stata così avventata e ci atterremo al piano iniziale: sei stata salvata dal Signor Logan Miller, unico testimone in quella stanza che può aiutarti a vincere la causa.»
Scuoto la testa con forza. «No! Non ho intenzione di infilare Logan in questa cosa, che lui ci fosse davvero o meno!»
Si massaggia le tempie con entrambe le mani, e mi guarda così scocciato che immagino preferirebbe avere a che fare con chiunque tranne che con una ragazza testarda come me. «Non è così che funziona. Se non useremo l'unico testimone a nostra disposizione, non penso avrai granché possibilità di vincere.»
«E certo, questo perché nemmeno il mio Avvocato mi crede!» Mi lascio sfuggire una risata ironica. «Diamine, è pazzesco. Cosa deve fare una donna per far sì che venga creduta? Dovevo lasciarmi stuprare o, peggio ancora, ammazzare per farmi prendere sul serio?» La guardia giurata alle spalle di Vincent si schiarisce la voce a disagio, mentre l'inutile Avvocato che mi è stato affidato mi osserva impassibile.
«Non è importante quello che credo io, Olivia» parla a bassa voce. «La cosa più importante è ciò che crede la Giudice Brown, e per adesso ha solo percepito ognuna delle bugie che ti sei lasciata sfuggire in quell'aula. Ti stai facendo una cattiva condotta, metti a repentaglio il tuo futuro per salvare una persona che non ha bisogno di essere salvata, e mi stai facendo fare la figura del cretino.» Calca l'ultima parola con rabbia. Gli vedo una vena pulsare sulla tempia, e l'unica cosa a cui riesco pensare in questo momento è che vorrei infilzargli la testa con la penna che stringe tra le dita, magari avrei un buon motivo per essere giudicata colpevole.
«Probabilmente lo sei davvero» borbotto, non troppo piano a quanto pare visto che il suo viso si accende di rosso.
«Come hai detto prego?» Raccoglie il plico di fogli con foga, si alza dalla sedia in modo maldestro e afferra la ventiquattrore ancora riversa sul tavolo. Mi punta l'indice contro. «Non sono un tuo sciocco coetaneo, Olivia. Se non ti sta bene come lavoro puoi anche arrangiarti e trovarti un nuovo Avvocato, ma non permetterti mai più di insultarmi. Ci siamo capiti?»
Mi alzo anche io, con così tanta rabbia che per poco non rovescio la sedia a terra. «Bene. Lo terrò a mente.»
La guardia allunga il collo nella nostra direzione, poi fa un passo avanti pronto ad intervenire, come se adesso mi mettessi a picchiare chiunque mi parli. Alzo gli occhi al cielo. Vincent - lo stronzo - Casey fa per parlare di nuovo, ma la porta si apre con uno schianto per la seconda volta in meno di dieci minuti. Il primo ad entrare è Logan, livido di rabbia in viso, seguito da suo padre e mia madre. Quando i miei occhi incontrano il ragazzo dagli occhi verdi, prendo un respiro profondo senza nemmeno rendermene conto. La sua mascella ha un guizzo mentre mi osserva dalla testa ai piedi esaminandomi, probabilmente cercando di capire come mi sento. È l'unico tra i presenti a cui non è stato concesso di presenziare in aula essendo anche lui nell'occhio del ciclone, per cui posso solo immaginare quanto si senta smarrito in questo momento. La rabbia che emana mi fa capire che i nostri genitori devono averlo informato sulla decisione dell'ultimo minuto che ho preso, e visto come mi sta guardando devo dedurre che la cosa non gli piace per niente.
Sospiro afflosciando le spalle.
È James a prendere parola non appena il suo sguardo incontra il mio. Anche lui, come suo figlio, mi osserva dalla testa ai piedi cercando di captare qualche informazione. Forse deve leggere qualcosa negli occhi che sento umidi, o nella rigidità delle spalle che sento pesanti e ingombranti, perché il suo sguardo s'indurisce appena.
«Vincent, cosa sta succedendo? Pensavo avessimo deciso che almeno sua madre dovesse essere sempre presente quando decidete di avere colloqui privati.»
Il mio Avvocato gli lancia un'occhiata tesa andandogli incontro, si è sistemato giacca e camicia e ora è talmente impeccabile che non sembra mi stesse sbranando fino ad un secondo fa. Accenna un sorrisetto che mi fa venire il voltastomaco. «Non era il caso, James. Io e Olivia abbiamo solo discusso brevemente su ciò che è accaduto e su come procedere al riguardo.» Gli appoggia una mano sulla spalla, voltandosi poi verso di me sempre con quel finto sorriso stampato in faccia. Dio, vorrei tirargli un pugno sul naso. «Non è vero, Olivia?»
Stringo con forza il tavolo, l'occhio di Logan cade proprio nel punto in cui la mia mano sta stritolando il bordo e non mi sfugge quando anche le sue mani si chiudono a pugno. Sposta lo sguardo da me all'Avvocato, lanciandogli l'occhiata più brutale che gli ho mai visto fare. Provo a concentrarmi sul suo splendido aspetto tentando di non fare un'inutile scenata di fronte a tutti. Gli osservo le gambe possenti fasciate da un paio di semplici jeans chiari, risalgo con lo sguardo sull'ampio petto muscoloso avvolto da un maglioncino color crema che gli risalta i bicipiti muscolosi. Deglutisco sotto il suo sguardo di fuoco capace di incenerire anche un blocchetto di ghiaccio. Respiro lasciandomi avvolgere dal suo calore quando lo vedo incamminarsi nella mia direzione senza staccare gli occhi dai miei. Le sue mani trovano i miei fianchi senza esitazione, avvicinandomi alla sua figura. Il calore che il suo corpo emana è in grado di rilassare i miei muscoli tesi, sento il collo indolenzito e le spalle doloranti per la rabbia che sto provando a contenere. Le sue mani si spostano dai miei fianchi alle guance, le avvolgono con calore attirandomi verso di lui come una calamita con il metallo.
«Respira, Liv, da brava» mormora così piano che solo io riesco a sentirlo. I suoi occhi non si schiodano da me per tutto il tempo. Faccio come dice concentrandomi sul calore che emanano le sue iridi verdi quando mi guardano. Ed è un'amore così puro e leale che lo sento esplodermi nel petto avvolgendomi completamente. Le mie mani tremanti si posano sulle sue, ed è quel tocco, quella vicinanza che riesce a far scivolare via un po' di quella rabbia che con fatica sto provando a contenere.
Prendo un respiro profondo, chiudo gli occhi per una frazione di secondo, li riapro e, dopo averlo guardato ancora una volta, li sposto sulle tre figure che ora ci osservano esitanti sulla porta. «Voglio un nuovo Avvocato» dico, sicura di me.
Vincent mi guarda con disprezzo, lasciando finalmente cadere la maschera di finzione che gli si era incollata addosso. «Sei impazzita? Ti pentirai di questa scelta, Olivia. Non si cambia Avvocato con così poco preavviso, tu...»
Il suono di uno schiocco di lingua interrompe il suo sproloquio. Logan si volta e osserva con divertimento l'uomo che mi sta guardando sconvolto. Infila le mani nelle tasche dei pantaloni prima di inclinare la testa da un lato e di accennare un sorriso beffardo e perfido. «Vincent, giusto? Posso chiamarti per nome, non è vero?» Non aspetta che lui risponda, fa un solo passo sicuro nella sua direzione costringendo l'Avvocato a farne uno indietro d'istinto. Accenno un sorriso.
«Non ho idea di cosa tu le abbia detto o fatto, anche se ci metterò poco a scoprirlo, ma ti conviene lasciare questa stanza di tua spontanea volontà e con le tue gambe.» Amplia il sorriso. «E intendo ora, in questo preciso istante. Vattene, Vincent. Credimi, non ti piacerà l'altra opzione.»
«Logan» tuona James guardando però me dritta negli occhi. Mi osserva a lungo, nota il disagio sul mio viso e la mano stretta attorno a quella di Logan come se avessi bisogno di essere sorretta. Probabilmente è così. Ricambio quell'occhiata cercando di trasmettergli tutto quello che sento dentro. La sua bocca si chiude in una linea dura, la mascella ha un guizzo e negli occhi percepisco rabbia. Poi sposta lo sguardo su suo figlio, e quando penso che stia per fargli un cazziatone, mi sorprende voltandosi verso Vincent e dicendo: «È meglio che tu vada, Casey. Lascia pure qui tutta la documentazione su Olivia, troveremo in fretta un sostituto, non preoccuparti.»
«Questo è ridicolo, James! Trovare un nuovo Avvocato a processo iniziato? Sai che questo significa rimandare l'intera udienza di settimane se non mesi!» Alza le braccia verso il soffitto esasperato. «Non ho idea del perché stia succedendo tutto questo, ma...»
«Non ne hai idea, eh?» Apro finalmente bocca dando libero accesso a tutto quello che sento. «Sei uno stronzo, Vincent Casey. Un uomo accecato dal denaro che si è accollato questo caso solo perché speravi di farti un nome grazie a James Miller.» Butto fuori parole velenose che lo costringono a guardarmi con odio. «Non sei nemmeno bravo in quello che fai, perciò non capisco come tu possa essere arrivato fin qua senza scivolare a terra.» Faccio un passo verso di lui, gli occhi incollati ai suoi rivelandogli tutto l'odio che provo nei suoi confronti. La mano di Logan stringe la mia. «Voglio che tu sappia questo: vincerò la causa, lo farò a modo mio, e non grazie a te.»
Logan scende con la mano sulla mia schiena alla base dei reni, le sue dita accarezzano quel punto come a volermi confortare. I miei occhi si posano per una frazione di secondo su mia madre, che sta fissando con odio quello che fino ad poco fa era il mio Avvocato. Ha una mano intrecciata a quella di James, l'altra posata sul ventre, e sembra si stia mordendo la lingua per non urlargli addosso qualcosa in mia difesa.
James fa un passo avanti sovrastando Vincent, lo guarda dall'alto del suo metro e ottantacinque e gli regala uno sguardo così gelido capace di farmi venire la pelle d'oca. Logan al mio fianco ghigna, orgoglioso del padre, orgoglioso di me. Ed è forse la prima volta che noto quanto sono simili, non solo nel colore degli occhi, nel portamento e in alcuni gesti che fanno, ma caratterialmente James dev'essere stato un ragazzino testardo da giovane, proprio come suo figlio.
«Vattene, Vincent. Prendi la tua valigetta malridotta ed esci da questa stanza, non te lo ripeterò un'altra volta.» Vincent Casey sbuffa indignato, lancia ancora uno sguardo di fuoco nella mia direzione prima di sorpassare James dandogli una spallata voluta. Quest'ultimo lo afferra per il braccio fermandolo, costringendo così ad avanzare la guardia giurata che stava osservando la scena in assoluto silenzio da più di dieci minuti.
«Ah e ricorda: se ti azzarderai ancora una volta ad insultare mia figlia, ti rovinerò la carriera al punto che sarai costretto a scappare dall'altra parte del continente se vorrai mantenere quel briciolo di reputazione che ti rimane.»
La sua minaccia riecheggia nella stanza anche quando il mio ormai ex Avvocato se n'è andato lasciandosi dietro una scia di imprecazioni che fanno impallidire mia madre. Sento la guardia giurata ridacchiare sotto i baffi mentre torna a posizionarsi di schiena contro il muro, la stessa posa adattata ormai da una trentina di minuti. Regala a James il primo sorriso sincero che gli ho mai visto fare, e con la testa indica in direzione dell'uscita.
«Non ti avrei fermato se avessi deciso di prenderlo a cazzotti, James.»
Scusa, come? Perché lo chiama per nome? Si conoscono?
James ricambia il sorriso, afferra mia madre per la vita avvicinandola a sé e stampandole un bacio sulla tempia.
«Non mi sarei opposto nemmeno io se fossi intervenuto un po' prima, Niall.» Indica me con un cenno.
La guardia, Niall, sospira voltandosi a guardarmi con curiosità. «La ragazza se la stava cavando benissimo anche senza il mio aiuto.» Mi fa l'occhiolino. «È cazzuta, una buona qualità.»
Per poco la mascella non mi si apre in due cadendo a terra.
«Sono confusa, molto a dire la verità. Vuoi due vi conoscete?»
Niall ride incrociando le braccia al petto. I muscoli, che prima avevo notato a stento, si flettono quando piega gli avambracci mettendo in risalto il giubbotto antiproiettile. È pazzesco quanto sembra un'altra persona rispetto a prima, come se anche lui avesse indossato una maschera per tutto il tempo e ora avesse deciso di togliersela.
«Ci conosciamo bene e da molti anni. James ha provato svariate volte ad assumermi nella sua azienda prima che diventassi una guardia giurata, ma non ho mai amato vestirmi come un pinguino.»
James scoppia a ridere dandogli una manata sulla spalla. «Saresti potuto benissimo diventare capo della sicurezza, Niall, è un lavoro a cui hai sempre ambito. In ogni caso, si vede che in queste vesti ti senti a tuo agio, ed io sono felice per te.»
Niall lo ringrazia, ed io non smetto di far passare lo sguardo da uno all'altro quando iniziano ad aggiornarsi velocemente sulle ultime novità. Logan al mio fianco è piuttosto silenzioso e pensieroso, il suo sguardo è puntato al muro dietro le spalle del padre e a malapena percepisco ancora il suo tocco sulla schiena. È schivo e distante anche quando provo ad avvicinarmi a lui, ma non fa nulla per impedirmi di afferrargli la mano e stringerla tra le mie. Ho bisogno di parlare con lui in privato, di chiarire la situazione prima che si faccia un'idea sbagliata e che il nostro rapporto venga nuovamente compromesso.
Dopo un po', James esce dalla stanza per andare ad informare chi di dovere della situazione ed io mi affloscio sulla sedia ancora troppo scossa per fare qualunque cosa. Quando poco dopo torna, capisco che la chiacchierata tra me e Logan dovrà aspettare. Ci informa che quando la Giudice è stata messa al corrente che il mio Avvocato è stato gentilmente accompagnato all'uscita, non ha avuto altra scelta se non quella di rimandare l'udienza. Tutto quello che è successo oggi viene messo in stand by con uno schiocco di dita, e la speranza che potessi finalmente tirare un sospiro di sollievo lascia il posto alla delusione. Trovare un nuovo Avvocato non sarà semplice, passare le prossime settimane senza sapere quando sarà la nuova udienza significa prosciugarmi del tutto. Ognuno dei presenti si sente come me, e un po' mi sento in colpa perché è colpa mia se è successo questo.
Quando usciamo da quello stanzino, il pubblico che si trovava in aula esce dalle porte defilandosi e noi ci accodiamo a loro. Logan trova la mia mano e non lascia per tutto il tempo. Gli sono grata per questo nonostante sia palesemente infuriato con me, non mi ha più guardata in faccia ed io sono troppo stanca per prenderlo da parte e costringerlo ad affrontare la mia decisione. So che questa conversazione tra di noi prima o poi avverrà, e so anche che non sarà una cosa semplice per lui accettare che ho deciso di tenerlo fuori da questa storia. Il suo istinto di protezione uscirà fuori e mi sbatterà contro il muro, ed io sarò costretta a puntare i piedi per terra con forza per non cambiare idea né cedere. Logan mi ha salvato la vita tante volte, ora voglio essere io a ricambiare il favore.
Ad un passo dall'uscita, però, percepisco uno strano formicolio alla testa che mi fa voltare. I miei occhi scrutano il lungo corridoio illuminato e ancora gremito di gente finché non incontrano quelli dell'uomo che mi ha quasi rovinato la vita. Rabbrividisco. Gerald Hall esce dall'aula insieme al suo Avvocato e ad altri tre uomini in giacca e cravatta. Il mio battito accelera e il respiro mi si mozza in gola quando lo sento ridere di gusto, la stessa risata che gli ho sentito uscire dalle labbra quella notte. Ad un tratto ricordo tutto. Ricordo il colore vitreo dei suoi occhi gelidi e freddi, ricordo il compiacimento nello sguardo dopo avermi esaminata senza vergogna, ricordo i versi di piacere quando, dopo essersi calato le mutande, mi si era strusciato addosso bloccandomi in quel letto con la forza. Ricordo un corpo possente schiacciarmi sul materasso con così tanta forza da costringermi ad annaspare famelica d'aria.
Un brivido mi trapassa da parte a parte quando, dopo avermi riconosciuta, mi regala un sorriso sfrontato e malizioso. I miei occhi scorrono sulle rotondità del suo corpo e scendono sulle mani grasse e paffute. Non è ammanettato, e perché dovrebbe esserlo? Per la Giudice non è ancora un colpevole, e un paio di mesi fa è stato scarcerato e messo in libertà vigilata per mancanza di prove. Per cui può tranquillamente passeggiare in città e per questi corridoi come se niente fosse, avremmo potuto benissimo incontrarci stamattina alla caffetteria del Tribunale e berci un caffè insieme. Mi viene il vomito. So di essere sbiancata, sento il sudore freddo scivolarmi lungo la schiena, per cui stringo con più forza la mano di Logan che ora mi lancia un'occhiata rassicurante.
Sono qui con lui.
Sono qui con lui.
Quell'uomo non può più farmi del male.
Mi costringo a distogliere lo sguardo dal suo prima di svenire. Per assurdo, in quell'aula a malapena mi sono accorta della sua presenza seduta a pochi metri da me, dalla parte opposta alla mia e circondato dai suoi due Avvocati e da alcuni dei suoi amici presenti quella notte. Sono entrata con la forza di una guerriera, convinta di ogni parola che ho pronunciato e credendo in me stessa. Sapevo che se avessi incrociato per sbaglio i suoi occhi non sarei più riuscita a parlare, per cui mi sono costretta a non farlo. Ho mandato giù il nodo che sentivo in gola e ho risposto con sicurezza alle domande poste nonostante fosse chiaro che chi era lì per giudicarmi lo stava facendo con slealtà. Ho avuto il presentimento che Gerald e la Giudice si conoscessero, forse dovuto al fatto che lui continuava a regalarle sorrisi sfrontati e che lei provava in tutte le maniere a non arrossire sotto il suo sguardo.
Quella notte, gridato a gran voce, Gerald aveva fatto diverse promesse. Mentre mi teneva i capelli stretti in una mano, mi aveva promesso che una volta finito con me lo avrei implorato affinché mi uccidesse. Aveva gridato vendetta nei confronti di Logan minacciandolo di una morte lenta e dolorosa, promettendogli che gli avrebbe fatto avere un filmato mentre abusava di me solo per il gusto di vederlo impazzire. Poi, quale lo schifoso che era, aveva urlato a sua figlia che le avrebbe rovinato la vita, che non avrebbe mai più potuto camminare a testa alta in questo mondo senza ricordarsi di lui. Carol non aveva smesso di piangere da quel giorno, e nonostante i nostri trascorsi avevo giurato a me stessa che anche lei avrebbe avuto giustizia.
Il vento freddo mi punge il viso quando finalmente mi lascio alle spalle il Tribunale. Davanti a noi intravedo subito i nostri amici che, avvolti nei loro cappotti e piumini, ci aspettano con trepidazione. Né io né Logan avevamo avuto tempo quella mattina per salutarli, ma sapevo che erano tutti presenti in aula come incoraggiamento e supporto. Ognuno di loro si era dichiarato testimone, per cui se ce ne fosse stato bisogno sarebbero stati chiamati in aula per testimoniare a nostro favore. Ero grata a loro per questo, grata che ci fossero in un momento così difficile, grata che Logan fosse circondato dai suoi migliori amici. Mia madre e James, dopo aver abbracciato entrambi, decidono di tornare a casa con la loro auto lasciandoci un po' di tempo per stare con i nostri amici. Respiro a pieni polmoni non appena Thomas mi riserva un sorriso radioso. Dio, quanto mi erano mancati i suoi morbidi ricci e quel visino dolce e spigoloso.
Mi fiondo tra le sue braccia non appena le allarga, sbatto contro un petto duro come l'acciaio chiedendomi quanto dev'essersi allenato per avere un fisico così, e lasciandomi avvolgere dal suo inconfondibile profumo. Mi stringe appoggiando il mento sulla mia testa.
«Ciao, Tommy» mormoro.
Qualcuno al mio fianco ridacchia sottovoce, stacco una mano che ancora avvolgeva Thomas e pizzico il fianco di Jason facendolo brontolare in risposta. «Sta zitto, Jay. Dopo, questa tortura toccherà anche a te.»
«Felice che il mio nome sia rimasto lo stesso» replica con un sorriso. «Sei d'accordo, Tommy?»
«Fottiti» gli risponde Thomas alzando il dito medio nella sua direzione. «Solo lei può chiamarmi così.»
Mi stacco da lui agguantando Jason per il colletto della giacca e trascinandolo in un abbraccio di cui finge di lamentarsi. Alzo gli occhi al cielo anche se non può vedermi, e rimango aggrappata al suo petto finché non sento le sue spalle sciogliersi. Ricambia l'abbraccio sospirando appena, poi mi da un colpetto al naso lasciandomi libera. Anche Logan sta facendo un giro di abbracci prolungandoli molto più di miei, vedo Thomas sussurrargli qualcosa all'orecchio prima di stringerlo forte. Una lacrima mi scivola sulla guancia a quella scena, ma non mi do il tempo di osservare il resto perché Kevin allunga una mano per agguantarmi un braccio per poi stritolarmi in un abbraccio caloroso.
Kevin è sempre stato il più silenzioso del gruppo, quello che parlava solo quando doveva e che tentava in tutte le maniere di riportare la pace nel gruppo. Quest'estate ci siamo avvicinati molto io e lui, soprattutto da quando l'ho beccato a pomiciare con un ragazzo in uno sgabuzzino ad una festa. Non aveva detto ai suoi amici di essere bisessuale, ma con me si è subito sentito libero di farlo. Gli sono stata accanto passo a passo mentre cercava il modo giusto per dirlo ai ragazzi, e quando poi l'ha fatto ha scoperto che loro già lo sospettavano e che aspettassero solo che fosse pronto a rivelarlo. L'ho ascoltato raccontarmi della prima volta in cui ha scoperto che era attratto anche dagli uomini e non solo dalle donne, e ci siamo sbellicati dal ridere insieme quando mi ha confidato che la sua prima cotta è stato Logan.
Lo capivo perfettamente, chi non si era innamorato almeno una volta di Logan Miller?
Lo stringo forte e mi permetto di dargli un lungo bacio sulla guancia sotto il suo sospiro tremolante. La pelle è fredda a contatto con le mie labbra e me la fa formicolare appena. Forse questo è l'abbraccio più lungo che mi sto concedendo oggi, da una delle persone più belle e buone che io abbia mai incontrato, questo fino a quando Logan non mi agguanta per la vita trascinandomi via sotto il brontolare di entrambi. Aggancia le mani attorno alla mia vita attirandomi tra le sue braccia. Dopo un primo momento in cui penso di tirargli una gomitata nelle costole, mi rilasso contro la sua cassa toracica. Il suo naso mi sfiora il collo inspirando il mio odore, ed io chiudo per una frazione di secondo gli occhi godendomi il calore tiepido emanato dal suo corpo.
«Più passa il tempo e più diventi uno stronzo egoista» borbotta Kevin a Logan. Jason e Thomas scoppiano a ridere concordando però con il loro amico.
Logan accenna un sorriso mettendo in mostra le fossette. «Se non fosse per il fatto che ti voglio bene, Kev, ti avrei già mozzato le mani per come la stringevi. Più che egoista, direi possessivo.»
Kevin alza gli occhi al cielo. «Definisciti come ti pare, per me rimani pur sempre uno stronzo arrogante.»
Thomas incrocia le braccia al petto e Jason gli appoggia un braccio sulla spalla. «Siamo felici di vedervi di nuovo insieme, ragazzi.» Poi si blocca per un istante osservandoci meglio. «Perché state insieme, non è vero?»
«Ci stiamo lavorando» risponde Logan alzando le spalle, poi si guarda in giro. «Mason dove si è cacciato?»
Kevin indica un punto in lontananza con l'indice. «Sta parlando al telefono con Ellie, credo volesse aggiornarla sugli ultimi avvenimenti.»
Già, merda. Solo adesso mi ricordo di non avere la borsa con il cellulare dietro e che quindi non ho avuto modo di chiamarla per raccontarle le ultime novità. Sono felice che lo stia facendo Mason al mio posto, e non appena tornerò a casa chiamarla sarà la prima cosa che farò. Logan alle mie spalle s'irrigidisce appena, ed io lancio uno sguardo implorante ai ragazzi supplicandoli di lasciare cadere il discorso. Io e Logan non ne abbiamo ancora parlato e francamente non voglio farlo davanti ai nostri amici, soprattutto perché so che finiremo per litigare. Thomas coglie al volo la mia supplica, per cui svia il discorso proponendo di mangiare una pizza tutti insieme questa sera. Concordiamo sul ritrovarci nella Tana come ai vecchi tempi, e dopo aver chiacchierato ancora un po' del più e del meno aggiornandoci sulle ultime novità, io e Logan ci congediamo per poi dirigerci verso la mia auto per tornare a casa.
Il viaggio è insolitamente silenzioso. Logan è alla guida ed è concentrato sulla strada, la radio è spenta e i miei pensieri sono rivolti al paesaggio che scorre fuori dal finestrino. L'unico suono udibile è quello dei nostri cuori che battono all'unisono, i respiri sincronizzati mi ricordano che io e lui siamo divenuti ormai una cosa sola e che supereremo questo momento come abbiamo sempre fatto. Nessuno dei due spezza questo istante di quiete che serve a riordinare le idee e a ricaricare le energie perse, e forse è meglio così. Una terribile fitta mi colpisce la testa costringendomi a chiudere gli occhi. Odio avere mal di testa. Quando li riapro, una mano calda mi sta accarezzando la guancia e due occhi verdi mi scrutano con apprensione.
«Siamo a casa» mormora con voce roca, o forse è il mio udito che è sempre un po' ipersensibile durante queste emicranie. «Ti senti bene?»
Annuisco appena sbattendo le palpebre, e dopo pochi minuti sto camminando verso casa senza nemmeno capire come ho fatto ad uscire dall'auto. Non appena varchiamo la soglia, Gricelda sgambetta verso di noi con un vassoio pieno di pasticcini alla crema. Ci saluta con un largo sorriso invitandoci a mangiare, ma Logan rifiuta il tutto con un gesto deciso della mano. È la prima volta che lo vedo trattare con freddezza quella donna che per lui è come una seconda mamma, e so che il suo comportamento brusco è in parte causa mia. Dopo avermi lanciato un'occhiata ed essersi reso conto che mi sento meglio, si volta con le mani in tasca e sparisce lungo le scale che portano al piano superiore. Lo guardo andare via sentendo un nodo formarsi all'altezza del cuore. Sospiro prima di lanciare delle scuse a Gricelda, che ha osservato tutta la scena con sguardo triste, e per farla felice afferro un dolcino costringendomi a mangiarlo e placando la nausea che sento formarsi nello stomaco.
Mi armo di coraggio e raggiungo Logan che ha già raggiunto la mia camera invece che la sua, e questo significa che non posso più scappare dalla sua furia. Sta camminando avanti e indietro per la stanza quando mi chiudo la porta alle spalle, mi sfilo il blazer buttandolo sul letto per poi iniziare ad armeggiare con i bottoni della camicia. Le mani mi tremano appena nel compiere quel gesto, ed un'altra fitta, che questa volta parte dal collo, mi colpisce la testa con così tanta forza da mozzarmi il respiro. Logan non se ne accorge perché mi da la schiena e sta osservando fuori dalla finestra, quando però poi si volta verso di me e nota che mi stavo spogliando, socchiude gli occhi.
«Oh no, non faremo nulla di simile. Per quanto mi piacerebbe scoparti contro quella porta, sono qui per parlare e basta.»
Sbuffo dal naso sentendo il mal di testa affievolirsi, e riuscendo perfino a regalargli un mezzo sorriso. «Ho solo caldo, Logan. Non stavo cercando di sedurti.»
Incrocia le braccia al petto osservando in silenzio le mie dita sbottonare la camicetta, deglutisce quando la lascio ricadere a terra rimanendo con solo il reggiseno bianco e trattiene il respiro quando faccio scivolare lungo le gambe i pantaloni morbidi. Reprimo un sorriso ancheggiando appena quando mi muovo verso il letto in cerca della sua maglia del pigiama, e quando poi la trovo me la infilo dandomi una veloce occhiata. È di almeno tre taglie più grandi visto la sua enorme stazza, e mi arriva a sfiorare le ginocchia. Non appena alzo lo sguardo sui suoi occhi, li vedo brillare. La sua bocca è dischiusa, il suo sguardo è così penetrante da farmi venire la pelle d'oca sulle gambe. Sembra un felino che vede carne fresca dopo settimane di digiuno, e deve aggrapparsi a tutto l'autocontrollo che di per sé non gli appartiene, per arretrare fino alla cassapanca sotto la finestra lasciandosi ricadere con un tonfo. Distoglie lo sguardo dal mio corpo con fatica e prende un respiro profondo.
«È difficile rimanere arrabbiato quando ti comporti così» borbotta, poi si passa le mani nei capelli corti e inarca la schiena in avanti appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Mi guarda aspettando che anche io mi sieda da qualche parte. Salgo sul letto e mi avvolgo il lenzuolo attorno al corpo.
«Così va meglio?» gli chiedo senza reprimere la stizza nella voce.
«Più o meno.» Sospira.
Lo guardo tamburellare le dita sulla gamba reprimendo la voglia di scendere dal letto e raggiungerlo. Prima dobbiamo parlare, poi possiamo farci le coccole. Quanto è odioso comportarsi da adulta matura in questi casi. Trattengo uno sbuffo.
«Liv, ti supplico, dimmi che non l'hai fatto davvero» mormora dopo un po'.
E via alle danze.
Mi stringo nelle spalle. «Non credo tu voglia sentirti dire bugie, Log. Non ho mai voluto metterti in mezzo a questa storia, ho sempre cercato di proteggerti. Anche stamattina, in quell'aula, ho sentito l'impellente bisogno di saperti al sicuro.»
«Perciò hai ben pensato che mentire fosse l'idea più giusta? Cazzo Liv! Non hai proprio idea delle conseguenze che comporterà questa scelta, non è vero?»
«Conosco le conseguenze, Logan, ma amo te di più.»
Sento le lacrime pungermi gli occhi e devo alzare lo sguardo verso il soffitto per evitare di farle cadere. Sembra una cosa impossibile però, maledizione. Quando torno a posare gli occhi su Logan, il suo sguardo è puntato a terra insieme alla testa inclinata verso il basso. Le mani sono intrecciate dietro al collo, e le spalle afflosciate mi fanno capire la dura battaglia contro cui sta combattendo. Le mie parole hanno creato una crepa dentro di lui che sta cercando di rimarginare a modo suo. Lo conosco abbastanza bene da sapere che l'unica cosa che vorrebbe fare in questo momento è stringermi forte tra le braccia e scacciare con un bacio profondo ogni mia preoccupazione, ma non lo fa perché non è d'accordo su questa scelta. Combatterà per farmi cambiare idea, ma non sono disposta a cedere.
«Non ho bisogno di essere salvato, Liv, so badare a me stesso.» Alza finalmente lo sguardo nel mio, e i suoi occhi lucidi sono come un'accoltellata al petto. Mi ama da morire, così tanto che si farebbe investire pur di sapermi al sicuro. «Ho promesso a me stesso che in questo processo avrei fatto ammenda, che avrei accolto a braccia aperte qualunque sentenza fosse stata decisa, e che lo avrei fatto lealmente.» Fa una pausa solo per prendere un respiro profondo. «Ho promesso a me stesso che non sarei scappato di fronte a nulla, e tu ora mi stai costringendo a farlo.»
Scuoto la testa con decisione. «Puoi dirmi cosa vuoi, ma non cambierò idea.»
«La tua scelta avrà conseguenze anche su di te, lo capisci vero? Se non mi userai come testimone, non ci sarà nulla in grado di regalarti la giustizia che meriti.»
Alzo il mento. «Sono disposta a correre questo rischio, Logan. La tua vita vale molto di più che una stupida sentenza che mi etichettaerà come un'altra vittima di violenza. Preferisco vivere un'intera esistenza provando a dimenticare giorno per giorno quello che è successo, piuttosto che saperti in prigione per causa mia.»
Logan raddrizza la schiena, ora le sue pupille sono così dilatate che un po' mi spaventano, i suoi occhi solitamente verdi e dolci ora sono ardenti come carbone sul fuoco. Mi bruciano la pelle, l'anima, il cuore. Lo riducono ad una poltiglia di carne prima di buttarci sopra acqua sorgiva. Il mio respiro accelera.
«Per causa tua? Tua, Liv? Quello che ti è successo non sarebbe accaduto se fossi rimasta fuori dai miei casini come ti avevo chiesto!»
«So che è quello che credi, Logan. So che pensi di avermi distrutto la vita, di non essere riuscito a starmi accanto quando ne avevo più bisogno, di non avermi salvato la vita, ma non è così. Tu eri lì! Tu mi hai salvata! Se non avessi buttato giù muri e porte, se non mi avessi amata abbastanza da sentire dentro te stesso che ero in pericolo, magari oggi non sarei qui.» Chiude gli occhi con forza alle mie parole e si porta una mano sul petto. Mi passo le dita sotto gli occhi cancellando le tracce di pianto.
«Smettila» sussurra alzandosi in piedi. «Basta.»
Ma io non demordo. «Anche se non vuoi sentirtelo dire, mi ascolterai ugualmente, Logan Miller: tu mi hai salvata quella notte, e non smetterò mai di ringraziarti per questo. Hai capito bene? Mi hai salvata, Logan. Sei riuscito a salvarmi anche se non lo credi possibile.»
«Liv» boccheggia guardandomi con le lacrime agli occhi. «Smettila.»
Scuoto la testa, mi alzo in piedi e lo raggiungo. Gli poso le mani sui fianchi trascinandolo verso di me. Logan non oppone resistenza ma nemmeno mi tocca. Non importa, deve comunque capire che questa è la verità. Gli poso le mani sulle guance ormai umide e lo costringo a guardarmi negli occhi. All'inizio svia lo sguardo, ma poi pian piano cede, e quando succede un esplosione di colori e sentimenti riecheggia attorno a noi, come l'arcobaleno più bello dopo la tempesta più brutta.
«Mi hai letteralmente salvata il giorno in cui ci siamo conosciuti, Logan, e in cui ti sei presentato a cena senza maglia e con un fisico talmente ben scolpito da avermi fatto girare la testa.» Sorrido, e i suoi occhi umidi mi spronano a continuare. «Non avrei saputo come rimettere in sesto la mia vita se non avessi deciso di scombussolare il mio mondo come solo tu sai fare. È grazie a te se ho imparato a gestire gli attacchi di panico, è solamente grazie a te se quegli incubi terribili su mio padre sono diventati così rari e leggeri che a malapena me li ricordo appena sveglia. Tu mi hai salvata da me stessa, Logan, mi hai insegnato cosa significa amare davvero e mi hai fatto capire che da sola posso farcela comunque.»
La mia fronte si appoggia sulla sua, inalo il suo profumo di casa provando a trasmettergli tutto l'amore che provo per lui. «Non essere così cocciuto per una volta e fidati di me. So che al mio posto avresti fatto la stessa cosa.»
Un respiro tremolante gli esce dalle labbra. «È vero, per te avrei fatto questo e altro.» Mi posa un bacio sulla fronte prima di allontanarsi di un passo lasciandomi svuotata e confusa. La sua mano mi afferra la ciocca di capelli che si ostina a finirmi davanti agli occhi, giocherella con essa per un po' osservandola pensieroso. «Oh, Liv, sei così... cocciuta e testarda come un mulo, e io ti amo. Ti amo follemente e incondizionatamente, e forse questa tua parte così determinata è quella che più mi fa impazzire quando ti sono accanto.» Mi guarda dritta negli occhi facendomi rabbrividire quando dice: «Te l'ho già detto una volta e torno a ripetertelo: darei fuoco al mondo per te, e se questo non ti basta sappi che sarei in grado di fare la medesima cosa all'intero fottuto Universo pur di saperti al sicuro.»
Gli sorrido con tristezza allungando una mano per afferrare la sua. «Ma se non esistesse più nulla, se tu non ci fossi più, non mi sentirei né al sicuro e nemmeno felice. Ho bisogno che tu faccia parte del mio mondo, Logan, in qualsiasi modo possibile.»
Logan scuote la testa concedendomi però un mezzo ghigno. «Non riuscirò a farti cambiare idea, non è così?»
Imito il suo gesto, la nostra mano intrecciata con le dita che giocherellano assieme.
«In nessun modo.»
Annuisce appena con un sospiro, poi stacca la nostra mano e dopo avermi superata si dirige verso la porta.
Mi volto fulminea. «Dove stai andando?»
Si blocca di schiena con una mano sullo stipite, non si gira a guardarmi quando dice: «A sfogare questa rabbia che sento dentro, Liv. Ho solo bisogno di elaborare il tutto.»
«Girati» lo imploro, lui sospira. «Girati e guardarmi, Logan.»
E lui lo fa, anche se con riluttanza. Mantiene lo sguardo fisso nel mio per tutto il tempo.
«Promettimi che tornerai» gli dico.
Si acciglia appena, come se fosse una cosa ovvia e scontata. «Ma certo, Liv. Io tornerò sempre da te.»
Esalo un respiro profondo a quelle parole. «E promettimi che rispetterai questa scelta che ho fatto, che non proverai a cambiare le cose. Lascia che sia io a salvarti la vita per una volta.»
Il suo sguardo si addolcisce appena, eppure quel calore non raggiunge del tutto agli occhi. Lo capisco dalle successive parole che pronuncia. «Rispetterò la tua scelta, Liv, ma...» A quel ma chiudo gli occhi. «Se questo dovesse compromettere il tuo futuro, la tua credibilità e se stessi perdendo la causa, non ci penserò due volte a testimoniare a tuo favore. Non sono disposto a discuterne ancora, Liv. Fai quello che è in tuo possesso per vincere a modo tuo, ma se non dovessi riuscirci ci penserò io a farti avere giustizia.»
Non mi lascia il tempo di rispondergli, perché è già uscito dalla stanza lasciando le sue parole riecheggiare fastidiosamente nella mia testa. Vengo colpita da una nuova e intensa fitta, così forte da farmi venire la nausea. Barcollo sulle gambe riuscendo a fatica a camminare verso il letto. Mi porto entrambe le mani sulla testa premendo con forza le tempie, come se servisse ad alleviare il dolore. Non è la prima volta che mi succede, eppure è comunque raro che io abbia un'emicrania così intensa. Riesco a infilarmi sotto le coperte anche se con fatica, premo velocemente il pulsante di chiusura delle tapparelle e butto la testa sul cuscino. Non ho la forza di frugare nel cassetto in cerca di un'aspirina, perché in un baleno gli occhi mi si chiudono e vengo risucchiata con forza in un sonno agitato.
Quando con fatica riapro gli occhi doloranti, la luce fuori dalla finestra ha lasciato il posto al nero della notte. Sbatto le palpebre constatando che il dolore si è solo leggermente affievolito, ma che il mal di testa è ancora all'orizzonte, nascosto in qualche punto della mia testa. Metto a fuoco il giusto per trovarmi di fronte il viso di Logan. È seduto sul letto al mio fianco e i suoi occhi mi scrutano con apprensione. Ha i capelli umidi di doccia, e il suo inconfondibile bagnoschiuma al pino mi fa sollevare la bocca in quello che dovrebbe essere un sorriso ma che assomiglia di più ad una smorfia.
«Ciao» gracchio con voce impastata. «Che ore sono?»
«Ciao» mormora di rimando accarezzandomi la guancia con il pollice. «Sono quasi le dieci di sera. Hai dormito tutto il giorno, Liv, tua mamma stava per chiamare un'ambulanza.»
Questa volta sgrano gli occhi e faccio davvero una smorfia. «Mi dispiace tanto, ero stanca.»
«Non devi chiedere scusa, amore. Ora come ti senti?»
«Sto bene, ma sono ancora stanca» constato. «E ho sete» mormoro sentendo la bocca impastata.
Logan annuisce, poi mi aiuta a tirarmi su e mi passa il bicchiere ricolmo d'acqua che si trovava già sul comodino. Nel compiere qualsiasi movimento sento male dappertutto, e la testa torna a pulsare facendomi chiudere gli occhi e gemere dal dolore.
«Non stai bene per niente.»
«Ho solo una forte emicrania, mi è già successo in passato.» Riesco a rispondergli solo dopo che il dolore si è fatto nuovamente sordo, riapro gli occhi e finisco tutto il contenuto del bicchiere. «Grazie» mormoro tornando ad appoggiare la testa sul cuscino.
Logan mi posa il palmo della mano sulla fronte, fa la stessa cosa con il dorso e poi ci preme le labbra contro da bravo mamma chioccia. Sorrido per tanta premura e lui fa una smorfia. «Scotti, Liv.» Sospira alzandosi dal letto. «Vado a prenderti un'aspirina, ce la fai a rimanere sveglia?»
Annuisco sentendo le palpebre pesanti, ma non fa in tempo ad uscire dalla stanza che i miei occhi si sono già chiusi facendomi scivolare in un sonno profondo. Qualche minuto dopo, o forse sono passate ore non ne ho idea, sento un corpo caldo infilarsi sotto le coperte accanto a me e poi attirarmi con delicatezza contro di sé. Delle labbra morbide mi baciano la testa più volte, e non ho bisogno di aprire gli occhi per sapere che il petto muscoloso su cui sono appoggiata e le gambe dure intrecciate alle mie appartengono al giocatore di football più bello del mondo. Il mio giocatore di football. Dio, sto delirando.
«Hai fatto in fretta» biascico con la bocca premuta sul cuscino. «Penso che ti chiamerò Flash, o l'uomo ad alta velocità, o perfino il ragazzo dalle gambe veloci.»
Sento Logan ridere nei miei capelli, poi prende ad accarezzarmi lo stomaco con le dita. «È passata almeno un'ora, Liv. Quando sono tornato dormivi e non sono riuscito a svegliarti. Hai ancora mal di testa?»
«Un po', mi sento come se fossi sotto l'effetto di qualche sostanza. Forse hai ragione, forse ho la febbre, e forse sento caldo. Forse sono... ubriaca? Ho bevuto? Sai, credo di aver sognato mio padre, ma non ne sono del tutto sicura. Forse... Oh merda!» Questa volta apro gli occhi. «La pizza con i ragazzi! È tardi e loro ci staranno aspettando! Dobbiamo andare! Dobbiamo...»
Mi sto alzando dal letto spingendo via Logan senza un briciolo di forza quando mi riacciuffa per la vita portandomi sul materasso insieme a lui. Mi fa voltare nella sua direzione prima di prendere qualcosa dal comodino e di spingermela letteralmente in gola. Mi passa un bicchiere d'acqua e mi incita a mandare giù quella che capisco essere un'aspirina. Lo guardo un po' intontita e faccio per parlare ancora, ma la sua risata mi ammutolisce.
«Sei bellissima anche con la febbre a quaranta, sai? I tuoi deliri sono la cosa più divertente di questa giornata.»
«Cavolo, è così alta?»
Annuisce. «Tua mamma ti ha messo un termometro sotto l'ascella mezz'ora fa. Voleva rimanere lei a dormire con te, ma le si stavano chiudendo gli occhi per cui le ho promesso che sarei rimasto io sveglio a controllarti.»
Sporgo appena il labbro sentendo ancora una volta la testa pesante. «Immagino sia tardi per mangiare con i ragazzi.»
Logan mi sorride con dolcezza passandomi entrambe le mani sul viso. «Verranno a trovarti domani, Liv. Pensa solo a rimetterti in sesto, d'accordo?»
Annuisco accoccolandomi contro il suo petto. Mi stringe forte a sé dandomi un bacio sulle labbra facendomi rabbrividire, o forse è la febbre. «Ora dormi, piccola.»
Non me lo faccio ripetere due volte. Ho appena iniziato a contare i battiti del suo cuore, quando Morfeo mi chiama a sé.
La mattina successiva, o almeno penso sia mattina, la luce accecante che proviene da fuori mi costringe ad aprire gli occhi. La testa martella. Bum. Bum. Bum. Ho un martello pneumatico al posto del cervello, non ce altra spiegazione. Mi muovo nel letto in cerca di un sollievo che però non arriva. Mi sento debole e provo un dolore terribile alle ossa. Ho caldo, scosto le coperte e sospiro per il sollievo, ma dopo un secondo sento i brividi circondarmi il corpo, per cui torno a coprirmi. È una tortura. Logan non ce, ma il suo odore è ancora impregnato suo cuscino. Credo di dover andare in bagno, ma quando provo a tirarmi su mi sento mancare. Crollo sul letto, così debole da avere la nausea. Mi giro su un fianco cercando di non pensare alla vescica piena, chiudo nuovamente gli occhi.
Da quel momento, tutto quello che ricordo sono piccoli stralci dei brevi momenti in cui torno cosciente. Mia madre viene a farmi visita diverse volte, in alcune occasioni abbiamo addirittura una breve conversazione che per ovvi motivi dimentico l'istante dopo che se n'è andata, mentre in altre la febbre è così alta che mi fa delirare. La temperatura continua a scendere e salire. Secondo il medico che mia madre continua a contattare telefonicamente, il mio corpo ha subito tantissimo stress nelle ultime settimane e questo è il suo modo per scaricare la tensione. Ci vorrà qualche giorno, ma prima o poi tornerò come nuova.
Logan mi costringe ad andare in bagno, lo so perché sento la vescica svuotarsi e poi lentamente tornare a riempirsi, e mi chiedo come faccio a non essere imbarazzata dal fatto che mi abbia letteralmente vista fare pipì diverse volte. Per la maggior parte del tempo dormo, e le poche volte che apro gli occhi è accanto a me con in mano uno dei tanti libri su cui deve studiare, altre volte lo becco osservarmi dormire con una mano infilata nei miei capelli e la beatitudine stampata in faccia, quando invece la camera è immersa nel buio sta sonnecchiando tenendomi stretta tra le braccia.
«Ellie mi sta tartassando di telefonate. Vuole parlare con te, amore.»
«Non ne ho le forze» mormoro con voce stanca e gli occhi chiusi.
«Devi mangiare qualcosa, Liv, non costringermi a imboccarti con la forza. In tre giorni hai a malapena buttato giù un paio di biscotti.» Sono già passati tre giorni?
«Ieri credo di aver mangiato un grissino» gli dico cercando di essere convincente.
Sospira. «Ti faccio preparare qualcosa da Gricelda. Puoi provare a rimanere sveglia per un po' ? Sono davvero preoccupato, Liv.»
«Vorrei un cheeseburger.»
Logan ridacchia. «Con patatine?»
«Oh sì, con taaante patatine.»
«D'accordo.» Mi posa un bacio sulla testa e quando si alza in piedi, il letto sobbalza appena facendomi rotolare a faccia giù.
«Puoi dire a Ellie che le voglio bene e che la chiamerò non appena mi sentirò meglio? Ah, e anche a J. Dii anche a lui che gli voglio bene» gli chiedo con la faccia schiacciata contro il cuscino.
Sento Logan borbottare. «Non dirò nulla del genere a Jackson.»
«Ti supplico, Logan. Fallo per me» volto di poco la testa sporgendo il labbruccio. «Ti prego.»
Sospira alzando gli occhi al cielo, ma quando torna a guardarmi l'amore nei miei confronti gli invade gli occhi. «E va bene. Ordino da mangiare e poi chiamo l'uomo focaccina.» Quando si chiude la porta alle spalle, lo sento borbottare: «Sono diventato il messaggero di quella testa di cazzo, quando è successo?» Mi lascio sfuggire una vera risata dopo tre giorni di assenza.
Il mattino successivo finalmente mi sento meglio. Quando mi sveglio Logan non è a letto, e la cosa non mi stupisce. Sapevo che in questi giorni era iniziato il processo di Carol contro suo padre, e lui oltre ad essere un testimone chiave voleva essere presente per lei. Non mi da fastidio il fatto che abbia sentito il bisogno di supportarla come meglio poteva, quello che Carol ha dovuto passare non lo auguro a nessuno e Logan è stato fondamentale per lei. L'ha salvata e aiutata innumerevoli volte, quindi capisco perfettamente perché voglia esserle accanto in questi giorni.
Dopo essermi messa in posizione seduta e aver constatato di avere ancora tutti gli arti funzionanti, decido di farmi finalmente una doccia bollente per portare via tutto il malanno degli ultimi giorni. Mi sono appena infilata sotto il getto dell'acqua calda, quando Logan apre la porta del bagno con così tanta foga da farla sbattere contro il muro. I suoi occhi sono terrorizzati quando incontrano i miei, e per un momento penso sia successo qualcosa di brutto, ma poi si passa una mano sul viso tornando a respirare regolarmente.
«Santo cielo, Liv! Non ti ho vista a letto e credevo ti fossi sentita male in bagno!» esclama.
Sollevo gli angoli della bocca in un sorriso dolce. «Sto bene, Logan.» Inclino di poco la testa studiandolo con malizia. «Ti va di entrare con me? Così puoi rilassarti.»
Logan sbarra gli occhi, come se si fosse appena reso conto che sono nuda di fronte a lui. Deglutisce vistosamente mentre fa scorrere gli occhi su tutto il mio corpo in modo famelico. Sorride riportando gli occhi nei miei «Solo se lasci che sia io a insaponarti, voglio coccolarti un po'.»
Alzo le spalle in risposta. «Tanto non ne avrei avuto le forze.»
Sotto la doccia, stretta tra le sue braccia mentre le sue mani mi percorrono dolcemente il corpo con il bagnoschiuma, resto in silenzio con la testa premuta contro il suo petto ad ascoltare il battito del cuore. Lo sto a sentire mentre mi racconta del processo di Carol, delle domande che gli hanno posto e di quello che ha dovuto riportare. Lascio che riviva ogni minuto di quel dolore stringendolo forte a me, le sue emozioni si riversano fuori come il getto bollente di quell'acqua al ricordo di Carol in lacrime per colpa di un uomo che non l'ha mai amata. Gli ripeto molte volte che se lei è ancora viva è grazie a lui, e questo sembra aiutarlo a riprendere finalmente fiato.
Dopo esserci entrambi asciugati e rivestiti, mi siedo sul letto in attesa che lui faccia la medesima cosa. Quando riemerge dal bagno, mi mostra il telefono che ha in mano informandomi che i nostri genitori sono usciti per una commissione e torneranno tra un ora. In quel lasso di tempo scendiamo in cucina per fare colazione dove Gricelda ci fa trovare piatti squisiti già pronti sulla tavola e per una volta mangio con talmente tanta foga da lasciare il piatto lucido. Logan quasi si commuove nel notarlo, e il mio pugno che gli colpisce la spalla in risposta lo fa scoppiare a ridere. Mi sento come nuova nonostante fino a ieri sembravo sul punto di morte in quel letto, e questo è anche grazie a come si è preso dolcemente cura di me.
Stiamo ridendo e scherzando quando mi blocco a metà di un discorso stravagante.
«Che ti succede? Hai di nuovo mal di testa?» mi chiede Logan allarmato.
Scuoto la testa, mi mordo il labbro inferiore e poso gli occhi nei suoi. «No, è solo che... ho appena avuto un'illuminazione.»
Sbatte le palpebre confuso. «D'accordo... Di cosa si tratta?»
Mi porto il pollice alla bocca mordicchiandolo. «Non ti piacerà sapere a costa sto pensando.»
Logan sospira. «E da quando in qua questa è una novità? Non mi piace mai niente di quello che la tua mente pianifica.»
Gli tiro un calcio da sotto il tavolo facendolo ridere. «Be', abituati alle mie scelte un po' avventate, perché sto per proportene una nuova.»
Chiude gli occhi per una frazione di secondo, si passa entrambe le mani sul viso e solo dopo essersi sistemato meglio sulla sedia dice: «So già che la cosa non mi piacerà per niente, ma non ho scelta. Spara.»
«Mi è appena venuto in mente chi può essere il mio nuovo Avvocato.»
Aspetto trepidante e un po' in ansia mentre Logan mi osserva senza capire, perciò prendo un respiro profondo prima di continuare. «Matt. Lui è un noto Avvocato a New York, e so che se gli chiedessi di aiutarmi lo farebbe senza pensarci due volte.»
Logan mi guarda impassibile, a malapena sbatte le palpebre. «Stai scherzando.»
Non era una domanda.
Scrollo le spalle. «Be'... no. Dai, non fare quella faccia. Sai meglio di me che se glielo chiedessi si precipiterebbe qui senza riflettere. Sono sicura che con il suo aiuto riuscirò a vincere la causa, Logan.»
A Logan sembra uscire il fumo da naso e orecchie. «Quindi hai intenzione di chiedere al tuo ex ragazzo, quello che fino a pochi giorni fa era intenzionato a tornare insieme a te, di diventare il tuo Avvocato? Ho capito bene?»
Faccio una smorfia, perché messa in questa maniera non è molto allettante. «Solo professionalmente, amore. Questo non significa che usciremo assieme o che dovremo frequentarci. Matt è uno dei più bravi nel suo campo, e io ho bisogno di tutto l'aiuto possibile.»
Logan si gratta la fronte, si passa più volte la mano sul viso e poi sospira pesantemente. «Ho bisogno di una seduta di meditazione, non ho idea di come farò a non tirargli un pugno sul naso tutte le volte che ne avrò l'occasione.»
E io so che a modo suo mi ha appena dato il suo supporto.
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