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Capitolo ventotto - Olivia

Un po' di te in me
un po' di me in te
per sempre

UN pomeriggio io ed Ellie stiamo girovagando e svuotando ogni negozio sulla Fifth Avenue in cerca dei regali di Natale. Il vento artico è più accentuato dei giorni precedenti, si fa largo sotto i diversi strati che ho indosso insinuandosi sottopelle come un fastidiosissimo ago appuntito. New York è addobbata in vista delle festività natalizie nel modo più magico che si possa immaginare; lucine colorate, cornicioni interamente ricoperti di ghirlande e pareti traboccanti di palline, angioletti, finta neve e muschio.
I chioschi per strada profumano di cioccolata calda e biscotti, di marzapane e canditi, e a me viene la voglia di tornare bambina. Quando passiamo a Rockefeller Center con l'intenzione di acquistare quattro biglietti per l'area di pattinaggio e portarci anche Jackson e Logan la sera stessa, notiamo che lo sfavillante e maestoso albero di Natale inizia a prendere forma. Con molto ritardo sulla tabella di marcia, è in fase di montaggio. Stanno provando a innalzarlo con un'enorme gru, dopodiché verrà abbellito e le luci verranno accese, tutto in serata. Io ed Ellie ci guardiamo con un immenso sorriso sulle labbra; amiamo follemente il Natale, e riuscire a viverlo a New York per la prima volta non ha eguali.

L'aria che si respira è di gioia ed entusiasmo, i bambini corrono in strada allegri e tirano la mano dei genitori verso i negozi di giocattoli; premono il visino contro il vetro e osservano con quel luccichio negli occhi tutto ciò che desiderano e vorrebbero. Mi si scalda il cuore. Dopo ore infinite a girovagare al freddo, adocchiamo un negozio maestoso di abiti eleganti e decidiamo così di entrare.
Entrambe in piedi su una pedana circolare, stiamo studiando il nostro favoloso aspetto osservandoci attraverso uno specchio gigantesco.
Con un budget abbastanza ampio - grazie al regalo in anticipo dei nonni - siamo arrivate alla conclusione che anche noi abbiamo diritto a comprarci qualcosa, per cui stiamo letteralmente provando ogni abito che questo negozio contiene. Mamma mi ha fatto sapere che il giorno dopo Natale i Miller terranno un pranzo insieme a tutti gli amici e i loro parenti per festeggiare queste feste, facendomi così intendere che sarà una cosa in grande ed elegante. Per cui, eccoci qui, a strisciare la carta senza badare a spese. Beh, più o meno...

«Prendi quello, ti sta bene!» esclama, senza esitazione, la mia migliore amica.

Ruoto il busto quel che basta per afferrare il cartellino attaccato all'abito. Sgrano gli occhi quando non due, bensì tre zeri mi compaiono sotto il naso.

«Tremila dollari?!»

Ellie allunga il collo per dare anche lei un'occhiata. Sbianca.

«Sì, ehm, forse non è poi così bello. Quello che hai provato nell'altro negozio era decisamente meglio» asserisce fingendo entusiasmo.

Sospiro rilasciando il cartellino e tornando a osservarmi allo specchio. Inclino la testa di lato imbronciandomi. Alcune ciocche di capelli mi finiscono negli occhi costringendomi a soffiare con forza per scostarle; i capelli adesso mi arrivano quasi sulle spalle, e devo dire che mi era mancata quella sensazione di solletico sulla pelle.
I miei occhi sono più luminosi negli ultimi giorni, sarà che le feste natalizie mi hanno sempre messa di buon umore, o forse perché l'idea di rivedere i nonni mi entusiasma parecchio. Mi mancano davvero tanto, e odio l'idea di poter passare poco tempo insieme a loro soprattutto per l'età avanzata che hanno. Durante i giorni che staranno da noi, mi prometto di passare con loro quanto più tempo riuscirò, facendomi raccontare dal nonno gli ultimi avvincenti pettegolezzi sulla zia Beth e sul suo nuovo fidanzato di almeno venticinque anni più giovane. Quando me lo ha accennato per telefono, per poco non mi sono strozzata con la saliva per le troppe risate che mi sono fatta. Il viso è meno spigoloso di un paio di mesi fa, e gli abiti non mi scivolano più via dal corpo come una seconda pelle. Adesso, le mie rotondità saltano di nuovo all'occhio, le guance sono leggermente paffute e ho ripreso un colorito che si può definire normale.

Scrollando le spalle, mi rimetto composta dandomi un'ultima occhiata.

«Sì, eh? Mi piaceva così tanto questo...»

Ellie scende dalla pedana e mi si avvicina tenendosi una mano sul busto per non fare scivolare a terra il suo abito che, intanto, aveva iniziato a sfilarsi.

«Potresti sempre chiedere a tua mamma e sentire cosa ti dice. D'altronde, è stata lei a raccomandarsi che fossimo super eleganti per quel giorno. Chissà cosa ne pensa mia madre di questa richiesta super impegnativa.»

Con un saltello la raggiungo. «Emily Walker avrà fatto i salti di gioia conoscendola. Quelle due, se ci si mettono, fanno più disastri che una bomba nucleare.»

Ellie mi sorride ampliando la bocca, mi passa un braccio attorno alle spalle e mi attira a sé. «Chissà da chi abbiamo preso, eh?»

«Cavolo, puoi ben dirlo! Hai speso duecento dollari per un orologio a J. che sono sicura concorderà con me sul fatto che sei una pazza!»

«Era magnifico! In più, so che gli starebbe benissimo indosso!»

«Non lo metto in dubbio, tesoro, ma duecento dollari? Hai idea di quanti trucchi potevi comprare per rimpiazzare quelli scaduti che mi rifili sempre?»

Ellie mi spintona giocosamente il braccio.

«Non è vero, sei tu che mi implori di regalarti roba che sto per buttare! E comunque, credi che io non sappia che è la stessa cifra che ha speso lui per me?»

Sgrano gli occhi allarmata, perché so esattamente cosa Jackson le ha comprato ed effettivamente ha proprio speso quella cifra. Sono due fuori di testa!

«Come fai a saperlo? Hai frugato tra le sue cose?»

Scrolla le spalle fingendo indifferenza. «Potrei avere trovato uno scontrino nella tasca dei suoi pant...»

«Ellie!»

«Oh, e dai! Non è che l'ho proprio cercato, è caduto dai jeans mentre glieli stavo riponendo sulla sedia.» Si difende, beccandosi un'occhiataccia da parte mia. «Non è un reato se me lo sono ritrovata in mano e l'occhio mi è caduto proprio sulla cifra.»

Incrocio le braccia al petto sconcertata. «Sei incredibile! Devo ricordarmi di dirgli di non farti mai più nessun regalo, non te lo meriti proprio.»

Ellie sbuffa. Cammina fino a trovarsi di fronte allo specchio e inclina la testa per osservarsi meglio. Sorride e, giuro, è così bella che quel sorriso mi uccide e poi rianima con la stessa velocità.

«Sai, credo proprio che lo prenderò. Voglio indossarlo a casa tua e vedere Jackson inginocchiarsi ai miei piedi colpito da tanta bellezza.»

Butto gli occhi al soffitto ridacchiando, poi le vado accanto e le appoggio le mani sulle spalle parlandole attraverso lo specchio. «Lo lascerai folgorato, amica mia: sarai splendida e tutti si inchineranno al tuo passaggio.» Lei socchiude gli occhi e io le lascio un bacio sulla guancia sogghignando. «Ora possiamo andare a prenderci un caffè? Ne ho estremamente bisogno! E devo anche passare a recuperare il regalo di Logan prima che il negozio chiuda.»

Ellie mi segue mentre mi dirigo verso i camerini per potermi cambiare. Intanto, dietro la cassa la commessa ci osserva di tanto in tanto di sottecchi allungando la testa nella nostra direzione. Le regalo il mio migliore sorriso finto ma, quando le do le spalle, mi scappa una smorfia. La signora, che avrà su per giù una cinquantina d'anni, ha passato tutto il tempo a guardarci con un leggero cipiglio sulla fronte infastidita, probabilmente, dalla nostra eterna indecisione in merito agli abiti. Non metto in dubbio che la sua preoccupazione più grande fosse che due ragazzine potevano rovinare vestiti così costosi, - forse lo penserei anche io se avessi un negozio tutto mio e due adolescenti entrassero ridendo a tutto volume e con un enorme bicchiere di cioccolata calda tra le mani - ma non potrebbe togliersi quell'espressione disgustata dalla faccia e rendersi utile? Per esempio, aiutandoci a sfilare questi abiti senza fare danni? O, magari, avrebbe potuto consigliarci qualcosa di più adatto e meno costoso, no? Invece, il suo rimanere saldamente ancorata alla cassa mi fa pensare solo che non vede l'ora di vederci sparire per tirare un enorme sospiro di sollievo.

Riponiamo ogni cosa provata sotto il suo sguardo indagatore, dopodiché Ellie, solo per il gusto di infastidirla ancora, piega le braccia sul bancone della cassa e, fingendosi curiosa, si fa spiegare per filo e per segno dalla commessa con quale tessuto sono stati cuciti gli abiti, che provenienza hanno e quali tipi di materiale hanno usato per gli orecchini in esposizione. Io vorrei solo quel dannatissimo caffè e invece lei perde tempo così? Ho la tentazione di ucciderla con le mie mani, e lo farei volentieri se non fosse che la commessa mi lancia uno sguardo implorante come per chiedermi di portarla via ma, invece che offrirle davvero il mio aiuto, do man ferma a Ellie. Trattengo una risata e mi immergo nella conversazione ponendo domande che la mia migliore amica ha già fatto, gustandomi le orecchie della commessa andare a fuoco quando deve ripetere tutto da capo. Forse siamo un po' stronze, ma per come siamo state trattate se lo merita.

Stiamo ridendo a crepapelle quando imbocchiamo la via ancora gremita di gente dopo essere uscite dal negozio, quarantacinque minuti più tardi. Ellie mi afferra sotto braccio, la sua risata è talmente contagiosa che ho mal di pancia, le lacrime agli occhi e la mascella che mi fa male per quanto sto ridendo. Inciampiamo un paio di volte, finiamo addosso ai passanti scusandoci, poi ci mettiamo a correre quando, per sbaglio, urtiamo un carrello carico di arance facendole volare tutte a terra sotto le imprecazioni del fruttivendolo. Ellie mi trascina lontano senza darmi il tempo di chiedere scusa, facendomi ridere più forte quando per poco non va a sbattere di faccia contro un palo. Mi spinge poi dentro una caffetteria sfuggendo al signore che, ancora inviperito per aver combinato un disastro, ci è corso dietro sbraitando. Ci sediamo nel tavolo rotondo più nascosto del locale e alziamo entrambi i menù in modo che nasconda le nostre facce. Poco dopo, proviamo a riprendere fiato e cerchiamo di calmare l'allegria che ci aveva investite.

«Ce la siamo proprio vista brutta» commenta Ellie passandosi le dita sotto gli occhi con l'intento di cancellare le tracce di mascara sbavato.

Faccio la medesima cosa prima di passarmi le mani tra i capelli, che sento tutti scompigliati.

«Avremmo dovuto aiutarlo quel poveretto. Mi ha fatto tenerezza, Ellie.»

Ellie mi guarda come se fossi pazza, interrompendo per un attimo il momento skincare. Già, dalla sua minuscola borsetta ha tirato fuori un pennello, un barattolino di fondotinta liquido e un mini mascara che sta riapplicando sulle ciglia guardandosi attraverso la fotocamera del cellulare.

«Per poi essere costrette a dargli dei soldi? Quelle persone lasciano i carrelli in mezzo al marciapiede appositamente per fare accadere queste cose, scricciolo! Non fare l'ingenua.»

«Non lo sono, mi è solo dispiaciuto. E poi, come fai a saperlo? A me sembrava innocuo.»

«A te sembrerebbe innocuo anche un leone che cammina per le vie newyorkesi intento a ruggire ai passanti.»

«Beh, magari il leone si è perso e cerca solo qualcuno che lo riporti a casa.»

Ellie solleva gli occhi per guardarmi con il mascara a mezz'aria tra le dita.

«Tu hai bisogno di cambiare psicologa, scricciolo.»

Alzo il dito medio facendo una smorfia. «Tu e il tuo black humor non siete simpatici.»

Sospiro quando lei ridacchia finendo si sistemarsi, e io mi prendo un momento per osservarla. L'unica cosa a cui riesco a pensare mentre la guardo, con la punta del naso arrossata per via del venticello freddo, gli occhioni azzurri ancora umidi per le lacrime versate dalle troppe risate e un incantevole sorriso capace di incantare chiunque la senta ridere, è che tra sei mesi mi mancherà da morire. Quando ero partita per Los Angeles, lasciandomi alle spalle Sonora e la vecchia vita, lasciarla era stata la cosa più difficile che avevo fatto. In diciotto anni di vita, Ellie era stata uno dei motivi principali per cui non ero mai andata in pezzi. Lei è quell'amica che è sempre rimasta dopo tutti e oltre tutti, che mi ha tenuto la mano se avevo bisogno è che ha raccolto da terra i pezzi del mio cuore e, piano piano, è riuscita a rimetterli insieme. È quell'amica che è riuscita a farmi ridere anche quando non volevo più vivere, che mi ha fatto sorridere gli occhi quando il mio cuore piangeva, che mi ha dato un'immensa forza quando più mi serviva.

Ellie è quella persona che mi ha insegnato che l'amore non ha bisogno di parole, che bisogna ascoltare i silenzi e guardare oltre quello che vedi negli occhi di qualcuno. Mi ha insegnato che il silenzio è intimo, che non c'è bisogno di parlarsi sempre per capire se è tutto al posto giusto, ma che bastano gli sguardi perché con gli occhi si può capire ogni cosa. Ellie mi ha insegnato che tante volte mi creo troppi castelli composti da paure e paranoie che però non esistono, sono tutte dentro la mia testa. Mi ha insegnato che io valgo senza l'approvazione altrui, che si può vivere anche senza l'amore di un uomo, che la vita non è solo bianco o nero, ma che ci sono altri mille colori e sfumature bellissime. Mi ha insegnato che ci saranno ancora tante giornate di pioggia, ma che se aspetterò un pochino riuscirò a vedere il meraviglioso arcobaleno che si cela dietro i nuvoloni grigi. Mi ha insegnato che la vita è bella, che le persone parleranno sempre, che bisogna rimboccarsi le maniche e non rimandare mai all'indomani quello che si voleva fare oggi. Ellie mi ha fatto capire che da soli si può fare tutto, ma che insieme è molto più bello.

Mi asciugo distrattamente una lacrima tornando alla realtà quando afferra uno dei due menù indecisa su cosa ordinare. Allungo una mano sul tavolo e le afferro la sua, a quel gesto distoglie lo sguardo da quello che stavo leggendo e lo porta nel mio. Sorrido.

«Sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto, Ellie. Volevo solo che lo sapessi» le dico, mordendomi con forza l'interno della guancia per non mettermi a piangere.

Il suo sguardo si addolcisce, la mano stringe la mia per un attimo prima di portarsela alla bocca per rilasciare sul dorso un tenero bacio.

«E tu il mio orgoglio più grande, scricciolo. Non me ne andrò mai, non sarà un immenso Oceano Pacifico a dividerci. Tu sarai sempre la persona più importante della mia vita, la prima che chiamerò nel cuore della notte anche con quattordici ore di fuso e quella a cui penserò quando succederà qualcosa. So che è questo che ti preoccupa. So di averti creato scompiglio con questa decisione improvvisa di partire, ma...»

Ora qualche lacrima mi ricade sulle guance, e devo asciugarmele con la manica della giacca per impedire loro di cadere sul tavolo in enormi goccioloni. Scuoto la testa interrompendola, poi sposto la mano dalla sua per posargliela sulla guancia.

«Sono fiera e orgogliosa di te, della persona che sei e di ciò che vuoi diventare, Ellie. La tua felicità e il tuo futuro contano più di ogni altra cosa. Non pensare a me o alle emozioni amplificate che provo in questo momento, io me la caverò.»

Ellie annuisce, anche lei con gli occhi ricolmi d'acqua. «Certo che te la caverai, Liv. Non hai idea dell'immensa forza che hai dentro.» Deglutisce e sospira pesantemente, si appoggia allo schienale della sedia e mi guarda seria. «Alcune notti ti sento, sai? Quando gli incubi ti fanno urlare o gemere, quando ti dimeni tra le lenzuola e il fiato ti viene a mancare. Molte volte ti svegli e sono lì con te, ma altre volte...» Abbassa lo sguardo fissando un punto impreciso del tavolo. «Non mi sono mai perdonata di essermene andata alla partita lasciandoti sola con Carol, di non essere entrata in quella casa per aiutarti, quella notte. Sono rimasta fuori, pietrificata come una perfetta codarda, in attesa che arrivassero i soccorsi. Sentivo le tue urla e non ho trovato il coraggio di fare un solo passo, io...» Le si incrina la voce. Scoppia a piangere portandosi entrambe le mani sugli occhi.

Ricaccio indietro il nodo che mi si era formato in gola, mi alzo dalla sedia e faccio il giro per raggiungerla. Mi siedo accanto a lei e la circondo con le braccia. Ellie si lascia abbracciare, affonda la testa nel mio petto, e a me non resta che appoggiare il mento sulla sua testa provando a calmarla. Le accarezzo la schiena stringendola forte, sussurrandole all'orecchio che nulla di quello che è successo è colpa sua, che anche se fosse stata lì non avrebbe potuto fare niente, che sono felice non mi abbia vista in quello stato. Quella maledetta notte ha cambiato tutti, non solo me. Ci sono state conseguenze negative anche nei nostri amici, ognuno di noi porta addosso cicatrici invisibili all'occhio umano che nessun medico o professionista sarà mai in grado di guarire. Quel dolore fa parte di noi, quella notte ha cambiato le nostre vite per sempre e dobbiamo solo capire come accantonare ciò che abbiamo vissuto per riuscire ad affrontare il futuro con più serenità.

È vero, gli incubi sono sempre in agguato. Vengono a farmi visita nei momenti in cui sono più stressata o preoccupata, le notti si trasformano in tormenti e angoscia in cui non posso fare altro che svegliarmi di soprassalto per la paura di arrivare a fondo del sogno. Nella mia testa, se non riesco ad aprire gli occhi in tempo, Gerald riuscirà nella sua impresa arrivando a fare quello di cui mi ha minacciata, e io non posso permetterglielo. Ho promesso a me stessa che non succederà un'altra volta, che nessuno oserà più respirare la mia stessa aria senza il mio consenso, che nessuno mi sfiorerà più senza che io abbia dato l'approvazione. Non lo permetterò. Non permetterò più a nessuno di prendere il controllo sul mio corpo, io non mi permetterò più di perdere il controllo. L'alcol mi aiutava a destreggiare gli incubi; quando bevevo fino a stare male cadevo in un sonno profondo che non permetteva a nessun sogno di venire a svegliarmi. Tuttavia, mi sono resa conto che non era quella la strada giusta da percorrere. Adesso, a distanza di più di un mese da quando ho deciso di riprendere in mano la mia vita, non mi sono mai sentita così tanto padrona di me stessa.
Mi sento felice e appagata, anche se so che non tutto è ancora concluso.

Quando finalmente Ellie si calma, e solamente dopo essere riuscita a tranquillizzarla su tutto, ordiniamo due cioccolate calde con doppia panna montata sotto lo sguardo preoccupato della cameriera. Già, credo che agli occhi di chiunque in questa caffetteria appariamo come due clown scappati dal circo. Non oso specchiarmi per la paura di scoprire che aspetto ho, con tutto il trucco sbavato e due occhi talmente rossi che potrebbero scambiarmi per una tossicodipendente. Ci gustiamo quella bontà calda ancora strette l'una nelle braccia dell'altra, chiacchierando del più e del meno e aggiornandoci sulle ultime novità e gossip che girano per il campus.

«Allora, tra te e Jackson mi sembra che vada a gonfie vele» commento ad un certo punto, infilando il cucchiaino nella panna e portandomelo poi alla bocca. Alzo gli occhi in attesa, studiando la sua espressione.

A Ellie compare subito un sorriso a trentadue denti, che poi trasforma in qualcosa che si avvicina alla timidezza.

«È così. Non credevo che mi sarei trovata a mio agio assieme al ragazzo con cui mi scanno tutto il giorno, eppure non sono mai stata così... felice e rilassata in tutta la mia vita.»

«Gli opposti si attraggono, dicono, e voi ne siete l'esempio lampante. Litigate letteralmente tutto il tempo, però lo fate in un modo che si vede che tra voi non c'è odio. È come se il vostro rapporto si basasse su provocazioni continue» le faccio notare.

Ellie alza le spalle in risposta. «È un bravo ragazzo, e abbiamo in comune più di quello che pensavo. Forse è questo di cui ho bisogno adesso: stabilità, e Jackson riesce a darmela. Amavo Mason, Liv... Dopo David lui è stato come acqua sorgiva, era intelligente e simpatico, ma sapeva anche avere un caratteraccio e idee non conformi alle mie. Ho un età in cui voglio provare nuove esperienze se mi vengono proposte, e vivermi un amore a 360 gradi in cui non ci sono limiti e barriere.» Sospira giocherellando con la cannuccia. «Non gliene faccio una colpa, ognuno è fatto a modo suo e lui non era di così larghe vedute. Se non fosse stato per questo improvviso cambiamento, magari io e Jackson non ci saremmo dati nessuna opportunità.»

«Io credo che invece sarebbe successo prima o poi.» La stringo un po' più forte a me. «Notavo la complicità tra te e J. ancora prima che le cose con Mason iniziassero ad andare male. C'era attrazione e chimica, vi prendevate a parole ma non riuscivate a fare a meno l'uno dell'altra. Trovavate addirittura scuse per dormire insieme, e se all'inizio era per fare compagnia a me, dopo è diventata una cosa che faceva piacere a entrambi anche quando io non c'ero. Vi siete sempre cercati inconsciamente, supportati e difesi in qualsiasi situazione. Mason è stato un passaggio fondamentale nella tua vita, perché ti ha fatto capire che dopo David eri ancora in grado di amare qualcuno, ma Jackson è stato capace di illuminarti senza il bisogno di accendere i riflettori. Te lo meriti un amore così, ve lo meritate entrambi dopo il passato che avete avuto.»

Ellie tira su con il naso e mi guarda dritta negli occhi.

«Che cavolo, Liv, che ti prende oggi? Vuoi smetterla di farmi piangere così?»

Scoppio a ridere e le pizzico la guancia umida in modo dolce.

«Sono o non sono la migliore amica del mondo?»

Anche lei scoppia a ridere buttando la testa all'indietro e facendo svolazzare i capelli ricci ovunque.

«Ehm, pronto? Vanità ed egocentrismo hanno preso possesso della mia migliore amica!» esclama quando torna a guardarmi.

La spintono giocosamente facendo oscillare la tazza e ricadere sul piano un po' di cioccolata calda. Ellie si premura di asciugare il mio casino con una tovaglietta di carta, e io ne approfitto per bere tutto d'un sorso il contenuto ormai tiepido.

«Senza la sottoscritta non potresti vivere» le faccio notare bonariamente.

I suoi occhi si addolciscono insieme al sorriso.

«È più complesso di così, il fatto è proprio che senza di te io non voglio vivere.»

Ricambio il dolce sorriso. «Ti voglio bene.»

«Anche io, da morire.»


Quando più tardi rientriamo nell'appartamento, due sacchetti dei negozi più costosi di New York tra le mani e una scatola di dolcetti a forma di Zenzy per J., ancora prima di aprire la porta principale sentiamo provenire dall'interno cori di esclamazioni e subito dopo imprecazioni e lamentele. Io ed Ellie ci guardiamo per un attimo, confuse, e all'ennesimo grido decidiamo che è ora di entrare. Sul divano, a imprecare contro un televisore acceso su una partita di football ci sono Jackson e Logan. Sul tavolino di fronte a loro si trovano una ciotola di popcorn e un paio di birre fresche mezze rovesciate. Stanno discutendo a voce così alta, ovviamente in disaccordo sui punteggi e sulle mosse dei giocatori, da nemmeno accorgersi della nostra presenza. Ellie è la prima a roteare gli occhi e a sbuffare, seguita da me che mi lascio scappare anche una risata divertita.

Dopo aver posati i sacchetti sul bancone della cucina, cammino verso i ragazzi e lascio ricadere con un tonfo sul tavolino la scatola di dolci. Finalmente, entrambi voltano di scatto la testa nella mia direzione. Jackson salta sul posto imprecando ad alta voce perché l'ho spaventato mentre Logan, sogghignando, mi afferra per un braccio facendomi strillare e ricadere sulle sue gambe. Ellie ci raggiunge poco dopo, circonda il collo a Jackson con le braccia che alza la testa in risposta e la saluta con un bacio mozzafiato, abbassando poi il volume della televisione con la mano libera. Logan mi sorride con amore, si sporge per baciarmi e io mi allungo in automatico verso di lui. Gli poso le mani dietro la nuca per tirarmelo più vicino, e lui amplia il sorriso sulla mia bocca quando faccio passare la lingua sul suo labbro inferiore, stuzzicandolo. Le sue mani scivolano dalla mia schiena alla vita, e s'infilano sotto il golfino spesso accarezzandomi la pelle nuda. Rabbrividisco.

«Mi sei mancata da morire» mormora, sfiorando il mio naso con il suo.

«Anche tu. Non sapevo che saresti passato stasera.»

«Il coach ha spostato l'allenamento a domani mattina, per cui non avevo di meglio da fare.»

Ora mi accarezza le guance per poi spostare le mani sulle spalle massaggiandomele delicatamente. Sospiro di piacere lasciando ricadere la testa all'indietro e chiudendo gli occhi. Gemo, e qualcuno alle mie spalle si schiarisce la voce.

«È mai possibile che dobbiamo sempre ricordarvi che non siete soli?» Si lamenta Jackson, allungando poi una mano per tirarmi una ciocca di capelli, facendomi ridere con ancora gli occhi chiusi e la testa rovesciata all'indietro.

«Perché devi sempre rompere le palle? Chiudi gli occhi se sei così sensibile» ribatte Logan, assestandogli un calcio alla gamba.

«Bisognerebbe anche mettersi dei tappi nelle orecchie visto il rumore che fate» gli fa notare Ellie, allungandosi anche lei per tirare un pizzicotto al braccio di Logan, che scoppia a ridere divertito.

Tiro su la testa ridacchiando e riapro gli occhi. Appoggio la testa contro il petto di Logan, poi ruoto il busto in modo da poter vedere meglio i miei amici. Inarco un sopracciglio.

«Sì, Ellie, magari quando deciderai di comprarli per te, prendine un pacchetto anche per me. Non hai idea del rumore che fate te e J. la notte pensando che io stia già dormendo. Forse non vi è chiaro che le mura sono di cartongesso e la vostra testata del letto ci sbatte ripetutamente contro.»

Ellie, seduta sulle gambe di Jackson in una posizione simile alla mia, arrossisce violentemente.

«Non dirmi che senti...»

«Tutto? Sì, decisamente, e vorrei che qualcuno mi strappasse i timpani a volte!»

«Non fare la melodrammatica. Non sei silenziosa nemmeno tu visto che ti sentiamo ansimare il nome di Logan almeno una decina di volta» commenta Jackson alzando gli occhi al cielo. Ride, l'idiota, e io gli rifilo un'occhiata truce.

«Già, almeno lei il mio nome lo urla» ribatte Logan, sfrontato, con gli angoli delle labbra sollevati all'insù in un sorriso malizioso. Fulmino anche lui con lo sguardo, poi io ed Ellie tiriamo una gomitata nello stomaco in contemporanea a entrambi, che imprecano dal male. Subito dopo ci alziamo in piedi sotto le loro inutili proteste, e costretti a lasciarci andare sbuffano contrariati.

«Andate a cambiarvi, stasera dobbiamo andare in un posto» comunico ai ragazzi, prima di afferrare Ellie per mano e di incamminarci verso le nostre stanze.

«Andare dove?» borbotta Logan, inclinando la testa.

Gli sorrido ammiccando nella sua direzione. «Lo scoprirai. Vestitevi caldi e con qualcosa di comodo...»

«Non ditemi che siete riuscite a trovare i biglietti per il pattinaggio!» SI lamenta Jackson con uno sbuffo e, quando sposto lo sguardo su Logan, lo becco intento a lanciarmi occhiate di fuoco. Trattengo una risata mordendomi con forza l'interno della guancia, perché so che pattinare è una delle cose che gli piace meno al mondo.

«Non dirmelo...» Si passa una mano sul viso, sfregando forte. «Io e questo idiota non abbiamo idea di come stare in piedi su un paio di pattini!» Indica Jackson che annuisce sconfitto. 

«Ci romperemo l'osso del collo, e moriremo prima di riuscire a laurearci» borbotta Jackson con il muso lungo.

Io ed Ellie assottigliamo gli occhi, sconvolte e scocciate da tutto questo inutile trambusto. Abbiamo speso i nostri ultimi risparmi per questi biglietti, i più cari della stagione in vista dell'accensione dell'Albero di Natale, per cui non abbiamo nessuna intenzione di cedere alle loro lamentele.

«Mezz'ora e si esce, smettetela di fare i bambini e andate a cambiarvi» li rimbecca, alzando il tono di voce. Sorrido vittoriosa quando, entrambi, si alzano controvoglia e si portano due dita alle tempie dimostrandoci chi comanda. Noi, ovviamente!

E, anche se controvoglia, un'ora e mezza dopo li stiamo osservando attaccati al corrimano della pista di pattinaggio, instabili sulle gambe e bianchi in viso. Si sfiorano con le braccia a vicenda compiendo piccoli passi, insultandosi quando l'uno o l'altro si aggrappa alle braccia dell'altro per non ruzzolare a terra. Io ed Ellie, ridiamo fino a farci venire il mal di pancia.

Se non smettono di amarci adesso, non lo faranno mai più.

Qualche giorno dopo sto studiando per l'ultimo esame prima delle vacanze invernali insieme a Ellie e Jackson. La quantità di libri sparpagliati sul pavimento, i fogli di carta appallottolati in giro e tre portatili accessi sulle nostre gambe non rispecchiano il malumore e l'ansia che si respira nell'appartamento, no. Lo fanno i cartoni di pizza abbandonati un po' ovunque, le tazze di caffè vuote posate sul tavolino basso che hanno lasciato macchie sul piano in legno e l'odore di chiuso e malattia che aleggia in ogni stanza. Sì, Jackson ed Ellie si sono beccati e passati reciprocamente il raffreddore, mentre io per adesso l'ho scampata. Cerco di stare lontana da loro il più possibile, ma in momenti come questi, in cui abbiamo la necessità di studiare insieme, diventa difficile eludere i germi.

Domani sera finalmente torneremo a casa e ci resteremo per un paio di settimane. Sono elettrizzata per diverse cose, non solo per il Natale in sé, ma per tutto quello che queste festività racchiudono. Innanzitutto, è il primo Natale che passerò con Logan e, anche se so che per lui questo periodo non è per niente facile, confido nel riuscire a portare un po' di luce e amore nella sua vita in modo che, l'anno prossimo, sarà meno difficile affrontare il passato. Se solo in questi giorni riuscissi a fargli vivere momenti magici, magari sarà questo il primo ricordo che avrà il prossimo Natale. Rivedrò i nonni e questo significa che riusciremo a continuare le nostre tradizioni natalizie, la nostra splendida famiglia scoprirà se tra qualche mese avremo un fratellino o una sorellina ma, soprattutto, potrò festeggiare con le persone che più mi stanno a cuore da quasi un anno: gli amici.
Non vedo letteralmente l'ora di partire.

«Credo di avere la febbre.»

Ellie si accascia sulle gambe di Jackson, chiude gli occhi e sospira pesantemente massaggiandosi la fronte. Il mio migliore amico tira su con il naso, starnutisce - facendo scostare Ellie -, poi si soffia il naso con il millesimo fazzolettino in carta che successivamente appallottola e butta nel cestino pieno.

«Credo di averla anche io. Non so come faremo a passare l'esame di domani, la testa mi sta martellando e non riesco più a tenere gli occhi aperti» si lagna Jackson.

Quando butta la testa all'indietro colpendo il divano, mi alzo con un sospiro e vado a recuperare il termometro che teniamo nel mobiletto dei medicinali in bagno. Al mio ritorno, Ellie e Jackson hanno l'uno la testa appoggiata sull'altra, sono esausti e con il naso che potrebbe prendere fuoco da quanto è rosso. Allungo il termometro nella loro direzione, poi mi allontano velocemente per lavarmi la mano visto che Jackson me l'ha sfiorata per sbaglio. Non voglio ammalarmi. Non devo ammalarmi. Dopo averci spruzzato sopra una quantità non indifferente di sapone, aver sfregato talmente bene da aver ucciso qualsiasi batterio ed essermela asciugata con un asciugamano intatto e pulito, frugo nel cassettone all'ingresso in cerca di una mascherina chirurgica. Quando non la trovo, impreco frustrata. Mi viene da starnutire anche a me. Sgrano gli occhi, terrorizzata, poi mi abbandono a quello che sono sicura si stia già trasformando in una terribile influenza.

«Trentanove» annuncia Jackson con voce rauca. Con fatica si alza in piedi aggrappandosi al divano alle sue spalle. «Mi faccio un Tè e mi butto sul letto, ragazze. Venite a controllare più tardi se sono ancora vivo» borbotta tra uno starnuto e un colpo di tosse.

«Trentotto e mezzo... Ma, per come mi sento, potrebbe benissimo essere cinquanta» mormora Ellie legandosi i capelli in uno chignon disordinato.

Do una pacca affettuosa a Jackson quando mi passa accanto dirigendosi in cucina. Torno a sedermi di fronte alla mia migliore amica e allungo il piede spingendo nella sua direzione il pacchetto traboccante di fazzoletti puliti.

«Faresti bene a riposare anche tu, Ellie. Domani farai quello che riesci all'esame.»

Ellie scuote la testa con vigore, per poi pentirsene un secondo dopo. Si riporta le mani sulle tempie chiudendo gli occhi per una frazione di secondo. Inspira.

«No, posso farcela. Mi mancano solo più...» Butta un'occhiata al libro facendo una smorfia subito dopo. La sua espressione si trasforma in disperazione. «Cento pagine? Ma com' possibile? Mi sembrava di avere studiato di più» si lamenta.

«Credo che tu ti sia addormentata un paio di volte tra una pagina e l'altra» le faccio notare, guardando con disprezza tutto quello che manca ancora a me da studiare. Mi viene da vomitare, e non so dire se per la disperazione o perché sto iniziando a covare qualcosa. Jackson torna con tre tazze di Tè verde bollente tra le mani, e io mi chiedo come abbia fatto a non rovesciarle visto quanto barcolla e trema. Afferro la mia ringraziandolo e riscaldando le dita sulla ceramica calda. Butto un'occhiata fuori dalla finestra, dove il cielo è di un bianco accecante oggi e le temperature sono arrivate finalmente sullo zero, e un po' riesco a rilassarmi.

«Certo che ammalarsi proprio il giorno prima di partire è una sfiga incredibile» asserisce Ellie, sporgendosi per abbracciare un Jackson che sembra sul punto di rimettere l'anima nel nostro salotto.

«Davvero, ragazzi, dovreste andare a dormire un po', tanto non risolverete nulla a rimanere accovacciati così per terra. Prendete un paio di aspirine e vedrete che domani starete meglio» suggerisco a entrambi.

Sconfitti, entrambi si limitano ad annuire senza dire nulla. Aiutandosi a vicenda, si alzano in piedi e mi salutano con la mano prima di dirigersi in una delle loro camere da letto, lasciando libri e fogli sparpagliati sul tavolo e un cestino ricolmo di fazzoletti sporchi che sarò costretta a buttare io. Sospiro passandomi una mano sul viso, allungo le gambe di fronte a me e, prima di tornare a studiare, tiro fuori il telefono dalla tasca e invio un rapido messaggio a Logan.

Liv: Qua c'è una colonia di batteri che ha deciso di accamparsi con tanto di tenda, e non mi sembrano intenzionati a sloggiare per il momento. Se sei ancora sicuro di venire, munisciti di una mascherina antigas.

Premo invio, ma subito dopo gliene invio un altro.

Liv: Sono seria portati una mascherina, credo di starmi per ammalare anche io. (Emoji con termometro in bocca)

La sua risposta non tarda ad arrivare.

Logan: Sono appena passato a comprare un'intera confezione di mascherine e qualche medicinale in caso finissero. Ti ho anche preso un'intera torta al cioccolato visto che non stai bene. Nessun batterio bastardo mi impedirà di stare lontano da te.

Liv: Ti ho già detto che ti amo?

Logan: Un paio di volte. Non abbastanza da guadagnarti la torta. (Emoji linguaccia)

Liv: Sei alla guida per caso?!

Logan: No...

Liv: Se scopro che mi stai mentendo ti faccio dormire sul pianerottolo di casa. Nudo. Con un nastro adesivo sulla bocca e la scritta in fronte: SONO DEFICENTE.

Logan: Adoro quando diventi violenta. Quindici minuti sono lì, amore.

Liv: Ti amo.

Logan: Ti amo.

Nei minuti successivi provo a concentrarmi sui libri ma è del tutto inutile, così decido di chiudere tutto e dare una ripulita prima che Logan arrivi. Poco dopo, quando sto chiudendo l'ennesimo sacchetto della spazzatura, suonano al campanello. Convinta sia arrivato, mi fiondo alla porta con un mega sorriso, che però si spegne subito quando mi trovo di fronte un Matt con le mani infilate nelle tasche dei jeans e un sorriso timido sulle labbra. Mi appoggio allo stipite della porta e cerco di riprendermi togliendomi dalla faccia l'espressione delusa per poter ricambiare il sorriso.

«Matt! Che ci fai qui? Come sei entrato?» gli chiedo, ma l'unica cosa a cui riesco a pensare è: se Logan arrivasse in questo momento lo prenderebbe sicuramente a pugni, e io voglio evitarlo.

«Sembra un cliché, ma un tuo vicino stava uscendo a portare fuori il cane e così ne ho approfittato per salire senza suonare» mi spiega brevemente stringendosi nelle spalle. «Spero non sia un problema» aggiunge, probabilmente nel vedermi vacillare. Solo che non sono stranita da questo, bensì preoccupata per quello che potrebbe succedere. Tutti, anche i muri sanno che il mio ragazzo è una testa calda che difficilmente sa mantenere il controllo.

«No, figurati, non preoccuparti.» Lo rassicuro. Matt butta una veloce occhiata all'interno dell'appartamento, poi torna a guardarmi. Che gran maleducata che sono! «Vuoi entrare?» gli chiedo quindi, scostandomi poi dalla porta per farlo passare. Matt accenna un sorriso e mi sorpassa sfiorandomi il braccio. Accosto la porta trattenendo un sospiro. «Scusami per il disordine, ma tra l'ultimo esame di domani, la partenza prevista in serata e il fatto che i miei coinquilini si sono ammalati... C'è un po' di casino.»

Matt compie un giro su se stesso emettendo un fischio di approvazione. «Nessun problema, Livvy. È davvero un posto magnifico!»

Mi avvicino alla sua figura mordicchiandomi il labbro inferiore e torturandomi appena le dita delle mani. «Sì, non è male in effetti.»

Il mio ex ragazzi torna a posare gli occhi su di me, accenna un sorriso allentandosi di poco la sciarpa che ha al collo. «Davvero, mi dispiace di essere piombato qui senza preavviso, ma volevo solo augurarti buone feste visto che non ci vedremo per un po'. E poi...» Tira fuori qualcosa dalla tasca e me lo porge. «Per darti il tuo regalo di Natale con qualche giorno di anticipo.»

Sgrano gli occhi accettando quel piccolo pacchetto in velluto con un bellissimo fiocco rosso sopra. Riporto lo sguardo su Matt, sentendomi pervadere da un senso di gratitudine nei suoi confronti. «Non dovevi... Non so cosa dire! Io non ti ho preso nulla...»

Matt fa un gesto con la mano come se non fosse importante. «Non c'è n'era bisogno, in realtà il mio non è proprio un regalo, ti sto solo restituendo qualcosa che era già tuo.»

Espiro lentamente, perché so esattamente a cosa si riferisce. «Posso aprirlo?»

«Devi farlo.»

Quindi, con mano tremante, sciolgo il fiocco e lo lascio ricadere a terra, apro il pacchetto e trattengo il fiato per non mettermi a piangere. Tiro fuori il contenuto e me lo posiziono sul palmo, sentendo poi le labbra sollevarsi in un sorriso vero.

«Me lo desti poco prima che me ne andai da Sonora, ti ricordi? Mi dicesti che l'albero della vita simboleggia la rinascita di una persona, che me lo stavi donando perché secondo te avevo bisogno di ricominciare la mia vita da zero, lontano da tutto quello che la mia famiglia mi stava facendo passare. Avevo biisogno di essere un nuovo io, una versione migliore e più bella. All'inizio sapevo di non essere cambiato, ti avevo abbandonata e lasciata sola per inseguire una famiglia che a stento mi amava, però l'ho sempre tenuto con me in caso le cose fossero state diverse. È stato il mio portafortuna per molto tempo. E poi, quando qualche mese fa ti ho rivista, quel qualcosa dentro di me si è sbloccato. Grazie alle tue parole ho riaperto gli occhi, e ora so di non averne più bisogno. Tu, Livvy, sei tu quella che deve rinascere ora. Ti auguro che questo ciondolo ti porti la stessa fortuna che ha portato a me.»

Non riesco più a trattenere le lacrime, e con uno slancio lo abbraccio. Tengo stretto nella mano il ciondolo a forma di albero della vita, ringraziando con un pianto silenzioso Matt e le sue parole confortanti. Mi stringe a sé, e non c'è bisogno di dirsi nulla perché in questo abbraccio ci sono tante parole non dette in questi anni che valgono molto di più. Io e lui abbiamo ricordi indelebili e un passato difficile da dimenticare, e il mio affetto nei suoi confronti sarà sempre intatto.

«Grazie, Matt. Per tutto» sussurro contro la sua spalla, le lacrime che ancora mi sgorgano dagli occhi liberandosi dal tanto stress accumulato.

«Buon Natale, Livvy» mormora sulla mia testa prima di rilasciarci sopra un tenero bacio.

«Buon Natale, Matt» sussurro ancora, stringendolo un ultima volta.

Quando poi ci stacchiamo, sto ancora tremando, ma sento il cuore alleggerirsi di un peso enorme. Matt mi sorride con calore, allunga una mano per accarezzarmi la guancia in modo dolce, dopodiché s'incammina verso l'ingresso. Ad un passo dalla porta, però, si ferma e si volta nella mia direzione. Fa per parlare, ma la porta alle sue spalle si apre e una voce baritonale sovrasta la sua procurandomi un tuffo al cuore.

«Dindon. Per caso ho interrotto qualcosa?»

Matt si gira di scatto in quella direzione, e io mi raggelo. Logan è appoggiato allo stipite della porta a braccia incrociate, un cipiglio fastidioso sulla fronte e lo sguardo severo che saetta su entrambi. I suoi occhi freddi e distaccati si soffermano poi sul il mio ex ragazzo, studiano la sua postura e provando a metterlo in soggezione. La cosa che però Logan non ha ancora capito, è che Matt non è facile da intimorire. Infatti, quest'ultimo gli rivolge un sorriso furbo, e subito Logan irrigidisce la mascella.

Infilo il ciondolo nella tasca della felpa, nascondendolo, e questo non perché mi piace mantenere segreti con Logan, ma perché so che ora non è nella posizione per capire e accettare. Cammino nella sua direzione respirando appena, e quando gli sono di fronte scioglie le braccia per potermi accogliere in un abbraccio. Inalo il suo profumo di buono e nascondo la testa nel suo petto.

«No, Matt era solo passato per farmi gli auguri di Natale.» Sollevo la testa nella sua direzione, scontrandomi con un paio di occhi verdi capaci di farmi tremare anche l'anima.

Logan inarca un sopracciglio facendo scorrere gli occhi sul mio viso. «Matt lo sa che per questo esistono i messaggi? Se prova a digitare su Google, troverà anche molte immagini raffiguranti Babbo Natale che può inviare per augurare buone feste.»

Matt, con mia grande sorpresa, sogghigna. «E perdermi la faccia che hai in questo momento? No, i messaggi sono per gli over cinquanta.»

Logan si porta una mano sulla bocca, fingendosi sorpreso. «Cavolo, scusami! Pensavo fosse quella la tua età visto il maglioncino da nonno che porti. Errore mio.» Alza una mano in segno di resa e, quando i suoi occhi divertiti si scontrano con i miei esasperati, trattiene una risata.

Matt, alle mie spalle, ridacchia. «Errore comune, non preoccuparti. In ogni caso, tolgo il disturbo.» Questa volta raggiunge davvero la porta, Logan gliela apre in modo che possa passarci, e io lo saluto con la mano regalandogli anche un sorriso.

«Ci sentiamo quando torno. Augura anche alla tua famiglia un Buon Natale» gli dico.

«Sarà fatto. Salutami tanto Amanda. Ciao, Livvy.» Poi sposta lo sguardo su Logan facendogli solo un cenno con la testa che il mio ragazzo ricambia a stento. Quando poi sparisce, Logan richiude la porta con un tonfo eccessivo.

«Livvy» borbotta tra sé, guardando con furia la maniglia della porta come se Matt potesse ricomparire da un momento all'altro. «Giuro, prima o poi glielo levo dalla faccia quel sorrisino soddisfatto.»

Alle sue spalle, trattengo un sorriso. Mi sfilo la felpa, sentendo improvvisamente caldo, e l'appoggio sulla sedia rimanendo solo con la canottiera. Poi, mi piazzo le mani sui fianchi e aspetto che decida finalmente di voltarsi e affrontarmi. Intanto, gli osservo con bramosia le spalle ampie che si intravedono anche da sotto la felpa larga che indossa, e scendo con gli occhi ad ammirargli il fondoschiena perfettamente tondo fasciato da un paio di pantaloni grigi della tuta. Deglutisco per quanto è bello, per le sensazioni che mi fa provare nella pancia e alla bocca dello stomaco, come se un esercito di piccoli insetti marciasse con insistenza in quel punto, come se una squadra di farfalle svolazzasse a più non posso in tondo. Anche se è geloso, iperprotettivo e scorbutico, è capace di mozzarmi il respiro con un semplice sguardo, uno di quelli complici che riserva solo a me da sempre. Si piega in avanti per raccogliere due sacchetti marroni in carta che precedentemente aveva poggiato a terra, e io sento seccarmi la gola. La mia mano lo fa involontariamente... Si avvicina al suo fondoschiena, sempre di più... Riesco a malapena ad accorgermi di non avere il pieno controllo sulle mie facoltà in questo momento. Lo sfioro... Ne seguo la forma senza però toccarlo, e poi... Sbam.

Logan si volta di scatto nella mia direzione, abbassa gli occhi per osservare il punto in cui si trova ancora la mia mano, subito dopo alza lo sguardo nel mio sbarrando gli occhi e osservandomi con uno strano luccichio negli occhi che riconosco come malizia.

«Mi hai appena tirato uno schiaffo sul sedere?» Mi domanda, tra l'incredulità e la bramosia. Un mezzo sorriso a incorniciargli le labbra perfette.

Arrossisco appena sotto il suo sguardo, e mi stringo nelle spalle come se non fosse nulla di che.

«È così perfetto che è stato puro istinto» rispondo, cercando di assumere un tono sicuro, anche se in realtà mi vacillano le gambe.

Se è possibile, i suoi occhi s'illuminano di più. Mi osserva per un istante senza dire nulla, poi mi sorpassa per dirigersi verso la cucina, sfiorandomi consciamente il collo con le dita. Il mio respiro accelera. Logan posa sul bancone alle mie spalle i sacchetti, traffica per qualche istante anche se non vedo cosa sta facendo. Le mie gambe, molli come gelatina, non mi permettono di compiere alcun passo. Che sia stata forse troppo sfrontata? Non si aspettava il mio gesto, eppure so che gli è piaciuto. Mi ha guardata con quell'espressione che assume tutte le volte che sta pensando ai mille modi in cui farmi sua, e vorrei davvero che lo facesse. Non so cosa mi prende, se ho gli ormoni a palla o se ogni giorno che passa mi rendo sempre più conto di quanto sono innamorata di lui, però so che vorrei che mi portasse in camera e facesse di me tutto ciò che vuole. Forse allevierebbe il senso di colpa per non avergli ancora parlato del ciondolo di Matt. È mia intenzione farlo, lo giuro.

Pochi istanti dopo, mi sento sollevare per le gambe. Mi scappa uno strillo quando Logan mi afferra senza la minima fatica e mi trasporta fino al bancone della cucina, facendomi poi sedere sul ripiano e allargandomi le gambe in modo da riuscire a piazzarsi nel mezzo. Sento il cuore in gola quando mi afferra dai capelli, attento a non farmi male ma con una presa salda e sicura, e mi fa inclinare il viso in modo da avere libero accesso al mio collo. D'istinto, trattengo il fiato e provo a chiudere le gambe per attirarmelo più vicino. Il suo sguardo è famelico, gli occhi sono di un verde più scuro e intenso, e le mani gli tremano appena, come ogniqualvolta mi tocca.

«Il tuo gesto merita una punizione» mormora sul mio collo, facendomi rabbrividire quando il suo alito caldo mi solletica la pelle.

Gli afferro le braccia aggrappandomi stretta al suo corpo. Sorrido con finta innocenza.

«E cosa vorresti farmi?» sussurro, per niente timorosa ma sentendomi stranamente audace.

Lui alza il viso per incrociare il mio sguardo. E sorride.

«Se te lo dicessi, dove starebbe il divertimento?»

«Dimmelo» piagnucolo, ma lui scuote la testa divertito.

Alzo gli occhi al soffitto pizzicandogli un braccio. Intanto, il suo naso mi sfiora il collo e prosegue verso il mento, tira fuori i denti e me lo mordicchia lentamente facendomi scappare un gemito di piacere. Chiudo gli occhi abbandonandomi a quella sensazione.
Ancora con i miei capelli in pugno, segue la linea della mia mandibola rilasciandoci sopra dei piccoli baci. Ne approfitto per far scorrere le mani sui suoi bicipiti muscolosi e scendendo poi verso quel fondoschiena che tanto mi piace. Infilo le mani dentro i suoi pantaloni, godendomi quelle rotondità e sorridendo quando dischiude le labbra in un mezzo sorriso.

«Non mi convinci così...» sussurra tornando a guardarmi negli occhi.

«Ah no? E se faccio così?» Faccio pressione con le gambe per strusciarmi su di lui, e Logan chiude gli occhi mugolando qualcosa di incomprensibile quando lo sento indurirsi attraverso la stoffa. «O forse, è meglio così?» Sposto la mano dal suo di dietro al davanti, sfiorandogli l'elastico dei boxer e godendomi il suono roco che gli esce dalla bocca quando si inarca in avanti per appoggiarsi a me sfiorando così il mio punto sensibile. Ho il fiato corto quando riprendo a parlare. «O forse...»

Logan non mi da il tempo di concludere la frase, perché stringe di più la presa sui miei capelli spingendomi la nuca verso di lui e raggiungendo le mie labbra in un bacio infuocato che mi trovo a ricambiare con la stessa intensità. Un brivido mi percorre tutta la schiena mentre continuiamo a toccarci e baciarci appassionatamente. La sua lingua picchietta sulle mie labbra incitandomi a dischiudere la bocca e, quando poi lo faccio, è subito un esplosione di colori capace di far tremare il bancone su cui sono seduta.
Logan ora mi stringe i fianchi incoraggiandomi a strusciarmi addosso a lui, e io butto le braccia attorno al suo collo per aggrapparmi meglio. Libera una mano per spingermi dolcemente sul bancone, la mia schiena tocca il ripiano freddo e subito un brivido mi percorre la colonna vertebrale. Inizia a baciarmi il ventre piatto arrotolando la canottiera verso l'alto, e quando scende sempre più in basso, mi lascio andare ad un gemito inarcando d'istinto la schiena. La mano di Logan raggiunge la mia bocca premendoci sopra.

«Fai silenzio, amore, non vorrai mica farti sentire dai tuoi coinquilini.» Sogghigna, il bastardo.

Intanto, è riuscito a liberarmi dai pantaloncini con la mano libera e ora la sua bocca percorre il contorno delle mie mutandine che sento già umide per l'intensità delle emozioni che sto provando. Ansimo senza controllo.

«Stanno... Loro stanno... Dormendo.» Riesco a dire, invasa da un piacere carnale in grado di offuscare del tutto la mia lucidità.

«Sì, ma se continuerai così li sveglierai di sicuro» ridacchia premendo un dito in mezzo alle gambe e strappandomi l'ennesimo gemito.

Mi sollevo sui fianchi per poterlo guardare.

«Non mi interessa.»

Logan alza gli occhi per incontrare i miei, e l'ennesima scarica elettrica mi si propaga per tutto il corpo.

«No?» mi chiede. Scuoto la testa. «Ne sei proprio sicura?» Vuole sapere con certezza, e io annuisco morendomi con forza il labbro inferiore. Solleva l'angolo delle labbra in un sorriso sfrontato. «Che Dio ti benedica, Liv.»

E, così dicendo, mi fa scivolare lungo le gambe le mutandine in un gesto brusco. Mi sollevo quel che basta per aiutarlo a sfilarsi i pantaloni della tuta e i boxer che li seguono a ruota sul pavimento poco dopo. Logan mi afferra il collo con la mano stringendo appena, immobilizzandomi, chiedendomi di lasciargli il pieno controllo. E io lo faccio, senza esitazione. Si porta l'altra mano dietro la testa e, con un unico movimento, si sfila la felpa per poi gettarla a terra insieme al resto dei vestiti. La sua bocca trova nuovamente la mia in un bacio feroce, fatto di lingue che vorticano insieme e denti che si scontrano. Sto tremando così tanto che Logan se ne accorge, capisce l'intensità di quello che sto provando in questo momento, così appoggia la fronte contro la mia staccandosi dal bacio. Sospira appena stringendomi a lui, e io chiudo gli occhi.

«Ti amo, Liv. Ti amo davvero tanto» sussurra con le labbra premute sulla mia pelle. Il cuore gli martella così violentemente nella cassa toracica che, istintivamente, gli appoggio una mano tremante sul petto.

Inspiro. «Ti amo tanto anche io, Logan.»

«Stai bene?» mi chiede, infilando le mani nei miei capelli e facendo pressione affinché io inclini la testa. Mi guarda dritto negli occhi, e io tremo nuovamente sotto il suo sguardo carico di amore e promesse che so per certa manterrà questa volta.

Espiro. «Sì. Che cosa stai aspettando? Fai l'amore con me, ti prego.»

Logan grugnisce catturandomi il labbro inferiore tra i denti. «Non supplicarmi, mai.»

E, con queste parole, mi allarga le gambe con il ginocchio per sistemarsi meglio ed entra dentro di me con un secco colpo di reni. Inarco la schiena con un sussulto e lui intensifica la stretta sui miei capelli. Inizia a dare spinte vigorose fin da subito. Entra ed esce da me con un'intensità tale che non capisco più dove finisce il mio corpo e inizia il suo. Ad ogni spinta tremo un po' più forte aggrappata alle sue spalle. Logan pompa dentro di me come non aveva mai fatto, toccando punti che nemmeno sapevo esistessero, mandandomi in frantumi quasi subito.

Non rallenta mai e io, dal canto mio, non faccio nulla per fermarlo anzi, gli vado contro con il bacino seguendo un equilibrio perfetto che lo fa ansimare senza controllo. Mi dimentico dei miei coinquilini ad un paio di porte da noi, mi dimentico che non siamo soli, mi dimentico che lo stiamo facendo sul bancone della cucina in cui tutti mangiamo e dove Jackson cucina. Mi dimentico delle parole di Matt, della causa in tribunale, del mio dolore e anche di quello di Logan. Dimentico tutto. Spengo il cervello. L'unica cosa a cui riesco a pensare è alle  sensazioni che sto provando in questo momento, e sono così tante che per un attimo, ad un passo dall'orgasmo, mi dimentico come si fa a respirare.

Logan ringhia, si aggrappa alle mie spalle con più forza aumentando ancora il ritmo. La mia schiena sbatte ripetutamente contro il marmo freddo, ma è un dolore talmente bello che nemmeno ci faccio caso. Ansimo fuori controllo, respirando a fatica, con la testa che vortica sempre più veloce verso l'oblio. Gli afferro la nuca e lo costringo ad avvicinare la testa a me, catturo le sue labbra in un bacio da capogiro, aiutandolo a stendersi per metà sopra di me. È così alto e muscoloso che potrebbe schiacciarmi con un solo dito se volesse, eppure la delicatezza che riesce ad usare anche in momenti con questi mi fa sorridere. Entrambi abbiamo perso del tutto il controllo. Lo capisco quando, tirandosi di nuovo su, mi afferra per il sedere trascinandomi verso il bordo del bancone. Si spinge più in profondità, e io reagisco a quella spinta andandogli incontro senza paura.

Mi afferra ancora per i capelli, e il gemito gratturale e profondo che gli esce dalla bocca è quello che serve per farmi perdere del tutto il controllo. Mi lascio andare, rompendomi il mille pezzetti minuscoli, sprofondando la testa contro il suo petto e sentendo il corpo molle come gelatina. Respiro a fatica con il cuore che batte all'impazzata, mi sciolgo sentendo l'orgasmo ancora qualche strato sotto pelle, travolta da una valanga di sensazioni e con la mente libera da qualunque pensiero. A Logan bastano solo un paio di vigorose spinte prima di raggiungermi, ansimando anche lui senza controllo e cacciando un ringhio così profondo da farmi venire la pelle d'oca. Per fortuna, si premura di premere la bocca contro il mio collo, attenuando per quanto riesce il suo piacere. Non so per quanto tempo rimaniamo in quella posizione, l'uno tremante nelle braccia dell'altro, ma so con certezza che non vorrei trovarmi in nessun altro posto se non tra le sue braccia.

«Donna, sarai la mia rovina» mormora, con il fiato corto.

Sorrido compiaciuta. «Ora posso avere la mia torta?»


Ci siamo addormentati abbracciati molto tempo dopo, quando il cielo era nero da un po' e la stanchezza aveva preso il sopravvento su risate e chiacchiere. Ancora addormentata, capisco subito che qualcosa nell'aria è mutato. Percepisco un cambiamento improvviso, il naso inizia a prudermi con forza, e il freddo artico mi si insinua sotto pelle anche se sono al caldo, avvolta nel piumino e incastrata tra le braccia di Logan. Apro gli occhi di scatto, poi mi guardo attorno. Ci metto un po' ad abituarmi al buio, e quando lo faccio capisco che nella stanza non c'è nulla di diverso. Logan dorme beatamente al mio fianco; la testa posata sul mio cuscino, un braccio infilato sotto di esso e l'altro a cingermi il fianco, le nostre gambe sono intrecciate, e il suo battito regolare calma il mio respiro. Sospiro piano, guardandomi un'altra volta attorno. Niente. Mi passo una mano sul naso, che sento dolorante e caldo, eppure non riesco a trovare un motivo valido per questa sensazione che provo sulla pelle.

Butto un occhio fuori dalla finestra, dove l'unica luce proviene da un lampione giù per la strada. Facendo piano per non svegliarlo, scendo dal letto e raggiungo la finestra in punta di piedi, poi la apro quel che basta per respirare l'aria fredda e pungente che filtra attraverso. E finalmente lo sento: il silenzio. È così assordante che quasi mi spaventa, eppure quest'assenza di rumori può voler dire solo una cosa.
Sul mio viso, appare un sorriso a trentadue denti. Corro verso il letto e inizio a scuotere Logan, non curandomi minimamente di contenere l'emozione.

«Logan, svegliati! Su, forza! Alzati e vestiti! Devo mostrarmi una cosa!» strillo euforica sotto le inutili proteste del mio ragazzo che, udendo tutto il trambusto che ho fatto, si è tirato su di scatto e per poco non ruzzola giù dal letto per lo spavento. Si guarda attorno preoccupato, con il cuscino in una mano - pronto a lanciarlo -, e gli occhi ancora mezzi chiusi per colpa del sonno.

«Che c'è? Cosa succede?» biascica, strofinandosi gli occhi come farebbe un bambino.

E, se solo non fossi così entusiasta, lo ributterei nel letto e lo bacerei fino a prosciugarlo del tutto per quanto è adorabile in questo momento. Gli tiro via le coperte lasciandolo del tutto nudo, poi lo afferro per un braccio con forza e lo costringo a posare i piedi sul pavimento. Si alza, barcollando appena, e passandosi un'altra volta la mano sul viso mentre mi guarda intenta a girovagre per la stanza in cerca dei vestiti. Lo vedo da come mi osserva che è sconvolto; mi scruta come se fossi una pazza in preda a una crisi isterica. Forse lo sono davvero.

«Ti prego, devi sbrigarti! Devo farti vedere una cosa prima che sia troppo tardi!» Quando trovo la sua felpa, appallottolata in un angolo della stanza, gliela lancio dritta in faccia insieme ai pantaloni della tuta, rivestendomi subito anche io alla velocità della luce. Peccato che i suoi movimenti sono troppo lenti, pare un bradipo appena sveglio dopo un lungo letargo.

«Vuoi darti una calmata? Non ho nemmeno ancora ben chiaro dove mi trovo, figurati se riesco darmi una mossa» borbotta, riuscendo a infilare le gambe nei pantaloni senza cadere a terra. «Mi spieghi cosa succede? Mi stai spaventando, Liv.»

«Ora lo vedrai, ma ti prego fai più in fretta!» Insisto, aiutandolo a far passare la felpa attraverso la testa.

Quando poi è vestito, le sue mani mi si appoggiano sulle spalle. «Res-pi-ra!»

Prendo un lungo respiro profondo. «Contento? Ora andiamo.»

Lo trascino fuori dalla stanza quasi correndo, afferro le chiavi di casa e, senza aspettare l'ascensore che finalmente hanno aggiustato, faccio i gradini a due a due trascinandomelo dietro. Una volta fuori, l'aria gelida e pungente mi colpisce il viso facendomi rabbrividire, ma non do' peso a quella sensazione sgradevole. Cammino fino al centro della strada e butto gli occhi al cielo. Sorrido. Logan, in silenzio, mi si avvicina infilando le mani dentro le tasche della felpa. Butta gli occhi al cielo e, insieme a me, aspetta. Attorno a noi, regna una pace e tranquillità quasi spettrale. Dopo qualche minuto di silenzio, sento i suoi occhi bruciarmi una guancia. Espira provocando con la bocca una nuvoletta di condensa.

«Ehm, d'accordo, vuoi dirmi perché stai costringendo entrambi a una broncopolmonite assicurata?» mi chiede cauto, quasi come se avesse paura di una mia reazione esagerata.

Sospiro torturandomi le mani, ma senza smettere di osservare il cielo.

«Aspetta e vedrai. Dagli un paio di minuti.»

Logan si guarda attorno, come se si aspettasse di vedere arrivare qualcuno.

«A chi?»

«Al cielo. Si sta preparando.»

«Per cosa?» È sempre più confuso.

Sorrido. «Per la magia più bella dell'anno.»

Logan sbatte le palpebre ma non dice nulla, si limita ad osservarmi in silenzio per lunghissimi minuti. Ad un certo punto inizio davvero a credere di essermi sbagliata. Eppure, il naso mi pizzica e prude come ogni anno in questo periodo, nell'aria si sente quell'inconfondibile profumo che emana il cielo quando si prepara a spolverare la città di un bianco luminoso, e l'assenza di suoni e rumori me ne dà la conferma. So che succederà a breve, non sono pazza. Chiamatemi sensitiva se volete, ma non pazza! All'ennesimo sbadiglio di Logan sono tentata di tirargli un calcio negli stinchi. Mi si piazza di fronte, oscurando per una manciata di secondi il cielo con la sua enorme corporatura. I suoi occhi stanchi si scontrano con i miei, e ne rimango così incantata che per un attimo mi dimentico perché siamo lì fuori.

«Lo sai che ti amo, Liv, ma questa situazione è del tutto surreale...» Posa le mani sulle mie guance facendomi inclinare la testa per guardarlo meglio. «Andiamo a dormire, dai.»

Sporgo appena il labbro inferiore. «Ancora qualche altro minuto. Sono sicura che avverrà tra poco!»

«Ti stai riferendo alla neve? Mi stai dicendo che siamo qui fuori perché sei convinta che prima o poi nevicherà? Il meteo è stato chiaro stasera: ghiaccio e temperature sotto zero per tutto il mese di Dicembre, amore...»

Scuoto la testa, perché so che il meteo si sbaglia. «Mi prude il naso, Logan!»

«E grattatelo, allora.»

Alzo gli occhi al cielo prima di lanciargli un'occhiataccia. «No, intendo che ogni volta che sta per nevicare ho delle... sensazioni. Non so come spiegartelo, ma so che tra pochi istanti scenderà il primo fiocco dell'anno.»

Adesso, Logan mi sta guardando davvero come se fossi pazza.

«Non posso credere alle mie orecchie. Aspetta la neve appollaiata alla finestra se vuoi, ma non ti permetterò di ammalarti solo perché...»

Non fa in tempo a finire la frase che un enorme fiocco bianco cade dal cielo e gli colpisce la punta del naso. La sua testa scatta verso il cielo in contemporanea con la mia, e la sua incredulità nel vedere altri fiocchi di neve simili piovere dal cielo mi fa scoppiare a ridere dalla gioia.

«Te lo avevo detto!» strillo, facendo una giravolta su me stessa e buttandomi tra le sue braccia già pronte per accogliermi. «Ti avevo detto che avrebbe nevicato!»

Gli occhi grandi e verdi di Logan sono luminosi mentre tenta di afferare i fiocchi che vanno a depositarsi sulla sua felpa. Accenna un sorriso ancora incredulo, come se fosse tutto un sogno e io la pazza da rinchiudere al manicomio. Logan mi guarda con un sorriso carico di amore, e a me trema forte il cuore.

«È vero, l'hai detto...»

«Non è bellissima?» gli chiedo, stringendolo a me e intrecciando le braccia dietro alla sua schiena. Logan si osserva attorno meravigliato, scrolla la testa liberandola dalla neve e ridacchia divertito nel notare il mio naso rosso simile a quello di Rudolph, la renna di Babbo Natale.

«È magica. Come cavolo facevi a saperlo? Voglio dire, il meteo era stato chiaro sulle previsioni.»

Scrollo le spalle, perché non l'ho mai capito nemmeno io. «Non lo so, so solo che ho questo sentore fin da quando ero bambina. Io e Ellie ci divertivamo un mondo in questo periodo dell'anno, perché grazie a me sapevamo sempre quando stava per nevicare prima di tutti gli altri, e questo ci dava un enorme vantaggio» gli spiego, sentendomi tutt'a un tratto timida.

Logan mi accarezza una guancia con un'espressione dolcissima e fiera in volto. Si sporge verso le mie labbra per baciarmi.

«Ora possiamo tornare in casa, Loreali Gilmore? Sto morendo di freddo» mi sussurra sulle labbra, dopo essersi staccato di un paio di centimetri.

Annuisco infilando la testa nell'incavo del suo collo e chiudendo gli occhi per una frazione di secondo.
La mia prima neve insieme a lui.
Può esserci qualcosa di più magico di questo momento?

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