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Capitolo ventiquattro - Jackson/ Ellie

Passato
Jackson

Osservo Ellie intenta a sbirciare fuori dalla finestra a braccia incrociate. Si sta martoriando il labbro inferiore con i denti da quando Liv, Logan e Mason hanno lasciato l'appartamento quasi mezz'ora fa. La cascata di ricci biondi le ricade dietro la schiena in perfetti boccoli, le punte sfiorano la curva del sedere quando butta la testa all'indietro con un sospiro esagerato. Sorrido compiaciuto, osservando per la millesima volta il suo bellissimo corpo avvolto da un paio di pantaloni neri della tuta e da una canottiera del medesimo colore talmente stretta da farmi percepire ogni sua curva mozzafiato.
È a piedi nudi, cammina scalza da quando la conosco. Le unghie sono laccate di nero esattamente come quelle affilate delle mani. Ora che ci penso, Ellie indossa perennemente il nero, ed è talmente sensuale in quelle vesti che non posso di certo lamentarmi sulla scelta del colore.

Apre la tenda fiordaliso e subito dopo la richiude, gesto che fa da una buona mezz'ora, come se la sua migliore amica potesse decidere all'ultimo minuto di tornare indietro e di portarla con sé a Los Angeles. Non accadrà, Ellie lo sa ma comunque non lo vuole accettare. Sospiro piano e mi stacco dal bancone su cui ero appoggiato distogliendo lo sguardo, mi piego per aprire il cassettone in basso e prendere una padella, dopodiché la deposito sulla piastra a induzione. Mi sto sforzando di decidere cosa cucinarle, Ellie è di buona forchetta e, soprattutto, il suo piatto preferito è: qualsiasi cosa gustosa e commestibile. Non mi è di molto aiuto, ma sono le nove di sera passate, domani avremo entrambi una lunga giornata, per cui devo preparare qualcosa che non sia troppo pesante. Il suo umore potrebbe nettamente migliorare o peggiorare in base a cosa le cucinerò, quindi dovrò essere meticoloso nello scegliere. Apro il frigorifero, passo in rassegna gli ingredienti e mi soffermo sul tappo del latte mezzo svitato. Afferro la confezione e ne annuso il contenuto che subito mi procura una smorfia schifata, una puzza nauseabonda mi fa rivoltare lo stomaco.

«Dio, Ellie, quante volte ti ho detto di chiudere bene il tappo del latte? È andato a male da chissà quanti giorni. Non dirmi che per tutto questo tempo lo hai bevuto comunque» la sgrido, cercando di provocare una reazione da parte sua. Mi volto nella sua direzione ancora con la confezione tra le mani.

Finalmente si gira a guardarmi. Le labbra morbide e sensuali sono dischiuse e rivelano una perfetta fila di denti bianchi, gli occhioni celesti sono leggermente inumiditi e questo basta per farmi capire che non è dell'umore per simili stronzate come quello di cui l'ho appena accusata. Eppure, litigare con lei è una delle cose che tiene viva la nostra amicizia, sentirla inveirmi contro o insultarmi non è peggio che vederla piangere. La Ellie arrabbiata so gestirla, mentre quella triste e malinconica no, e non perché sono un cazzo di insensibile, ma perché vederla piangere mi fa a pezzi il cuore. Cammina nella mia direzione in assoluto silenzio, poi si siede sullo sgabello del bancone prendendo un respiro profondo.

«Potrei essermene dimenticata» ammette con un filo di voce. «Scusa.»

Sbatto le palpebre frastornato. Da quando la conosco questa è la prima volta che mi si rivolge con così tanta gentilezza, e che soprattutto mi chiede scusa senza prima protestare un po'. Ha decisamente qualcosa che non va. Appoggio il contenitore del latte vicino al lavello, poi mi piego in avanti posando i gomiti sul bancone e inclino la testa nell'avvicinarmi a lei.

«Ellie?» La chiamo, facendole alzare lo sguardo vacuo nel mio. «Liv starà bene, te lo assicuro» le dico, perché so che è questo a preoccuparla maggiormente.

Solleva le mani incrociandole sul bancone, poi mi guarda dritto negli occhi.
«Non puoi esserne certo. Quello che passerà in questi giorni la cambierà totalmente, lo so.» Dischiude le labbra esalando un flebile respiro. I suoi occhi si abbassano incontrano il bancone e sfuggendo così ai miei. «Quell'uomo l'ha già fatta a pezzi una volta, e quando ricapiterà io non sarò lì con lei. Mi odio per questo, J.»

«No, hai ragione.»

Le afferro una mano con delicatezza, gesto del tutto bizzarro anche da parte mia visto che solitamente tra di noi ci sono solo spinte e schiaffi scherzosi. Faccio in modo che il suo sguardo abbandoni quello del bancone per incontrare nuovamente il mio. Accenno un sorriso d'incoraggiamento, e nel farlo alcune ciocche di capelli mi scendono sugli occhi. Cerco di spostarle con un cenno della testa, poi torno a prestarle attenzione.

«Non ci sarai, ma lei è lì con una persona che la ama da impazzire, anche se è un gran coglione. Non è sola, e sa perfettamente che se potessi saresti lì a sostenerla.»

Ellie si lascia scappare uno sbuffo divertito. «Già, ma non lo dire a Liv. Se lo facessi ti salterebbe al collo e ti strapperebbe la giugulare.»

Istintivamente mi porto una mano proprio in quel punto massaggiandomelo divertito. «Per carità, l'ultima volta che ho provato a farle capire che Logan era un cretino mi ha quasi accoltellato con il coltello che stavo usando per tagliare un pomodoro.»

Questa volta scoppia a ridere di gusto premendosi una mano davanti alla bocca. «Ti credo, considerato che quando ci ho provato io mi ha tirato i capelli con forza mentre era intenta a farmi una treccia. Sa essere perfida se vuole» commenta stizzita.

Rido. «È una donna ostinata, lo sappiamo bene entrambi. Quando vuole qualcosa, o qualcuno, nulla le impedirà di ottenerlo.»

«Credi che Logan la lascerà di nuovo? Voglio dire, so che di sua spontanea volontà non si azzarderebbe più a rifare lo stesso errore, ma con le denunce e tutto il resto...» Sospira pesantemente, ed io mi ritrovo a chiedermi se non sia una preoccupazione del tutto fondata. «Vorrei solo poter essere certa che il suo futuro sia migliore di tutta la merda che ha dovuto mangiare.»

Mi azzardo ad accarezzarle una guancia, gesto al quale lei risponde chiudendo gli occhi per qualche secondo. Cazzo, è davvero bellissima. Non ha la minima idea di quello che provo per lei, perché se lo sapesse probabilmente tenterebbe di scaraventarmi giù dalla finestra. Trattengo una risata scacciando quel pensiero.

«Purtroppo non possiamo sapere come andranno le cose, ma lei ora è felice con lui. È tornata ad essere la ragazza che entrambi conoscevamo, e preferisco mille volte vederla girovagare per la casa con la testa tra le nuvole ed un enorme sorriso sulle labbra, che convincerla a separarsi da ciò che più ama per un futuro a noi ignoto. Se il peggio dovesse capitare, noi saremo pronti a sostenerla.»

Ellie mi sorride dolcemente con gli occhi leggermente velati, e quando si accorge di averli umidi, abbassa la testa sfuggendo al mio sguardo. È pazzesco, anche in una situazione del genere prova a rimanere composta e quanto più fredda possibile, ciò che però non capisce è che ormai riconosco la paura che si cela dietro quelle iridi azzurre; non può nascondermi nulla, la sua anima e i suoi pensieri sono come un libro aperto per me.

«Come due supereroi, giusto?» mi chiede con l'accenno di un sorriso.

Ricambio con sincerità quel sorriso meraviglioso. «I migliori in circolazione, Els- Els.»

Ellie fa roteare gli occhi. «Dio, smettila di chiamarmi così!»

Ridacchio rigirandomi la sua mano calda, accarezzandole con i polpastrelli il dorso morbido e gustandomi la pelle così sensibile e vellutata, dopodiché tamburello le dita della mano libera sul bancone e mi alzo in piedi.

«Stavo pensando di cucinare qualcosa al volo. Hai fame?»

Annuisce. «Sì, un po'.»

«D'accordo. Semplici spaghetti con i pomodorini vanno bene?» le chiedo, aprendo nuovamente il frigorifero per prendere gli ingredienti.

«Perfetto. Abbiamo un vino da abbinarci?» vuole sapere.

Volto di poco la testa verso destra pensandoci, poi le faccio un cenno in quella direzione quando mi viene in mente di averne ancora una.

«Nello scaffale più in alto, dietro ai tuoi schifosi cereali rosa confetto, dovrebbe esserci una bottiglia di bianco.»

Ellie si alza dallo sgabello, e passandomi alle spalle per raggiungere il punto indicato, mi da uno spintone così forte da spingermi la testa dentro il frigorifero facendomela sbattere contro il ripiano. Ah, adesso la riconosco. Rido massaggiandomi la fronte nel punto che ormai sento dolorante.

«La solita indelicata» borbotto con uno sbuffo divertito.

Mi ignora. «Vorrei ricordarti che quei cereali che definisci schifosi, li hai mangiati praticamente tutti tu, idiota che non sei altro, per cui evita di insultare loro e di prendertela con me.»

Richiudo l'anta del frigorifero girandomi nella sua direzione dopo aver posato sul bancone gli ingredienti che tenevo in mano. Incrocio le braccia al petto appoggiandomi al bancone. «Hai dei gusti piuttosto discutibili, Ellie. E in ogni caso, è ovvio che li ho mangiati visto che mi hai rubato per settimane intere i cornetti con cui facevo colazione. Il mio è stato un gesto solidale nei tuoi confronti.»

Ellie apre lo sportello con più forza del normale, poi si sporge ad afferrare la bottiglia di vino alzandosi sulle punte dei piedi scalzi. Nel farlo, la sua canottiera si solleva rivelando il ventre piatto da cui intravedo il tatuaggio di un fiore rosa disegnato sulle costole. Deglutisco visibilmente a quella vista, e quando la sento grugnire per lo sforzo non riuscendo ad arrivarci, trattengo a stento una risata per evitare che mi lanci qualcosa in testa.

«Quindi divorarti i miei cereali è stato un gesto vendicativo?» mi chiede con un leggero affaticamento nella voce. «Non fa bene portare rancore, sai?»

In silenzio mi avvicino alle sue spalle, e nel sfiorarle la schiena con il petto la sento sussultare. Allungo un braccio toccando il suo, nel farlo mi scontro con il suo immancabile profumo ai Fiori di Arancio e Legni di Cedro che proviene dal suo bagnoschiuma. Lo riconosco immediatamente perché è lo stesso che un paio di settimane fa mi ha prestato quando mi sono accorto di avere finito il mio. Quel maledetto profumo dolciastro mi è rimasto addosso per giorni interi, e un po' ammetto che, nonostante fosse troppo mieloso per i miei gusti, era come avere sempre Ellie accanto.

Avrei voluto chiederglielo in prestito un'altra volta, fingere di non essere riuscito a passare al supermercato a comprare il mio, e quando mi ero poi deciso nel farlo, quel giorno Ellie e Liv avevano fatto la spesa e il bagnoschiuma che solitamente uso era comparso magicamente nella mia doccia. Non avevo più scuse da usare, per cui le ho ringraziate in silenzio pentendomi di non essermi fatto avanti prima. Eppure, non me lo sono mai scordato, non quando quel profumo si addiceva perfettamente alla sua pelle facendomi venire voglia di annusarla come un perfetto pervertito. Forse la mia stava diventando una vera e propria ossessione per lei. Espirando, afferro senza nessun problema la bottiglia in vetro e gliela porgo.

«Prego» le mormoro, così vicino al suo orecchio da farle trattenere il respiro. Sorrido soddisfatto scostandomi dal suo corpo caldo, impedendo alle mie mani di agguantarle la vita e di trascinala contro il mio petto.

Ellie espira piano, poi si volta a fronteggiarmi accentuando un sorriso di cortesia.
«Be', se non hai bisogno di me, vado a farmi una doccia.»

Faccio un altro passo indietro inarcando un sopracciglio, dimostrandole che è libera di andare ovunque lei voglia, da me compreso se ne sente la necessità.
«Mezz'ora ed è pronto, cerca come tuo solito di non tardare, la pasta fredda non è mai piaciuta a nessuno» la rimbecco istigandola volontariamente.

La sua bocca si solleva in un finto sorriso, e la sua mano fa lo stesso mostrandomi con tanta fierezza il dito medio. Finge un inchino beccandosi uno sbuffo divertito da parte mia.

«Sì, Chef. Sarò qui prima che che riuscirai a dire ad alta voce MasterChef

Divertito, ricambio il gesto poco femminile con cui mi ha additato, poi mi giro tornando ad occuparmi della pentola ancora posata sui fornelli, sorridendo come un perfetto cretino. Lavo i pomodorini ed inizio ad affettarli, dopodiché riempio l'acqua per la pasta e la metto sul fuoco. Mentre cucino, mi perdo letteralmente nei pensieri. Mi ritrovo a gettare di tanto in tanto lo sguardo nel corridoio con la speranza di vederla tornare. Ma che accidenti mi prende? Da quando in qua non riesco a controllare le mie emozioni quando si tratta di una ragazza? Il fatto è che Ellie non è una ragazza qualunque, è tutto fuorché come le altre. È testarda, cazzuta, imprevedibile, terribilmente sexy. Così tanto che mi sono ritrovato a fantasticare su di lei molte più volte di quanto dovrebbe essere legale farlo. Ellie tira fuori una versione di me che nemmeno sapevo esistesse.

Mentre accendo le solite ampolle in vetro con dentro candele al gusto vaniglia che ama tanto, mi accorgo che quel ragazzo timido e riservato che sono sempre stato, in sua presenza lascia il posto ad una versione più espansiva e senza peli sulla lingua.
Liv dice sempre che solo con le persone con cui ho confidenza mi lascio andare mostrandomi per chi sono davvero, e forse ha ragione. Sono pochi gli istanti in cui mi sento bene ed in pace con me stesso, il mio posto preferito è sempre stato casa insieme a mamma e papà o in cucina ad inventare nuovi piatti da far gustare, ma adesso il momento più atteso della mia giornata è quando torno a casa da quelle due ragazze scalmanate che sono riuscite, non so come, a tirarmi fuori da un guscio fatto d'acciaio. Su Liv non ho mai avuto alcun dubbio, ma Ellie... pensavo mi odiasse quando ci siamo conosciuti. Ora, invece, mi chiedo quando ho iniziato a provare questo turbine di sentimenti contrastanti e allo stesso tempo forti nei suoi confronti.

Sono stufo marcio di essere l'ombra di chiunque, l'amico o il migliore amico su cui contare, l'ex ragazzo della morta o l'amante di qualcuno. Anche io merito l'amore, anche io merito una felicità che inseguo da anni e che non fa altro che scivolarmi via, sempre più lontano, trascinandomi in dolorosi ricordi di un passato con cui ancora faccio i conti. Perché sì, ogni fottuto giorno ripenso alla sera in cui l'amore della mia vita mi è stata strappata via dalle braccia. La notte in cui ho perso Camilla, penso che una parte di me sia morta con lei. Il suono di lei che esala l'ultimo respiro mi ronza nelle orecchie in ogni momento della giornata, in particolare la sera, prima di addormentarmi. Non è stato facile capire come andare avanti dopo, eppure, un dopo c'è stato.

Dopo Camilla, non credevo che mi sarei più innamorato.
Il fatto che io sia disposto finalmente ad ammettere ad alta voce di essere riuscito a provare sentimenti per un'altra persona dovrebbe farmi sentire meglio, in realtà, da quando me ne sono accorto, ho provato solo sensi di colpa. Una sera, quando l'alcol mi ha annebbiato i pensieri sciogliendomi la lingua, ho infine esternato quello che non ero più disposto a tenermi dentro. Ho percepito addosso lo sguardo sorpreso di chi mi conosce bene, ho avvertito sulla pelle la diffidenza di chi non ha mai creduto che il mio amore per Camilla fosse reale. Logan mi ha osservato a lungo quando ho ammesso ad alta voce un qualcosa che non pensavo avrei provato ancora, e so benissimo che per pochi istanti si è sentito tradito da quella verità.

Probabilmente ha pensato che mi fossi liberato in fretta del ricordo della sua migliore amica, gettando via l'amore che ho sempre professato nei suoi confronti come se fosse stata solo uno sfogo passeggero e momentaneo, una ragazza qualunque capace solo di scaldarmi il letto. Non lo era, io sono stato follemente innamorato di Camilla. Mi sono accorto in fretta che l'espressione tesa sul viso di Logan si era poi dissipata. Lui capiva, stava cercando di andare avanti esattamente come me, e per quel poco che avevo iniziato a conoscerlo sapevo che avrebbe incoraggiato questi sentimenti anche da dietro il sipario. Non so perché in quel momento mi importasse così tanto della sua opinione, forse perché abbiamo voluto entrambi bene alla stessa persona anche se in circostanze totalmente differenti, e l'idea che mi stesse involontariamente dando la sua benedizione ha rimarginato un po' quella ferita che, nonostante gli anni, continuava a lacerarsi.

Per cui, ora non ho problemi ad ammetterlo ad alta voce: sono innamorato di Ellie.
Forse ne sono anche ossessionato, ma questa e tutt'altra faccenda.
Sono innamorato di Ellie, ed è questo il vero problema. Il perché? È semplice, sono sicuro che questo sentimento non è ricambiato. Non ho nemmeno ancora capito qual è stato il momento esatto in cui ho capito di essere innamorato di lei, forse sono state tante piccole cose che messe insieme mi hanno fatto arrivare ad un'unica conclusione. Non sono un'idiota, non così tanto da non capire la sottile differenza tra amore e attrazione, ma forse un po' da non essermi accorto che, a volte, l'amore arriva come un'uragano sempre e solo da una parte.

Il tempo passa mentre cucino, talmente veloce che non mi accorgo di stare impiattando con del basilico fino a quando Ellie non torna in salotto in punta di piedi e mi raggiunge proprio quando sto posando i piatti sul tavolino basso di fronte al divano. Si lascia ricadere su di esso con un gemito che mi fa alzare lo sguardo sulla sua figura slanciata. Bellissima.

«Cavolo che profumino, J.» squittisce sgranando gli occhioni. «Quando vuoi ti impegni proprio, eh? Forse, in fin dei conti, tutte quelle puntate che ci siamo sparati iniziano a dare i loro frutti.»

«Non riesco a capire se tu mi stia lodando o prendendo per il culo» le faccio notare inarcando un sopracciglio. «Perché, in caso non te ne fossi accorta, preparavo da mangiare come un fottuto Dio della cucina già da prima che venissi al mondo.»

«E sei anche molto vanitoso» commenta corrugando la fronte. «Ci sono altre qualità che hai voglia di elencare per sentirti meglio?»

«Mi pare che mi avessi definito "irritante ed egocentrico" qualche giorno fa in una delle tue solite sfuriate da pazza squilibrata, dobbiamo aggiungere pure vanitoso alla lista?» Le scannerizzo volontariamente il corpo solo per il gusto di vederla arrossire.

Le sue lunghe gambe, ora avvolte da un paio di legghins neri e stretti, mi costringono a mordermi il labbro inferiore con forza per non dirle esattamente ciò a cui sto pensando, ovvero che è bellissima. I capelli ancora umidi sono più ricci del solito, le guance sono arrossate per via del getto dell'acqua calda sulla sua pelle chiara, la canottiera bianca fatica a nascondere un seno splendido e grande al punto giusto. Sotto il mio sguardo penetrante, Ellie deglutisce, poi incrocia le gambe sotto un sedere perfetto e sodo, infila alcune ciocche di capelli dietro le orecchie e infine si sporge ad afferrare uno dei due piatti fumanti. Mi schiarisco la gola distogliendo lo sguardo prima di farmi venire un'infarto, afferro la bottiglia di vino stappandola, poi le riempio un calice e glielo sporgo. Lei lo afferra dallo stelo ringraziandomi.

«Sai di esserlo. Credi che io non ti senta mentre ti lodi da solo dopo aver preparato qualche piatto speciale in cucina?» mi chiede con un tono di voce metà tra il divertito e metà tra l'ironico.

Torno a posarle gli occhi addosso quando mi siedo accanto a lei. È incantevole il modo in cui annusa il profumo degli spaghetti lasciandosi sfuggire un gemito di puro piacere capace di farmi scalpitare il cuore, poi un enorme sorriso prende forma sulle sue labbra un attimo prima di soffiarci sopra. La lingua le sporge dalla bocca quando li avvolge attorno alla forchetta, ed è buffa quando mette su il broncio non appena il tutto le ricade nel piatto prima che riesca a portarsi gli spaghetti alla bocca. Mi lascio sfuggire una risata sotto l'occhiata truce che mi lancia, poi bevo un sorso di vino prima di imitarla e di iniziare mangiare. Ellie si sporge ad afferrare il telecomando della televisione per accendere sul canale che dà tutte le repliche di MasterChef, una prassi che ormai mettiamo in pratica ogni volta che ceniamo soli nell'appartamento. Si diverte come una pazza a giudicare piatti da lei considerati "non degni", imita la voce profonda e sicura dei giudici dopo aver assaggiato quello che le ho preparato, pronta a giudicarmi, ed entrambi ridiamo di gusto per le dinamiche assurde che si creano tra i concorrenti.
Non per niente, ma le mie serate con Ellie sono salite in pole position.

«Come diavolo si fa a presentare un piatto simile? Quell'uomo dovrebbe cambiare gli occhiali, oltre che il lavoro» commenta dopo un po' con un sospiro esagerato, come se quel concorrente fosse un suo conoscente e lei fosse davvero rimasta delusa dalla sua scelta.

Rido portandomi alla bocca l'ultima forchettata, dopodiché impilo il piatto sul suo accantonandoli entrambi sul tavolino che ci sta di fronte. Mi lascio ricadere sul divano, pieno e soddisfatto. Ellie si sistema meglio sui cuscini e mi allunga le gambe in grembo, poso una mano sulla sua coscia e, senza nemmeno rendermene conto, prendo a massaggiargliela con dolcezza.

«Sì, effettivamente non ha un bell'aspetto. Ha perfino sbordato nell'impiattare, ormai dovrebbe sapere che i giudici penalizzano per cose simili» le rispondo trattenendo uno sbadiglio.

«Be', almeno è consapevole di aver fatto una cazzata. Guarda come piagnucola!» Scuote la testa indignata, poi si allunga ad afferrare il calice di vino per lo stelo e se lo porta alla bocca. «È davvero buono. Che cos'è?» mi chiede curiosa.

I miei fottuti occhi s'incantano ad osservare la sua lingua mentre percorre il labbro inferiore con l'intento di acchiappare una goccia di vino, dimenticandomi per qualche istante la domanda. Solo quando inclina la testa e mi schiocca le dita davanti agli occhi, torno in me schiarendomi la gola. Devo assolutamente dirle tutto, non ne posso più di tenere questa cosa per me. Per cui prendo un respiro profondo, poso il mio di calice sul tavolino e ruoto il corpo in modo da averla di fronte. I suoi splendidi occhi trovano subito i miei, ed è come se una potente scarica di energia mi percorresse la colonna vertebrale riscaldando i nervi già tesi. Rabbrividisco per la potenza di quel momento.

«Ellie, possiamo parlare?» le chiedo con così tanta tensione da farla trasparire nella voce.

Sbatte le palpebre, poi finisce il vino con un lungo sorso e imita il mio gesto posando il calice accanto al mio. Si sistema più composta ma non sposta le gambe.

«Certo. Che ti succede, J.? Sei strano da qualche giorno» mi fa notare, come se non lo sapessi già di mio.

«Ci sono un po' di cose che mi piacerebbe dirti, ma prima di tutto vorrei sapere il motivo che ti ha spinta a lasciare Mason» le dico beccandomi un'occhiataccia da parte sua. «So che mi hai già detto che non sono affari miei ma-»

«E lo ribadisco» mi ammonisce stizzita. «A che diavolo ti serve saperlo?»

«Ma», continuo ignorandola «ho davvero bisogno di sapere se la tua è stata una scelta dettata da un sentimento verso qualcun altro o da un semplice rapporto che non funzionava più.»

Sospira pesantemente. «Jackson, no.»

Inclino la testa. «È davvero importante per me. Lascerei perdere in un'altra occasione, ma...» sospiro anche io. «Per favore, Ellie.»

Mi studia per un lungo istante, poi socchiude gli occhi e butta fuori uno sbuffo d'aria.
«Preferirei che la natura del rapporto tra me e Mason rimanesse privata, ma anche se non ho idea del perché ti interessa tanto saperlo, una delle motivazioni era che ho fatto una scelta che avrebbe portato il nostro rapporto a concludersi comunque, prima o poi. Sei contento?»

«Non molto in realtà.» E sono sincero, so per quanto tempo ha sofferto a causa di questa rottura, sarei un bastardo se gioissi per questa cosa. «Si tratta di quella lettera che ti è arrivata a casa un mese fa?» indago.

Il suo sguardo si solleva di scatto, gli occhioni si sgranano mentre cerca di capire come sono a conoscenza del suo piccolo segreto. «E tu come fai a saperlo? Hai frugato tra le mie cose per caso?»

Inarco un sopracciglio sbuffando. «Ti sembro quel tipo di persona?»

Ellie incrocia le braccia al petto con smania. «So che sei il tipo di persona che mi ripiega meticolosamente mutande e calzini e li sistema correttamente nel cassetto della biancheria intima, perciò dimmelo tu: sei quel tipo di persona, Jackson?»

La guardo un po' sbalordito, perché non ero sicuro in effetti che si fosse accorta di come trattavo con cura tutto ciò che era suo, poi scoppio a ridere. «Be', devo dire che i tuoi perizomi sono molto attraenti. Soprattutto quello leopardato...»

Ellie si sporge a tirarmi un pugno sulla spalla. «Dio! Avrei dovuto denunciarti non appena me ne sono accorta!»

Con una risata, mi massaggio il punto dolente. «Forse avresti dovuto.»

«Quindi? Se non hai aperto lettere non tue, come fai a saperlo?»

Gli lancio un'occhiata da sopra la spalla. «Ti ricordi quando siamo tornati a casa dopo la festa di Halloween? Eri così ubriaca da non reggerti in piedi, per cui ho dovuto portarti in braccio per tre rampe di scale, e dopo averti depositata sul letto mi hai chiesto di restare. Non ci ho trovato nulla di male in quel momento, non era comunque la prima volta che dormivamo assieme.»

Ellie socchiude gli occhi. «Oh, non accadrà mai più adesso che so quanto puoi essere invadente.»

Ridacchio. «Invadente? Ellie, ti sei letteralmente spogliata davanti a me.»

Le sue guance s'imporporano appena. «So di fare molte cazzate quando sono ubriaca, ma questo cosa diavolo centra con la lettera?»

«Ci stavo arrivando. Dunque, dopo esserti tolta il vestito davanti ai miei occhi, essere rimasta con il seno all'aria per Dio sa quanti interminabili minuti prima che decidessi di rivestirti, sei... scoppiata a piangere. All'inizio non volevi dirmi il motivo, continuavi a singhiozzare dicendo che non eri una buona amica e altre cazzate simili, e quando ho insistito un po' hai tirato fuori dal comodino quel plico di fogli e me lo hai fatto leggere» le spiego. «L'hai fatto di tua spontanea volontà, Ellie» aggiungo, quando la vedo corrugare la fronte come se non mi credesse.

Mi guarda negli occhi per un po', fino a quando non si rende conto che le ho detto la verità. A quel punto, si passa entrambe le mani sul viso, sfregandoselo.
«Ti prego, dimmi che Liv non sa nulla.»

«Certo che no, spetta a te parlargliene quando sarai pronta. Ho atteso anche io il momento in cui me ne avresti parlato, sapevo che di quella sera non ti saresti ricordata nulla.»

Ellie rimane in silenzio per un po', fino a quando non sono io a spezzare quel momento. «Che cosa vuoi fare?» le chiedo, sebbene l'idea che tra qualche mese sarebbe partita mi faceva tremare le gambe. Ancora non le avevo dichiarato i miei sentimenti e già sapevo che mi sarebbe mancata da morire. Assurdo.

Ellie esplode in una risatina ironica. «Niente, che diavolo dovrei fare? Partire e lasciare la mia migliore amica da sola in questo momento di merda?»

«Non è sola» le ricordo. «E in ogni caso, è giusto che anche tu pensi a quello che vuoi fare nel futuro. È un'occasione che potrebbe non ricapitarti più, Ellie.»

Solleva lo sguardo nel mio, ora umido di lacrime che non può permettersi di far scivolare sulle guance. Mi blocco dallo scuotere la testa contrariato. Piangi, Ellie. Piangi se ti fa sentire meglio. «Troveranno altri candidati migliori, Jackson.»

«Non credo che l'Università di South Wales sia della tua stessa idea. Ho fatto qualche ricerca, e so che selezionano solo quindici persone con una determinata media in tutto il mondo, Ellie. Cazzo, è un'opportunità che non ha eguali. È per questo che hai lasciato Mason?»

Sospira. «Tra le altre cose. Mason, a differenza mia, non ha mai pensato che uscire dall'America e abbandonare amici e famiglia fosse una buona idea. Quando gli ho raccontato che stavo progettando di stravolgere la mia vita, non l'ha presa bene. Ho capito in quel momento che volevamo cose completamente differenti, perché nonostante mi professasse amore non era disposto ad incoraggiarmi su questa cosa.»

«Mi dispiace» le dico, e sono sincero. «Penso che tu non debba abbandonare l'idea a priori solo per stare accanto a Liv. Lei non vorrebbe questo per te.»

«È la mia migliore amica, Jackson. Progettavamo la Columbia da quando ancora eravamo in fasce, come potrei lasciarla proprio ora? Adesso che sta affrontando una delle cose più brutte della sua vita? Sarei una pessima amica.»

Scuoto la testa con decisione. Mi sporgo ad afferrarle un braccio costringendola ad alzarsi e a sedersi sulle mie ginocchia. Lo fa senza battere ciglio, forse troppo sorpresa dal mio gesto per ribattere, o forse perché troppo persa a riflettere sulle mie parole. Il suo braccio mi cinge le spalle in automatico, e il suo corpo si rilassa contro il mio. La stringo forte a me, posando l'orecchio proprio dove il cuore le batte più forte. Mi rilasso sotto il suo inconfondibile profumo quando le sue unghie mi accarezzano il collo. La cascata di ricci biondi mi ricade un po' sul viso facendomi il solletico, ma sono così estasiato all'idea di averla tutta per me per un po' che sopporto quel fastidio senza emettere alcun suono. Mi trattengo dal baciarle la vena che le pulsa sul collo.

«Sidney non aspetta altro che te, Ellie Walker. Certo, l'Australia non è dietro l'angolo e dovrai abbandonare tutto qua, ma... cazzo! Se tutto andrà come previsto diventerai una delle biologhe marine più ricercate del paese! Tesoro, parlane con Liv, non rimandare, dille tutta la verità, sono sicuro che sarà felicissima per te e, come me, ti incoraggerà ad inseguire questo sogno.» Il mio naso le sfiora il mento facendole prendere un respiro profondo. «Non hai idea di quanto io sia orgoglioso di te, Ellie.»

Il suo sguardo ora si abbassa a cercare il mio, e quando i nostri occhi finalmente si trovano, le regalo un sorriso sincero. «Lo sei davvero? O me lo dici solo perché così finalmente non dovrai più sopportare la mia presenza?» scherza.

Questa volta mi faccio serio, smorzando appena il sorriso. «So che se dovessi partire mi mancheresti da morire, e non lo dico perché siamo amici. L'idea che tra qualche mese non ti vedrò più gironzolare per casa mi fa venire il voltastomaco.»

La mia presa sul suo corpo si fa più salda, mentre le sue labbra si dischiudono appena. «E perché allora?»

La guardo dritta negli occhi, con un'intensità tale che se fossimo in piedi le nostre gambe sarebbero di gelatina. Sei così bella, Ellie. Così dannatamente perfetta ai miei occhi che vorrei urlartelo in faccia solo per il gusto di vederti arrossire violentemente.

«J.?» La sua voce trasuda insicurezza, come se temesse che potrei svenirgli addosso da un momento all'altro. Forse potrei farlo, percepisco un ronzio così assordante nella testa da farmi sbattere le palpebre un paio di volte. Sento il cuore martellarmi con violenza nel petto, un suono così frastornante da farmi rizzare i peli della nuca. Il mio respiro accelera facendomi sollevare il petto a scatti. Tremo. La mia mano scivola sulla sua nuca, premo delicatamente le dita in quel punto facendole avvicinare il viso al mio. Ellie smette di respirare, e forse solo i nostri cuori che battono all'impazzata sono l'unico suono udibile nell'appartamento. Con la mano libera le accarezzo il fianco facendola rilassare, il suo corpo si è teso come la corda di un violino.

I nostri nasi si sfiorano e lei socchiude gli occhi. Non mi trattengo più.
«Perché io ti amo, Ellie. Sono innamorato di te» butto fuori con il respiro tremolante.

Subito dopo, c'è un momento di silenzio. Il ronzio nella mia testa si fa più opprimente, più pressante, così tanto da procurarmi un mal di testa lancinante.
Ellie riapre gli occhi di scatto, scostandosi appena e sfuggendo al tocco dei nostri nasi.

«Tu... che cosa?»

«Ti amo e sono innamorato di te» ripeto, aumentando la stretta sul tuo fianco. I suoi occhi sgranati mi osservano sconvolti.
Bum. Bum. Bum.

Sbatte le palpebre confusa. «Non stai scherzando» appura sconvolta.
Be', non proprio la reazione che mi sarei immaginato, ma nemmeno lo scenario peggiore.

«Per niente.»

«Mi ami e sei... sei innamorato di me

«Non sono mai stato così serio in tutta la mia vita, Ellie. So che la cosa potrebbe scombinarti un po', ma-»

«Scombinarmi?» ripete.

Inclino la testa. «Sei diventata un pappagallo per caso?»

«No io... forse sì, sono sconvolta.» Fissa un punto impreciso della stanza, poi torna a guardarmi. «Non puoi amarmi, Jackson.»

Questa volta tocca a me scostarmi appena da lei come se mi avesse bruciato con una sigaretta. «È perché non ti piaccio abbastanza? Si tratta del mio aspetto fisico?»

Ellie sbatte nuovamente le palpebre come se l'avessi insultata. «No, J., certo che no. Tu sei bellissimo, dico sul serio.»

«Va bene. Se non sono io il problema, allora è perché sei ancora innamorata di Mason?»

«No! Se ne fossi ancora innamorata credi che sarei seduta sul divano ad affrontare questa cosa con te?» mi chiede indignata.

«Questa cosa» ripeto, lasciandomi scappare un sospiro. «Quando ho deciso che ti avrei detto ogni cosa stasera sapevo che c'era la possibilità che non ricambiassi, ma non pensavo che i miei sentimenti ti avrebbero dato così tanto fastidio.»

Ellie mi guarda con occhi lucidi e il mento alzato, fatica a mantenere il contatto visivo con il mio, ma questo non le impedisce di fingersi forte. «Tu non puoi amarmi» mormora con un groppo in gola.

«Non mi frega un cazzo se tra meno di un anno sarai dall'altra parte del mondo, Ellie! Se è questo che ti preoccupa, voglio che tu sappia che non farò mai nulla per impedirti di realizzare i tuoi sogni. Sei una donna libera e indipendente, puoi fare ciò che vuoi con la tua vita. Ti sto solo dicendo che, se fossi disposta a darmi una possibilità, potrei ancora renderti felice.»

Questa volta una lacrima sfugge al suo controllo, le scivola sulla guancia accarezzandogliela dolcemente fino ad arrivarle al mento. Ellie si premura poi di asciugarsela con il dorso della mano, dopodiché mi afferra il mento tra le dita e avvicina la testa alla mia. «Non è questo che mi preoccupa, J. Devi ascoltarmi, dico sul serio, lasciami perdere.» Mi accarezza una guancia con delicatezza, fa per alzarsi ma la trattengo sulle mie gambe con una presa più decisa.

«Non hai intenzione di dirmi cosa c'è che non va, vero?» le mormoro sulle labbra. Una mano che le stringe il polso e l'altra posata dietro la sua nuca.

Scuote appena la testa. «Ho i pensieri incasinati in testa, e so che se ti dicessi qual è il vero motivo proveresti in tutti i modi a farmi cambiare idea, ma non si può. Rimaniamo amici, J.»

«È un po' tardi per questo» le sussurro, prima di colmare la poca distanza che separava le nostre labbra e di baciarla.

Ellie ricambia il bacio, le lacrime prendono a rigarle il viso senza più trattenersi. Piange sulla mia bocca stringendosi a me mentre la cullo tra le braccia e le nostre labbra si incontrano più volte alternandosi tra baci dolci e alcuni più passionali. Il mio cuore scalpita nel petto a quelle sensazioni, il cervello mi va in tilt e l'unica cosa a cui riesco a pensare è che adesso nessuno potrà più separarmi da lei. Fanculo al passato, fanculo a qualsiasi cosa le stia passando per la testa, fanculo ad un futuro ancora incerto. Continuo a baciarla fino a quando i suoi singhiozzi si fanno più rumorosi, tanto da costringermi a staccarmi dalla sua bocca per lasciarla respirare.

Le accarezzo le guance con i polpastrelli, la fronte appoggiata alla sua e i nostri respiri corti che si danno battaglia. «Va tutto bene, Ellie. Respira.»

Ma lei scuote la testa e chiude con forza gli occhi. «Non so come farlo funzionare, J., non so come dimenticare» ammette, prima di staccarsi nuovamente da me e di alzarsi in piedi senza degnarmi di un'ulteriore spiegazione.

Questa volta glielo lascio fare. Questa volta, quando lascia la stanza per rifugiarsi nella sua camera sbattendosi dietro la porta, il mio cuore si spezza in due.
Eppure so che, nonostante tutto, mi sarà difficile smettere di amare Ellie Walker.


Presente
Ellie

Sono incazzata nera.
Anche ubriaca, lo ammetto, ma soprattutto incazzata.
Sono così tanto fuori di me che potrei dare fuoco all'intero locale con uno sbuffo, tanto è ardente il fumo che mi esce dal naso. Se aprissi bocca ora, sputerei fiamme talmente alte da bruciare chiunque qui dentro, soprattutto una bionda in particolare che non fa altro che ballare con Jackson da quelle che mi sembrano interminabili ore.
Sono gelosa, cazzo se lo sono. Non ho problemi ad ammetterlo ad alta voce, né tanto meno mi farei problemi a farmi largo tra i tanti corpi sudati per strappargli Jackson dalle grinfie. Vorrei davvero commettere quello che nella mia testa sia quanto più simile ad un omicidio, ma devo prima capire se questo gesto ne vale la pena. Potrebbe essere un semplice impulso che non porterà a niente di buono se non solo scompiglio, potrebbe essere l'ennesima delusione dell'ultimo periodo, o magari quello che sento è tutto vero ed è ora che lo tiri fuori.

Paradise club. Fanculo anche a Reed e alle sue idee strampalate. Perché diavolo non sono rimasta a casa a farmi gli affacci miei?

Stringo forte tra le mani il bicchiere di birra gelato guardando il punto esatto dove due corpi sudati si strusciano l'uno sull'altro in mezzo ad un quantitativo non indifferente di persone, canzone dopo canzone. Non so da quanto tempo sono seduta al bancone del bar, non che mi importi granché, ormai la mia serata è rovinata. L'unica cosa di cui ringrazio Jackson e di avermi procurato un documento falso, in questo modo il barista non fa domande mentre gli chiedo in continuazione di riempirmi il bicchiere.
Strabuzzo gli occhi infastidita. Bevo l'ennesimo sorso sotto le luci stroboscopiche del locale e l'assordante musica da discoteca, chiedendomi fino a che punto posso bere prima di riuscire a non percepire più questa sensazione sgradevole alla bocca dello stomaco. No, non è nausea, è gelosia. Pura ardente gelosia capace di logorarti vivo se non stai attento, e io non sono stata attenta. Non ho nessun diritto di sentirmi in questo modo sgradevole, non dopo come ho reagito quando Jackson mi ha confessato i suoi sentimenti. Cazzo, ricordo quel momento come se fosse ieri. Passato lo shock iniziale avrei voluto dirgli che quello che provo per lui è lontano anni luce da una semplice amicizia, ma non potevo. È... complicato.

Sono stata una codarda, in quel momento. Di solito non lo sono. Ho l'abitudine a non avere peli sulla lingua, a non mettere a tacere emozioni e sentimenti. Se ti amo te lo dico, so esternarlo, lo capisci. Se mi stai sul cazzo vale la medesima regola. Ho dovuto mordermi la lingua con forza per non lasciare parlare il cuore, e questo perché prima di parlarne con Jackson avrei voluto farlo con Liv, la mia migliore amica, forse la causa di questo trambusto. Sia chiaro, non la incolpo per nulla, quello che è successo tra lei e Jackson è acqua passata, o almeno dovrebbe esserlo. È ovvio che provo qualcosa per lui, ma come posso amarlo quando ha frequentato quella che per me è come una sorella? Quando lei non si è fatta problemi a raccontarmi le loro prime uscite insieme? O i loro baci nel dettaglio? Se ci penso mi viene la nausea, santo cielo. So che è stato prima, prima di Logan e prima di me, ma tra di loro c'è comunque un passato che non può essere cancellato da un giorno all'altro, e soprattutto non posso dimenticare quanto Jackson non abbia fatto che parlare di lei per tutta l'estate.

"Se solo avesse scelto me e non Logan, io l'avrei resa felice."
Come posso credere che abbia dimenticato i suoi sentimenti per la mia migliore amica? Come può professare amore nei miei confronti se in questi mesi sono stata con un altro ragazzo? Da dove arriva questo amore? Perché proprio io? Cos'ho di speciale? Ha dimenticato Camilla? Sono tutte domande che mi assillano da settimane, ma nonostante ciò non posso negare quanto i miei sentimenti nei suoi confronti si siano rafforzati dopo quella sera. Sapevo già di provare qualcosa per lui, ma era un qualcosa di non ancora definito, non che adesso lo sia. Vederlo con altre ragazze stasera mi ha dato la conferma di una cosa di cui ero già a conoscenza: se ancora non ero innamorata di lui, lo sarei stata ben presto. E questo era un problema.

Un profumo inconfondibile di vaniglia e cocco mi distrae momentaneamente dal nauseante spettacolo a cui sto assistendo. La percepisco al mio fianco, non può essere che lei. Liv si siede sullo sgabello accanto a me con tutta la grazia che possiede, posa un braccio sul bancone leggermente umido a causa dei diversi drink, poi mi fa voltare nella sua direzione afferrandomi per le ginocchia nude. Nel farlo, mi scontro con due gambe perfettamente accavallate le une sulle altre, osservo l'abito dorato e glitterato che le fascia e rende sinuoso il corpo, uno scollo a cuore che le lascia le spalle nude ed esposte, ed un taglio di capelli che si adatta perfettamente al viso ovale. Quando risalgo con lo sguardo e incontro i suoi occhi truccati ed un sorriso imbrattato di rossetto, sento la rabbia affievolirsi leggermente.

«Dunque», esordisce, alzando un po' la voce per farsi sentire e dando una lunga occhiata a ciò che ci circonda «non sono abituata a vederti arrabbiata e con il muso lungo, solitamente questo è un comportamento che adatterei io. Vuoi dirmi che ti sta succedendo o hai intenzione di tenermi allo scuro da tutto ancora per molto?»

Mi costringo a sollevare le labbra in un sorriso che è tutto fuorché vero.
«Non so di cosa stai parlando, mi sto divertendo un mondo seduta a scolarmi una birra dietro l'altra» le dico in modo sarcastico, facendole inarcare un sopracciglio. Bevo un altro sorso di quel liquido ormai innacquato. «La serata si è già rivelata una noia mortale? Altrimenti non mi spiego perché sei qui a perdere tempo con un'ubriaca» ribatto piccata senza nessun motivo in particolare. Liv sussulta, ed io socchiudo gli occhi pentendomi all'istante di quelle parole. Quando li riapro e torno a guardarla, il suo sguardo si è addolcito appena. «Scusami» mormoro. «Non volevo essere così stronza.»

Liv inclina la testa e mi afferra una delle due mani, quella che non impugna con forza il bicchiere di birra. Accenna un sorriso. «Non lo sei stata, e si da il caso che quell'ubriacona sia la mia migliore amica. Non vorrei essere in nessun altro posto, anche se hai passato la serata a farmi perdere le tue tracce. Volevi stare da sola, lo capisco, ma adesso sono qui. Ti va di dirmi cos'è che ti fa tanto arrabbiare?»

«Mi prenderesti per pazza se te lo dicessi» mormoro tornando a fissare il punto in cui ora Jackson ha ficcato la lingua in bocca a quella ragazza. Rabbrividisco e trattengo a stento un conato di vomito. Forse dovrei smettere di bere.

«Mettimi alla prova» mi risponde, dandomi una spintarella affettuosa con la spalla.

Quando capisce che non ho intenzione di rispondere, segue curiosa il mio sguardo.
«Uhm», si picchietta il labbro inferiore con l'indice. «Sei arrabbiata con il biondo dagli occhi azzurri alla mia sinistra che sta ballando con una moretta tutto pepe, o con quello di destra dagli occhi scuri che sta... bleah» fa una smorfia disgustata.

«Già» concordo con la stessa espressione. «Sembra che se la stia mangiando.»

«Quella bionda non avrà più le labbra a fine serata» ridacchia, ed io vorrei solo tirarle un calcio per farla smettere.

«È un finto biondo. Come fai a non accorgertene? Se guardi meglio si vedono pure le extension.»

Liv si volta ad osservarmi a rallentatore, ed un leggero sorriso le appare sulle labbra rosso fuoco. «Be', qualsiasi sia il suo colore, io ho la mia risposta, e finalmente oserei aggiungere.»

Imito la sua posizione distogliendo lo sguardo da quella scena patetica. Rifletto i miei occhi azzurri nei suoi. «Ha detto di amarmi, dannazione» ammetto finalmente, cogliendola di sorpresa. «Ha detto di amarmi e ora ficca la lingua in bocca a mezzo locale? Che si fotta.»

«E tu che gli hai risposto quando te lo ha detto? Perché per settimane entrambi mi avete ripetuto che "tra voi non c'era nulla". Ma non mi sembra affatto nulla visto il tuo attuale umore, e conosco abbastanza bene Jackson da sapere che sta provando ad andare avanti.»

«Cavolo, scricciolo, sul serio me lo stai chiedendo?» le domando con uno sbuffo nasale.

«È per via di quello che è successo con Camilla? Sono quasi passati due anni, tesoro.»

Scuoto la testa passandomi una mano sulla fronte. «No, cioè so che se provasse ancora qualcosa per lei non mi avrebbe detto determinate cose.»

«E allora cosa c'è?» insiste toccandomi la spalla con dolcezza. «Dimmelo.»

«Il problema sei tu, Liv» le dico con un enorme sospiro. «Tu e Jackson avete avuto una storia mesi fa, vi siete frequentati e... baciati. Per Dio, ricordo ancora le nostre conversazioni telefoniche in cui mi raccontavi per filo e per segno l'interno della sua bocca neanche fossi un dentista» sbuffo, abbassando poi lo sguardo.

Le labbra di Liv fremano appena quando rialzo lo sguardo, ora imbarazzato, nel suo. «È per questo che non vuoi averci una storia? Perché io e lui ci siamo baciati un paio di volte? Ellie, merda, perché diavolo non me ne hai parlato subito?»

«Ne ero imbarazzata, Liv» ammetto sentendo le guance imporporarsi all'istante. «Provo sentimenti che non dovrei provare visto la natura del vostro rapporto. Sei la mia migliore amica, e se ben ricordo la prima regola dell'amicizia è quella di non finire a letto con l'ex della tua amica. O anche solo baciarlo, e io e lui ci siamo già baciati.»

«Aspetta... vi siete baciati? Quando?» esclama, posandomi entrambe le mani sulle guance per costringermi a guardarla in faccia.

«Lui mi ha baciata in realtà. Non è importante questo, Liv. Come gli ho già detto, non possiamo avere un futuro, e intendo mantenere la parola data anche se significa sopportare questo schifo.» Con la mano gesticolo in direzione della pista da ballo.

«Ellie», Liv mi accarezza le guance piantando gli occhi del mio stesso colore nei miei. «Ascoltami bene, perché te lo dirò una volta soltanto: io e Jackson ci siamo frequentati per meno di un mese, le poche volte che siamo usciti le abbiamo passate a parlare delle nostre vite, e ci siamo baciati davvero poco. Dopo la prima volta, forse la più intensa, le altre volte non ci sono stati che baci fugaci e troppo casti per definirsi dei veri baci. C'è stata una breve intesa fisica, che è quasi subito sfociata in qualcosa di mentale. Sei libera di provare per lui qualsiasi cosa tu voglia, Ellie.»

«E che mi dici di lui? Fino a quest'estate sembrava non riuscisse a stare lontano da te.»

«Era attrazione, ma se c'è qualcuno che può rassicurarti su questo è lui. Parlaci, Ellie. Non lasciarti trasportare da emozioni negative e da un passato che non è quello che credi.» Mi sorride dolcemente.

«Non ti da proprio fastidio? Voglio dire, sono quasi certa che tu ci tenga a lui.»

Annuisce. «Ed è così. Tengo a Jackson, ma non nel modo in cui credi tu.»

Prendo un respiro, distolgo lo sguardo dal suo per puntarlo sulla pista da ballo, dove il suo corpo si sta ancora muovendo a ritmo con la musica insieme a quella ragazza. Sembra non essersi accorto del mio sguardo di fuoco, strano. La sua nuca a quest'ora avrebbe dovuto prendere fuoco e il suo corpo sciogliersi in cenere. Sospiro, chiudo gli occhi per una frazione di secondo e mi concentro sui battiti irregolari del mio cuore. Va tutto bene, Ellie. Fai quello che ti senti di fare, non è mai sbagliato. Torno a guardare la mia migliore amica, ora con un ampio sorriso sulle labbra talmente luminoso da fare concorrenza alla luna di questa sera.

«Ti voglio bene» mi dice. «Vieni a ballare con me, fatti passare la sbronza e domani potrai-»

«Domani?» la interrompo, saltando giù dallo sgabello e sistemandomi il vestitino blu elettrico che mi era risalito troppo sulle cosce. Butto i lunghi capelli dietro alla schiena facendoli ondeggiare, poi afferro il bicchiere di birra, che precedentemente avevo posato sul bancone e, con un unico sorso, ne finisco il contenuto.
«No, vado a riprendermelo adesso. Domani è tardi.»

Anche Liv scende dal bancone, guardandomi come se mi fosse appena spuntata un'altra testa. «Ne sei sicura? Sei ubriaca» mi ricorda. «Potresti dire o fare qualcosa di cui poi domani ti pentirai.»

Le regalo un'occhiolino pulendomi la bocca con il dorso della mano.
«Guarda e impara, scricciolo.»

Le mando un bacio volante prima di buttarmi nella mischia, facendomi largo tra corpi sudati e mani che si allungano un po' troppo. In un'altra occasione mi sarei fatta toccare più che volentieri, ma adesso il mio obiettivo è Jackson. Poco più avanti intravedo la sua ampia schiena e le spalle muscolose avvolte da una camicia bianca, le maniche sono arrotolate sulle braccia muscolose fino ai gomiti, e il suo sedere tonico è avvolto da un paio di jeans chiari. Espiro reprimendo l'impulso di toccarlo. Titanium di David Guetta risuona nelle casse dandomi la giusta carica. Inspiro ricordandomi il motivo per cui mi trovo lì. Allungo il braccio battendogli una mano sulla spalla, aspetto che si stacchi da quella sanguisuga e che si volti nella mia direzione prima di affrontarlo, quando lo fa mi piazzo entrambe le mani sui fianchi. I capelli arruffati mi fanno socchiudere gli occhi, gli occhi leggermente sgranati quando mette a fuoco la mia figura e le labbra gonfie mi fanno venire voglia di fargli un anche occhio nero. Sorride cingendo il fianco della bionda, che ora mi trucida con gli occhi, infelice della mia intromissione.
Povera stronza, non sa che sto per cacciarla.

«Ciao, Ellie. Hai bisogno di qualcosa?» La sua voce baritonale si fa più forte, permettendomi di sentirlo anche sotto la musica assordante.

«Hai dimenticato di cenare, per caso? Perché a forza di mangiarle la faccia, le risucchierai anche l'anima» sbotto inviperita.

Jackson inarca un sopracciglio, divertito e sorpreso dalla mia sfuriata.
«Be', anche se fosse? È un bel bocconcino da mandare giù.»

Le sorride lascivo prima di mordicchiarle il collo facendola strillare e contorcere. Le mani di lei gli arpionano le braccia possenti, e a me va il sangue al cervello. Sento le mani prudermi tanto è la voglia di prendere entrambi a calci. Jackson mi lancia un'occhiata di sbieco accennando un sorriso, ed io trattengo l'impulso di mandarlo a farsi fottere.

Stringendo i pugni lungo i fianchi, guardo la ragazza. «Vattene, lasciaci soli. Devo parlare con lui.»

La bionda mi guarda con aria sprezzante, prima di sistemarsi i capelli dietro la schiena con un movimento della testa. «Come, scusa? Non hai nulla di meglio da fare che romperci le scatole? È pieno di ragazzi con cui puoi divertirti» mi dice con un gesto plateale della mano.

«Hai ragione, ma si dà il caso che il ragazzo che saldamente tieni tra le grinfie non sia più libero. Perciò, non te lo ripeterò un'altra volta: levati dalle palle o te le suonerò così forte da farti tornare del tuo colore naturale.»

Jackson sbatte le palpebre alle mie parole, ed è l'unico segno da parte sua che mi fa capire quanto sia sorpreso. Mi guarda a lungo negli occhi, così tanto che il tempo passa e nessuno dei due si accorge che la ragazza mi sta vomitando addosso parole orrende, ignara del fatto che non le stiamo più prestando attenzione. Deglutisco, Jackson dischiude le labbra per dirmi qualcosa, poi ci ripensa e finalmente si volta a guardare la ragazza che ancora le sta a fianco. Tiene un occhio sempre puntato nel mio, assicurandosi che non sia tutta un'allucinazione.

«Ti chiamo, d'accordo?» la liquida, posandole una mano sulla spalla.

La ragazza sgrana gli occhi, incredula. «Cavolo, ma dici sul serio?»

Non riesco a tenere la bocca chiusa. «Non lo farà. Non ti richiamerà, fattene una ragione.»

Jackson fa una smorfia, un po' mortificato. «No, è vero. Non lo farò. Mi dispiace, Caroline.»

Sul viso di lei, rabbia e imbarazzo si danno battaglia. Fa passare lo sguardo su entrambi, ci maledice con una sfila di imprecazioni quasi urlate, poi gira sui tacchi e si allontana inviperita. Io e Jackson rimaniamo a fissarci in silenzio, occhi contro occhi, persi in una tempesta di sguardi. La musica diviene sottofondo, a malapena percepisco Freaks di Timmy Trumpet risuonarci nella cassa toracica a ritmo con i nostri cuori.

Inclina la testa e incrocia le braccia. «Di cosa vuoi parlare?» mi chiede, alzando la voce per sovrastare anche i miei pensieri oltre che la musica.

Con la testa faccio un cenno verso la terrazza del locale che porta all'esterno. «Fuori» gli dico, prima di voltarmi e camminare in quella direzione. Sento che mi segue anche senza dovermi girare. Apro le porte a spinta senza fatica, l'aria gelida di quei primi giorni di dicembre mi fa rabbrividire, ma non le do importanza. Proseguo fino a quando non trovo un posto appartato, lontano da occhi e orecchie indiscrete. Poi, prima di voltarmi per affrontarlo, chiudo gli occhi per una frazione di secondo e prendo un respiro profondo.

«Maledizione, J.! Avevi intenzione di scopartela davanti a tutti?»

Jackson fa schioccare la lingua, infila una mano in tasca e tira fuori il solito pacchetto di Marlboro rosse. Se ne infila una in bocca che poi accende abilmente con l'accendino. Inspira prima di rispondermi. «Ce ne hai messo di tempo, bionda.»

Scuoto la testa e incrocio le braccia al petto. «Di che diavolo stai parlando?»

Jackson sogghigna continuando a fumare. Si appoggia alla ringhiera in vetro che si affaccia sull'oscurità, poi incrocia una caviglia davanti all'altra osservandomi.
«Sono settimane che provo in tutti i modi ad aprirti gli occhi per farti affrontare una verità scomoda. Quello che hai visto stasera, è stato un sacrificio necessario.»

Mi sfugge una risata ironica. «Quello sarebbe un sacrificio? Non mi pare che fossi tanto dispiaciuto quando hai scambiato saliva con ogni donna disponibile!»

«Caroline non mi piaceva, mi sono avvicinato a lei solo per scatenare qualcosa in te, e a giudicare da quello che vedo mi sembra di esserci riuscito.» Sorride con arroganza.

Scuoto la testa non credendo alle mie orecchie. «E come avrebbe potuto piacerti? È una finta bionda tutta tette e niente cervello» commento disgustata.

«In realtà, è molto intelligente. Sai che è al terzo anno di medicina?»

Socchiudo gli occhi. «Ti sembra che la sua vita privata mi interessi qualcosa?» Sbuffo ancora. «E che mi dici delle altre due bionde con cui hai ballato tutta la sera? Anche loro erano un male necessario?»

Jackson corruga la fronte. «Parli di Sarah e Jasmine? Molto belle anche loro.»

Mi mordo con forza la lingua per non assestargli un pugno nello stomaco. Si stacca dalla ringhiera e si avvicina al cestino per buttare il mozzicone, dopodiché infila le mani nelle tasche dei pantaloni e mi si avvicina. Quando è a pochi centimetri da me, trattengo il respiro. La sua acqua di colonia si fa spazio nelle mie narici, facendomi così inspirare di colpo il suo odore di buono. Alzo la testa per incontrare i suoi occhi, le sue labbra sono appena sollevate in un sorrisetto sfrontato. Non mi tocca, ma il suo corpo emana così tanto calore che è come se lo stesse facendo.

«Sei in fissa con le bionde?» gli chiedo con sfida.

Jackson accentua il sorriso. Avvicina la testa alla mia, il suo naso perfetto sfiora il mio, alcune ciocche di capelli gli ricadono davanti al viso solleticandomi una guancia. La bocca si avvicina pericolosamente al mio orecchio, facendomi scalpitare il cuore al ritmo del galoppo dei cavalli. «Sono in fissa con te, Ellie.»

Butto fuori l'aria che avevo trattenuto. Si allontana dal mio orecchio per rimettersi dritto e guardarmi nuovamente in faccia. «Te lo ripeto, tutto quello che ho fatto nelle ultime settimane era per te. So che anche tu provi qualcosa, sarei un pazzo a credere il contrario.»

«È vero» butto fuori. «Provo qualcosa per te.»

«E allora che cosa ti ha frenato fin ora?»

«Sei ancora innamorato di Liv?» gli chiedo a bruciapelo.

Jackson si allontana appena sbattendo le palpebre di quei suoi meravigliosi occhi scuri. Mi scruta a fondo, probabilmente per capire se la mia domanda è seria. Le labbra gli fremono appena quando alzo il mento, pronta a dimostrargli che voglio una risposta sincera.

«Non sono mai stato innamorato di lei. Forse ho provato attrazione, forse ho creduto che lei potesse farmi dimenticare il passato, forse ho pensato che potesse essere quella giusta.»

«E non era così?»

Scuoto la testa. «Non da quando ho conosciuto te più a fondo, Ellie.»

Mantengo il mento alto e lo sguardo serio, provando in tutti i modi a non lasciarmi scalfire dalle sue parole dolci e ipnotizzanti, anche se lo vorrei. Vorrei smetterla di fargli questo terzo grado, lasciarmi abbracciare e ammettere ad alta voce che ciò che prova lui lo provo anche io, ma non posso. Non ancora.

«Hai detto di amarmi. Quando l'hai capito? Perché io? Come fai ad essere sicuro che sia amore e non attrazione?»

Jackson si passa una mano sul mento, dopodiché torna ad appoggiarsi alla ringhiera. Lo seguo sentendo la pelle d'oca farsi largo puntinandomi le mie braccia.

«La Ellie che conosco io avrebbe più stima verso se stessa» mi ricorda, inchiodandomi con lo sguardo.

«Lo sono, è solo che non capisco. Per tutto questo tempo ho avuto l'impressione che i tuoi sentimenti fossero diretti verso la mia migliore amica, non per me.»

«Non è stato poi così difficile accorgermi che non fosse così. Non ricordo esattamente il momento in cui mi sono reso conto di provare qualcosa per te, ci sono stati tanti piccoli istanti nostri che mi hanno messo faccia a faccia con la verità. Tu eri felicemente impegnata, mentre io non aspettavo altro che di passare una serata a ridere e scherzare con te. Non è stato facile vederti baciare Mason quando l'unica cosa che volevo fare era strapparti dalle sue braccia.» Sorride tristemente passandosi una mano nei capelli, leggermente in imbarazzo. Le sue dita picchiettano il vetro della ringhiera, avanzo di qualche passo verso di lui trovandomelo così di fronte. Alzo gli occhi nei suoi inspirando il suo profumo di buono, perdendomi nelle sue pozze del colore delle castagne. La sua mano decelera il movimento per posarmela su un fianco, avvicinandomi pericolosamente al suo corpo con un unico movimento. Trattengo il fiato dischiudendo le labbra, e i suoi occhi si posano proprio in quel punto. Deglutisce visibilmente facendomi tremare.

«Ho capito di amarti quando il dolore che la tua assenza mi provocava era più letale del dolore stesso, Ellie.»

«Continua» mormoro, voglio sapere tutto.

«Ho capito di amarti quando la tua sola presenza metteva a tacere tutto il frastuono che la mia testa produceva da ormai due anni. Liv ha sempre avuto la capacità di abbassare quel ronzio fastidioso di alcuni decibel, ma tu, Ellie... Tu quel ronzio lo facevi cessare del tutto. Mi bastava averti lì, vederti gironzolare per casa, sentirti ridere in mia presenza, guardare i tuoi meravigliosi capelli ondeggiare mentre ballavi su melodie per niente orecchiabili, per perdere del tutto la testa. La tua risata è il suono più bello del mondo, te l'ho mai detto?»

Le nostre teste si avvicinano, le mie mani gli agguantano le spalle stringendogliele per sorreggermi. Mi reggo ormai su gambe malferme. Sento le sue dita conficcarsi nella carne dei miei fianchi, portandomi ad inseguire quel tocco e quelle labbra con ardente desiderio. I nostri nasi si sfiorano, i respiri si uniscono danzando insieme, le mie labbra sfiorano le sue. Scuoto appena la testa osservandogli famelica la bocca, facendo passare lo sguardo su ogni perfezione e imperfezione del suo viso.
Cazzo, Jackson è bellissimo.

«Sei bello» mi ritrovo a dirgli, sussurrandogli finalmente quella verità che non riuscivo più a tenermi dentro. «Così tanto che mi stai facendo perdere la testa da quella sera.»

«Ti ho sconvolta, eh?» Le sue mani mi afferrano saldamente le guance, facendomi inclinare la testa per guardarlo negli occhi. È così vicino... così tanto che potrei baciarlo se solo mi allungassi un po'...

«Molto. Però avevi ragione, quello che provo per te va oltre un'amicizia, J.»

«Ma ancora non è amore, non è così?»

Prendo un respiro profondo sotto i suoi occhi penetranti e meravigliosi. «Potrebbe diventarlo presto. Hai sei mesi di tempo per farmi innamorare di te, sfruttali al meglio.»

La sua espressione cambia. Il sorriso si amplia sul suo viso riflettendosi sul mio come uno specchio. Butta fuori un respiro tremolante. «Hai deciso di partire, quindi?»

Annuisco. «Sì, ma prima voglio godermi tutto ciò che la vita può offrirmi. Te compreso.»

«Mi stai dicendo di sì?» La sua voce trema nel pronunciare quelle parole. Ora i nostri nasi si toccano, la mia mano si posa sul suo petto, proprio all'altezza del cuore, e nel sentirlo battere così forte, il mio decide di imitarlo. Mi allungo un po' di più.

«Sì. Ti sto dicendo che voglio provarci, qualunque siano le conseguenze.»

Jackson rimane in silenzio per un lungo istante, immerso nei suoi pensieri e indugiando a lungo su ogni particolare del mio viso, delineandone i contorni con dita tremanti. Infine, espira sgonfiando il petto. «Grazie a Dio, non so quanto sarei ancora riuscito a resistere.»

E, così dicendo, annulla quell'inutile distanza per posare le labbra sulle mie. Mi bacia con dolcezza, passione, desiderio, lussuria. Riversiamo in quel bacio un sentimento che va oltre, oltre i cuori spezzati, oltre un passato opprimente, oltre un futuro ancora incerto e a noi estraneo. Stringo i lembi della sua camicia tra le dita, desiderosa che quel momento solo nostro rimanga puro e intatto il più a lungo possibile. Lo bacio con foga e bramosia, gustandomi sulle labbra il sapore delle sue labbra così diverso da ogni precedente bacio che ho mai dato nella mia vita. Jackson odora di felicità, di un qualcosa di vero e leale, di un futuro che potrebbe essere meraviglioso se solo la smettessi di pensare tanto. Mi lascio stringere, accarezzare. Lascio che le nostre mani vaghino sui nostri corpi, esplorandosi per la prima volta, fregandomene del luogo in cui ci troviamo. Siamo nella nostra bolla, imperfettamente perfetta.

Solo quando sento un singhiozzo soffocato alle mie spalle che ci costringe a staccarci per voltarci in quella direzione, e vedo Liv con le lacrime agli occhi abbracciata ad un Logan divertito dalla situazione, che capisco che quel breve momento è stato bello finché è durato. Scuoto la testa sorridendo alla mia migliore amica, che si ritrova a ricambiare prima di alzare i pollici nella nostra direzione.

Mia dolcissima ficcanaso, ti sarò eternamente grata per aver insistito laddove noi siamo stati troppo codardi per farlo.

Jackson scoppia a ridere dandomi un bacio in mezzo agli indomabili ricci.
«Els-Els, con me sarai felice, te lo prometto.»

E io gli ho creduto, gli ho creduto davvero.

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