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Capitolo venti - Logan

https://youtu.be/XhL1KC7l7Xw

(Per voi la canzone di Liv e Logan)


My everything


QUESTI ultimi quattro giorni sono stati la merda più totale.
Non solo ho dovuto sorbirmi un cazziatone telefonico dal mio Avvocato per non avergli riferito con largo anticipo di avere una nuova denuncia a carico e in cui l'ho sentito lamentarsi del fatto che è dovuto venirlo a sapere direttamente da una querela e non dal sottoscritto, ma anche perché il coach non era per niente felice di sapere che i suoi due giocatori più bravi dei Bulldogs erano obbligati ad assentarsi per giorni perdendo così gli allenamenti. Aggiungiamo pure il fatto che la nostra ammissione alla prima partita di campionato di quest'anno dipenderà dalla sentenza del Giudice, che il coach ci ha letteralmente minacciati di espellerci dalla squadra se dovesse venire a sapere che siamo ritenuti colpevoli di tutto ciò che è accaduto, e che Olivia è così messa male che sembra essere stata calpestata da una mandria di cavalli, e il gioco è fatto.

Tutto quello che riguarda il mio futuro al college posso gestirlo, quello che invece non riesco a fare è capire come aiutare Liv. Non sono un idiota, sono giorni che c'è solo fisicamente ma mentalmente è assente, e anche se ogni volta che mi vede prova a mascherare le evidenti occhiaie o il disagio, ormai la conosco bene da sapere quando qualcosa non va. E negli ultimi giorni c'è decisamente qualcosa che non va. Ho aspettato che fosse lei a parlarmene quando se la sarebbe sentita, ma ormai mi è chiaro che qualunque cosa le stia succedendo è dovuto a quello che accadrà l'indomani. Per la seconda volta in cinque mesi mi sento del tutto inutile, non ho idea di come cazzo aiutarla se non standole accanto e sostenendola in questo momento.

Sarà costretta a rivivere tutta la violenza subita e a rivedere quel pezzo di merda a cui auguro la morte dal giorno in cui si è permesso anche solo di respirarle addosso.
Non so come riesco a contenere la rabbia ogniqualvolta la vedo spegnersi per colpa sua, quando vedo i suoi occhi meravigliosi privarsi di quella lucentezza che la caratterizzano. Sono consapevole del fatto che con tutte le probabilità soffre di insonnia da giorni, perché so cosa significa essere terrorizzato all'idea di chiudere gli occhi per paura che gli incubi si impossessino della tua mente. Ci sono passato, so che lo schifo che sta vivendo non passerà con tanta facilità, per questo sono determinato a vincere la causa.

Voglio che Olivia torni a sorridere. Voglio sentirla ridere di sua spontanea volontà, vedere i suoi occhi illuminarsi per il niente e sapere che la voglia di vivere torna a spingerla con prepotenza verso un futuro meraviglioso. Voglio che torniamo ad essere un qualcosa noi due, e so che questo non accadrà fino a quando non chiuderà con il passato. Voglio essere ancora il suo posto sicuro, quello dove rifugiarsi ogni volta che qualcosa la ferisce, consapevole che tra le mie braccia può trovare la pace.
Voglio tornare ad essere il suo tutto.

È una situazione del cazzo in un periodo decisamente del cazzo. Non bastava che lei mi odiasse a morte fino a qualche settimana fa, che io sia tornato strisciando come un verme nella sua vita stravolgendole nuovamente l'equilibrio che aveva appena trovato, no. A diciotto anni appena compiuti siamo costretti ad affrontare un fottuto processo che durerà settimane, se non mesi. Siamo incapaci di tenere in piedi una relazione, come posso pretendere che non crolleremo alle prime domande scomode dell'Avvocato di difesa? Come posso prometterle amore eterno e giorni migliori quando non ho idea di quello che mi aspetterà d'ora in poi? Ne ho combinate troppe perché il Giudice decida di passarci sopra e fingere siano solo le scalmanate di un adolescente frustrato. Ho agito consapevolmente, sono maggiorenne e verrò trattato come tale.
In pratica sono fottuto.

Sono disteso sul letto a pancia in su. Con un braccio sotto la testa e l'altro intento a lanciare in aria il cellulare, fisso il soffitto bianco da una buona mezz'ora rimuginando. Sono stato tentato diverse volte di andare a controllare che Liv stesse bene, ma il suo discorso sull' andarci piano e sul darci lo spazio che meritiamo mi ha fatto desistere. Non che ne sia contento, ma la rispetto troppo per farle questo. Quando e se vorrà, conosce la mia stanza a memoria. Il telefono mi vibra tra le mani, lo ignoro. Ho collegato il cellulare alla cassa Bluetooth che ho in stanza lasciando che le canzoni di una playlist a caso mi svuotino la mente da tutto il casino che succede nella mia vita. Volto di poco la testa osservando l'acqua scendere a cascate fuori dalla finestra e il cielo divenuto improvvisamente plumbeo quando mi sono svegliato trenta minuti fa, e mi chiedo se Liv sia tornata in tempo prima del temporale o se abbia trovato rifugio da qualche parte. Odio l'idea di saperla sola per strada in giornate fredde come questa, ma non voglio nemmeno comportarmi da pazzo impedendole di uscire. Non è un irresponsabile, be' forse solo quando si tratta della sua salute, perciò mi fido di lei.

L aggeggio tra le mie mani vibra ancora, lo ignoro chiudendo gli occhi.
Una nuova vibrazione mi fa sospirare. Poi il cellulare inizia a vibrare all'impazzata costringendomi ad aprire gli occhi, ad imprecare ad alta voce e a reprimere l'impulso di scaraventarlo fuori dalla finestra. Inserisco furiosamente il pin d'accesso e apro una delle due chat di gruppo con i messaggi non letti. Sbuffo sonoramente mentre con l'indice faccio scorrere la chat fino al primo messaggio della giornata. Quando leggo il mittente alzo gli occhi al cielo, e la voglia di abbandonare il gruppo si fa più lampante ogni secondo che passa.

*Bulldogs*
(emoji cane, emoji statua della Libertà, emoji palla da football)

Reed Strattan: «Chi di voi figlio di puttana ha vomitato nel lavandino della cucina e poi ha ben pensato di non pulire? C'è puzza di morte, Cristo Santo! Se entro dieci minuti il responsabile non si fa avanti, giuro su Dio che vi metto tutti in panchina per un mese e fanculo al campionato! (emoji arrabbiata)

Avery Smith: «Porco cane, ragazzi. Che schifo! (emoji vomito)

Connor Wilson: «Ah era per questo che stamattina la gente scappava dalla cucina come se fosse indiavolata? Scommetto che è stato Baker. Ci stai, Smith? (emoji occhiolino)

Avery Smith: Dieci dollari che è stato Miller, ieri sera barcollava da una stanza all'altra.

Logan Miller: «Vaffanculo, coglione.»

Peter Martin: «Miller e Williams non c'erano, idiota. Forse quello ubriaco che barcollava da una stanza all'altra potevi benissimo essere tu, e magari hai anche vomitato nel lavandino come lo schifoso quale sei.»

Connor Wilson: (Risata, emoji risata, risata)

Avery Smith: Vai a farti fottere, Martin. Se scopro che sei stato tu ti immergo la testa in quello schifo.

Reed Strattan. «Che branco di idioti, cazzo. Tic tac. Il tempo scorre, coglioni.»

(Josh Baker ha abbandonato il gruppo)

Avery Smith: «Lo sapevo! Fottuto Baker!»

Logan Miller: «Oh, Josh. Perché?» (emoji bocca storta, emoji occhi al cielo)

Connor Wilson: «Io lo sapevo, idiota! Tu credevi fosse stato Miller! Voglio i miei dieci dollari. E qualcuno riaggiunga il ragazzo, per l'amor di Dio.»

Erik Jones: «Si può sapere perché ancora nessuno lo ha espulso dalla squadra? È del tutto inutile come giocatore, Cristo.»

Logan Miller: «A questo punto dovremmo far fuori anche te dopo la serata di Halloween. Sei in panchina da più di una settimana perché sei un coglione che ha insultato la mia ragazza, e se non ti cuci quella cazzo di bocca e pensi a come cazzo rimediare sarò ben lieto di rinfrescarti la memoria a suon di pugni.»

Erik Jones: (emoji dito medio) Non sapevo fosse la tua ragazza, Miller. In ogni caso, fossi in te la punirei per essere venuta vestita da spia dei Lions. Non ti spezza il cuore sapere che tifa per la squadra avversaria? (emoji che piange)

Logan Miller: Non te lo ripeterò un'altra volta, Jones: chiudi quella cazzo di bocca se non vuoi essere il prossimo sacco da boxe su cui mi allenerò, e azzardati anche solo a respirare nella sua direzione e mi preoccuperò di rovinarti la carriera nel football.

Mason Williams: «Cazzone stai calmo. Ci penserà il coach A. a tenerlo in panchina finché non avrà imparato la lezione.»

Avery Smith: (emoji sospiro.) «Ci mancate tanto, ragazzi. Con voi è tutto più divertente.»

Reed Strattan ha aggiunto al gruppo Josh Baker. Josh Baker ha abbandonato il gruppo. Reed Strattan ha aggiunto al gruppo Josh Baker.

Reed Strattan: «Te lo giuro su tua madre, Baker: se abbandoni un'altra volta questo cazzo di gruppo sei fuori dalla squadra. Sei stato tu?»

Josh Baker: «Io... Mi dispiace tanto, io...» (emoji faccina triste, emoji faccina in lacrime)

Butto il telefono sul letto con un sospiro quando qualcuno bussa alla porta. Sento terribilmente caldo, e non so se è perché in questa casa i riscaldamenti sono sempre al massimo o perché ormai mi ero abituato alle temperature gelide di New York e tornare in quelle più afose di Los Angeles mi ha mandato in cortocircuito il corpo. Con un unico gesto mi sto togliendo la maglia rimanendo solo con i pantaloni del pigiama, quando un corpo minuto che conosco bene fa capolino dalla porta. Sbarro gli occhi sorpreso quando la vedo.

«Ciao» dice accennando un sorriso. Osserva il mio corpo ancora avviluppato nelle lenzuola, il torace nudo e i capelli sfatti e i suoi occhi si sgranano appena. Deglutisce vistosamente aggrappandosi alla porta. «Stavi dormendo? Non ti ho svegliato, vero?»

Scuoto la testa facendole segno di entrare, ed è solo quando chiude la porta e un po' timidamente s'incammina nella mia direzione lasciandosi vedere meglio, che mi lascio scappare un imprecazione mettendomi finalmente a sedere. «Cazzo, Liv. Sei... Cazzo, sei spettacolare, piccola. Dico sul serio sei... Wow.»

Lei ride facendomi tremare il cuore per quanto è bella quando sorride, sedendosi poi al fondo del letto. Perché diavolo deve stare così distante? A malapena riesco a sentire il suo inconfondibile bagnoschiuma al cocco, invece i capelli odorano di una fragranza totalmente diversa dal suo solito shampoo alla vaniglia. È buono, ma... sono uno stronzo se le chiedo di rilavarseli? Probabilmente sì, merda. Non riesco a smettere di osservarla, cazzo. Liv ha tagliato i capelli, ha abbandonato la lunghezza già di per sé più corta rispetto a quando l'ho conosciuta e ha optato per un taglio che a malapena le sfiora le spalle. Un caschetto morbido e pieno, con la parte frontale un po' più lunga rispetto al retro. La frangia ora divenuta a tendina le incornicia il bellissimo viso ai lati, il colore schiarito dall'estate è stato ricolorato con qualcosa di più scuro che mi ricorda il cioccolato fondente. Io amo il cioccolato fondente.

È così bella che mi lascia completamente senza fiato.

Le sue dita tentano invano di nascondere alcune ciocche dietro alle orecchie sotto il mio sguardo insistente e penetrante. La sto mettendo a disagio, per cui sollevo gli angoli delle labbra regalandolo un sorriso impertinente. Liv arrossisce, le guance diventano color porpora e a me scappa una risata.

«Perciò così ti piaccio? Non riesco a capirlo se mi guardi in questo modo.»

«Quale modo?» La stuzzico facendo comparire la fossetta.

«Come se... come se volessi mangiarmi.» Sbuffa soffiando via una ciocca.

Allargo di più il sorriso. «Oh, non hai idea di quanto vorrei farlo, amore. Avvicinati, così posso mostrarti quanta fame ho.»

Liv ride scuotendo la testa e facendo ondeggiare i capelli. «Non mi avvicinerò a te, Miller!»

Metto il broncio. «Perché no? Non rendermi le cose difficili, sai che nulla mi impedirà di afferrarti comunque, che tu lo voglia o no.»

«Perché se lo facessi, poi non riuscirei a resisterti. Sarò costretta a farmi di nuovo la doccia, e ho appena pagato cento dollari per questi capelli meravigliosi che non sono intenzionata a rilavare di oggi. Perciò no e...» Mi schiaffeggia il braccio che stavo allungando verso di lei. «Allontana questa mano, altrimenti te la mordo.»

Sbuffo come un bambino a cui viene detto di no quando implora per il quinto pezzetto di cioccolata. «Perché diavolo sei così lontana? Vieni più vicino.»

I suoi occhi mi guardano con sospetto. «Perché? Così potrai tirarmi sopra il letto non appena mi metto più comoda?»

«No» mento. «Voglio solo guardarti meglio. Te l'ho già detto quanto sei bella?»

«E io te l'ho già detto quanto sei fastidioso e adulatore quando fai i capricci?»

«D'accordo.» Alzo le mani in segno di pace. «Mi aiuti ad alzarmi? Ho dormito per tre ore nella stessa posizione e mi si è addormentata la gamba.»

Alzando gli occhi al cielo si siede meglio sul letto prima di gattonare nella mia direzione, abbastanza da consentirmi di lanciarmi su di lei e tirarla tra le mie braccia. Affondo le dita nei suoi fianchi facendole emettere un gridolino, gli angoli della sua bocca si sollevano quando comincio a farle il solletico finché non riesce più a respirare.
Dopo aver ripreso fiato, torno a stendermi sul materasso portandola giù con me. Si siede sul mio grembo a cavalcioni e poi si china appoggiando il mento sul mio petto, le ciocche più lunghe sul davanti mi solleticano la pelle.

Le passo una mano tra i capelli beccandomi un occhiataccia. «Ciao» mormoro.

Liv sospira accennando un sorriso, le sue mani si intrecciando sotto il mento. Quando i suoi occhioni azzurri trovano i miei fissandomi con interesse, perdo del tutto la lucidità a cui mi ero appigliato per non pensare ai nostri bacini che si sfiorano con pudore.
«Ciao, stronzo» sussurra.

«Possiamo rimanere avvinghiati in questa posizione per tutta la sera? Credo sia diventata una delle mie preferite.»

Scuote la testa. «No. Dobbiamo prepararci, i nostri genitori daranno di matto se ci trovano ancora svestiti e accoccolati a letto.»

Faccio scorrere le dita sul suo viso osservandola rilassarsi sotto il mio tocco. Le accarezzo la fronte costringendo la rughetta da tensione a scivolare via, le passo i pollici sulle palpebre e poi sotto l'occhio proprio dove occhiaie nere glieli contornano, faccio scorrere l'indice sul naso seguendone la forma perfetta, poi arrivo alle labbra. Morbide, sensuali, perfette. Ne traccio il contorno con delicatezza come se volessi memorizzarne la forma. Neanche mi accorgo di aver sollevato la testa e di essere ad un soffio dal baciarla. Mi trattengo dal farlo emettendo un gemito di frustrazione, poi faccio scontrare i nostri nasi con dolcezza facendole il solletico.

Sorride scostandosi appena e riaprendo gli occhi. «Pensavo stessi per baciarmi.»

La guardo incantato accarezzandole gli zigomi. «Volevo farlo.»

«E perché ti sei fermato?»

«Perché sto provando con tutto me stesso a rispettare le tue regole. Anche se, premuta contro di me in questo modo, sto facendo fatica a non perdere la concentrazione.»

Liv, per tutta risposta, si struscia sopra di come sollevando gli angoli della bocca in un sorrisetto perfido. «Come, così?»

Il mio pene s'indurisce all'istante, e quando lei si accorge del rapido e duro cambiamento che ora le preme proprio al centro del suo punto sensibile, prima si lascia scappare un gemito, poi si stacca da me come se andassi a fuoco. Rotola via dal mio corpo e scivola via dal letto rimettendosi in piedi prima che riesca a riacciuffarla.

«Liv» brontolo passandomi una mano sul viso. «Torna qui, piccola stronzetta senza cuore! Pensi di potermi eccitare fino a questo punto e poi scappare via?»

Mi tiro su a sedere osservandola mentre tenta di risistemarsi la maglia che le ha lasciato l'ombelico scoperto e i jeans così stretti da fasciare in modo perfetto il sedere tonico e allenato. Glielo guardo senza pudore piantando i denti nel labbro inferiore. Intanto, il suo profumo mi ha annebbiato i pensieri e il suo gesto mi sta costringendo a scendere dal letto per riportarla sopra di me e farle finire ciò che ha iniziato. Quando capisce cosa sto per fare, arretra andando a sbattere contro il muro e allunga le mani in avanti tendando di fermarmi.

«Fermati! Logan Miller fermati! Io ti ordino di... Ah! Lasciami! Lasciami immediatamente!» Strilla ridendo come una pazza quando me la carico in braccio e ripercorro i pochi passi che mi separano dal letto prima di lanciarla sopra il materasso e di buttarmi letteralmente sopra di lei per non farla nuovamente scappare. Pianto i denti sul suo collo mordicchiandole la pelle, mentre le alzo le braccia sopra la testa impedendole di muoversi. Strilla e ride dimenandosi sotto di me andando a sfiorare punti che me lo fanno venire ancora più duro.

«Logan» mugola con un sorriso. «Giuro che se mi arruffi i capelli ti tiro una ginocchiata nelle palle.»

Le stringo i polsi con una sola mano e con l'altra scendo sulle sue cosce, faccio pressione sul ginocchio per fargliele aprire, e quando lei esegue mi ci incastro nel mezzo allineando ancora i nostri bacini. Sorrido ad un soffio dalle sue labbra quando la sento gemere e trucidarmi con lo sguardo. «Difficile quando sei bloccata in questa posizione, ma puoi sempre provarci.» Scendo con la bocca sul suo collo riempiendola di baci. «Sto infrangendo ogni tua regola e non potrebbe fregarmene meno di così» mormoro.

«Questo perché sei uno stronzo» ansima quando le sposto la spallina della canottiera per morderle una spalla. «E sappi che me la pagherai cara.»

«Mmh mmh, raccontami che cosa vorresti fare. Sei così sexy quando ti arrabbi.»

«Io...» Con la mano libera scendo fin sotto la sua pancia piatta e arrivo al bottone dei jeans che sbottono con foga. Intanto, la mia lingua scivola sulla pelle profumata oltre la canottiera per stuzzicarle il capezzolo già turgido e roseo. Le mie dita scorrono sul tessuto in pizzo delle mutandine facendole inarcare la schiena. Sento il suo cuore battere all'impazzata nella cassa toracica e il respiro così irregolare da costringerla a respirare a fatica e farle sollevare lo sterno a scatti. «Io voglio...»

«Che cosa vuoi, Liv?» le chiedo dopo aver smesso di torturarle il seno. Con la bocca ripercorro a senso contrario il suo corpo baciandole ogni punto fino ad arrivarle ad un soffio dalle labbra. «Sei pronta a finire ciò che hai iniziato?»

«Quindi è questo che siamo? Amici con benefici?»

Rido sfiorandole le labbra. «Siamo tutto ciò che vuoi, Liv. Potrei essere lo scopa amico migliore che avrai mai nella tua vita se lo desideri, l'importante è che io abbia l'esclusiva.»

Inarca un sopracciglio, fa per parlare ma poi spalanca la bocca quando il mio medio la penetra senza preavviso. La sua schiena s'inarca quando il mio dito entra ed esce da lei ad un ritmo cadenzato e il pollice le massaggia il clitoride, troppo piano per lasciarla soddisfatta. Dalla cassa parte Sweet Nothing di Calvin Harris e Florence Welch ed io decido, da vero bastardo quale sono, di muovere le dita a ritmo con la musica. La sua testa oscilla per un secondo e gli occhi si socchiudono, prova a parlare nuovamente ma l'unica cosa che le esce dalla bocca è un mix tra un imprecazione, un gemito strozzato ed un: «Ti odio» a cui non credo nemmeno un po'.

«Dimmelo, Liv. Dimmi che sono l'unico per te.»

«Tu... Oddio» geme buttando la testa all'indietro. Le metto una mano dietro la nuca per risollevargliela e costringendola a guardarmi negli occhi. Quando rallento l'andamento del dito, sbuffa guardandomi male. «Sei l'unico, Logan. Sono fottutamente tua e tu sei fottutamente mio. Sei felice ora?»

Sorrido allargando più che posso il sorriso. «Fottutamente felice» rispondo, prima di inserire un secondo dito e di fiondarmi sulla sua bocca. La bacio come non l'avevo mai baciata, con un'intensità tale da percepire una scossa elettrica in tutta la colonna vertebrale. Le sue mani, ormai libere di vagare ovunque, s'infilano con destrezza dentro i pantaloni del mio pigiama e abbassano i boxer prima di impugnare tra le mani l'erezione ormai gonfia e dura. Sussulto staccando la bocca dalla sua, chiudo gli occhi quando Liv fa scorrere la mano su e giù fino alla base stringendo con forza e facendomi imprecare ad alta voce. Sorride riprendendo a baciarmi, le passo una mano tra i capelli stringendo appena e cercando di non arruffarglieli, ma sembra una missione impossibile, cazzo.

«Se ti prometto di asciugarteli io in modo perfetto, me li lasci afferrare come cazzo mi pare? Sono troppo belli e morbidi, e le mie mani non vogliono saperne di stargli alla larga.»

«Sei solo un bambino piagnucolone, Logan. Aggrappati al mio sedere se non sai dove mettere le mani, ma stai lontano dai miei capelli o giuro su cosa mi è più caro che te le mozzo» soffia sulle mie labbra facendomi eccitare di più.

«Sissignora.»

Stiamo entrambi gemendo e ansimando così forte da percepire a malapena che qualcuno sta bussando insistentemente alla porta. Liv ferma il movimento della mano zittendosi ed io faccio la medesima cosa, con la differenza che lei ammutolisce mentre io impreco così forte da farmi sentire per tutta casa. Cristo, stavo per venirle sulla mano e ora lei si è fermata.

«Ragazzi, cercherò di fingere di non aver sentito nulla per preservare la mia sanità mentale. Si può sapere dove cazzo sono i vostri cellulari? È un'ora che provo in tutti i modi ad attirare la vostra attenzione! Per l'amor di Dio, del mio udito e di quello di tutta casa, rivestitevi e abbassate la musica. Vi voglio nel mio studio tra cinque minuti, è importante.» Segue un silenzio assordante da ambedue le parti. «Sono stato chiaro?»

Io e Liv ci lanciamo un'occhiata allarmata. Siamo entrambi sudati e nessuno dei due è in uno stato mentale e fisico per affrontare mio padre in questo momento, ma lo conosco abbastanza bene da sapere che se è arrivato al punto di bussare alla mia porta nonostante fosse consapevole di cosa stessimo facendo, vuol dire che è davvero importante.

«Sì» mormora Liv schiarendosi la voce. «Ti raggiungiamo subito, James.» E, mentre lo sta dicendo, mi ha già spintonato via lasciandomi ricadere sul letto a pancia in giù ed è scesa dal letto per correre in bagno a darsi una sistemata. La mia faccia sprofonda nel cuscino, reprimo l'urlo che sento montare dal profondo della gola e tento di non pensare a quello che stavamo facendo per cercare di abbassare la mia temperatura corporea. Ho voglia di strozzare mio padre, cazzo. Spero per lui sia una cosa davvero importante e che non poteva aspettare, perché in tal caso potrei anche prenderlo a cazzotti.

«Alzati, pigrone. Sai meglio di me che se è arrivato a questo punto significa che è successo qualcosa.»

Sollevo a fatica la testa dal cuscino e mi volto verso di lei, che ora è talmente perfetta da farmi dubitare che stessimo per scopare fino a tipo cinque secondi fa. Si passa le mani nei capelli mentre mi butto giù dal letto rialzando boxer e pantaloni del pigiama. La mia erezione dev'essere ancora ben visibile perché Liv arrossisce e distoglie lo sguardo. Rido per quanto è buffa. Com'è possibile che passa dall'essere la ragazza più autoritaria del mondo quando siamo a letto a quella che si imbarazza per cose del genere nell'arco di un minuto?

«Spero per lui che sia come dici» borbotto infilandomi una maglietta. «E tu non pensare di potertela cavare così. Appena riavrò l'occasione ti trascinerò di nuovo a letto e farò in modo che mio padre senta proprio tutto quello che stavamo facendo.»

Liv sgrana gli occhi prima di prendersi il labbro inferiore tra i denti e di mordicchiarselo. La raggiungo con due passi circondandole il corpo con il braccio.

«È una minaccia?» mi chiede sollevando le ciglia per guardarmi negli occhi.

Le bacio la fronte prima di condurla fuori. «È una promessa, piccola.»

Quando entriamo nel suo studio mi rendo subito conto che la cosa è davvero grave e che io e Liv, se ancora non lo siamo, saremo presto nei guai. Con un semplice cenno della mano, mio padre ci fa accomodare sulle poltrone davanti alla scrivania senza nemmeno guardarci in faccia. Le tapparelle delle enormi finestre sono calate quasi del tutto come a voler scacciare via la troppa luce che emana il cielo, e il suo sguardo è parzialmente illuminato dallo schermo del computer. Pigia con foga le dita sulla tastiera ignorandoci, al punto che inizio a sentirmi a disagio. Liv deve sentirsi esattamente come me, perché a forza di giocare con il bordo della canottiera questa ha iniziato a sfaldarsi. Le mani tirano e giocano con i fili con così tanta forza da sfilacciarli del tutto, al punto che sono costretto a sporgermi per afferrarle le mani e stringerle tra le mie per cercare di rassicurarla.

Liv alza lo sguardo nel mio sorridendomi riconoscente, i nostri occhi si cercano per un po' sotto la scarsa illuminazione dello studio, finché mio padre non si schiarisce la voce attirando la nostra attenzione. Volgiamo lo sguardo verso di lui, che ha spostato appena il computer per permetterci di vederlo meglio e ha congiunto le mani sulla scrivania. Fa passare gli occhi da uno all'altra, soppesando entrambi come se fossimo cavie da laboratorio, poi sospira pesantemente facendomi corrugare la fronte.
Non sembra felice di quello che vede. Che cazzo ha che non va?

Si gratta la barba e poi si accarezza il mento. «Devo dedurre che siete tornati insieme, ragazzi. È così?»

Liv non risponde. Con la coda dell'occhio la vedo agitarsi sulla sedia sotto il suo sguardo circospetto, per cui scuoto la testa e mi sporgo in avanti.
«Sarebbe un problema per te, papà?» Liv mi stringe con forza la mano per tranquillizzarmi, forse perché la domanda mi è uscita con più cattiveria che altro.

Mio padre si acciglia. «Non è questo che intendevo supporre, Logan. Sono solo preoccupato che il vostro... rapporto venga minato in questi giorni difficili.» Sospira. «Sono sinceramente felice che passiate del tempo assieme e che siate tornati a frequentarvi.»

«E allora cosa c'è che non va?»

«C'è, figliolo, che mi sembrava di averti chiesto espressamente di lasciare che Olivia si rimettesse in piedi da sola senza farle pressioni. C'è che ti avevo dato il mio supporto sul volerla riconquistare ma solo a patto che continuassi con la terapia e con la promessa che anche tu come lei riuscissi a riprendere in mano la tua vita. Da ciò che vedo mi sembra che entrambi abbiate saltato tutte queste fasi, e mi auguro che tutti e due sappiate quello che state facendo.»

Liv si fa piccola piccola, scivola con la schiena quasi cadendo giù dalla sedia. Lo sguardo di mio padre si addolcisce appena nel notarlo, per cui si affretta ad aggiungere: «Sai che ti voglio bene come una figlia, Olivia, ed è per questo che mi preoccupo così tanto. Per entrambi, sia chiaro.» Si volta verso di me con aria compassionevole. «Vorrei solo che foste entrambi felici insieme, ma felici davvero, e che tutto quello che è successo in questi mesi non ricapitasse ancora. Ho visto mio figlio allontanarsi da casa e distruggersi con le sue stesse mani mentre cercava di vivere alla giornata.» Spiega a Liv ma guardando nella mia direzione. Sento un groppo in gola farsi così insopportabile da costringermi a respirare a fatica.

Poi si volta a guardare lei. «E ho visto te, una figlia acquisita che adoro, quasi annegare nelle sue stesse lacrime mentre si lasciava andare al dolore. È stato terribile, ragazzi. Io e Amanda ancora paghiamo le conseguenze delle vostre scelte quali esse siano, per cui scusateci se cerchiamo di assicurarci che le cose siano diverse ora. Vogliamo solo il meglio per entrambi.»

Mi passo una mano sulla testa non sapendo bene come rispondere, Liv si rimette composta sulla sedia e si allunga in avanti per afferrare le mani di mio padre. Gliele stringe forte, riconoscente, come se capisse perfettamente il dolore che si porta dentro e cercasse di rassicurarlo, cosa che per l'assurdo dovrei essere io a fare. Sono felice che sia al mio fianco, grato che la sua bontà d'animo prenda il sopravvento in momenti delicati come questo. L'altra mano me l'appoggia sul ginocchio stringendomelo, facendomi capire che comprende il mio disagio e sta cercando di aiutarmi. Dio, la amo follemente. Credo che senza di lei non sarei un cazzo, sarei quel figlio inutile e insensibile che non ha idea di come risollevare il morale al proprio padre. Che tristezza.

«Io e Logan stiamo cercando di capire come ricominciare da capo a modo nostro, James. Ci dispiace molto per quello che avete dovuto passare a causa nostra, e vi promettiamo che qualunque cosa accadrà noi ci comporteremo in modo diverso, a prescindere da come andranno le cose.» Fa una pausa voltando la testa nella mia direzione, scoprendo che già la stavo guardando con adorazione, e sorridendomi. «Siamo e saremo per sempre una famiglia.»

Annuisco sollevando quel che basta gli angoli della bocca per farle capire che sono dalla sua parte. "Ti amo" mimo con le labbra facendola arrossire fino alla punta delle orecchie. Con la testa prende ad indicare mio padre e invece che mimare con le labbra un: "ti amo tanto anche io, amore mio", mima: "parla con lui, stronzo ingrato".
Per poco non mi strozzo con la saliva per quanto è autoritaria ed esilarante.
La amo da impazzire, l'ho già detto per caso?

Mi schiarisco la gola soffocando una risata, poi torno a prestare attenzione a mio padre che ora sembra essersi addolcito appena dal discorso di Liv. È così facile amarla, deve averlo capito anche l'uomo che ha sempre desiderato una figlia e che invece si è ritrovato me tra i piedi. Un po' mi dispiace per lui devo ammetterlo, non gli ho mai reso la vita facile.

Mi gratto il sopracciglio nervoso cercando le parole adatte da usare in questo momento, ma è difficile. Sembra che niente di concreto e utile voglia uscirmi dalla bocca, per cui dico la prima cosa che mi viene in mente e che, per assurdo, è anche la più vera che provo nei confronti di questo uomo.
«Ti voglio bene, papà, e... grazie.»

Liv stringe più forte la mano sul mio ginocchio, e non ho bisogno di guardarla in faccia per sapere che non riesce a contenere l'emozione. Mio padre, invece, volta la testa di scatto nella mia direzione come se lo avessi appena insultato. All'inizio appare confuso, apre la bocca e poi la richiude un paio di volte. Trattiene il respiro per quei pochi secondi che sembrano un eternità, poi piano lascia fuoriuscire l'aria che aveva trattenuto, le rughe agli angoli degli occhi si ammorbidiscono e un leggero sorriso si fa spazio sul suo viso. «Ti voglio bene anche io, figliolo» mormora sottovoce.

E il mio cuore sembra alleggerirsi di un peso enorme. So che un grazie e un mi dispiace non risolveranno mai tutti i casini che ho combinato e, soprattutto, non basteranno mai a perdonare il dolore che ho causato alle persone che più mi amano, ma sto davvero provando a cambiare e questo è sicuramente un passo avanti. Quando l'atmosfera sembra essersi temperata, ci pensa mio padre a riportare nuovamente il cattivo umore.

Si mette più comodo appoggiandosi contro lo schienale della sedia girevole producendo un cigolo, poi sospira passandosi entrambe le mani sul viso. «Non è solo per questo che vi ho fatti venire qui, ragazzi.» Torna a guardare entrambi con serietà, ed io deglutisco a fatica aspettandomi il peggio che sono sicuro prima o poi arriverà. «Stamattina ho ricevuto una telefonata dai piani alti a New York. Il direttore del Rooftop bar in cui siete stati qualche giorno fa, uomo che per di più conosco da quasi trent'anni e che io stesso ho messo a gestire i diversi locali di quella catena, mi ha chiamato per dirmi che la sicurezza era stata avvisata da colui che ha il compito di videosorvegliare le serate, che due ragazzini sono stati beccati in atteggiamenti troppi intimi in uno degli ascensori principali.» Fa una pausa per darci il tempo di elaborare il tutto.

Sbianco. Liv si porta le mani sulla bocca trattenendo il fiato. Ho paura di continuare a sentire che cos'altro ha da dirci, perché dal suo sguardo smarrito capisco immediatamente che non è tutto, infatti continua. «C'erano molte persone quella sera che si sono accorti del ritardo al motore dell'ascensore.» Mi lancia un'occhiata facendomi capire che sa esattamente di chi è la colpa. «Altrettanti vigilati sorvegliavano le telecamere e... sono quasi sicuro che almeno sei persone hanno visto in diretta quello che è successo tra voi.»

Sto per sentirmi male, e non perché gente sconosciuta ha beccato due ragazzi giovani in atteggiamenti fin troppi intimi, ma perché non voglio dover immaginare uomini masturbarsi nel vedere il corpo di Liv nudo ed esposto. Non un'altra volta. Non posso sopportarlo. Liv inizia a respirare male, si porta una mano tremante sul petto tentando di prendere un respiro profondo. Boccheggia mentre incredula fissa mio padre aspettando di sentire il continuo. Il suo bellissimo viso è in fiamme, gli occhi sono sbarrati e lucidi, lacrime silenziose le scorrono sulle guance, ed io sento che sono pronto ad uccidere tutte e sei le persone. Stringo i pugni così forte che è un miracolo se non sento nessun osso frantumarsi.

Mio padre sospira pizzicandosi il ponte del naso tra pollice e medio. «Fortunatamente, ho molte conoscenze. Diversi anni fa ho assunto in azienda un hacker che fosse pronto ad intervenire in casi gravi come questo. Ho sborsato un bel po' di soldi, ragazzi, ma mi sono assicurato che quel filmato sparisse dalla circolazione. Era già stato registrato con i cellulari e inviato a decine di persone diverse che a loro volta lo avevano inoltrato a conoscenti. Il mio hacker si è infiltrato in ogni dispositivo e rete, ha superato ogni sistema ed è riuscito ad eliminare i diversi file. In sostanza, nessuno è più in possesso di quel video e nessuno lo troverà mai più.»

Torna ad appoggiarsi allo schienale, Liv sprofonda nella sedia portandosi entrambi le mani sul viso e tentando di cancellare il segno delle lacrime, mentre io non riesco a distogliere lo sguardo dagli occhi di mio padre. Sono paralizzato, terrorizzato, incazzato a morte. Ce l'ho con me stesso per non essermi accorto di quella fottuta telecamera, per aver esposto Liv ad un pericolo così grande e sono preoccupato che lei possa nuovamente spezzarsi. Non mi sono mai sbagliato quando ho detto di essere una persona letale, che anniento e distruggo qualunque persona tocco. Mi porto una mano sul cuore sentendolo battere all'impazzata, nemmeno mi accorgo di avere l'intero corpo che trema mentre ancora provo a metabolizzare tutto quello che è successo per una stupida bravata.

Nei successivi minuti perdo il senso dell'orientamento, non mi rendo quasi più conto quello che succede né quello che viene detto, so solo che Liv ringrazia ancora mio padre con la voce tirata per il pianto silenzioso, mentre lui si raccomanda di fare attenzione in futuro e di far sì che la nostra intimità sia limitata alla camera da letto per evitare altre soluzioni spiacevoli. Non mi rendo conto di essermi alzato dalla sedia, non credevo nemmeno che le gambe potessero reggermi per quanto le sento molli, non so come trovo la forza di uscire dallo studio e, solo una volta che la porta viene richiusa alle nostre spalle, mi ci appoggio contro quasi sprofondando sul pavimento. Mi poso le mani sul viso e chiudo gli occhi, m'impongo di respirare e di calmare il battito eccessivo del cuore.

Percepisco la presenza di Liv anche se non riesco a vederla, so che mi è di fronte e me ne da la conferma quando la sua minuscola mano mi si posa sulla spalla.
«Logan, non è colpa tua.»

Scuoto appena la testa. «Avrei dovuto saperlo... immaginarlo. Mio padre ha sistemi di videosorveglianza dappertutto, era ovvio che installasse una telecamera anche in quell'ascensore.» Non ho il coraggio di guardarla in faccia per quanto sono imbarazzato e mi sento in colpa.
«Mi dispiace, Liv. Mi dispiace così tanto. Scusami...»

Sospira, poi mi costringe a togliere le mani dalla faccia. Posa le sue sulle mie guance facendomi alzare il viso. «Guardami.» Scuoto la testa facendola sospirare ancora. «Amore, guardarmi.» Ed è solo a quel punto che il battito del mio cuore rallenta di colpo. Spalanco gli occhi scontrandomi con un paio di iridi azzurre. Sono così debole sotto il suo sguardo penetrante che sento il corpo cedere, lasciarsi andare e scivolare per terra. Deglutisco vistosamente prendendo fiato di colpo.

Liv solleva gli angoli della bocca, ed io non riesco a pensare ad altro che alla sua bellezza in questo momento. «Non è colpa tua» ripete con convinzione. «Non lo sapevi, e non mi hai costretta a fare nulla che io non volessi fare. Ci siamo dentro insieme, hai capito?»

Le afferro la nuca avvicinandola, Liv scivola tra le mie braccia con un sorriso quando le mie dita scorrono sulle sue guance con dolcezza. «Ripetilo» sussurro ad un soffio dalle sue labbra.

Le sue mani mi cingono i fianchi avvicinandosi meglio al mio corpo. «Non è colpa tua, tu non...»

«Non questo» la blocco. «Mi hai chiamato amore, ripetilo.»

Sorride con così tanto entusiasmo che percepisco uno strano sfarfallio nello stomaco, e se è da una lato è così fastidioso che vorrei grattarmi il petto, dall'altro mi riempie il cuore di emozioni intense mai provate prima. «Amore mio» mormora piano, costringendomi a sporgermi verso le sue labbra per udirlo meglio. «Baciami, amore mio

Ed è ciò che faccio per i quindici minuti successivi. Senza fretta, senza interruzioni, senza remore e senza pensieri fastidiosi. La bacio come se l'amassi alla follia, come se fosse la donna della mia vita, come se fosse tutto ciò che ho sempre desiderato.
Lei mi bacia come se fossi suo, come se gli appartenessi da sempre, come se fossi l'amore più grande della sua vita e se ne fosse resa conto solo in quel momento.
Ci baciamo senza timore del futuro, senza pensare a quello che avverrà alle prime luci dell'alba, dimenticandoci per un'istante dove finisco io e dove invece inizia lei, che il mondo là fuori è crudele ed insensibile e che cerca di separarci sin dal primo giorno. Le sussurro sulle labbra tutti quei pensieri che ho sempre avuto su di lei, le racconto di tutti i momenti passati ad amarla anche da lontano, le prometto amore incondizionato ed eterno baciandole lacrima per lacrima. La guardo sorridere e tornare piano piano ad essere se stessa, mentre i nostri baci si trasformano in un lungo abbraccio in cui entrambi troviamo finalmente la serenità che meritiamo.
Quando arriva l'ora di separarci, vorrei rifare tutto daccapo.

Capisco la preoccupazione di mio padre sul nuovo rapporto burrascoso tra me e Liv quando, seduti in in tavolo al niente di meno che Red Royal e dopo aver divorato il dolce tra discorsi piacevoli e chiacchiere in famiglia, Amanda si appoggia al divano in pelle rosso e, dopo essersi posata una mano sul ventre, annuncia: «Sono incinta.»

Già, proprio così.

Il caffè decaffeinato che stavo lentamente sorseggiando per poco non mi va di traverso. A Liv, seduta alla mia sinistra, cade il cucchiaino sul piatto ormai vuoto che conteneva una fetta di torta al cioccolato. Mio padre, invece, circonda Amanda con un braccio e le da un bacio in fronte con un sorriso così ampio che mi chiedo se è la prima volta nella mia vita che glielo vedo fare. Nessuno dei due sa cosa dire. Il silenzio che ne consegue allarma i genitori che hanno deciso a quarant'anni suonati di allargare la famiglia, come se la nostra non fosse già abbasta larga e incasinata.
Tutto questo mi porta a pensare a cose che vorrei con tutto me stesso evitare, come per esempio che mio padre ha ancora una vita sessuale decisamente attiva per essere un uomo di mezza età rintanato nel suo studio tutto il giorno come un topo da biblioteca. Una volta Liv mi disse che l'umore altalenante di sua madre era dovuto alla menopausa in arrivo, col senno di poi mi viene da ridere su quanto entrambi ci sbagliavamo.

«Dici sul serio?» le chiede finalmente Liv ritrovando la voce e riprendendosi dallo shock iniziale. «Io credevo fossi in menopausa da anni!» Appunto.

Amanda sorride sfregandosi la pancia, ed è solo in quel momento che noto il leggero rigonfiamento che tutta la sera mi aveva fatto pensare avesse messo su solo un paio di chili, probabilmente dovuto allo stress e tensione degli ultimi avvenimenti. Mi rendo conto solo adesso che mio padre ha evitato apposta tutta la sera di nominare l'udienza del giorno dopo, sviando le domande che Liv gli ha posto con la scusa che per quella sera dovevamo solo pensare a divertirci e rilassarci. L'ha fatto per proteggere Amanda, per evitare che la donna che ama si preoccupasse troppo per la figlia agitandosi e compromettendo così la gravidanza. È anche per questo motivo che si è premurato di riferirci di non averle detto nulla riguardo al filmato intimo, chiedendo a Liv di mantenere il segreto per il bene di tutti.

«Sì, tesoro. Non ce lo aspettavano nemmeno noi. Insomma... non è che lo abbiamo cercato! E sia io che James sappiamo bene che per voi potrebbe essere una notizia un po' scomoda, soprattutto visto la natura del vostro rapporto, ma vogliamo che sappiate che noi siamo felici. Questo bambino è un dono a cui non vogliamo rinunciare.»

«Di quanto sei?» le chiede Liv.

«Appena tre mesi. Volevamo aspettare ancora un po' prima di annunciarlo, ma abbiamo pensato che questa notizia poteva sollevare il morale di tutti... Lo speriamo.»

Amanda si asciuga una lacrima ricaduta lungo la guancia, e Liv fa la medesima cosa prima di allungare entrambe le mani e di afferrare quelle di sua madre.
«Sono felice se tu sei felice, mamma. Hai sempre desiderato un altro figlio.»

Lei annuisce felice. Mio padre sorride spensierato, ma quel sorriso un po' vacilla quando alza lo sguardo nel mio e nota il mio turbamento. «Figliolo, non mi sembri contento per noi. Lo so che è un grande passo... una cosa che non ti saresti aspettato, ma...»

Scrollo le spalle. «Certo che sono felice, papà, non è questo. Mi chiedo solo se vi siete resi conto che questo bambino diventerà un fratello o una sorella per me e Liv, questa volta di sangue

Sospira, e sia Amanda che Olivia si voltano nella nostra direzione abbassando la testa. Sto rovinando il momento come lo stronzo che so di essere, ma la preoccupazione che sento è reale e va affrontata. «Certo che ci abbiamo pensato, Logan. È per questo motivo che volevo essere sicuro che il vostro rapporto fosse maturato in questi mesi. Non possiamo permetterci che una cosa come quella di questa estate ricapiti ancora, non con un neonato che per l'appunto sarà geneticamente vostro parente.»

«Quindi non siete preoccuparti che per lui o lei sarà strano o confusionaria la natura del rapporto tra me e Liv?»

«Gli spiegheremo che tra di voi non ci sono veri legami di sangue, e che a volte l'amore se ne frega dei legami parentali, Logan» interviene Amanda con dolcezza.

«E che cosa dirà la gente? In tutto questo tempo avete dovuto spiegare a persone curiose che il nostro non è un incesto, avete allontanato chi gridava blasfemie nel notarci insieme e vi siete dovuti giustificare di un qualcosa che non è stata colpa vostra.» Liv sussulta appena, ed io le afferro la mano da sotto il tavolo. «Come spiegherete alle medesime persone che questo figlio in arrivo verrà cresciuto in una famiglia definita "non sana"?»

«Non me ne frega niente di quello che pensa la gente!» sbotta mio padre facendomi drizzare la schiena. Alcune persone nei tavoli attorno si voltano a guardarci, probabilmente stupiti nel sentire un uomo vestito tutto d'un pezzo alzare la voce in questo modo. Lancio loro un'occhiataccia che li fa immediatamente tornare a rivolgere l'attenzione al proprio piatto. «Le persone possono andare al diavolo per quanto mi riguarda, Logan. A me interessa solo che voi vi sentiate a vostro agio anche con un bambino in arrivo, perché sarete amati esattamente alla stessa maniera.»

«Sarà compito vostro spiegargli che l'amore ha diverse forme e colori e che non sempre si può decidere chi amare. Si può solo preservare quel rapporto, continuare a innaffiarlo giorno per giorno per fare sì che sbocci in un qualcosa di meraviglioso» ci spiega Amanda. Con le dita afferra una ciocca di capelli di Liv e gliela sistema dietro l'orecchio con dolcezza. «L'amore che vedo nei vostri occhi supera qualsiasi malalingua, ragazzi. Per cui, continuate a farlo, continuate ad amarvi e sostenervi. Non esiste nulla di più importante per noi.»

Liv, al mio fianco, prende un respiro profondo voltandosi nella mia direzione.
«Io sono d'accordo con questo, e tu? Sono con te, Logan, qualsiasi sia la tua risposta.»

La guardo a lungo, sporgendo la mano per accarezzarle una guancia, studiandole l'abito meraviglioso che ha scelto per la cena e innamorandomi come sempre della sua innegabile bellezza. Poi giro di poco la testa e osservo Amanda sorridermi con dolcezza, butto l'occhio sul suo pancino e sento qualcosa smuoversi nel petto, qualcosa che somiglia a quell'agitazione che provi quando sei felice, felice per davvero. Infine, i miei occhi catturano quelli identici di mio padre che scopro hanno un bisogno immenso di essere rassicurati.

Sorrido dopo aver tamburellato le dita sul tavolo. «Non mi interessa se sarà una femmina o un maschio, non cederò la mia camera e non sono intenzionato a condividerla.»

Le risate dei presenti riportano il buon umore per tutto il resto della serata.

Più tardi quella sera, dopo essere passato a controllare che Liv stesse dormendo e che tutta la casa si fosse silenziata, ho scavalcato la finestra dello studio di mio padre e mi sono sdraiato sul tetto in mezzo alle tegole ad osservare il cielo. L'aria è gelida e pungente, nemmeno la spessa felpa che ho indossato impedisce al freddo di penetrarmi sotto pelle, ma devo ammettere che è abbastanza piacevole. Mi godo il silenzio tutt'attorno, sono talmente in alto che nessuna voce raggiunge quest'altezza, nessun suono mi arriva all'orecchio. Il telefono che vibra mi distrae momentaneamente da quel momento di pace. Sbuffo quando scopro che qualcuno nel gruppo dei Bulldogs ha inviato una foto della nostra mascotte intenta a scolarsi un'intera bottiglia di champagne abbracciato a due ragazze mezze svestite che sulla testa portano un cerchietto con due lunghe e flosce orecchie da cane.

Avery scrive: «Abbaia e ringhia, Thompson. BAU BAU. Quelle ragazze vogliono essere annusate, marca il territorio e rendici fieri! AUUUUUUUHH!

Scuoto la testa sopprimendo un sorriso.

Reed risponde: «Chi cazzo me lo ha fatto fare di avere in squadra un branco di deficienti? L'avete capita? UN BRANCO.»

Questa volta scoppio a ridere, e non perché la battuta sia simpatica, ma perché non pensavo che questi cazzoni mi sarebbero mancati così tanto, e sono passati solo due giorni. Poi quando Reed aggiunge: «Tornando seri, Miller e Williams: in bocca al lupo per domani. I Bulldogs sono con voi! Fategli il culo a strisce.» Il mio buonumore vacilla appena. Ringrazio l'intera squadra, che si premura di augurarci buona fortuna, poi mi infilo un paio di cuffiette nelle orecchie, faccio partire una playlist su Spotify e chiudo gli occhi ripensando a tutti gli avvenimenti di quella giornata.

Non faccio in tempo a rimuginarci troppo, perché due mani calde mi si posano sui fianchi causandomi un brivido capace di cancellare qualsiasi pensiero nostalgico. Apro gli occhi scoprendo quelli di Liv intenti a fissarmi dall'alto, a pochi centimetri. Mi tolgo le cuffie e rimango a guardarla da sdraiato.

«Ciao» le sorrido. «Pensavo dormissi.»

Liv si china su di me, e io l'afferro per i fianchi facendola sdraiare accanto a me mentre la sua bocca scivola sul mio collo e il suo respiro mi fa il solletico. «Ciao» mormora con dolcezza. «Sono crollata per tipo dieci minuti, poi mi sono svegliata di colpo e tu non c'eri.»

«Scusami, avevo bisogno di prendere aria. Sai, non c'è giorno in cui la nostra vita non viene scombussolata in qualche modo» le dico stringendola più forte tra le braccia mentre entrambi ora fissiamo il cielo stellato.

Volta la testa verso di me. «È il bello della nostra famiglia.» Sospira solleticandomi il collo e facendomi rabbrividire. «Dio, stiamo per diventare fratelli maggiori. Puoi crederci?»

Ridacchio. «Non scherzavo riguardo al condividere. Tu sei la sola e unica persona che ha il lusso di sconfinare senza chiedere permesso.»

Ride anche lei pizzicandomi un fianco. «Oh ma che gentile. Sai, quando ero piccola ricordo che chiedevo sempre a mamma e papà di regalarmi un fratellino o una sorellina. Forse per un po' ci hanno anche provato, ma il loro rapporto si è sfaldato prima che ci riuscissero.»

Il suo tono diventa malinconico, per cui le intrappolo le gambe tra le mie e la costringo a girarsi su un fianco facendola premere di più sul mio corpo. Ora siamo l'uno di fronte all'altra, il suo pigiama rosso di flanella è talmente buffo da farmi sorridere, mentre la sua bocca è così rosea che vorrei baciarla e lasciarla senza fiato.

«Ora il tuo sogno si sta avverando, così potrai smetterla di infastidirmi ripetendo in continuazione che siamo fratellastri e concentrati su quell'esserino che avrà davvero metà dei tuoi geni. Puoi crederci? Un bambino che avrà qualcosa di entrambi, potrebbe benissimo essere nostro figlio.»

Liv sgrana gli occhi. «Oh mio Dio! Non dirlo nemmeno per scherzo, Logan!»

Rido più forte. «Un giorno potrebbe accadere, e tu dovrai accettare il fatto che sarai mia per sempre.»

«Questa è una minaccia bella e buona. E se volessi rimanere single e indipendente per tutta la vita?»

«Mi dispiace, non sono disposto a scendere a compromessi.»

Socchiude gli occhi guardandomi male. «Non cambierò il mio cognome.»

«Olivia Miller» dico ad alta voce, poi lo ripeto. «Dio, è così bello che potrei avere un orgasmo in questo momento.»

«E io potrei impalarti all'istante se non la smetti.» Sbuffa accoccolandosi poi contro di me. «Logan?»

«Dimmi.»

«Che cosa stavi ascoltando quando sono arrivata?»

La guardo di sottecchi. «Kiss me, Dermont Kennedy» le rispondo.

Solleva la testa per appoggiarmela sul petto, i capelli le ricadono da un lato quando appoggia il mento sulle mani intrecciate per osservarmi, imitando la stessa posizione di quel pomeriggio a letto insieme. Le accarezzo una guancia delineandole poi le curve del viso con le dita. Dio, la sua bellezza a volte mi annebbia i pensieri e mi stritola il cuore in una morsa.

«Ti andrebbe di farmela ascoltare?» mormora.

«Certo.»

Afferro il cellulare, stacco le cuffiette riponendole nella tasca della felpa, poi faccio ripartire la canzone dall'inizio e alzo il volume al massimo. Liv chiude gli occhi e appoggia l'orecchio sul mio petto ascoltandomi il battito del cuore. Rimaniamo in assoluto silenzio per tutto il tempo della canzone, l'unico rumore proviene dal telefono al nostro fianco e dallo sfrusciare degli alberi tutt'attorno.

«Sai, vero, che brucerei il mondo intero per te?» le chiedo dopo un po' schiarendomi la voce.

La sua testa si solleva a queste parole, i suoi occhi ora lucidi si schiantano nei miei come pioggia sull'asfalto durante un temporale estivo. Le sue mani s'intrecciano dietro la mia testa, i nostri visi si avvicinano al punto da riuscire a respirare la stessa aria.

«Baciami, Logan. Baciami come se dovessimo morire stanotte, e stringimi come se questo fosse il nostro ultimo giorno.»

Quella sera, alla vigilia di uno dei giorni più brutti della nostra vita, io e Liv facemmo l'amore su quel tetto. Il cielo come unico testimone di quell'atto d'amore eterno.

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