Capitolo trentuno - Logan
La grande avventura
di essere me stesso
Non devo perdere la testa.
Non devo perdere la testa.
Non. Devo. Perdere. La. Testa.
È ormai notte, e attorno la città brilla di luci scintillanti che danzano tra i grattacieli di Los Angeles. Seduto dentro l'auto, stringo con forza il volante e quasi perdo la testa mentre il calore del motore si dissolve nell'aria fresca di questa sera. Il mio sguardo è fisso fuori dal finestrino, il cuore che mi batte furiosamente nel petto. La musica dolce e malinconica che esce dallo stereo riempie l'abitacolo, ma le note si mescolano alla tensione palpabile che respiro. Al di là del vetro, Liv sta parlando con un ragazzo che conosco fin troppo bene: Kyle. È di spalle, ma non ho bisogno di vederne il viso per riconoscere l'atteggiamento arrogante e disinvolto che lo caratterizza. Liv, con i suoi meravigliosi capelli che le ricadono morbidi sulle spalle, appare visibilmente a disagio. Conosco ogni sua espressione a memoria, per questo posso dire con certezza che vorrebbe trovarsi ovunque tranne lì fuori con lui.
Le mie labbra si stringono in una linea sottile e subito mi incupisco mentre osservo il modo in cui Kyle si china verso di lei e le sussurra qualcosa all'orecchio. D'istinto, abbasso di poco il finestrino, ma non riesco comunque a sentire nulla. Socchiudo gli occhi e prendo un respiro profondo prima di perdere davvero la testa. È troppo vicino a lei per i miei gusti e, anche se so per certo che non la sta toccando, la sola idea che si prenda certe libertà solo per farmi incazzare mi manda fuori di testa.
Liv cerca di mantenere la calma, ma non mi è sfuggito il modo in cui il suo corpo si è irrigidito, la tensione che le ha increspato le spalle e la solita rughetta sulla fronte che le compare ogniqualvolta non le sta bene qualcosa. Kyle continua a muoversi in avanti, e ogni suo gesto mi appare un tentativo calcolato di avvicinarsi a lei. Questo pensiero mi fa fremere di gelosia, portandomi a sentire un'ondata di tensione attraversarmi il corpo.
"Dai, Liv, smettila di ascoltarlo", penso, pur sapendo che non posso intervenire. Non ancora. Non voglio apparire geloso e insicuro, ma la verità è che il mio cuore si sta contorcendo. A un certo punto, Liv gira lo sguardo verso di me, cercando i miei occhi anche nell'oscurità del finestrino, e quando li trova il mondo intorno a noi sembra fermarsi. Quel contatto visivo è tutto. Gli occhi azzurro mare di Liv, che questa sera mi ricordano il colore di un cielo in tempesta, cercano di trasmettermi calma, una sorta di rassicurazione che io non riesco a comprendere. La sua espressione è un misto di ansia e determinazione, come se stesse cercando di convincere non solo Kyle, ma anche se stessa che può gestire la situazione. "Non c'è nulla di cui preoccuparsi", sembra voglia dirmi. E io le credo. È la donna più forte e cazzuta che conosco, so che può gestire da sola questo tipo di situazione, il problema sono io. Sono sempre stato io.
Sento il cuore accelerare, la mia mente che vortica in tondo portandomi ad avere un capogiro. Le labbra di Kyle si muovono ancora, e ogni parola che pronuncia sembra una sfida, un modo per insinuarsi tra di noi. Dev'essere per forza così, perché anche se non posso sentire nulla della conversazione, i segnali che i loro corpi emanano sono chiari a chiunque. Non mi fiderò mai di quel pezzo di merda, non quando si tratta di lei. "Che cazzo vuoi da lei, eh?" mi chiedo senza però aprire bocca, mentre i miei pensieri si contorcono in un vortice di frustrazione che mi fa tremare le mani. Voglio scendere dall'auto e affrontarlo, ma so che non sarebbe saggio. Non voglio buttare all'aria il lavoro su me stesso che ultimamente mi sono deciso a fare, né mettere Liv in una posizione scomoda. Per cui mi impongo di respirare, libero il volante dalla stretta decisa delle mani e riporto lo sguardo fuori dal finestrino.
I minuti non contano un cazzo quando si sta così tanto in apprensione. Il tempo sembra scorrere più lentamente mentre i miei occhi tornano a concentrarsi su Liv, su ogni piccolo cambiamento nella sua espressione, su ogni movimento del suo corpo che inevitabilmente influenza anche me sin nel profondo. E l'idea di scendere di nuovo dall'auto, questa volta per confortarla e dirle che sono qui per lei, si insinua prepotentemente nella mia testa. Le mie mani si serrano nuovamente sul volante, sentendo il calore crescere dentro di me. Vedo Liv scuotere leggermente la testa, come se stesse cercando di liberarsi di Kyle, poi la sua espressione si tramuta diventando seria all'improvviso. Noto un accenno di rabbia nei suoi occhi azzurri.
"Finalmente", penso, sperando che abbia capito da sola che quel ragazzo porta solo guai. Tuttavia, Kyle non sembra rendersi conto del suo palese disagio, perché continua a parlarle in modo insistente e quasi provocatorio.
«Giuro che lo ammazzo» borbotto tra me, questa volta con la chiara intenzione di voler scendere da questo abitacolo soffocante.
Con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e la postura rilassata, Kyle sembra ancora una volta disinvolto e a suo agio, quasi come se trovarsi insieme a lei sia per lui una parvenza di normalità. Non ho idea di quanto volte si siano visti quest'estate, ma so per certo che Liv ha passato i tre mesi estivi insieme a Zoe a fare avanti e indietro da casa nostra alla sua. E se tra loro ci sia stato molto di più rispetto a quello che so? Ovvero niente. L'ansia mi attanaglia lo stomaco e la bile minaccia di risalirmi l'esofago al solo pensiero che lei possa essere stata con Kyle quando io non c'ero. La tensione che provo è palpabile, e solo in questo momento mi rendo conto che la nostra relazione è stata nuovamente messa alla prova. Nonostante la cieca fiducia che ripongo in lei, la paura costante di perderla mi sta consumando. Tuttavia, non ci rimugino troppo su perché la porta di casa si spalanca e Zoe si butta in avanti per stringere Liv in un abbraccio caloroso. Kyle sparisce all'interno e il mio cuore sembra tornare a battere a un ritmo normale. Metto in moto e parto prima di cambiare idea e di portarmela via.
Il motore dell'auto ronza silenziosamente mentre percorro le ultime strade solitarie verso casa della nonna di Megan. Mi sono concesso solo una breve sosta in un'area servizio per sgranchirmi le gambe e prendere un caffè poi, dopo aver inviato un messaggio a Liv per informarla, sono ripartito. L'aria fredda di dicembre ha appannato i vetri e, nonostante il riscaldamento sia acceso al massimo, posso sentire un brivido freddo corrermi lungo la schiena. Le strade sono illuminate da lampioni che proiettano ombre lunghe e inquietanti, mentre le ultime luci di della città in cui sono passato si allontanano sempre di più. Le palme svettanti di Los Angeles si sono trasformate in alberi spogli, incappucciati dalla brina notturna.
Mentre mi allontano dal calore dell'ennesima città, il paesaggio sembra cambiare drasticamente. Il cielo è nero con sfumature di un grigio pallido, e le nuvole pesanti sono addensate all'orizzonte, promettendo neve nelle zone più elevate. I monti in lontananza, qualche ora fa visibili e chiari, ora sono avvolti da una leggera nebbia, come se la natura stesse cercando di nascondere qualcosa. Le temperature continuano a scendere man mano che mi allontano dalla città, e la brezza gelida entra dai finestrini semiaperti, portando con sé l'odore della terra bagnata. Mi accorgo subito che più mi avvicino a Santa Rosa, più la vegetazione cambia ancora: campi vasti di erba secca si alternano a boschi fitti e misteriosi, le ramificazioni degli alberi ondeggiano come se sussurrassero segreti dimenticati. Rabbrividisco. È un paesaggio desolato e affascinante, del tutto incline al mio stato d'animo. La calma che avvolge questi luoghi riesce però a contrastare l'ansia che per tutto quel tempo si è accumulata dentro di me. Sono perfettamente consapevole che questo viaggio non è solo fisico, ma anche emotivo.
Traggo il primo vero respiro della serata quando sorpasso il cartello di benvenuto di Santa Rosa, e non appena giugno davanti alla casa in cui Megan vive, una leggera pioggerellina inizia a cadere aggiungendo una patina lucida sul terreno. Le strade sono vuote e silenziose, mentre la luce pallida di un lampione si riflette sui pozzetti d'acqua, creando piccoli specchi d'argento. Freno d'un colpo quando qualcosa attira la mia attenzione. Appoggiato a terra sul marciapiede, proprio di fronte alla porta, c'è un seggiolino per bambini. Corrugo la fronte a quella vista, il cuore che comincia a battermi spaventosamente forte nel petto quando quell'unica domanda che non avrei mai voluto pormi mi scappa dalle labbra ancora prima che io abbia formulato una frase di senso compiuto. Dove cazzo è Megan?
Anche a questa distanza, riesco chiaramente a vedere aldilà del finestrino. Dentro il seggiolino c'è Chester, il bimbo di Megan, avvolto in strati di coperte e addormentato. Che cazzo ci fa qui fuori, da solo e al freddo? L'ansia mi serra lo stomaco, e un conato di vomito minaccia di risalirmi l'esofago. Mi guardo attorno per un attimo, circospetto, ma non vedo nessuno. Butto un occhio alla mia destra, ma dalla casa o nei dintorni sembra non esserci nessun segno di vita. Con un movimento rapido, apro la portiera e corro verso Chester. Lo sollevo con delicatezza, con la paura di potergli fare male in qualche modo e, dopo essermi assicurato che sta bene, lo metto al sicuro sul sedile posteriore della mia auto. Aggancio la cintura al seggiolino, gli tocco la fronte con il palmo e gli aggiusto la coperta. Al mio tocco si muove appena emettendo un vagito, e a me sembra di tornare finalmente a respirare. Il vento gelido mi graffia il viso, e ogni secondo che passa aumenta sempre di più questa sensazione di pericolo imminente che provo.
Poi, lo sento. Un urlo, soffocato ma straziante, proviene dall'interno della casa. È la voce di Megan, ne sono sicuro. Senza pensarci due volte corro verso la porta d'ingresso, che trovo socchiusa, e la spalanco con una spinta decisa. Quello che vedo mi fa ribollire il sangue nelle vene. I miei occhi scattano su Megan, a terra, con il viso segnato dal dolore e dal sangue. Il labbro inferiore è spaccato e sta sanguinando, mentre i suoi occhi, pieni di terrore, si fissano per un istante su di me. Sopra di lei, il suo patrigno alza di nuovo un braccio per colpirla, incurante della mia presenza a pochi passi. Lo sguardo di lui è colmo di rabbia e disprezzo, e una furia accecante mi fa vedere nero.
«Bastardo!» urlo, lanciandomi contro di lui con tutta la forza che possiedo. È furia quella che provo. «Figlio di puttana!» grido ancora, mentre lo spingo contro il muro accecato da un'arida sete di vendetta.
Il pugno esplode contro la sua mascella, e il crack improvviso delle ossa che si frantumano mi provocano un immediato sollievo. Crolla a terra con un rantolo, finendo ai miei piedi, e a me tocca spingerlo via con gli anfibi impedendomi di colpirlo ancora. Non posso farlo. L'ho promesso. L'ho promesso a lei. Chiudo le mani a pugno, sento il cuore battermi così forte nella cassa toracica che sembra volermi uscire dal petto. Con il respiro affannato, mi volto verso Megan che sta ancora tremando sul pavimento.
«Chester» mormora, sgranando gli occhi terrorizzati verso la porta d'ingresso.
Mi costringo a respirare per non svenire. «È al sicuro» le dico, piegandomi sulle ginocchia per controllare che quel pezzo di merda del suo patrigno respiri ancora. Quando il suo petto si solleva, anche se debolmente, butto fuori l'aria che sentivo bloccata nella gola. Non voglio dargli la soddisfazione di denunciarmi ancora, non questa volta. Non sono più disposto a finire nella merda per colpa di altre persone.
«Megan, chiama la polizia. Ora!» le dico, con voce più dura del solito che però trasuda solo preoccupazione.
«Ma io...»
«Fallo!» le ordino, alzando la voce quel che basta perché capisca che sono serio. Non lasceremo perdere come l'ultima volta.
Megan mi guarda con gli occhi lucidi, confusa e ferita, ma trova comunque la forza di allungare una mano verso il cellulare gettato sul pavimento. Mi soffermo a osservare solo per un secondo i suoi capelli, che sono un ammasso aggrovigliato, e le nuove cicatrici sul viso che andranno a sommarsi a quelle vecchie, e una fitta di dolore al petto mi costringe a piegarmi in avanti in cerca d'aria. Quando poi trovo la forza, mi inginocchio accanto a lei con il cuore ancora in subbuglio. La vista delle sue nuove cicatrici e del sangue fresco mi stanno facendo venire voglia di finire quello che ho appena iniziato. Eppure, mi costringo a stare fermo. Com'è possibile che una cosa simile sia accaduta ancora? Quanti altri pezzi di merda esistono là fuori che si stanno approfittando di ragazze innocenti? Quando finirà questo terribile capitolo della mia vita?
L'aria all'interno della casa è pesante, satura di odore di sudore e alcol. Mi impongo di chiudere gli occhi, e quando lo faccio riesco a sentire ogni suono più amplificato: il ticchettio dell'orologio appeso al muro, il respiro affannoso di Megan, i lamenti sommessi del suo patrigno. Fuori, il vento freddo continua a ululare tra gli alberi, come se anche la notte facesse parte di questa scena angosciante. Megan è al telefono con la polizia, la voce flebile mentre cerca di calmarsi. D'istinto, poggio una mano sulla sua per farle sapere che sono con lei. Riapro gli occhi e la guardo. Sto combattendo tra la rabbia e la preoccupazione e il bisogno di proteggerla, di riuscire a proteggere qualcuno in questo cazzo di mondo. Il dolore si propaga nuovamente nel mio petto quando il pensiero di Camilla mi si insinua con prepotenza in testa, e viene sostituito in fretta dal ricordo della notte peggiore della mia vita, quella dove stavo per perdere anche Liv. Il fiato mi manca di nuovo, e se non ci fosse la mano di Megan stretta attorno alla mia non so dove sarei ora. Non so se sarei riuscito a controllarmi ancora. Sapevo che un pugno non avrebbe risolto la situazione.
Mentre le sirene della polizia si avvicinano, rimango inginocchiato accanto a Megan, il suo cuore ancora in tumulto e il corpo scosso da brividi. Mentre aspettiamo, esco a prendere Chester e a controllare che stia bene, poi glielo poso tra le braccia per aiutarla a calmarsi. Un po' funziona, perché il suo respiro decelera quel che basta da tornare normale. A un certo punto, i suoi occhi pieni di paura e dolore si scontrano con i miei in un tacito ringraziamento, e io vengo sopraffatto da un intenso vortice di emozioni. La rabbia e l'ingiustizia bruciano ancora dentro di me, ma il ricordo di Liv e delle promesse che le ho fatto riescono comunque a tenermi ancorato a terra. "Non metterti nei guai, Logan", le sue parole ancora mi vorticano in testa come un mantra, ricordandomi la mia promessa di non farmi più coinvolgere in situazioni violente e di non lasciare che la rabbia prendesse il sopravvento. Eppure, ora, mentre il patrigno di Megan inizia a riprendere i sensi e mi lancia sguardi carichi di provocazione e pieni di disprezzo, il desiderio di colpirlo di nuovo cresce dentro di me come un incendio difficile da domare.
Cosa sarebbe successo se non fossi arrivato in tempo e Megan avesse ceduto nuovamente a quegli abusi? Non era bastato che lui l'avesse messa incinta e che sua madre non avesse fatto nulla per proteggerla? Le cicatrici sul volto di Megan sono il chiaro segno di un dolore che va ben oltre il fisico, un dolore che io non riesco a ignorare neanche se mi ci metto d'impegno. Quell'uomo non la farà franca, non glielo permetterò. Quando alla fine la polizia arriva ed entra in casa armati di pistole cariche, il silenzio opprimente si trasforma in frastuono. Gli agenti in divisa si avvicinano prima a noi, ancora accovacciati a terra, poi puntano le armi contro l'uomo ancora a terra e lo ammanettano leggendogli i suoi diritti. Provo a mantenere la calma quando mi alzo in piedi, trascinandomi dietro una Megan visibilmente pallida che viene poi scortata fino al divano da due di loro. Cullo Chester tra le braccia quando inizia a raccontare tutto dal principio, ovvero da quando ancora viveva nella casa di sua madre ed è stata abusata dal suo patrigno per anni interi finché non è rimasta incinta dell'uomo ed è scappata per rifugiarsi a Santa Rosa a casa di sua nonna. Ogni parola che pronuncia è un peso per il mio cuore, ma so di dover tenere duro per lei, per far sì che la giustizia prevalga senza lasciarmi sopraffare dalla rabbia.
Megan parla con uno degli agenti per più di mezz'ora con voce tremante e determinata, e poi anche io sono costretto a esporre il mio punto di vista. Mentre la osservo raccontare nel dettaglio il passato e il presente che ancora incombe su di lei, non posso fare a meno di sentire una miscela di ammirazione e protezione nei suoi confronti. Nonostante il trauma vissuto, Megan sta affrontando la situazione con coraggio, e questo non fa altro che indurmi a rispettare la promessa data a Liv. Dopo quelle che mi sembrano interminabili ore, l'uomo viene fatto alzare da terra e sorretto mentre viene portato via. Mi passa accanto lanciandomi un'occhiata di fuoco, un'espressione di rabbia che conosco fin troppo bene e che è carica di promesse. Ma io ho sempre creduto nella giustizia americana, e confido che quell'uomo resti in carcere il più a lungo possibile. Devo avere il tempo di portare via Megan da qui e trovarle un posto più sicuro, sia a lei che al bambino. Provo per un solo momento un senso di sollievo, che viene poi spazzato via dalla consapevolezza che quel capitolo della vita di Megan non è ancora chiuso, e questo mi colpisce come un colpo al cuore.
Due ore più tardi usciamo dalla stazione di polizia dopo aver depositato le nostre dichiarazioni e torniamo in quella casa. Prima di andare via da lì, Megan si premura di lasciare un biglietto all'entrata di casa di sua nonna in cui la informa di non preoccuparsi è che si sarebbero tenute in contatto nei giorni seguenti. Intanto, dopo aver dato il biberon a Chester ed essere riuscito non so come a farlo riaddormentare, lo rimetto nel seggiolino della macchina e rimango a fissarlo finché non sento i passi leggeri di Megan arrivarmi di spalle. Chiudo la portiera con delicatezza, poi allungo una mano per prendere le due valigie che mi porge e le infilo nel portabagagli. Sono ormai le tre di notte, Liv non mi ha più inviato messaggi da un pezzo e io ne sono contento. Le racconterò ogni cosa quando sarò a casa, perché farla preoccupare nel cuore della notte non è un'opzione. Megan ha le braccia avviluppate al corpo quando mi giro verso di lei. Vorrei spezzare questo momento carico di tensione con un abbraccio, ma so che non ama essere toccata in questi momenti delicati, per cui ricaccio le mani dentro lo spesso giubbotto e inclino la testa per osservarla.
Sentendo il mio sguardo puntato sulla sua figura, solleva gli occhi inespressivi nei miei.
«Sto bene» mi dice in un sussurro, rispondendo alla mia domanda silenziosa, e vedo un brivido correrle lungo la schiena.
Annuisco, consapevole che non è la verità. «Sei pronta per andare?» le chiedo, cercando di infondere un po' di leggerezza.
Megan annuisce, ma nei suoi occhi c'è un abisso di emozioni non espresse.
Mentre si sistema la cintura, io fisso il vuoto davanti a me e inizio a riflettere su quanto tutto sia cambiato in poche ore. Sento il peso della responsabilità gravarmi sulle spalle; non è solo un viaggio per tornare a casa, bensì è un viaggio per aiutare un'altra persona a ricominciare da capo, a ricostruirsi una vita che è appena stata distrutta. Nessuna pressione. E la domanda che più mi frulla nella testa è: "E se fallisco anche questa volta?" Sono già riuscito a sbagliare con due persone importanti nella mia vita, ma una terza? Sarebbe troppo anche per me, imperdonabile. Il viaggio che prima sembrava una semplice gita per le feste natalizie si è trasformato in una missione di salvataggio. Tuttavia, paura di sbagliare a parte, so di essere pronto a sostenerla ancora e a fare tutto ciò che è necessario per aiutarla a trovare la sua strada.
Avvio l'auto, e il motore ruggisce mentre ci allontaniamo dalla casa degli orrori. Megan non ha voluto andare in pronto soccorso, per cui l'ho aiutata a medicarsi le ferite e ora il suo viso è pieno di cerotti e cicatrici fresche. La strada per Los Angeles si snoda davanti a noi, un nastro d'asfalto che scintilla sotto la luce fioca dei fari. Il paesaggio attorno a noi scorre veloce: i boschi fitti e le colline che ho visto all'andata si stanno già allontanando, lasciando il posto a un cielo sempre più chiaro. L'atmosfera nella macchina è pesante, e io riesco a percepire l'eco della violenza che Megan ha appena subito. Accanto a me, Megan sta osservando fuori dal finestrino con la testa appoggiata al vetro, è sveglia e dubito riuscirà ad addormentarsi finché non arriveremo a casa. Vorrei solo sapere cosa dire o fare per aiutarla, ma per la prima volta in tutta la mia vita sono a corto di parole.
«Megan...» inizio, ma le parole mi muoiono in gola.
Non so da quale parte iniziare, non so come affrontare il dolore che sta portando dentro di sé. La guardo di sbieco, e subito mi trovo a fare i conti con il suo viso segnato dall'angoscia.
«Non sapevo come dirtelo» mormora a un certo punto interrompendo il silenzio e raccogliendo le gambe in grembo. Volto la testa nella sua direzione. «Questi ultimi giorni sono stati un incubo e non avevo la più pallida idea di come affrontare la situazione. Non pensavo che sarebbe riuscito a trovarmi anche così distante, ma forse rifugiarmi da mia nonna non è stata poi una brillante idea...»
Serro la mascella e stringo il volante con troppa forza mentre mi costringo a riportare lo sguardo sulla strada. «Che cosa voleva ancora da te?»
«Ha scoperto che Chester è suo e voleva rivendicare la posizione di padre.» Sbuffa una risata infelice. «Bastardo figlio di puttana. Che cosa credeva? Che gli sarebbe bastato stuprarmi e mettermi incinta per diventare a tutti gli effetti un padre?»
Faccio schioccare la lingua nel palato e pianto i denti nel labbro inferiore con forza per non mettermi a urlare.
«Avresti dovuto telefonarmi.»
La sua testa ruota e il suo sguardo si punta sulla mia guancia.
«Per dirti che cosa? Se lo avessi fatto ti saresti precipitato qui e avresti fatto qualcosa di cui poi ti saresti pentito, Logan. Ho preferito aspettare e sperare che se ne andasse prima. Di solito lo fa sempre.»
«Già, be', non stavolta a quanto pare» commento, sentendo l'acidità risalirmi dallo stomaco. «E tua nonna dov'è in tutto ciò?»
«Fuori città, è andata a trovare un'amica di vecchia data e dovrebbe tornare questo fine settimana.» Faccio per aprire bocca, ma lei risponde alla mia domanda senza che io sia riuscito a formularla ad alta voce. «Mia nonna ha tutto il diritto di andarsene quando le pare, Logan. Non avevo motivi di chiederle di restare, e in tutta onestà sono contenta che non ci fosse. Quell'uomo sarebbe stato capace di fare del male anche a lei.»
Rimango in silenzio per quella che sembra un'eternità, il cuore che si stringe in una morsa man mano che ci allontaniamo da Santa Rosa e i colori dell'alba si fanno avanti dandoci il buongiorno.
«Non avresti dovuto vivere così...» le dico a un certo punto, strappandola dai pensieri. «Sei così forte, Megan. Non meritavi nulla di tutto ciò.» Il mio tono è dolce e sincero, e per la prima volta in tutta la serata riesco a strapparle un sorriso che riesce a risanarmi il cuore.
Tuttavia, scuote appena la testa con le lacrime che le si affacciano sugli occhi stanchi e segnati.
«A volte mi chiedo se avessi potuto fare di più. Se fossi riuscita ad andarmene prima e a chiedere aiuto magari non avrei messo mio figlio in pericolo...» Le si incrina la voce.
«Non è colpa tua» la interrompo, con determinazione nella voce. «Non sei responsabile per le azioni di un'altra persona. Stasera hai trovato il coraggio di chiamare la polizia, e questo è ciò che conta. Adesso sei al sicuro.»
C'è un momento di silenzio dentro l'abitacolo, mentre vedo Megan cercare di assimilare queste parole. Poi, come un'onda, la tristezza sul suo volto si trasforma in un debole sorriso.
«Grazie, Logan. Non so cosa farei senza di te. È strano, ma sapere che ci sei mi dà la forza per andare avanti. Sei una bella persona, sai?»
«Sono sempre qui per te. Abbiamo fatto un patto quando ci siamo conosciuti, ricordi?» le rispondo, voltando la testa nella sua direzione e regalandole a mia volta un sorriso quando la vedo annuire. «E parlando di cose positive... Ho molte cose di cui raccontarti.»
«Era ora che decidessi di aprirti! Che cosa succede?» Megan alza gli occhi nei miei, incuriosita.
«Qualche settimana fa ho vinto un incontro di boxe importante, anche se le cose alla fine non sono andate proprio nel migliore dei modi...» Mi gratto il mento. «In ogni caso, quella parte della storia richiede una bottiglia di vino, per cui ne riparleremo. E adesso sto aspettando di essere contattato da una delle agenzie migliori del paese, secondo l'allenatore dovrebbero farsi sentire presto.»
È assurdo quanto la mia voce si sia riempita di entusiasmo al solo pensiero di una possibile futura carriera nella boxe, e per un attimo il peso della notte appena trascorsa sembra sollevarsi.
«Wow, Logan! Sei incredibile!» esclama la ragazza che mi sta affianco, facendo ondeggiare i capelli scuri che quasi mi colpiscono dritto in faccia. «Dobbiamo festeggiare non appena saremo a casa!»
«C'è di più» continuo, con un sorriso che si allarga sul mio viso e mettendole ancora più curiosità. «Voglio chiedere a Liv di sposarmi. Ne ho già parlato con Amanda, e... beh, tutto è andato meglio di quanto pensassi.»
I suoi occhi si illuminano di gioia a quelle parole. «Logan, è fantastico! Meritate di essere felici insieme. Non posso credere che stai per fare il grande passo, lumaca.» Si passa le dita sotto gli occhi come a voler cancellare le lacrime che hanno iniziato a rigarle le guance.
«Ehi, e c'è ancora di più!» aggiungo, con un tono scherzoso. «Mio padre e Amanda si sono spostati ieri nella nostra villa con una cerimonia breve e con solo me e Olivia come testimoni, e indovina un po'? Amanda è incinta. Avrò una sorellina tra qualche mese.»
«Io davvero non ho parole!» Megan scoppia a ridere, per poi coprirsi la bocca con la mano per evitare di svegliare il povero Chester che, inconsapevole di tutto, sta dormendo beato nei sedili posteriori. «È stupendo, e sono felice per tutti quanti voi» mormora commossa e, per un momento, la tensione iniziale del viaggio inizia a dissolversi, sostituita da gioia e felicità.
«Non credevo che la mia vita potesse cambiare così tanto in così poco tempo» continuo poco dopo, con il volto un po' più serio. «Sento che sta accadendo tutto così in fretta.»
«È normale avere paura» mi risponde, guardando dritto davanti a sé. «Ma è anche bello, sai? Significa che stai finalmente vivendo. E io... beh, io sto cercando di ricominciare. Voglio lasciarmi tutto questo alle spalle Anche io voglio iniziare a vivere davvero.»
Los Angeles finalmente si proietta davanti a noi in una marea di grattacieli e palme maestose e, per la prima volta dopo ore, riesco a sentirmi un po' più leggero.
«Insieme» le dico, voltandomi a guardarla negli occhi.
«Insieme» mi risponde annuendo, un sorriso che brilla nei suoi occhi.
Mentre l'auto sfreccia lungo le strade silenziose di quella mattina, entrambi arriviamo alla conclusione che il cammino non sarebbe stato facile, ma sapevamo di avere l'uno l'altra. E, per adesso, questo ci sarebbe bastato.
Fermo l'auto davanti a villa Miller verso le dieci del mattino, il cuore che batte forte dopo le ore di viaggio e la stanchezza che tutt'a un tratto si fa sentire. Anche se ho cercato di rassicurare Megan durante tutto il tragitto, ora sento il peso della tensione mentre mi chiedo come la mia famiglia accoglierà lei e il piccolo Chester. Sono certo che mio padre e Amanda siano pronti ad aprirsi a questa nuova presenza, ma so anche che il passato turbolento di Megan aggiunge un sottotono delicato alla nostra situazione già di per sé difficile. Papà è al corrente di quello che è successo in passato alla ragazza seduta al mio fianco, e questo perché mi sono trovato a dovergli anche spiegare il motivo per cui avevo una nuova denuncia a carico da parte del patrigno di Megan, e dire che non è rimasto molto contento di questa mia nuova amicizia è dire poco. Lo capisco. Voglio dire, se mio figlio legasse solo con persone che hanno un passato problematico e che quei problemi ora gravassero anche su di lui, perderei la testa. Eppure, cosa posso farci? Sono attratto dai casini come lo è una falena con i lampioni.
«Ci siamo» le dico, gettando un'occhiata alla casa.
Megan, al mio fianco, guarda l'enorme casa con espressione di meraviglia e insicurezza. I suoi occhi scorrono su ogni dettaglio del giardino per poi posarsi sull'enorme patio che mio padre ha fatto costruire in questi mesi. Stringe Chester tra le braccia, come se fosse il suo unico punto di ancoraggio. Quando noto il tremore impercettibile delle sue mani, le poso la mia mano sulla spalla, esercitando una leggera pressione.
«Tranquilla» sussurro. «Tutti i membri della mia famiglia sono persone buone. Vogliono solo conoscerti, Megan.»
Annuendo lentamente, distoglie lo sguardo dalla casa per guardarmi.
«È solo che... tutto questo è così diverso da ciò a cui sono abituata. Voglio dire... una casa come questa, decorazioni natalizie dappertutto... Mi sembra un sogno e al tempo stesso mi fa sentire strana.»
I suoi occhi si spostano sull'albero di Natale che si intravede dalla finestra principale, con le sue luci scintillanti ad addobbarlo e le decorazioni eleganti.
«Non ricordo nemmeno l'ultima volta che ho avuto un Natale così.»
Le sorrido, cercando di rassicurarla.
«Ecco perché sei qui. Questo è il tuo Natale. Tu e Chester meritate un posto dove sentirvi al sicuro e... felici per una volta nella vostra vita.»
Prima che Megan possa rispondere, la porta d'ingresso si apre e Amanda appare sulla soglia con un ampio sorriso. Ha un'aria accogliente, quasi materna, e indossa un morbido maglione color crema, che le segna di molto la pancia evidente, e una sciarpa rossa, in perfetto spirito natalizio. Dietro di lei, mio padre la segue con un'espressione più riservata, ma visibilmente interessato a conoscere la nuova ospite. Prendo una boccata d'aria, sentendo crescere in me un misto di orgoglio e responsabilità. Scendiamo dall'auto poco dopo e li raggiungiamo, attenti nel non scivolare sulla strada lastrata di ghiaccio.
«Benvenuta!»
Amanda si avvicina con passi sicuri, sorridendo prima a me e poi a Megan, che sembra aver trattenuto il respiro. Sgrana appena gli occhi e il sorriso le viene meno quando nota le cicatrici vecchie e fresche sul suo viso, ma si riprende abbastanza in fretta da non farlo notare. O, perlomeno, solo io me ne accorgo. Si schiarisce la voce.
«Finalmente sei arrivata! Logan ci ha parlato tanto di te... e di questo piccolo angelo.» Indica Chester, che dorme profondamente nel seggiolino. «Sarete sicuramente esausti dopo un viaggio così lungo.»
Megan, ancora incerta, si schiarisce la voce.
«Sì, è stato lungo, ma... è così bello essere qui. Grazie mille per averci accolto.»
Culla tra le braccia Chester quando emette un dolce vagito e poi apre gli occhi. Amanda le rivolge uno sguardo gentile, posando una mano leggera sul suo braccio.
«Non c'è nulla di cui ringraziare. Questa casa è anche tua, Megan. Vogliamo che tu ti senta come...» Stava per dire come a casa, ma capisce subito il suo errore e lo liquida con un gesto della mano. «E, se sei stanca, puoi sempre lasciarlo a me.» Cambia rapidamente argomento e sorride a Chester con dolcezza. Se non fosse davvero un brutto momento mi metterei a ridere per quanto è imbarazzante questa situazione. «Tutto sommato devo riabituarmi ad avere un neonato tra le braccia» conclude senza fiato, le guance leggermente arrossate.
Mio padre ne approfitta per avvicinarsi, guardandomi per un momento prima di rivolgere a Megan uno sguardo fermo ma caloroso. Le allunga una mano, e Megan ricambia la stretta cercando di non tremare.
«Piacere di conoscerti, Megan. Sappiamo che hai vissuto momenti difficili, e vogliamo che tu sappia che qui troverai la tranquillità che meriti.» Quando la mia amica gli sorride riconoscente, mio padre fa un cenno verso l'interno della casa. «Perché non entriamo? È quasi ora di pranzo, e abbiamo preparato qualcosa di speciale.»
Megan sembra sopraffatta, e mi accorgo che sta trattenendo le lacrime. Con un sorriso rassicurante, le faccio un cenno di incoraggiamento posandole una mano sulla schiena e spronandola a seguire la mia famiglia.
«Andiamo» le dico dolcemente. «Chester dormirà meglio dentro, qua fuori fa troppo freddo.»
Attraversiamo la soglia, e Megan osserva con occhi sgranati il grande ingresso adornato con ghirlande verdi decorate con nastri rossi e dorati. C'è un sottile profumo di cannella e pino, un misto familiare che associo da sempre al Natale. Un imponente albero di Natale decorato si trova al centro della sala principale, e luci soffuse illuminano ogni angolo della stanza. È tutto così diverso dal mondo a cui Megan è abituata che vedo l'emozione crescere nei suoi occhi. Mi auguro che si abitui in fretta a tutto questo sfarzo, perché ne sono circondato sin da quando ero piccolo e, talvolta, non mi rendo conto che chi lo vede dal fuori può sentirsi smarrito. Amanda ci guida verso il soggiorno, dove ci sono cioccolata calda e una varietà di biscotti decorati ad aspettarci sul tavolo ovale.
«Siediti pure, Megan,» dice Amanda, indicando una comoda poltrona vicino al caminetto. «Ti va di darmi Chester? Gricelda, la nostra domestica, gli ha preparato una comoda culla nella stanza in cui alloggerai per i prossimi giorni. Posso portarlo io nel mentre che ti rilassi.»
Megan si siede, e incerta si volta a guardarmi con una supplica negli occhi mentre sistema Chester nel seggiolino accanto a lei. Amanda osserva il piccolo con un sorriso affettuoso. «È bellissimo», mormora. «Ha dormito per tutto il viaggio?» continua.
Megan annuisce abbassando gli occhi verso il pavimento, sfiorando la manina di Chester con delicatezza e sicurezza, come se avesse paura di lasciarlo andare. Colgo l'allusione.
«Sì, è stato un angioletto. Credo che si senta tranquillo quando siamo insieme.»
Amanda ancora aspetta a braccia aperte il bambino, cosi prendo un sospiro e mi rivolgo direttamente a lei.
«Credo preferisca tenerlo con sé ancora un po'» le dico con un sorriso debole, e lei subito si affretta a riabbassare le mani e a lanciare uno sguardo a Megan carico di scuse.
«Ma certo, nessun problema.»
Mio padre, osservando la scena con un bicchiere di vino in mano, fa un cenno di approvazione verso Megan.
«Un bambino fortunato ad avere una madre così attenta. Non dev'essere sicuramente facile per te.»
Megan abbassa lo sguardo, visibilmente toccata dalle sue parole.
«Cerco solo di fare del mio meglio» sussurra, e io chiudo gli occhi per una frazione di secondo.
Lancio a mio padre uno sguardo di ammonimento, notando però una luce di comprensione nei suoi occhi, come se le sue parole fossero davvero di approvazione e non avevano alcun scopo denigratorio.
«Papà, Amanda... Megan è una persona in gamba. Ha vissuto cose che nessuno dovrebbe mai affrontare, ma è riuscita comunque ad essere forte e coraggiosa. Oggi volevo che fosse qui con noi perché sapevo che l'avreste trattata come una di famiglia.»
Amanda annuisce, sorridendo dolcemente a Megan.
«Ed è così. Siamo onorati di averti qui, e Chester ha bisogno di un Natale sereno, proprio come tutti noi.»
Passano alcuni minuti in un tranquillo silenzio, mentre Megan osserva la stanza intorno a lei, assorbendo l'atmosfera calorosa e festosa che la circonda, e mio padre e Amanda si sorridono a vicenda seduti l'una accanto all'altro sul divano. Io, invece, più passo il tempo seduto più sento che il sonno sta avendo la meglio. Ho bisogno di farmi una doccia e di dormire un po' se voglio trovare la forza di affrontare questo Natale.
«Liv è già tornata?» chiedo a mio padre dopo un po'.
Scuote la testa guardando l'ora sull'orologio costoso che ha al polso. «No, è andata insieme al mio autista a prendere i suoi nonni che arrivavano con il treno. Non dovrebbero tardare.»
Amanda, al suo fianco, mi sorride gioiosa. «I miei genitori sono impazienti di conoscerti, Logan. Sai, per mio papà, Liv è la sua bambina. Ti toccherà una bella lavata di capo e un terzo grado invidiabile.» Lei e mio papà scoppiano a ridere.
Mi gratto la nuca lasciando affiorare un sorriso, nervoso a quell'idea ma in contemporanea felice di poter riabbracciare l'amore della mia vita.
«Per amore si affronta di tutto, compreso questo» rispondo, e mio padre annuisce.
«Ben detto, figliolo.»
Dopo un po', mi avvicino a Megan toccandole leggermente la spalla.
«Vuoi che ti mostri la tua stanza? Abbiamo entrambi bisogno di riposare un po'.»
Megan annuisce, alzandosi dalla poltrona con un sorriso incerto. «Sì, grazie.»
Anche mio padre e Amanda si alzano in piedi. «Avete ancora un paio d'ore prima del pranzo, cercate di chiudere gli occhi. Verremo a svegliarvi quando sarà ora.»
La conduco poi lungo un corridoio decorato con ghirlande e luci soffuse e le faccio imboccare le scale che portano al piano superiore, nella mano tengo saldamente il seggiolino con Chester ancora addormentato. Le pareti del corridoio sono adornate con quadri moderni, e ogni dettaglio sembra studiato per trasmettere un senso di storia e famiglia. La camera degli ospiti è spaziosa e accogliente quando varchiamo la porta, con una grande finestra che lascia entrare la luce del giorno e un piccolo albero di Natale sul comò. Megan si guarda attorno a bocca aperta, meravigliata da tanta bellezza. Le sue valige sono già ai piedi del letto, insieme al borsone con tutte le cose del bimbo.
Alle nostre spalle, Gricelda, la governante, attende con un sorriso cordiale.
«Benvenuta, signorina Megan. Qui avrà tutto il necessario sia per lei che per il piccolo.» Le indica una cassettiera improvvisata a fasciatoio e una culla sulla parte destra del letto. «Se ha bisogno di qualcosa, non esiti a chiamarmi» le dice cordiale, ed io trattengo un sorriso da tanta accoglienza.
Megan le sorride timidamente.
«Grazie, Gricelda...» Poi si rivolge a me. «Non so davvero come ringraziarvi.»
Osservo la scena con un sorriso di soddisfazione, appoggiato con una spalla allo stipite della porta.
«Riposati un po', Megan, è stato un viaggio lungo. Ne avete bisogno tutti e due.»
Mi guarda, visibilmente emozionata.
«Grazie, Logan. Davvero. Non so come potrò mai ripagarti.»
Scuoto la testa, con un sorriso dolce. Dopodiché mi sporgo per baciare la testolina di Chester.
«Non devi. Questa è anche casa tua ora.»
Dopo aver lasciato Megan, torno nella mia stanza e mi concedo una lunga doccia calda. L'acqua rilassa i miei muscoli tesi, e sento il peso del viaggio iniziare a sciogliersi lentamente. Quando esco dalla doccia, mi lascio cadere sul letto e precipito immediatamente in un sonno profondo.
Sto dormendo profondamente quando sento una mano leggera sfiorarmi il viso e il letto sprofondare sotto quel peso. Apro gli occhi stanchi, e davanti a me c'è il sorriso più bello del mondo, quello che sembra più brillante di qualsiasi decorazione natalizia di questa casa.
«Sei a casa.»
La sua voce è un misto di sollievo e gioia, e la vedo respirare profondamente, come se avesse trattenuto il fiato fino a questo momento.
«Liv...» mormoro, sentendo il cuore scaldarsi alla sua vista. L'afferro per i fianchi e la faccio sdraiare accanto a me in un gesto rapido. La mia bocca è sulla sua nello stesso istante in cui solleva la testa per venirmi incontro. Le sue mani si infilano nei miei capelli mentre le mie vagano sulla sua schiena e la spingono contro il mio corpo. Queste stupide coperte sono d'intralcio, così le scalcio via in un tentativo di portarla più vicina a me. Liv ride, e io mi stacco dalla sua bocca per posare la fronte sulla sua. Per la prima volta da quando sono tornato, respiro a pieni polmoni e chiudo gli occhi.
«Mi sei mancata così tanto che a metà strada ho pensato di fare inversione e tornare a riprenderti.»
«Sei così melodrammatico» ride alzando gli occhi al cielo, la luce nei suoi occhi mi fa sentire come se il mondo intero si fosse fermato. «Dodici ora senza di me e sei già in difficoltà?» scherza, accarezzandomi la barba con lo sguardo divertito.
«Dodici ore con la mia vita in bilico tra un passeggero in difficoltà e un patrigno che meriterebbe di essere ucciso» mi lascio sfuggire senza pensarci. Poi ributto la testa sul cuscino e prendo un enorme respiro. «Non esattamente il viaggio di Natale che mi ero immaginato.»
Subito Liv si agita, mi afferra il mento tra le dita e inclina in basso il mio viso fino a quando non sono costretta a guardarla negli occhi, ora terrorizzati. Sotto il mio palmo, il suo cuore batte furiosamente.
«Che diamine è successo?»
«È una storia lunga e difficile, Liv, e...»
«Non dirmi che è meglio che io non sappia, Logan! Ti hanno fatto del male? Sei ferito?» Mi inclina il viso da una parte all'altra in cerca di segni evidenti di colluttazione e, quando non li trova, i suoi occhi tornano nei miei.
Il mio sguardo si addolcisce. «Rispetteresti la mia decisione se ti chiedessi di aspettare? Vorrei che fosse Megan a dirti tutto. E, per quanto vale, io sto bene. Non devi preoccuparti. Lei invece...» Sospiro pesantemente. «Si riprenderà, in qualche modo.»
Mi fissa per un lungo momento senza dire nulla, come se così facendo riuscisse a entrare nella mia testa per strappare via tutti i segreti che contiene.
«Dimmi che non hai fatto nulla che potrebbe costarti il futuro.»
La sua voce trema e le sue mani fanno lo stesso, per cui gliele prendo tra le mie e le bacio il dorso.
«Questa volta no, anche se l'unico pugno che ho tirato penso gli abbia frantumato la mascella.»
«Cazzo. E poi cos'è successo?»
«È arrivata la polizia e lo hanno arrestato. Beh, se non lo avessero fatto loro probabilmente ce lo avrei portato io a calci alla stazione di polizia.»
Si avvicina, il sollievo prende vita sul suo viso.
«Oh, ma come sei eroico. A chi stai cercando di dimostrarlo, a me o al tuo ego?"
Sorrido, colpito dalla sua leggerezza.
«Probabilmente a entrambi. Ma ora che sei qui, voglio solo godermi il momento. È il nostro primo Natale insieme, e dobbiamo festeggiarlo come si deve.» Tento di cambiare argomento, avvicinando di nuovo le mie labbra alle sue.
La sua espressione cambia leggermente, e il sorriso si trasforma in qualcosa di più profondo.
«Giusto. Con Megan e i nonni... E, sì, tutto il resto.»
«Non preoccuparti» la rassicuro, afferrando la sua mano. «Sono sicuro che i tuoi nonni s'innamoreranno di me all'istante, soprattutto se riesco a trascinare tua nonna in un ballo di gruppo.»
Liv solleva gli occhi al soffitto, questa volta con un vero sorriso sulle labbra.
«Non ho dubbi che userai ogni trucco del tuo repertorio per impressionarli» ribatte, ridendo. «Ma ti avviso: se proverai a ballare con me, potrei doverti umiliare con le mie mosse da ballerina. Tuo papà è stato un eccellente insegnante.»
«Ah, ballerina, eh?» dico, inclinando la testa. «Non vedo l'ora di vedere il tuo bellissimo sedere muoversi in modo sensuale.» Le afferro il lobo dell'orecchio e lo tiro dolcemente, facendole mugugnare qualcosa di incomprensibile.
«Sei così pieno di te» mi provoca, poi si avvicina e, in un attimo, la sua espressione diventa più seria. "Logan... sono davvero contenta che tu sia tornato. E non posso negare che ero preoccupata per te.» Il suo dito preme sulla mia guancia, nel punto in cui solitamente compare la fossetta.
Sospiro pesantemente.
«Lo so, Liv. Ogni chilometro mi ha fatto pensare a te e a quello che stavi affrontando. Giuro che lasciarti insieme a quel coglione è stato difficile, non hai idea di quante volte ho pensato di fare retromarcia.»
«Sì, beh, Kyle sa essere molto fastidioso. Ma tu sai che è una cosa che posso gestire. Se dubitassi di me non te ne saresti andato e avresti preteso di rimanere lì» mi dice, il suo sguardo è intenso. «E in ogni caso, ci sono molte cose di cui dovremmo parlare, sia riferito a questo e sia a quello che è successo a te. Non voglio che ci nascondiamo più nulla. È importante per me.»
Deglutisco vistosamente a quelle parole, ma poi annuisco. Questa è la conferma che tra loro è davvero successo qualcosa, e la cosa mi uccide e fa infuriare al tempo stesso. Tuttavia, non posso fargliene una colpa. Sono stata io a lasciarla, e ricordarlo a me stesso a volte diventa davvero difficile. Mi impongo di restare calmo, di non pensarci per il momento. Liv è qui con me adesso, è conta solo questo.
«Per ora, godiamoci il Natale, avremo tempo a parlare più tardi. E sì, ti prometto che parleremo di tutto.»
«Sei fortunato che ho un debole per il tuo modo di fare» dice, e i suoi occhi brillano di una vulnerabilità che non posso ignorare. «Ricordati la promessa che ci siamo fatti: affrontare le cose insieme, Logan.»
«Giusto» rispondo, sentendo il battito del cuore accelerare. «Ma oggi voglio solo godermi ogni momento insieme a te.»
Si avvicina e mi abbraccia, un gesto che è tanto familiare quanto sorprendente. Quando le alzo il viso, i suoi occhi brillano di un misto di provocazione e tenerezza. Penso abbia percepito la rigidità del mio corpo, perché protende le labbra verso la mia mascella e ci rilascia sopra dolci baci.
«Forse posso aiutarti a rilassarti un po'» mi dice, e la vedo che cerca di trattenere un sorriso mentre si avvicina per baciarmi, questa volta sul serio.
I suoi baci, dapprima sono lenti, leggeri, e sanno di un misto di dolcezza e passione che mi fa perdere la testa ogni volta. Come per magia il mio corpo si rilassa all'istante. Le passo una mano sul viso, il pollice che sfiora la curva del suo mento, poi la bacio a mia volta, prendendomi tutto il tempo che voglio per sentirla più vicina. In questo momento, sembra che il mondo sia fermo, che non ci sia nient'altro se non noi due avvolti in un silenzio perfetto, quasi come se il tempo avesse deciso di concederci finalmente una pausa da tutti i nostri casini. Respiro. Respiro sul serio, e il cattivo umore, la terribile serata appena trascorsa e l'invasione di Kyle nella nostra vita scivola via dalle mie spalle in un soffio. Sono di nuovo a casa, perché casa è il luogo in cui risiede il suo cuore, il posto in cui io mi sento al sicuro: tra le sue braccia.
Quando infine ci stacchiamo, sorride e appoggia la fronte contro la mia.
«Ti amo, sai?» E nella sua voce c'è un tono sincero, diretto, che mi scalda il cuore.
Le stringo il mento tra le dita, guardandola negli occhi.
«Ti amo anche io, Liv. Più di quanto tu possa immaginare.»
«Buon natale, Logan.»
«Buon natale, amore mio.» Poi mi allontano leggermente, cercando ancora il suo sguardo. «Pronta per affrontare questo primo pranzo in famiglia? Perché, onestamente, sono più spaventato dei tuoi nonni che da tutto il resto.»
«Non preoccuparti» dice, schernendomi con un sorriso. «Ti terrò la mano per tutto il tempo, basta che tu non prenda sul serio qualsiasi cosa ti diranno. Sanno essere molto protettivi se vogliono, soprattutto mio nonno. Se sopravvivi a loro, sopravviverai a qualsiasi altra cosa.»
«Sono pronto a tutto» rispondo, allargando le braccia come un eroe che si prepara a entrare in battaglia. «Ma prometti che non ti allontanerai mai da me.»
«Non andrò da nessuna parte senza di te» dice con un sorriso complice. «Ora, scendi dal letto e vestiti, il Natale ci aspetta.»
Insieme ci prepariamo a scendere, le nostre risate echeggiano in queste pareti mentre la rincorro per la stanza e il calore del nostro legame supera qualsiasi tensione. La magia del Natale ci avvolge, mentre affrontiamo il giorno insieme, pieni di promesse e di un futuro che vogliamo costruire, anche tra segreti e preoccupazioni.
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