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Capitolo quarantadue - Olivia

Fine dei giochi


"La vita è fragile come carta, sottile e inconsistente, eppure carica di peso; basta una crepa, un singolo strappo, e tutto ciò che eri si disperde, lasciandoti vuoto tra i margini di ciò che resta."



Ero scalza, infreddolita. Fissavo il pavimento immerso in una pozza di sangue, incapace di compiere un solo passo.

Sangue.
Sangue ovunque.

Tremavo violentemente, il corpo scosso da spasmi che non riuscivo a controllare. Attorno a me tutto sembrava muoversi a rallentatore, come una pellicola consunta di un film dell'orrore che non avrei mai voluto guardare.
Davanti ai miei occhi, due uomini trascinavano una ragazza per i capelli.
Uno di loro le bloccava le braccia, stringendole con una brutalità disumana, come se fosse solo un oggetto da spezzare. L'altro era chino su di lei, le mani che lottavano con ferocia contro la sua resistenza, cercando di divaricarle le gambe. La ragazza scalciava, si dimenava, urlava con una forza che sembrava impossibile, data la sua esile figura.
Le sue urla tagliavano l'aria, disperate, ma si infrangevano contro un muro invisibile.

Nessuno la stava ad ascoltare.
Nessuno ascolta mai niente.

lo ero rintanata in un angolo della casa, le ginocchia strette al petto, il corpo piegato su se stesso come un topolino appena intrappolato. Cercavo di respirare, ma ogni respiro si spezzava nella mia gola.

L'aria sembrava densa, irraggiungibile. Portai le mani al collo, stringendo come se volessi liberare la pressione che mi schiacciava i polmoni.
Scossi la testa violentemente, i muscoli del collo che si tendevano fino a dolermi.

«No!» provai a gridare, ma la mia voce si spezzò, ridotta a un sussurro agonizzante. «Lasciatela stare!»

Ma nessuno sentiva.
Nessuno sente mai niente.

Il mondo è sordo in momenti come questo. È cieco di fronte a una realtà che terrorizza, che ti strappa l'anima e la frantuma in mille pezzi.
Indossavo solo una felpa larga della Columbia University, un dettaglio che mi sembrava assurdo e allo stesso tempo fondamentale. Era come un'ancora di normalità in un mare di follia, una prova che tutto quello non poteva essere reale. Non era reale.

Doveva essere un incubo.

Eppure, il sangue mi sembrava così tangibile. Lo sentivo incrostarsi sulla pelle, il freddo mi penetrava fino nelle ossa.
Nelle mani stringevo una collanina d'oro. La collanina di Logan. Quella che mi aveva regalato per il mio compleanno. Stringevo quel piccolo oggetto con una forza tale da sentirlo conficcarsi nella carne, scavare nella pelle fino a farmi sanguinare.

Sangue.
Sangue ovunque.

Il mio sguardo scivolò verso le mani. Gocce cremisi cadevano lente, pesanti, unendosi alla pozza ai miei piedi. Era il mio sangue, mescolato a quello che mi circondava, indistinguibile nel caos di quel luogo infernale.
Il freddo del pavimento sotto i miei piedi scalzi mi paralizzava. Ogni passo che avrei potuto fare sembrava impossibile, un'impresa titanica. Ma le urla della ragazza continuavano, si confondevano con il battito del mio cuore, così violento da sovrastare ogni altro suono.

Mi sforzai di alzare la testa. I miei occhi seguirono la scena come ipnotizzati. Le mani dell'uomo si muovevano come artigli, strappandole via la dignità. I suoi occhi erano colmi di orrore, imploravano pietà, ma non c'era nessuno che rispondesse.
E io? lo non potevo muovermi.
La paura mi aveva trasformata in pietra.
Ero un fantasma nel mio stesso incubo, un'ombra impotente, intrappolata in un vortice di terrore e impotenza.
Non potevo salvarla. Non potevo nemmeno salvare me stessa.

Sangue.
Sangue ovunque.

Urla e grida si mescolavano al ritmo sordo del mio respiro spezzato. L'aria era intrisa di un odore metallico e acre, una combinazione di sudore, paura e morte. Mi guardavo attorno circospetta, gli occhi sbarrati, ma la mia mente sembrava incapace di decifrare dove mi trovassi. Le pareti attorno a me si muovevano, distorte, come in un quadro che qualcuno aveva deciso di strappare e ricomporre male.

Poi un urlo.

Un urlo così straziante da trapassarmi l'anima. Mi portai le mani alla gola, stringendo forte come se volessi impedirgli di uscire anche dalla mia bocca. Invece, tutto ciò che ne scaturì fu un suono soffocato, spezzato, un'imitazione patetica del grido che avevo appena udito.

Annaspai. Ancora. E ancora.

Aria. Avevo bisogno di aria, eppure le mie stesse mani stringevano attorno al collo. La pressione aumentava, le unghie incidevano la pelle. Perché? Perché non riuscivo a smettere? Mi voltai verso l'origine di quel suono che ora si stava spegnendo, come un'eco che lentamente si dissolve nel nulla. Lo riconobbi. Non poteva essere che lui.

«Logan?» lo chiamai in un bisbiglio, quasi temendo di spezzare quel silenzio carico di terrore. «Sei tu?»

La mia voce si perse nell'aria densa, ma non ricevetti risposta. Solo il vuoto.
Eppure sapevo che era lì, che in qualche modo Logan era con me, imprigionato dentro questa mia follia. Ma perché? Cosa ci faceva qui, dentro la mia testa?

Nessuno rispose.
Nessuno risponde mai.

Mi costrinsi a muovermi, anche se il mio corpo sembrava rifiutarsi. Mi aggrappai al muro, le dita che scivolavano su una superficie viscida. Sangue, forse? Non volevo sapere. Barcollai, le gambe pesanti come fossero di piombo. Ogni passo era un'impresa, ogni movimento un dolore sordo. I miei piedi scalzi entrarono in contatto con il sangue sul pavimento. Era caldo, appiccicoso, e lasciavo impronte che si allungavano su quelle mattonelle bianche. Un bianco ormai divorato dal rosso.

Un altro urlo mi distrasse, più lontano questa volta. Una voce che non conoscevo. Eppure non potevo fermarmi. Dovevo andare avanti, raggiungere quelle scale che mi sembravano interminabili. Salivo un gradino alla volta, ogni passo un sussurro del sangue che scivolava dai miei piedi.
Dietro di me, le urla della ragazza si fecero più flebili, più strazianti, come se la sua forza si stesse esaurendo. Carol. Un nome mi esplose nella mente, come un'illuminazione. Carol aveva bisogno di aiuto. Ma come avrei potuto salvarla? Io non ero nessuno. Non ero forte. Non potevo nemmeno salvare me stessa.

Percorsi un corridoio lungo, stretto, claustrofobico. Il buio si aggrappava a me, ma c'era una strana luce fioca che mi confondeva. Mi sentivo cieca in una stanza che pretendeva di essere illuminata. La luce tremolava, danzava sulle pareti come ombre di fantasmi, e il mio respiro si faceva più affannoso.
Alla fine del corridoio, entrai in una stanza. Sembrava una cucina, ma tutto era fuori posto. Le sedie erano rovesciate, i mobili inclinati come se qualcuno li avesse presi a calci. Una tazza era caduta sul pavimento, rotta in mille pezzi. Sembrava un luogo familiare, ma quando chiusi e riaprii le palpebre, la cucina svanì.

Ora mi trovavo in un bagno. L'odore di muffa e putrefazione era così intenso che quasi vomitai. Mi coprii la bocca, barcollando all'indietro. Antisettico. Alcol. Fumo. Un misto nauseabondo che mi colpì come uno schiaffo. Le mie spalle finirono contro il muro, ma non ebbi nemmeno il tempo di percepire il dolore, perché un altro urlo squarciò l'aria. Questa volta più vicino. Corsi verso la porta, spingendola con forza. Era chiusa.

«Carol? Dove sei? Carol!»

Gridai, ma il suono della mia voce si frantumò prima di raggiungere la porta. Provai a battere i pugni, a calciare, ma era come se fossi intrappolata in una gabbia invisibile.
Il silenzio calò all'improvviso. Un silenzio così totale che sembrava urlare più forte di qualsiasi grido. La pelle mi si accapponò, il freddo si insinuò dentro di me, gelandomi le ossa. Feci un passo indietro, ma sbattei contro il muro.

Quando mi voltai, non ero più nel bagno. Ora ero in una camera da letto. La puzza di marcio era insopportabile, e il pavimento era ricoperto di stracci sporchi e macchiati. La porta si aprì con un cigolio. Un uomo robusto, con i denti gialli e il respiro affannoso, entrò barcollando. I suoi occhi erano vuoti, senza anima, e un ghigno crudele deformava il suo viso.

«Ora mi occuperò di te» disse, la sua voce un ringhio basso e minaccioso. «La puttanella di Logan Miller.»

Dietro di lui, intravidi qualcosa. Una telecamera montata su un treppiede, la luce rossa accesa. Stava filmando tutto.

Il ruggito assordante del pubblico mi riporta bruscamente alla realtà. Sono seduta sugli spalti del Yale Bowl, immersa nella marea di tifosi che urlano e agitano bandiere con i colori della squadra dei Bulldogs e dei Crimson. L'aria è densa di adrenalina, del profumo metallico del sudore e dell'erba appena calpestata. Il sole sta tramontando, gettando una luce dorata sulle tribune, ma il mio cuore è ancora intrappolato nell'ombra lasciata dal sogno.

Erano mesi che non sognavo più quella notte, che i frammenti di quello che è accaduto non mi tormentavano più con insistenza. Eppure, questa volta è stata diversa. Ho ricordato tutto. Ogni singolo istante. Ogni lacrima versata, ogni secondo in cui la paura aveva preso il controllo del mio corpo. Ricordo di aver pensato che non sarei uscita integra da quella casa, che non avrei più rivisto mia madre. E, soprattutto, che non avrei mai più rivisto il bellissimo viso di Logan.

Istintivamente mi porto la mano al collo, stringendo la catenina tra le dita. Il cuore, il simbolo dell'infinito, la casetta, il piccolo albero della vita: ogni ciondolo racconta una parte di noi, un frammento della nostra storia. Mi sforzo di respirare profondamente, di non cedere al panico che preme contro il petto, di ignorare le conseguenze che i ricordi riaffiorati potrebbero avere sul futuro.

Quella telecamera potrebbe essere la chiave. Potrebbe farmi vincere la causa e condannare finalmente Gerald a una prigione da cui non uscirebbe più. Devo trovarla. Devo parlare con Carol e capire se sa dove potrebbe essere nascosta, sperando che lui non l'abbia distrutta. Ma dubito che lo abbia fatto. Gerald è un narcisista del cazzo, abbastanza presuntuoso da filmare persino sua figlia e così stupido da non eliminare le prove.

Devo parlarne con Logan, con mia madre e con James. Ma non oggi. Non adesso. Logan ha bisogno di leggerezza, di sentirsi libero, almeno per un giorno. Questa finale significa tutto per lui, e io non sarò quella che gliela rovinerà. Ricaccio indietro la bile e scaccio via i pensieri, imponendomi di ritrovare la calma. Un sorriso affiora sulle mie labbra mentre i miei occhi iniziano a cercare Logan in mezzo al campo.

Il vento freddo di marzo mi sferza il viso, costringendomi a stringermi meglio nel giaccone mentre tiro la sciarpa fin sopra le orecchie. Lo stadio di Yale è un'esplosione di colori e suoni: bandiere blu e bianche sventolano sopra una marea di teste, i tamburi della banda scandiscono un ritmo che sembra sincronizzato con i battiti del mio cuore, e il ruggito della folla scuote l'aria come un tuono continuo. È come trovarsi nel cuore di un uragano, e io, pur cercando di apparire tranquilla, non posso nascondere l'energia che mi scorre nelle vene.

Sotto il cappotto, la maglia di Logan aderisce alla mia pelle. Il numero 32 campeggia sul retro, troppo grande per il mio corpo esile, ma non mi importa. Indossarla mi fa sentire più vicina a lui, come se portassi un pezzo di lui con me mentre è lì, sul campo, a giocarsi una delle partite più importanti della stagione. Anche se capisco poco del football e mi sento un po' un pesce fuor d'acqua in mezzo a questa folla appassionata, sono qui per lui. Solo per lui.

Alla mia destra, Jackson, avvolto in una sciarpa con i colori dei Bulldogs, sorseggia con calma il suo caffè bollente, apparentemente immune al gelo. Alla mia sinistra, Ellie stringe un sacchetto di popcorn, il berretto blu con il logo di Yale leggermente storto, completamente rapita dall'azione che si svolge sul campo. Io, invece, fisso l'erba verde con uno sguardo intenso, cercando di cogliere qualcosa, qualsiasi cosa, che mi faccia sentire parte di quel mondo così lontano da me.

L'idea che i miei due migliori amici siano qui, pronti a tifare Logan insieme a me, mi scalda il cuore. In fondo, oggi non si tratta solo di football. Si tratta di Logan, della sua passione, dei suoi sogni. E io non potrei essere più orgogliosa di lui.

«Liv» mi chiama Jackson, con quel sorriso sornione che usa quando ha intenzione di prendermi in giro. «Sai almeno cosa sta succedendo? Perché hai lo sguardo confuso, sembri un pesce fuor d'acqua.»

Socchiudo gli occhi, lanciandogli uno sguardo minaccioso. «Certo che lo so» ribatto con tono difensivo. «Logan sta... giocando.» Gesticolo vagamente verso il campo, come se fosse l'osservazione più ovvia al mondo.

Jackson scoppia a ridere, dandosi una pacca sulla coscia. «Geniale osservazione, complimenti.» Poi passa un braccio attorno al collo di Ellie, che già sta ridendo sotto i baffi. «Ma seriamente, sai che ruolo gioca?»

«Wide receiver» rispondo con prontezza, mantenendo una sicurezza apparente che maschera il fatto che ho memorizzato questa risposta solo perché Logan me lo ha spiegato almeno cinque volte la scorsa settimana.

Ellie alza un sopracciglio, chiaramente divertita. «E sai cosa fa un wide receiver?»

Apro la bocca per rispondere, ma il mio sguardo scivola verso destra, dove un gruppo di ragazze sta urlando a squarciagola il cognome di Logan. Ridono, si scambiano occhiate e saltellano per attirare l'attenzione, agitando poster improvvisati con scritte come "Sposami, Logan!". L'istinto di strapparglieli dalle mani mi attraversa come una scarica elettrica. Respiro a fondo, cercando di mantenere il controllo, ma il sangue ribolle nelle vene.

Mi impongo di ricordare che indosso la vera maglia di Logan, non una replica da negozio come la loro. Ma in questo momento la differenza non sembra contare: mi sento una delle tante, invisibile e patetica. È ridicolo provare gelosia, lo so, ma quelle ragazze stanno calpestando ogni brandello di razionalità che ho.

Ellie segue il mio sguardo e sospira teatralmente. «Oddio, Liv, davvero?» Poi, senza preavviso, si alza, mette le mani a coppa attorno alla bocca e si rivolge al gruppo con una voce tanto dolce quanto tagliente.

«Ehi, ragazze! La vedete lei?» esclama, indicandomi con un ampio gesto. Subito sento il calore salire alle guance.

Le ragazze si girano verso di noi, alcune con lo sguardo confuso, altre palesemente infastidite.

«Lei è la ragazza di Logan Miller» continua Ellie con un sorriso smagliante, stringendomi sottobraccio. «Quindi potete anche smettere di strillare come delle oche in calore. Lui ha occhi solo per lei. Capito?»

Vorrei sprofondare. Le loro espressioni variano dall'incredulo all'ostile, e il mio imbarazzo è alle stelle. Mi stringo meglio nel cappotto, incapace di trovare le parole.

«Ellie, smettila...» sussurro tra i denti, ma lei si limita a ridere, compiaciuta del suo intervento.

«Stavi per perdere la pazienza, lo so» mi sussurra all'orecchio. «Qualcuno doveva fare qualcosa, no?»

Jackson scuote la testa, trattenendo una risata. «Sei spietata, amore.»

Una delle ragazze, una bionda con un cappellino blu troppo stretto, alza un sopracciglio e lancia una risatina sprezzante. «Sì, certo. Come no. E magari ora mi dirai che Logan vi racconta tutto della sua vita privata, vero? Magari anche dove va quando non è con voi.»

Le sue parole sono come uno schiaffo, ma Ellie non si scompone. Al contrario, il suo sorriso si fa ancora più affilato, e il tono della voce assume una dolcezza velenosa.

«Oh, assolutamente. Infatti so perfettamente dove va» risponde, con un'aria così tranquilla che sembra quasi sincera. «Va a casa con lei a fine giornata. Sai, dove non puoi andare tu.»

La ragazza rimane senza parole, e il suo sorriso si spegne in un lampo. Le sue amiche abbassano lo sguardo, palesemente in imbarazzo, e in pochi secondi si girano tutte verso il campo, ignorandoci del tutto.

Ellie si siede con un sorriso soddisfatto e mi dà una pacca sulla spalla. «Problema risolto. Ora, seriamente, mi devi un caffè per questo.»

«Sei incredibile» sussurro, ancora scossa dall'accaduto, ma mi sfugge una risata lo stesso.

Jackson scuote la testa, ridendo sotto i baffi. Poi si volta verso di me con un sorrisetto sarcastico. «E tu vorresti diventare un Avvocato? Davvero?»

«Guarda che avevo la situazione sotto controllo» ribatto, incrociando le braccia e cercando di mantenere un'aria seria.

«Certo, certo» ride lui. «Per fortuna c'era Ellie a salvarti. Ora capisco perché Logan è preoccupato ogni volta che hai una prova di dibattito a lezione.»

Scuoto la testa, ma non riesco a trattenere il sorriso. «Fanculo.»

Mi stringo meglio nella maglia di Logan e butto un'occhiata al campo. Lo vedo finalmente, il numero 32, e mi sento subito più calma. È lì, come sempre, e basta un attimo per ricordarmi che non importa cosa dicano gli altri. Logan è mio. E io sono sua.

«Quindi? Non pensare di cavartela così facilmente. Qual è il suo ruolo? Dai, dimostra a quelle groupie che sai davvero qualcosa sul tuo ragazzo!» mi provoca Jackson, sfoggiando il suo solito sorriso da canaglia.

«Ehm... correre... con la palla?» azzardo, stringendomi nelle spalle. Poi sbuffo, sollevando le mani. «Non lo so, J., non fanno altro che correre avanti e indietro per il campo!»

Ellie e Jackson si lanciano un'occhiata complice prima di scoppiare a ridere. Jackson quasi si strozza con il caffè, mentre Ellie cerca invano di soffocare il sorriso dietro il sacchetto di popcorn.

«Be', più o meno» interviene lui, asciugandosi la bocca. «Deve correre come un matto per prendere il pallone quando il quarterback glielo lancia. In questo caso, Reed.»

«Quindi è tipo un cane che rincorre un frisbee» aggiunge Ellie, scoppiando a ridere.

Scuoto la testa, trattenendo una risata, ma decido di ignorarli, o almeno ci provo. Il mio sguardo torna inevitabilmente su Logan, che è schierato sulla linea di scrimmage. Il casco nasconde i suoi capelli corti, e la divisa bianca e blu dei Bulldogs mette in risalto le sue spalle larghe, che sembrano ancora più imponenti da questa distanza. Ogni suo movimento cattura la mia attenzione, i muscoli tesi e pronti allo scatto come una molla perfetta.

Il gioco riprende, e cerco di seguire l'azione. Il quarterback – Reed – prende il pallone, arretra di qualche passo e poi lo lancia con un gesto fluido e deciso. La traiettoria è impeccabile, un arco perfetto che vola sopra le teste degli altri giocatori. Il mio cuore accelera, e prima che me ne renda conto, sono già in piedi, stringendo il bordo del giaccone con forza. Logan scatta come un fulmine, lasciandosi i difensori alle spalle. La folla trattiene il fiato in un silenzio carico di tensione, e io mi unisco a loro, incapace di distogliere lo sguardo.

Quando salta, le braccia tese verso l'alto, il mio cuore sembra fermarsi per un istante eterno. E poi, con una presa sicura, afferra il pallone e atterra con eleganza a pochi passi dalla zona di meta. L'esplosione di applausi è assordante, ma tutto ciò che sento è il battito del mio cuore, che riprende a martellare furiosamente. Logan. Sempre lui. E ogni volta mi toglie il respiro.

«Vai, Logan!» grido, sapendo benissimo che non potrà sentirmi sopra il boato assordante dello stadio. Ma non mi importa. Il gruppetto di ragazze alle mie spalle si gira di scatto, lanciandomi occhiate infastidite prima di provare a sovrastare il mio urlo. Ignoro i loro sguardi di sfida, gli occhi incollati su Logan. Sorrido così tanto che perfino un cieco capirebbe quanto sono innamorata di lui.

Ellie e Jackson si alzano in piedi accanto a me, applaudendo e urlando con la stessa energia della folla.

«È davvero bravo» commenta Jackson, scuotendo la testa con un mezzo sorriso. È il primo vero complimento che gli sento fare su Logan, e non riesco a trattenere un sorriso di soddisfazione.

«Un mostro» aggiunge, applaudendo con più convinzione. E per un attimo mi sembra quasi... orgoglioso.

«È il mio mostro» ribatto senza staccare gli occhi da Logan, la voce carica di fierezza.

Logan si rialza con il pallone ancora stretto al petto, e si gira verso la folla. Anche con il casco addosso, so che sta sorridendo – quel sorriso trionfante che riconoscerei ovunque. Lo conosco troppo bene per sbagliarmi.

La partita prosegue, e cerco di seguire le azioni. A volte sembra solo un caos – giocatori che si accalcano, arbitri che fischiano, il pallone che scompare in una mischia confusa. Ma poi ci sono momenti in cui tutto si trasforma in pura armonia. Come quando Logan scatta verso un passaggio perfetto, il suo corpo che si muove con una grazia naturale, o quando schiva un difensore con un movimento così elegante che sembra quasi danzare.

Anche se capisco poco delle regole, mi lascio trascinare dall'energia che vibra nell'aria. Batto le mani, urlo insieme alla folla, e per un istante mi sento parte di qualcosa di più grande. Ogni volta che Logan tocca il pallone, il mio cuore accelera, e ogni volta che la folla esplode in un coro di applausi, è come se stessi tifando per qualcosa di più del semplice gioco. Sto tifando per lui.

Durante uno dei time-out, Jackson mi lancia uno sguardo pieno di sarcasmo.

«Sai, ho come la sensazione che il football sia appena diventato il tuo sport preferito.»

Lo guardo con un sorriso estasiato. «È probabile... anche se Zoe mi raccontava che i giocatori di hockey sono tremendamente sexy.»

Ellie scoppia a ridere prima ancora che Jackson possa ribattere. Si piega in due dal divertimento, appoggiandosi a me mentre lui sospira teatralmente. «Davvero? Adesso parliamo anche di hockey?»

«Certo. Devo pur ampliare i miei orizzonti sportivi» rispondo con una risatina, lanciando uno sguardo d'intesa a Ellie.

«Per favore, risparmiatemi» sbuffa Jackson, scuotendo la testa.

Quando arriva la pausa di metà partita alla fine del secondo quarto, mi siedo di nuovo, esausta come se fossi stata io a correre avanti e indietro per il campo. Logan ha giocato alla grande, e i Bulldogs sono in vantaggio. Il pubblico è in delirio, ma il mio sguardo è incollato a lui.

Lo vedo togliersi il casco e passarsi una mano tra i capelli corti mentre parla con i suoi compagni di squadra. Anche a distanza, riesco a percepire la sua determinazione. Un'ondata di orgoglio mi travolge. È incredibile vedere quanto brilli, quanto riesca a mantenere il controllo anche sotto tutta questa pressione.

Ellie mi porge una cioccolata calda comprata da un venditore ambulante, e il calore della tazza tra le mani è quanto basta per sciogliere il freddo che mi ha intorpidito.

«Okay» ammetto, sorseggiando con gratitudine la bevanda calda, «devo dire che è davvero emozionante.»

«Te l'avevo detto!» ribatte lei con un sorriso trionfante, dandosi una pacca soddisfatta sulla coscia. «È decisamente impressionante. Non so come fai a rimanere così calma.»

«Chi ha detto che sono calma?» rispondo, stringendomi nelle spalle mentre il calore della cioccolata mi avvampa le guance.

«Liv, hai quasi urlato più forte di quelle groupie» aggiunge Jackson, con il suo solito tono divertito. «Forse dovresti unirti al loro club.»

Lo guardo di sbieco, alzando un sopracciglio. «Non credo proprio. A me basta sapere che è mio.» La mia voce si fa più sicura, con un sorriso che non lascio sfuggire.

La bionda del gruppo, quella che aveva parlato prima, mi scruta con un'espressione sferzante. «Sì, ma quanto può durare? Voglio dire, un tipo come Logan... È ovvio che prima o poi si stancherà. Specialmente con tutte le opzioni che ha.»

Mi volto lentamente, trovandomi faccia a faccia con lei. Il suo sorriso sprezzante è un colpo ben assestato, ma non intendo cedere. La sua intenzione di colpirmi dove fa più male è chiara, e forse per la prima volta sento una scintilla di rabbia farmi emergere.

Un brivido mi attraversa la schiena, ma non faccio un passo indietro. «Parli come se Logan fosse il tipo da stancarsi delle persone in fretta, come se conoscessi ogni sfaccettatura della sua vita. Ma ti sbagli. Non sai nulla di lui. Se fosse così sapresti che non è il tipo che potrebbe lasciarsi influenzare dalle 'opzioni'.» La mia voce è più ferma, e c'è una punta di sfida in ogni parola. «E per quanto riguarda quello che pensi di me... Be', ti sbagli anche su quello. Non ho bisogno della tua approvazione per sapere che lui mi vuole.»

Nel silenzio che segue, vedo la ragazza spalancare la bocca, sorpresa dalla mia risposta, ma Ellie non perde un colpo. Si alza di scatto, piazzando le mani sui fianchi in una posa che non lascia dubbi. «Oh, certo, perché tu ovviamente lo conosci così bene da sapere cosa pensa, vero? E lascia che ti dica una cosa: Logan Miller non è quel tipo di ragazzo. E anche se lo fosse, ti assicuro che l'ultima cosa che farebbe sarebbe sprecare il suo tempo con qualcuno come te.»

La bionda rimane senza parole, e io la guardo con aria soddisfatta. Così vado dietro a Ellie e aggiungo: «Sai, forse dovresti provare a concentrarti sul tuo futuro invece che su quello di Logan. Magari, non so, imparare a non sembrare così patetica.»

La ragazza non replica. Il gruppo intorno a noi si ammutolisce. Mi sento sollevata, ma anche più forte. Quel sorriso che scivola sulle mie labbra è difficile da trattenere. Logan emerge dal campo con il casco sottobraccio, i capelli umidi e scompigliati, il sudore che gli cola sulla fronte. La sua maglia aderente è macchiata di terra, e qualche livido comincia appena a sfumare sulla sua mascella. È stanco, concentrato, ma appena i suoi occhi si incastrano nei miei, si accende quel sorriso storto che mi toglie il fiato ogni volta.

Non resisto. Mi muovo verso di lui con un'urgenza che non riesco a spiegare. Quando è abbastanza vicino, mi aggancio al suo collo, sentendo l'odore del campo mischiato al suo, qualcosa di familiare e irresistibile. Le sue mani trovano subito la mia schiena, mi stringono contro di lui con una forza che mi fa capire quanto mi abbia cercata anche in mezzo a tutto quel caos.

«Sei stato incredibile» mormoro, ma so che non è abbastanza per descrivere quello che sento.

Lui sorride, il respiro ancora affannato, e quelle maledette fossette fanno capolino, rendendolo al contempo dolce e provocatorio. «E non è ancora finita.» La sua voce è bassa, roca, quasi un sussurro solo per me, nonostante il frastuono della folla che applaude e urla.

Sfioro il suo naso con il mio, giocando, e sento il suo respiro caldo sulle labbra. «Non dirmi che stai cercando di impressionarmi.»

«Te lo farò sapere quando ci sarò riuscito davvero.» I suoi occhi brillano di una luce pericolosa, mentre le sue mani scivolano più in basso, accarezzandomi con un'intimità che non si preoccupa minimamente degli sguardi intorno a noi.

Ridacchio, cercando di nascondere il battito impazzito del mio cuore. «Se continui così, potrei iniziare a tifare per qualcun altro.»

Le sue sopracciglia si sollevano, il sorriso si fa più arrogante. «Qualcun altro?»

«Magari un giocatore di hockey» lo provoco, trattenendo una risata.

Logan lascia scivolare il casco a terra, le sue dita che si intrecciano dietro la mia nuca, portandomi ancora più vicina. «Sai, ho sentito dire che i giocatori di hockey non sanno nemmeno come si bacia una ragazza. Vuoi davvero correre il rischio?»

Lo fisso, mordendomi il labbro, e sento il suo sguardo che si abbassa per seguire il gesto. «Magari non lo saprai mai.»

Il suo respiro si fa più pesante, e un lampo di sfida attraversa i suoi occhi. «Sei una piccola provocatrice, Olivia Anderson.»

«Lo so.» Le sue mani si fermano sui miei fianchi, stringendomi con più forza. «E pensare che avevo in mente di dedicarti il prossimo touchdown...»

«E pensi di riuscirci davvero?» Lo guardo con un sorriso malizioso, alzando un sopracciglio.

«Adesso mi tocca dedicarlo a qualcun'altra.»

Faccio un cenno con la testa alle mie spalle. «Lo vedi quel gruppetto di ragazze urlanti dietro di me?»

Logan sposta lo sguardo per un istante, poi lo vedo irrigidirsi. «Quelle che indossano una copia orribile della mia maglia?»

«Loro sono le tue vere fan, credimi. Abbiamo già avuto un piccolo diverbio.»

I suoi occhi tornano su di me, fissi, scuri, scrutandomi con un'intensità che mi fa trattenere il respiro. «Cosa ti hanno detto?»

«Nulla di cui tu debba preoccuparti.» Cerco di mantenere il tono leggero, ma il nodo in gola tradisce la mia calma apparente.

«Liv.» La sua voce si abbassa, un sussurro carico di determinazione mentre mi afferra il mento con due dita, costringendomi a guardarlo. «Dimmelo.»

Sospiro, sapendo di non poter sfuggire alla pressione del suo sguardo. «Solo che hai... diverse opzioni tra cui scegliere. E che ti stancherai presto di me, di avere una ragazza sola.»

Un'ombra attraversa il suo volto, e il verde dei suoi occhi si fa più scuro, quasi tormentato. «Cazzo, seriamente?»

Scrollo le spalle, cercando di nascondere l'amarezza che sento dentro. «Niente che non possa gestire, Logan. Davvero, lascia perdere.»

Lui non si muove, non distoglie lo sguardo. Sospira, ma c'è qualcosa di pericoloso nella tensione della sua mascella, nel modo in cui il suo pollice sfiora lentamente il mio viso, come se volesse farmi dire tutto. Poi scuote la testa, il suo tocco si fa più delicato, quasi reverente.

«L'unica opzione che voglio è qui, proprio davanti a me.»

«Lo so» mormoro, la mia voce quasi un sibilo. Poi, senza dare tempo ai miei pensieri di fermarmi, lascio che la verità esca. «Baciami, Logan. Baciami come non hai mai fatto.»

Un sorriso lento, letale, si allarga sulle sue labbra. «Stai marcando il territorio, Liv?»

«Forse.» La mia voce trema, ma non è paura. È desiderio.

Le sue mani afferrano il mio viso con una sicurezza disarmante, e in un istante il mondo intero scompare. Le sue labbra si schiantano sulle mie, e la sensazione è così intensa che ogni pensiero, ogni respiro, ogni suono intorno a me si dissolve. Il calore del suo corpo si fonde al mio, mentre la sua bocca si muove con una maestria che mi lascia senza scampo.

Il suo sapore è unico, una combinazione di sale e passione, e la sua lingua si insinua lenta, provocatoria, giocando con la mia in un ritmo che mi fa tremare. Un gemito mi sfugge, soffocato contro le sue labbra, mentre le sue mani scorrono lungo la mia schiena, decise, esplorandomi come se fossi sua per diritto. Le sue dita si fermano sui miei fianchi, stringendomi con una forza che mi fa sentire al sicuro e, allo stesso tempo, completamente vulnerabile. Ogni suo tocco è una scintilla, ogni suo movimento un incendio che mi consuma dall'interno. Sento il suo respiro affannoso mescolarsi al mio, le vibrazioni della sua voce che si infrangono contro di me come onde, portandomi sempre più a fondo.

Le urla della folla sono lontane, ovattate, ma non abbastanza da coprire il fragore del mio cuore. Le mani di Logan mi tengono ferma, ma è come se fossi in caduta libera, completamente persa nel vortice che ha creato intorno a noi. Il suono del suo respiro, il suo sapore, il calore delle sue labbra, sono tutto ciò che riesco a sentire. Quando finalmente si stacca, i suoi occhi verdi sono accesi, fissi sui miei. Il suo sguardo è intenso, selvaggio, e mi fa rabbrividire più di ogni altra cosa.

«Ora tutti sanno chi è la mia ragazza» mormora, la voce profonda, un sussurro che mi attraversa come una scossa elettrica.

Alle nostre spalle, la folla esplode in un boato, il suo nome ripetuto come un mantra: «LOGAN! LOGAN!»

Sento le risate eccitate, le urla, e percepisco i loro sguardi su di noi. Alcune ragazze ci fissano con occhi carichi di indignazione, palesemente contrariate dal fatto che Logan Miller abbia occhi solo per me. Ma lui non sembra nemmeno accorgersene.

Torna a guardarmi con un sorriso pericolosamente irresistibile. «E non dimenticare, Liv» aggiunge, il tono basso e dolce, «che sei mia. Sempre e solo mia.»

Prima che io possa rispondere, le sue labbra si abbassano di nuovo sulle mie, questa volta con più lentezza, più intensità. Il bacio è profondo, travolgente, e quando si stacca, mi lascia senza fiato, con la testa che gira e le gambe che tremano.

«Abbiamo ancora quindici minuti di pausa» mi comunica con un sorriso che ha il potere di farmi dimenticare tutto il resto.

Lo guardo, confusa, cercando di riprendere fiato. «E tu non dovresti... riposarti? Bere qualcosa? Parlare con il coach?» Lo indico con un cenno, sta parlando con qualcuno della squadra, la schiena rivolta verso di noi.

Logan nemmeno si volta a guardare. «Non preoccuparti di lui.» Mi fa un cenno verso l'uscita. «Percorri gli spalti e vai verso gli spogliatoi. Ti aspetto lì.»

Si stacca da me e con un largo sorriso torna in campo, mormora qualcosa all'orecchio di Mason - che alza lo sguardo su di me con un sorriso - e s'incammina verso gli spogliatoi. Io resto a fissarlo, esitando per un istante. Poi, con il cuore che mi batte ancora troppo forte, scendo dagli spalti alla velocità della luce, passo in mezzo alle persone senza preoccuparmi minimamente di urtare la gente, e lo seguo, senza nemmeno sapere perché o cosa stia per succedere.

Ma con Logan, ho imparato che aspettarsi l'imprevedibile è l'unica regola che conta.





Il boato della folla svanisce alle mie spalle mentre mi inoltro nel corridoio che porta agli spogliatoi. L'aria qui è diversa: più fredda, quasi stantia, e odora di sudore, polvere e linoleum consumato. Le luci al neon illuminano i muri spogli con una tonalità grigiastra che amplifica il senso di isolamento. Ad ogni passo, le voci confuse dei tifosi si allontanano, sostituite dal suono dei miei respiri e dall'eco dei miei passi.
Il cuore mi batte ancora forte, il sapore del bacio che Logan mi ha dato sembra ancora sulla mia pelle. Ma c'è qualcos'altro. Una sensazione più profonda, più remota, che cresce dentro di me come un sussurro insistente.

Poi, tra i rumori lontani, sento quella voce.

È bassa, sicura, profonda. Vibra nell'aria come un richiamo, scavando un solco dentro di me. Mi fermo di colpo, col fiato sospeso, e il corridoio sembra restringersi attorno a me. C'è qualcosa di familiare in quella voce, qualcosa che non riesco a spiegare.
I miei occhi si socchiudono mentre cerco di concentrarmi. Ed è allora che accade.

Immagini frammentate si insinuano nella mia mente, come lampi improvvisi: mio padre, con quel sorriso un po' stanco, che mi solleva in aria mentre rido. La sua voce, calda e grave, che mi sussurra una promessa: "Non ti lascerò mai sola." Il modo in cui mi stringeva la mano durante i temporali, dicendomi che non dovevo avere paura.

Il ricordo mi colpisce con forza, lasciandomi immobile. Perché sto pensando a lui adesso? Perché quella voce sconosciuta risveglia qualcosa di così profondo e lontano?

Faccio un passo avanti, il cuore che martella nel petto. La curiosità mi spinge ad andare oltre, con la necessità di vedere chi sta parlando. Avanzo verso la porta socchiusa da cui proviene il suono, mentre le parole rimbalzano sui muri, intense e autoritarie. Ogni sillaba sembra scavare dentro di me, risuonare con una strana familiarità.

Ma proprio quando sto per sbirciare oltre l'apertura, una mano calda afferra il mio braccio. Mi volto di scatto, il cuore ancora in gola, e incontro gli occhi verdi di Logan. La sua presa è decisa, sicura, ma non brusca. C'è un sorriso sul suo volto, malizioso e complice, che mi fa dimenticare tutto ciò a cui stavo pensando un istante prima.

«Sei qui» sussurro, quasi senza fiato.

Lui non risponde subito. Mi tira verso di sé, allontanandomi dalla porta, e la sua voce è un sussurro caldo, pieno di dolcezza. «Fidati di me, Liv.»

Senza lasciarmi il tempo di replicare, mi trascina via.

Ridacchio, più per il nervosismo che per altro. «Hai intenzione di rapirmi? Non dovresti riposarti o parlare con il coach per decidere cosa fare nella prossima metà della partita?»

Logan si volta appena, il sorriso malizioso che conosco così bene illumina il suo volto. «Il coach può aspettare. Ho già deciso cosa fare in questa pausa.»

«Ah sì?» ribatto, alzando un sopracciglio mentre mi guida lungo un corridoio più stretto e meno illuminato. «E cosa avresti deciso, Miller?»

Non risponde. Si ferma davanti a una porta anonima, la spalanca e mi spinge delicatamente dentro. La porta si chiude con un colpo secco alle nostre spalle, e realizzo che siamo in un ripostiglio. Le luci al neon tremolano, riflettendosi sugli scaffali pieni di asciugamani e bottigliette d'acqua. Lo spazio è angusto, e il profumo di Logan – un misto di pino e menta – invade i miei sensi. Si avvicina a me, quel sorriso che si trasforma in qualcosa di più dolce, più intimo. I suoi occhi verdi mi scrutano con un'intensità che mi fa dimenticare ogni altra cosa.

«Ho deciso di dimostrarti che sei tu il mio piano, Liv. Sempre. Sei tutte le opzioni che potrò mai desiderare, tutte.»

Le sue parole non si limitano a raggiungermi: mi travolgono, si imprimono nella mia anima come un giuramento incrollabile. Ogni tensione si dissolve, e il ricordo di quella voce sconosciuta si disintegra, lontano come un'eco che non può più ferirmi. Con Logan, tutto ciò che conta è il presente. Il resto è solo un'ombra senza importanza.

«Logan...» riesco a dire, il tono un misto di confusione e divertimento. «Siamo in un ripostiglio dello stadio, chiunque potrebbe entrare. Non hai bisogno di dimostrarmi niente.»

Lui mi guarda, il verde dei suoi occhi come una tempesta impossibile da fermare. «lo credo proprio di sì, invece. Tu hai bisogno di ricordarti quanto sei importante per me, e io ho bisogno di fartelo capire. E comunque, fanculo al resto del mondo.» Si avvicina, il suo respiro caldo sul mio viso. «Che entrassero pure. Sarei orgoglioso di mostrare a tutti quanti ti amo.»

Non c'è tempo per pensare. Nemmeno per rispondere. In un attimo, la mia schiena si ritrova contro la parete fredda, e ogni senso si accende. Le sue mani, grandi e calde, mi afferrano come se non potesse lasciarmi andare. Il suo corpo si preme contro il mio, mandandomi ondate di calore lungo la spina dorsale, facendomi dimenticare persino di respirare. La sua bocca trova la mia, con una fame che mi lascia senza fiato. Le sue labbra sono dure e decise, mentre le mani scivolano lungo la mia vita, esplorando ogni centimetro, ogni curva. Il mio cappotto cade a terra senza che me ne accorga, lasciandomi solo con il maglioncino nero, troppo sottile per contenere il brivido che mi percorre.

La pelle d'oca mi tormenta le braccia, ma non è il freddo a causarla. È il modo in cui Logan sposta le sue labbra sul mio collo, baciandomi, mordendomi, lasciando segni che so resteranno. Il suo respiro è irregolare, caldo contro la mia pelle, e mi strappa un sospiro che non riesco a trattenere. Le mie mani si muovono da sole, scivolano lungo la sua divisa leggermente umida. Le dita trovano i bottoni della patta, decise, pronte a spogliarlo. A quel tocco, Logan geme, un suono profondo che mi fa vibrare nel'anima. Si struscia contro di me con una forza che mi fa quasi cedere le gambe, ma lui è lì, saldo, forte, come se niente potesse scuoterlo.

«Dieci minuti, Liv» sussurra con una voce che è un misto di urgenza e provocazione, il respiro già pesante contro il mio collo. «Poi devo tornare dalla squadra... ma ora sei solo mia.»

Le sue labbra trovano nuovamente le mie, e in quell'istante tutto il resto svanisce. Non c'è il mondo, non c'è il ripostiglio freddo e angusto: ci siamo solo noi, divorati da un'urgenza che sembra volerci consumare. Logan mi bacia con una fame primordiale, le sue labbra e la sua lingua reclamano ogni parte di me, e il sapore di lui si mescola al mio respiro, lasciandomi stordita, senza difese. Le sue mani scendono decise lungo i miei fianchi, afferrandomi con una forza che mi fa sentire desiderata, venerata, come se fossi tutto ciò che ha sempre voluto. Riesco a sbottonargli i pantaloni, e il tessuto scivola lungo le sue gambe con la stessa lentezza di una carezza, finché non finisce ai suoi piedi. Logan li scalcia via con disinvoltura, come se fossero l'ultima cosa che lo interessa. Le mie mani esplorano avidamente la sua pelle, si infilano sotto la sua maglia e si aggrappano alla schiena, sentendo ogni muscolo teso, ogni movimento. Lo tiro più vicino, incapace di resistere al bisogno di sentirlo esattamente dove brucio per lui.

Logan si stacca per un istante, e i suoi occhi verdi, ora scuri e selvaggi, mi trapassano, facendomi sentire completamente esposta. «Sai che ti voglio da impazzire, vero?» mormora, la voce roca e profonda, così vicina che sento il calore delle sue parole sulla pelle.

«Lo so.» La mia risposta è un sussurro appena percettibile, eppure racchiude tutto ciò che sento.

Le sue mani risalgono lentamente sotto il mio maglioncino, le sue dita sfiorano la mia pelle con tocchi deliberatamente lenti, quasi crudeli. Ogni sfioramento è una scintilla che incendia ogni nervo del mio corpo. Mi preme contro la parete con tutto il peso del suo corpo, e io sento ogni centimetro di lui, ogni battito del suo cuore che si scontra contro il mio.

La mia testa cade all'indietro quando le sue labbra scendono sul mio collo, lasciando una scia di baci umidi e morsi leggeri che mi fanno gemere. È troppo, eppure non abbastanza. Le mie mani si stringono ai suoi capelli leggermente più lunghi del solito, tirandoli appena mentre cerco di avvicinarlo ancora di più.

«Di' che mi vuoi, Liv» ordina, la voce un ringhio sommesso contro la mia pelle, mentre i suoi denti mordono dolcemente il lobo del mio orecchio.

«Ti voglio» rispondo senza esitazione, il tono della mia voce spezzato, carico di desiderio. Le mie mani si stringono alla sua maglia, tentando di togliergliela, ma lui non si muove. «Ti voglio sempre.»

Il sorriso che si disegna sulle sue labbra è oscuro, pericoloso. «Brava ragazza.»

In un movimento fluido, le sue mani si agganciano ai miei jeans, sbottonandoli con facilità prima di farli scivolare lungo le mie gambe. Ora sono lì, davanti a lui, con addosso solo il mio maglioncino sottile, gli slip, e i miei stivaletti. Lui si ferma un istante, il suo sguardo che mi percorre con una lentezza esasperante, come se stesse memorizzando ogni dettaglio.

«Perfetta» sussurra, e poi, senza preavviso, le sue mani mi afferrano saldamente ai fianchi e mi sollevano.

Le mie gambe si stringono attorno alla sua vita, il muro gelido dietro di me amplifica il calore bruciante che Logan sprigiona contro di me. Ogni movimento del suo corpo, ogni centimetro che si preme contro il mio, è come un fuoco che mi avvolge, intenso e inarrestabile. Il suo respiro si intreccia al mio, e il suo bacio è un assalto feroce che mi lascia senza fiato, come se volesse marchiarmi con il suo desiderio. Le sue mani, forti e sicure, scivolano lungo i miei fianchi con una delicatezza che contrasta l'urgenza che percepisco in ogni suo gesto. Quando le sue dita si insinuano tra i nostri corpi e scostano i miei slip con un movimento rapido ma attento, il mio respiro si blocca per un istante. Senza esitazione, Logan entra dentro di me con una forza che mi fa gettare indietro la testa, un gemito soffocato che si perde nel silenzio del ripostiglio.

Si allontana leggermente dal muro, proteggendomi da ogni colpo brusco mentre si muove con una determinazione che mi lascia senza difese. Il suo ritmo è incessante, deciso, e ogni affondo manda scariche di piacere lungo la mia schiena, facendomi dimenticare tutto tranne lui. Le mie mani si aggrappano alle sue spalle, le dita che si stringono sulla stoffa della sua maglia come se cercassero di ancorarsi alla realtà, ma Logan è l'unica cosa che importa in quel momento.

«Logan...» ansimo il suo nome, incapace di trattenere la marea che mi travolge.

Lui si ferma per un attimo, il suo sguardo si fissa nel mio, quegli occhi verdi scuri e selvaggi come se volessero leggermi l'anima. «Ssh» sussurra con voce roca, premendo un altro bacio profondo sulle mie labbra. «Non dire niente, Liv. Voglio solo sentirti.»

Le sue parole sono una promessa e un ordine allo stesso tempo, e io mi lascio andare, abbandonandomi completamente a lui. Ogni movimento, ogni spinta, ogni tocco è una dichiarazione di appartenenza, un modo per dimostrarmi che sono sua, in ogni senso possibile.

Il silenzio del ripostiglio è interrotto solo dai nostri respiri affannati, dal suono delle nostre labbra che si incontrano e si cercano senza sosta, e dalla pelle contro pelle. Ogni sussurro, ogni gemito è carico di desiderio, di passione, e di qualcosa di più profondo, un legame che nessuno potrà mai spezzare.

Rincorro l'orgasmo che sento montare con una velocità quasi spaventosa, il piacere che si arrampica lungo ogni fibra del mio corpo, lasciandomi senza fiato. Mi muovo contro di lui con frenesia, strusciandomi senza alcuna vergogna, spingendo ogni limite, perdendomi completamente nella forza del desiderio. Logan lo sente, lo capisce, e invece di rallentare, mi asseconda. Le sue spinte diventano più profonde, più rapide, più irruenti, e io mi aggrappo a lui come se fosse l'unico ancoraggio nella tempesta che lui stesso ha creato.

Vorrei trattenere il momento, rallentarlo, ma è impossibile. La tensione dentro di me è troppo intensa, troppo travolgente, e in pochi istanti mi ritrovo a precipitare, incapace di fermarmi. Logan aumenta il ritmo, ogni movimento è una scintilla che mi accende completamente. Le spinte diventano disperate, mi preme con forza contro il muro, e il rumore delle bottigliette che cadono a terra ci fa ridere, un suono breve e sincero che spezza l'urgenza per un istante. Ma poi le nostre bocche si ritrovano, il suo bacio è famelico, intenso, come se volesse prosciugarmi di tutto il respiro. La sua mano scivola tra i nostri corpi, trovando quel punto che mi fa perdere completamente la testa. Il tocco è sicuro, preciso, e la combinazione del suo movimento e della pressione è troppo. Il mio corpo si tende, la mia testa si getta indietro mentre l'orgasmo esplode dentro di me come un fuoco d'artificio, travolgendo ogni pensiero, ogni confine. Ansimo forte, incapace di trattenere i gemiti, e Logan mi zittisce con un bacio caldo e profondo, le sue labbra che catturano i miei suoni.

Mi sostiene con delicatezza, i suoi movimenti rallentano, e la sua mano continua a cullarmi fino a quando il tremore nelle mie gambe si calma e il mio respiro torna regolare. Ma non abbiamo finito. Con una fluidità che mi lascia senza fiato, mi fa scivolare lentamente a terra. Mi fa voltare, e sento il muro freddo contro il mio petto mentre lui mi sistema con cura alle mie spalle, premendomi con dolcezza contro la superficie.

Sorrido inconsapevolmente, ancora persa nel vortice del piacere, mentre Logan non perde tempo. Entra di nuovo dentro di me con una spinta profonda che mi lascia senza fiato, e io allargo le gambe per accoglierlo, muovendomi contro di lui con lo stesso desiderio. Ogni spinta è potente, ogni movimento mi scuote fino al midollo. Mi lascio andare completamente, i nostri corpi che si muovono come uno solo, e i suoi gemiti si mescolano ai miei in un crescendo che sembra eterno. Le sue mani si stringono ai miei fianchi, i suoi movimenti diventano più vigorosi, più disperati, e il suo respiro si trasforma in un ruggito profondo e gutturale. Lo sento raggiungere il culmine, il suo corpo che si tende e si abbandona, le sue mani che mi stringono con una forza che mi fa sentire desiderata, amata, posseduta. Le sue spinte rallentano gradualmente, il ritmo che si dissolve in una carezza finale, e io mi ritrovo a sorridere, il calore della sua presenza ancora avvolgente e indelebile.

Quando finalmente si ferma, Logan mi fa voltare verso di lui, le mani che si posano delicatamente sui miei fianchi per aiutarmi a trovare l'equilibrio. Il suo respiro è affannato, il petto si solleva e si abbassa rapidamente, e nei suoi occhi brillano scintille di un'emozione troppo intensa per essere descritta a parole. Lo guardo, ancora scossa, con il cuore che batte forte e il corpo che sembra ancora vibrare al ritmo dei suoi movimenti.

Un sorriso stanco, ma soddisfatto, gli illumina il viso, e non riesco a staccare lo sguardo da lui. In quel momento mi sembra che tutto il resto non esista: non il campo da football appena oltre la porta, non la folla che lo chiama, non il coach che lo starà cercando. Siamo solo noi, sospesi in un momento perfetto che non voglio lasciar andare.

«Sei incredibile» mormora, la sua voce calda e bassa. Si avvicina, il suo viso a pochi centimetri dal mio, e prima che possa rispondere, le sue labbra catturano le mie in un altro bacio. Questa volta è lento, profondo, carico di una dolcezza che contrasta l'urgenza di poco fa. Sento le sue mani che mi accarezzano il viso, i pollici che sfiorano i miei zigomi come se stesse cercando di imprimere la mia immagine nella sua memoria. Mi perdo in quel bacio, desiderando che non finisca mai, ma poi si stacca, con evidente riluttanza.

«Dieci minuti, Liv» dice con un sorriso malizioso, i suoi occhi che brillano di divertimento. «Te l'avevo detto.»

Non posso fare a meno di ridere, scuotendo la testa. «Che razza di egocentrico!» lo prendo in giro, dandogli una leggera spinta sul petto.

Lui ride, un suono basso e profondo che mi fa vibrare il cuore. «È stata una dimostrazione abbastanza valida? O devo fare di più per convincerti a smettere di sottovalutare il mio amore per te?»

Lo guardo, il sorriso che si allarga sulle mie labbra senza che me ne accorga. Non c'è bisogno di rispondere, perché Logan sa già cosa penso, come sempre. Tra noi, le parole non sono mai state necessarie.

Dopo qualche istante, iniziamo a sistemarci. Mi abbasso per raccogliere i miei jeans, ma sento il suo sguardo fisso su di me, ardente e intenso. Quando mi rialzo, i suoi occhi non lasciano i miei. Si sistema la maglia e si infila i pantaloni della divisa con movimenti rapidi, i muscoli che si contraggono sotto il tessuto, ma prima di finire di sistemarsi, si china verso di me.

«Un altro bacio» mormora, come se avesse letto i miei pensieri.

Le sue labbra trovano di nuovo le mie, e questa volta il bacio è una miscela perfetta di passione e tenerezza. Quando si stacca, il mio respiro è ancora accelerato, e lui mi sorride, soddisfatto.

«Pronta?» mi chiede, prendendomi per mano.

Annuisco dopo essermi infilata il cappotto, e insieme usciamo dal ripostiglio. L'aria fresca del corridoio mi colpisce subito, un contrasto netto con il calore che ancora mi avvolge. Logan tiene la mia mano nella sua, il suo pollice che accarezza il dorso con gesti distratti ma rassicuranti. Ogni passo sembra portarlo più vicino al momento in cui dovrà lasciarmi per tornare dagli altri, e odio quella sensazione di separazione che si insinua nel mio stomaco.

Quando arriviamo agli spalti, si ferma e si volta verso di me. «Devo andare» dice piano, la voce carica di qualcosa che non riesco a decifrare. Mi guarda come se non volesse lasciarmi, come se ogni secondo lontano da me fosse un'eternità.

«Aspetta» mormoro, stringendo la sua mano per fermarlo. «Dammi ancora un altro bacio.»

Non se lo fa ripetere due volte. Mi tira verso di sé, e le sue labbra si schiacciano contro le mie con un'intensità che mi lascia senza fiato. Questo bacio è diverso, più intenso, più profondo, come se fosse un addio. Quando si stacca, il vuoto che lascia è quasi insopportabile, e mi ritrovo a fissarlo, incapace di capire perché mi sento così.

«Farò un touchdown per te» promette con un sorriso che nasconde un'emozione più grande di quella che vuole mostrare.

Annuisco, cercando di mascherare il nodo che mi stringe la gola. «Per favore, non farti male. Ci vediamo a fine partita.»

«A fine partita» ripete, chinandosi per darmi un ultimo bacio sulla fronte. Poi si volta e si allontana, il suo passo sicuro e deciso, e io lo seguo con lo sguardo finché non sparisce nel tunnel che conduce agli spogliatoi.

Mi fermo per un momento, cercando di riprendermi da quella sensazione inspiegabile che mi ha travolta, poi mi volto e salgo sugli spalti. Quando raggiungo Jackson ed Ellie, mi siedo accanto a loro stringendomi nel cappotto per proteggermi dal vento freddo che soffia. Ma la sensazione che quello potrebbe essere stato il nostro ultimo bacio non mi abbandona, e non so nemmeno perché. Il brusio della folla è assordante, un miscuglio di grida entusiaste e battiti di mani che rimbomba tutt'intorno. Ellie incrocia le braccia e si volta verso di me con un sorriso che non promette nulla di buono.

«Sai, scricciolo» dice, inclinando la testa in modo teatrale, «è interessante come tu sia sparita per dieci minuti e adesso... come dire... odori di sesso.»

Mi giro verso di lei così velocemente che il sangue mi si ghiaccia. «Cosa?! Non è vero!» protesto, sentendo le guance diventare incandescenti.

Jackson, che sta mordicchiando l'ennesimo pacchetto di noccioline, esplode in una risata fragorosa. «Devo concordare con la mia ragazza, Liv. Ce l'hai scritto in grande sulla faccia. Non mentire.»

«Non c'è scritto niente!» sbotto, tentando di mantenere la calma.

Ellie però non si arrende. Si sporge verso di me, scrutando il mio collo con occhi sospettosi, e poi spalanca la bocca in un'espressione di trionfo. «Oh mio Dio, Liv!» esclama, indicando il lato sinistro del mio collo. «Hai un succhiotto gigantesco!»

Jackson si inclina per guardare meglio e annuisce, trattenendo a stento un altro scoppio di risate. «Wow, Logan si è proprio impegnato.»

Mi porto istintivamente una mano al collo, coprendo la zona incriminata, e fisso Ellie con un'espressione che vorrebbe essere minacciosa ma che probabilmente sembra più imbarazzata che altro. «Smettetela! Non è affatto divertente!»

«Oh, è divertentissimo» ribatte Ellie, ridendo così forte che deve asciugarsi gli occhi. «E comunque, buon per te. Almeno non sono l'unica che ama farlo in posti proibiti.»

Jackson scuote la testa, poi afferra la sua ragazza e le stampa un bacio sulla testa. «Liv, Liv, Liv... Avevi intenzione di fare a gara con noi? Ti avverto già che perderesti, Ellie sa essere molto creativa se vuole.»

«È vero» conferma lei, dandogli un bacio affettuoso sulla guancia.

«Basta!» li interrompo, ma non posso evitare di sorridere. «Vi odio entrambi.»

«Oh, certo» replica Ellie con sarcasmo, mentre riprende fiato. «Ma sai chi riderà ancora di più? Logan, quando scoprirà quanto sei arrabbiata per quel marchio di possesso che ti ha lasciato.»

Alzo gli occhi al cielo e guardo verso il campo. Logan è appena tornato in gioco, e sembra totalmente concentrato mentre prende posizione con il resto della squadra.

«Lo prenderò a calci nel culo» mormoro tra i denti, incrociando le braccia al petto.

Ma poi, Logan si gira per un istante e i nostri occhi si incontrano. Mi sorride con quell'aria sicura di sé che mi fa sciogliere e innervosire allo stesso tempo.

Senza accorgermene, mi sporgo un po' in avanti, stringendo i pugni. «Idiota» sibilo ad alta voce indicandogli il collo, ma non posso fare a meno di sorridere quando con le mani disegna un cuore.

«Siete veramente sdolcinati, sapete?» borbotta Jackson, con una faccia esasperata.

«Lo so» rispondo piano, mentre il cuore inizia a battermi più forte.

Il fischio dell'arbitro interrompe il chiacchiericcio sugli spalti, riportando l'attenzione di tutti sul campo.

Logan si posiziona tra i compagni di squadra, pronto per l'azione. La tensione nell'aria è palpabile; ogni movimento sembra carico di energia.

Il quarterback della squadra avversaria fa partire il gioco con un lancio lungo, ma Logan e i suoi compagni si muovono come un'unità ben oliata. Ogni muscolo del suo corpo è teso, ogni passo calcolato con precisione. Lo vedo affrontare un avversario che tenta di bloccarlo, schivando l'attacco con una rapidità impressionante.

«È una macchina da guerra» commenta qualcuno alle mie spalle, probabilmente un tifoso dei Bulldogs.

Sorrido orgogliosa e osservo Logan che si lancia verso la palla come un predatore in caccia. Non riesco a distogliere lo sguardo. Ogni movimento è pura determinazione, pura forza. Mi stringo nel cappotto, sentendo il cuore accelerare ogni volta che Logan viene placcato o che qualcuno tenta di fermarlo. Ma non cede.

L'azione continua, e ogni secondo sembra più intenso del precedente. La squadra avversaria riesce a segnare un altro touchdown, portando il punteggio quasi alla parità. Logan si ferma un attimo a discutere con i suoi compagni, il volto serio e concentrato. Lo vedo indicare qualcosa, forse un piano, e poi torna in posizione.

«Sta preparando qualcosa» dice Ellie, quasi in un sussurro.

E ha ragione. Quando il gioco riprende, Logan è ovunque. Schiva avversari, blocca passaggi, corre come se avesse il vento sotto i piedi. Quando Reed lancia la palla, Logan la afferra con una precisione millimetrica, stringendola al petto come se fosse la cosa più preziosa del mondo.

Inizia a correre.

La folla esplode in un grido assordante, incitandolo mentre attraversa il campo. Un avversario lo placca, ma Logan si rialza, stringendo la palla e continuando la corsa. È a pochi metri dalla linea di meta quando un altro difensore si lancia su di lui. Per un attimo penso che non ce la farà, che lo fermeranno. Ma Logan salta.

Con un movimento elegante e potente, si solleva in aria, superando l'avversario, e atterra direttamente nella zona di meta.

Touchdown.

Il boato della folla è assordante. Tutti si alzano in piedi, applaudendo e urlando il suo nome. Logan si alza lentamente, con un sorriso trionfante sul volto, e punta lo sguardo verso di me. Solleva la palla sopra la testa e la indica, come a dire: Questo era per te.

Sento il cuore sciogliersi. Non importa quante volte mi dica che non dovrei essere così colpita da lui; Logan trova sempre un modo per sorprendermi.

«Te lo aveva promesso» mi sussurra Ellie, spingendomi leggermente con il gomito.

«Sì» rispondo piano, incapace di distogliere lo sguardo da lui.

Il campo è un'esplosione di energia e adrenalina pura. Studenti e tifosi scendono dagli spalti come un fiume in piena, mescolandosi ai giocatori. Le luci abbaglianti del Yale Bowl illuminano la folla che celebra la vittoria, mentre Logan viene letteralmente sollevato in aria dai suoi compagni di squadra, i quali gridano il suo nome come un mantra.

Ellie mi dà una spinta verso il campo. «Va' da lui, prima che qualcuno se lo porti via!»

Non aspetto di essere incoraggiata una seconda volta. Scendo di corsa gli scalini, con i miei migliori amici che mi seguono da vicino, e mi faccio strada tra la folla finché non lo vedo: Logan, al centro del caos, con il casco in mano e quel sorriso che riesce a rendere tutto il resto insignificante.

Quando finalmente mi avvicino, lui mi vede, e nel giro di due secondi è già davanti a me. Mi solleva da terra, facendomi girare su me stessa in un abbraccio stretto.

«Touchdown per te» mi sussurra all'orecchio, e non posso fare a meno di ridere, stringendomi ancora di più a lui.

«Sono così orgogliosa di te» gli dico, mentre le urla e i festeggiamenti intorno a noi sembrano dissolversi per un attimo.

Non siamo soli a lungo, però. Mason e Reed ci raggiungono quasi subito, con i visi arrossati dall'adrenalina e i sorrisi stampati sulle labbra.

«Allora, principessa Liv» inizia Mason con un ghigno, passandomi un braccio sudato sulle spalle e indicando Logan, «che ne pensi del nostro eroe nazionale? Ha fatto colpo?»

Mi scosto dal suo abbraccio con una smorfia, e lui scoppia a ridere. «Penso che abbiate tutti fatto un lavoro incredibile» rispondo, sorridendo. «E sì, forse Logan ha fatto colpo. Solo un po'. Siete una squadra eccezionale, ragazzi.»

Reed scuote la testa ridendo. «Solo un po'? Liv, hai idea di quanto sarà insopportabile dopo questa partita? Si ricorderà di quel touchdown per i prossimi vent'anni.»

«Venti? Proprio ottimista» interviene Mason. «Io direi che ne parlerà fino alla pensione. Il nostro principe dei morti non ci lascerà più in pace, adesso.»

«Molto divertenti» ribatte Logan, con il tono scherzoso di chi è abituato alle battute dei suoi amici. «Siete solo gelosi perché non avete avuto la standing ovation che ho ricevuto io.»

«Ah, certo, perché non ho fatto niente io, vero?» dice Reed, fingendosi offeso. «Quarterback dimenticato subito dopo il fischio finale. È sempre la stessa storia.»

Ellie arriva in quel momento, battendo il cinque a Mason e a Reed. «Però, Reed, devo ammettere che anche tu hai spaccato. Quei passaggi sono stati perfetti. E Mase... non ti ho mai visto correre così veloce, bravo.» Gli sorride orgogliosa.

«Grazie, Ellie» risponde Reed con un sorriso orgoglioso.

Mason invece le dà una pacca amichevole sulla spalla. «Almeno qualcuno che apprezza.»

Jackson si fa avanti e batte il cinque a tutti, compreso Mason che, stranamente, ricambia senza inutili scenate. «Comunque, è stata una partita epica, ragazzi. Meritavate questa vittoria.»

«Forza Bulldogs!» esclama Reed, alzando entrambe le braccia al cielo, come se fosse lui l'artefice della vittoria. Poi si gira verso Logan e Mason, aggiungendo con un sorriso furbo: «Papà ci aspetta negli spogliatoi, ragazzi. È raggiante, ma se tardiamo troppo potrebbe cambiare idea.»

Prima che possa continuare, Gwen lo travolge con un abbraccio e un bacio così pieno di entusiasmo da farlo vacillare. I due finiscono a terra tra risate contagiose, e noi non possiamo fare a meno di unirci al momento, ridendo fino alle lacrime.

Logan, accanto a me, stringe la mia mano e mi tira delicatamente verso di sé. «Ci vediamo fuori, okay?» dice con un sorriso che mi fa sciogliere. «Dobbiamo festeggiare alla grande, ma prima meglio raggiungere il coach. È così di buon umore che potrebbe addirittura farsi scappare una battuta! Però sono sicuro che ci toccherà cantare il vecchio inno della squadra... per tradizione, ovviamente.»

«Quanto vorrei essere una mosca per sentirti cantare» commento ridacchiando, lanciandogli un'occhiata ironica.

«Ehi, guarda che sono un talento naturale» ribatte, fingendosi offeso. Poi si china per sfiorarmi con un bacio rapido ma intenso. «Ci vediamo tra poco» mormora prima di voltarsi verso i suoi compagni.

Mason, nel frattempo, afferra Reed da terra, costringendolo a staccarsi da Gwen. «Basta scene romantiche, Romeo. Il coach ci vuole tutti in piedi per celebrare come si deve.»

Reed si lascia trascinare con un finto sospiro, mentre Gwen gli lancia un bacio scherzoso. Logan segue i suoi amici verso il tunnel che porta agli spogliatoi, con la sicurezza di chi sa di aver conquistato il campionato. La folla sugli spalti continua a esultare, un mare di voci e applausi che sembra non volersi spegnere.

Logan si volta ancora un'istante nella mia direzione, alzando la voce per farsi sentire. «Aspettami fuori, Liv.»

Annuisco, il sorriso ancora stampato in faccia mentre lo guardo sparire insieme agli altri.

Ellie mi dà una gomitata e ride. «Hai un'aria un po' troppo felice. Voglio sapere tutto. E quando dico tutto, intendo ogni dettaglio!»

«Ellie!» protesto, cercando di non arrossire.

Jackson si unisce alle risate, e Gwen si avvicina a noi per salutarci, anche lei estasiata dalla partita. L'abbraccio stretta, e poi maledico la mia migliore amica quando inizia a raccontarle per filo e per segno tutto quello che è accaduto, dalla discussione con quel gruppo di fan accanite, al... mio divertimento che ha causato un fantastico succhiotto. Vorrei strozzarla, ma è così comico raccontato da lei che mi ritrovo a sorridere e ad abbracciarla felice.

Ridendo e scherzando, ci avviamo verso l'uscita del campo, pronti per il resto della serata. Il parcheggio del Yale Bowl è ancora un vortice di euforia. Tifosi in festa si accalcano verso le uscite, e l'aria è carica di cori entusiasti. Ellie, Jackson, Gwen ed io ci mescoliamo alla folla, trascinati dall'atmosfera vibrante.

«È stata una partita epica» commenta Jackson, appoggiandosi al muro e tirando fuori un pacchetto di sigarette.

Prima che possa accenderne una, Ellie gli dà una leggera spinta sul braccio. «Nemmeno per sogno, J.. Hai visto quanta gente sta ancora esultando? Vuoi affumicarli tutti?»

Jackson sospira, rimettendo il pacchetto in tasca. «Va bene, ma solo perché abbiamo vinto.»

«Logan è stato incredibile» continua Ellie, aggiustandosi la sciarpa mentre il vento freddo le scompiglia i capelli. «E tu, Liv, sembravi pronta a saltare dagli spalti quando ha segnato quel touchdown.»

Arrossisco e abbasso lo sguardo, ma non riesco a trattenere un sorriso. «Be'... era per me» dico sottovoce, anche se il cuore mi batte ancora forte al ricordo.

Gwen, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si gira verso di me con un'espressione complice. «Era per te? Wow, allora Reed deve proprio imparare da Logan.»

«Oh, perché? Non ti basta che abbia fatto quel placcaggio perfetto?» ribatte Jackson con un sorriso malizioso. «Ammettilo, Gwen, stavi seguendo Reed per metà del tempo e il tabellone per l'altra metà.»

Gwen sbuffa, ma i suoi occhi brillano di entusiasmo. «Non sottovalutarmi, Jackson. So tutto di football, la mia famiglia ne è ossessionata. E posso dirti che il placcaggio di Reed era impeccabile, ma Logan... il suo touchdown è stato pura arte.»

Ellie scoppia a ridere, divertita. «Oh, allora sei una tifosa seria, Gwen. Dimmi, quanti yard ha corso Logan per quel touchdown?»

«Facile!» risponde lei senza esitazione. «Venti yard precise. E vogliamo parlare della velocità? Non è normale per un wide receiver essere così veloce.»

Jackson alza le mani in segno di resa. «Va bene, mi arrendo. Sei ufficialmente più esperta di me. Però ti avviso, Gwen, se continui a decantare le lodi di Logan, Reed potrebbe fare il geloso. E anche la nostra principessa qui a fianco.» Mi da una gomitata scherzosa.

Sbuffo. «Ma smettila.»

«Perché? La verità è la verità» risponde lei con un sorrisetto furbo.

Sto per rispondere a Gwen, quando due volanti della polizia irrompono nell'affollato parcheggio con le luci blu che fendono l'oscurità. Il suono delle sirene si spegne, lasciando il loro lampeggiare sinistro a dipingere ombre sulle facciate dello stadio. Mi irrigidisco, gli occhi puntati su quei veicoli.

Gli agenti scendono velocemente, quattro figure in uniforme che si muovono con determinazione. Le loro espressioni sono tese, i gesti rapidi, e la folla che si allarga attorno a loro sembra congelarsi in un silenzio irreale.

Ellie si raddrizza accanto a me, incrociando le braccia. «Strano...» mormora con un filo di voce, che mi suona quasi come un presagio.

«Forse devono controllare la folla» dice Jackson, ma la sua voce non è convinta. Stavolta accende davvero quella sigaretta, aspirando profondamente.

Il mio sguardo segue i poliziotti mentre attraversano la folla, dirigendosi verso uno degli ingressi principali dello stadio. Ogni passo che fanno sembra aumentare la pressione che sento nel petto. È come se il mondo intorno a me si contraesse, lasciandomi senza aria.

Qualcosa non va.

Mi dico che sto esagerando, che sono solo troppo ansiosa. Logan è dentro, con i suoi compagni, a festeggiare la vittoria. Tutto dovrebbe essere perfetto. Ma allora perché questo senso di vuoto improvviso? Perché il gelo che mi sale lungo la schiena?

I secondi sembrano allungarsi all'infinito. Cerco di distrarmi, di concentrarmi sulle voci attorno a me, ma poi arriva quel rumore. Un suono distante, quasi impercettibile, che cresce e si trasforma in qualcosa di caotico: grida soffocate, proteste, e infine un'esplosione di urla che squarcia l'aria.

«Cos'è quel casino?» chiede Ellie, con gli occhi spalancati mentre si gira verso l'ingresso dello stadio.

Jackson si allontana leggermente da noi, cercando di vedere meglio tra la folla che inizia a muoversi nervosamente. «Non lo so, ma non mi piace...»

Non aspetto di saperlo. Il panico mi prende alla gola, un istinto irrazionale che non riesco a controllare. Prima ancora di rendermene conto, sto correndo verso il rumore.

«Liv, aspetta!» grida Ellie, la sua voce mescolata al caos crescente. Sento i passi di Jackson e Gwen dietro di me, ma non mi fermo.

Il parcheggio si trasforma in un labirinto di persone confuse e spaventate, ma io spingo, corro, mi faccio strada. Ogni metro che avanzo sembra avvicinarmi a qualcosa di terribile, ma non posso fermarmi. Quando arrivo agli ingressi, la scena davanti a me mi colpisce con la forza di un colpo allo stomaco.

Logan è a terra.

Il suo volto è premuto contro il cemento, il respiro pesante mentre due agenti gli stringono i polsi dietro la schiena con le manette. Ogni muscolo del mio corpo si irrigidisce, e per un istante non riesco a respirare.

Mason è poco distante, trattenuto da un altro poliziotto. Grida qualcosa che non riesco a capire, il viso contratto in un'espressione di pura rabbia. Reed, invece, urla disperato, tentando di avvicinarsi a Logan. Un agente gli punta una pistola contro, e il suo silenzio improvviso è più assordante di qualsiasi altra cosa.

Il coach è poco distante, di spalle. Gesticola animatamente, la tensione evidente nei suoi movimenti. Parla con altri due agenti, ma non riesco a sentire nulla. Il rumore intorno a me si dissolve in un ronzio indistinto.

E Logan...

Cerca di sollevarsi, ma uno degli agenti lo strattona violentemente, costringendolo a piegarsi ancora di più. Quando finalmente riesce a girare leggermente la testa, vedo il suo viso.

Il suo sguardo è confuso, gli occhi pieni di paura. Una ferita gli gonfia lo zigomo, e il sangue che gli cola vicino alle labbra si mescola al sudore della partita appena vinta.

Mi sento come se il pavimento si stesse sgretolando sotto di me.

Non sento più Ellie che mi chiama, né Jackson che impreca alle mie spalle. Non vedo più la folla, il parcheggio, il cielo sopra di noi. C'è solo Logan.

E il terrore nei suoi occhi.

Non so come, ma riesco a muovermi. È come se il mio corpo agisse da solo, spinto da qualcosa di più forte della paura.

«Logan!» urlo, la mia voce che si spezza nell'aria fredda della notte. Mi spingo avanti, senza pensare, senza fermarmi.

Lui alza lo sguardo, e ciò che vedo mi toglie il fiato. L'espressione sul suo volto... terrore, confusione, impotenza. Non è Logan, non il Logan che conosco, forte, sicuro. Questo è qualcuno che sta lottando per non soccombere.

Il mio cuore si spezza.

Cerco di raggiungerlo, ma un agente si para davanti a me, bloccandomi con un gesto deciso. «Signorina, indietro,» dice con una voce ferma, come se stesse parlando a una folle.

«No! Lasciatelo!» urlo, la mia voce tremante, rotta dalla disperazione.

Logan scuote la testa, cercando di dire qualcosa, ma l'agente lo strattona di nuovo. Il movimento è brusco, violento, e Logan perde l'equilibrio, piegandosi su un ginocchio.

«Che sta succedendo? Perché lo state arrestando?» grido, le lacrime che iniziano a scendere, calde contro il gelo del mio viso. Non riesco a fermarle, come non riesco a fermare il nodo che mi stringe la gola.

Lui mi guarda ancora, i suoi occhi verdi che brillano sotto le luci blu lampeggianti. È come se stesse cercando di dirmi qualcosa senza parole, un messaggio muto di scuse, di paura. È un momento, un attimo eterno, poi uno degli agenti inizia a parlargli, la sua voce grave e ufficiale.

«Logan Miller, hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa tu dica potrà essere usata contro di te in tribunale...»

La voce del poliziotto diventa un rumore indistinto, lontano. Il mondo intorno a me si dissolve. Ci sono solo Logan e le sue mani legate dietro la schiena. Le sue spalle larghe sembrano più piccole, quasi fragili.

«No! Non potete fare questo! Non potete portarlo via!» urlo, ma la mia voce si perde nel caos.

Mi lancio ancora verso di lui, spinta da un istinto disperato, ma questa volta sono Ellie e Jackson a trattenermi. Le loro mani sulle mie spalle sono forti, ma io mi dimeno, urlo, cerco di liberarmi.

«Liv, calmati!» mi dice Ellie, ma la sua voce è un sussurro lontano, coperto dal rumore del mio cuore che batte troppo forte.

«Lasciatelo! Non potete farlo! Logan!»

Gli agenti lo strattonano, tirandolo in piedi bruscamente. Logan si gira verso di me, i suoi occhi che cercano i miei, come se quella fosse l'unica cosa reale in tutto quel caos.

«Liv!» riesce a dire, la sua voce rotta, soffocata.

«No! Sono qui, Logan! Non andartene!» grido, mentre lotto contro le braccia di Jackson e Ellie che cercano di trattenermi.

Logan si irrigidisce, prova a liberarsi, i suoi muscoli che si tendono in un ultimo, disperato tentativo di venire verso di me. Ma gli agenti lo fermano, lo stringono, lo strattonano ancora. Io faccio lo stesso. Mi libero dalle mani di Ellie con uno scatto, correndo verso di lui, verso Logan. Ma non arrivo in tempo.

Lo spingono verso una delle volanti, i suoi passi incerti, il corpo che oppone resistenza. Le nostre mani si allungano, i nostri occhi non si staccano, ma è inutile.

Un agente lo costringe a salire dentro l'auto, chiudendo la portiera con un rumore che mi trafigge. È un suono sordo, finale. Mi fermo di colpo, le gambe che non reggono più. Sento Ellie e Jackson dietro di me, le loro voci, ma non riesco a capire cosa stiano dicendo. Rimango lì, il respiro spezzato, le mani che tremano. Le luci blu continuano a lampeggiare, accecanti, mentre Logan viene portato via. L'eco del mio nome sulla sua voce mi rimbomba nelle orecchie, e dentro di me qualcosa crolla, lasciandomi solo vuoto e un dolore lancinante.

L'aria intorno a me sembra farsi più densa, quasi irrespirabile. Il rumore delle sirene, delle voci concitate, delle persone che si affollano intorno, tutto si dissolve in un sottofondo indistinto. La mia mente è annebbiata, il cuore martellante. Non riesco a pensare a nulla, se non a Logan che è stato portato via, e al vuoto che ha lasciato dietro di sé.

Poi lo sento.

«Livvy?»

È solo un sussurro, ma mi colpisce con la forza di un uragano. Il sangue mi si ghiaccia nelle vene, e per un istante tutto si ferma. Resto immobile, incapace di muovermi o respirare. Quel nome. Quella voce. È un'eco lontana di un tempo che ho cercato disperatamente di dimenticare, ma che è sempre rimasto lì, in agguato, pronto a riemergere.

Le gambe mi tremano, e chiudo gli occhi, cercando di respingere la sensazione che mi invade, quella miscela dolorosa di ricordi e ferite mai guarite.

Livvy.

L'ultima persona che mi ha chiamato così mi ha lasciata sola. Avevo sei anni quando è uscito dalla mia vita, e non sono mai riuscita a colmare quel vuoto. La bambina che ero allora si svegliava ogni mattina sperando di trovarlo a fare colazione, di sentire la sua risata riempire la casa, di vederlo bussare alla mia porta con quella luce negli occhi che mi faceva sentire amata. Ma lui non è mai tornato.

Faccio un respiro profondo, e lentamente mi giro. Non voglio. Non posso. Ma qualcosa più forte di me mi costringe a farlo, come se fosse inevitabile, come se il passato non potesse più essere ignorato.

E lo vedo.

L'uomo davanti a me non è solo il coach di Logan. È... lui. È il volto che ho visto in foto ingiallite, il volto che un tempo rappresentava tutto il mio mondo e che poi è diventato il simbolo del mio abbandono. I suoi occhi incontrano i miei, e il tempo sembra fermarsi. Sono gli stessi occhi di allora, ma ora appesantiti, segnati. Lì dentro vedo qualcosa che mi sconvolge: un dolore che non ho mai visto prima, una malinconia che mi colpisce come un pugno allo stomaco. È come se anche lui avesse combattuto i suoi demoni in questi anni. Ma cosa importa? Non era con me.

Lui non parla. Rimane immobile, e io lo guardo, sentendo il mio mondo crollare pezzo dopo pezzo. Un'ondata di ricordi mi travolge: le sue mani grandi che mi sollevavano, il profumo del suo dopobarba, la sua voce calda che mi leggeva le favole prima di dormire. E poi il buio. Le notti passate a piangere perché non capivo dove fosse andato. Gli anni di silenzio.

La rabbia si mescola al dolore in un vortice che mi toglie il fiato. Mi stringo le braccia al petto, come se potessi proteggermi da ciò che sto provando, ma non c'è scampo.

Lui deglutisce, la sua bocca si muove come se volesse parlare, ma le parole non arrivano. È spezzato, e forse questa è la cosa che mi fa più male.

«Livvy...» ripete, questa volta con un filo di voce, e il suono del mio vecchio soprannome mi trafigge come una lama.

Non riesco a fermare le lacrime, calde e incessanti. La bambina dentro di me grida, chiedendo risposte che non sono mai arrivate. Perché mi ha lasciata? Perché non è tornato?

Cerco di parlare, ma mi si blocca tutto in gola. Le emozioni sono troppo. Rabbia, dolore, confusione, speranza... tutto si mescola, mi soffoca. Alla fine, una sola parola riesce a emergere, tremante e carica di anni di sofferenza:

«Papà?»

La sua espressione si spezza. I suoi occhi si riempiono di lacrime, e per un istante vedo il padre che conoscevo, quello che mi chiamava principessa, che mi faceva sentire come se fossi il centro del suo universo. Ma quell'immagine svanisce subito, lasciando solo un uomo davanti a me. Un uomo che non so più chi sia.

Fa un passo verso di me, ma io indietreggio, il mio corpo che reagisce prima della mia mente. È come se avvicinarmi troppo a lui potesse farmi esplodere, come se la distanza fosse l'unico modo per sopravvivere a questo momento.

Lui si ferma, il suo volto devastato da un'emozione che non riesco a decifrare.

«Livvy, mi dispiace...» dice piano, ma le sue parole si perdono nel caos che mi travolge.

Mi sento svuotata, come se il pavimento stesse cedendo sotto i miei piedi. Non so cosa fare, cosa dire, come reagire. L'unica cosa che so è che il mio passato, il mio dolore, la mia rabbia, tutto è qui, davanti a me, e non posso più fuggire.




CONTINUA...

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