Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo dieci - Olivia

Il destino

ha la sua puntualità


UNA dormita senza sogni, incubi o quant'altro, ecco qual era l'unica nota positiva di sbronzarsi fino a questo punto.
Non mi interessa il mal di testa martellante, lo stomaco in subbuglio e l'indolenzimento di tutto il corpo. Tutto questo lo posso sopportare se il risultato è riuscire a dormire senza dovermi svegliare in preda al panico e madida di sudore.

Forse erano più di cinque mesi che non passavo un'intera nottata di sonno senza avere paura di essere catapultata in incubi da cui facevo fatica a uscire e che mi sigillavano la gola nel sonno, mozzandomi così il fiato. Molte volte mi ero svegliata convinta di non riuscire più a respirare, come se qualcuno mi si fosse seduto sullo stomaco e mi stesse strangolando.
Quelle volte non riuscivo ad urlare, ad emettere suono di alcun tipo.

Mi mancano le notti passate con Logan, con lui accanto non avevo bisogno di ubriacarmi. Lui sapeva esattamente come stringermi perché io mi sentissi al sicuro nel buio che avvolgeva la stanza, cullata tra le sue forti braccia, avvinghiata al suo corpo con la testa posata sul suo petto muscoloso, con le nostre gambe intrecciate e il suo respiro caldo sul mio collo. Logan era sempre stato il mio posto preferito al mondo, l'unico in cui sapevo di potermi rifugiare per scacciare via tutte le preoccupazioni e dolori. Sapeva come distrarmi.

Logan era ed è tutt'ora la mia maschera per l'ossigeno.
Quella boccata d'aria fresca che esalavo ogni qualvolta riuscivo a riemergere dagli abissi.
Avevo sognato di passare la mia intera vita insieme a lui, di crescere insieme e invecchiare, eppure...

Un rumore mi induce a muovermi.
Un borbottio, seguito da un'imprecazione ad alta voce mi costringono a sbattere le palpebre un paio di volte. Mi guardo attorno roteando solo gli occhi nella penombra della camera. Muovo le dita delle mani riattivando la circolazione, poi faccio esattamente la stessa cosa con i piedi. Avanzando a tentoni, mi giro supina.
La porta della mia stanza è chiusa ma non riesce comunque ad attutire i suoni che provengono dall'esterno.

«Appena si sveglia giuro che mi sente. Oh, se mi sente! Le farò pentire di essersi ridotta ad uno straccio.»
«Vuoi darti una calmata? Non credo che prenderla per i capelli servirà a cambiare le cose.»
«Vogliamo scommettere? Deve ringraziare solamente te se non ho ancora chiamato sua madre, e stai pur certo che lo farò se le cose non dovessero cambiare. Non è più una bambina, dannazione!»

Un sospiro pesante mi obbliga ad aprire del tutto gli occhi. Congiungo le mani in grembo e butto la testa all'indietro, fissando il soffitto illuminato parzialmente dal lampione in strada, segno che ho passato il restante pomeriggio a dormire.

«Sono d'accordo con te, le cose devono cambiare prima che peggiorino, ma sono contrario all'idea di entrare come una furia in questa stanza e trascinarla giù dal letto, Ellie.» Un corpo si appoggia alla porta, facendola sbattere leggermente. «In questo momento non è in sé...non lo era più da un po' e forse non abbiamo prestato attenzione a tutti i segnali che dava.»

Con estrema calma mi tiro su a sedere, portandomi una mano sulla testa quando una fitta lancinante di dolore s'irradia fino al collo. Mi passo una mano sul viso stanco e poi abbasso lo sguardo per osservare il mio abbigliamento. Indosso un semplice paio di pantaloni del pigiama e una maglia larga, segno che qualcuno mi ha spogliata e rivestita con qualcosa di più pulito e consono. Sul comodino di fianco al letto sono appoggiati un bicchiere d'acqua invitante e un contenitore arancione di aspirine.
Ne ingoio una senza pensarci due volte e mi scolo tutta l'acqua come se ne andasse della mia vita.

«Oh ma io me ne sono accorta! Sai quante volte ho nascosto gli alcolici che tu hai continuato a portare in questo dannato appartamento?»
«Non dare la colpa a me adesso! Forse non la conosco bene come te ma...»
«Esatto! Tu non la conosci! Nessuno la conosce meglio di me!» La sua voce s'incrina appena, segno che la rabbia sta lasciando il posto alle lacrime.
Mi poso una mano sul cuore, sentendomi trafiggere di dolore. «Oh, Ellie...» mormoro con gli occhi lucidi.
«Vieni qui» le dice Jackson, attutendo così i singhiozzi della mia migliore amica.

Mi appoggio alla testata del letto quando le loro voci si allontanano, limitandomi a fissare fuori dalla finestra. Odoro di alcol, erba bagnata e vomito. Un mix letale.
Ripenso alla giornata appena trascorsa e rabbrividisco quando mi ricordo l'effetto che mi ha fatto rivedere Logan. Lui e quel suo profumo avvolgente, quel corpo perfetto e più tonico di come lo ricordavo, quelle mani grandi e calde che si sono posate sul mio fianco lasciando un'impronta che ancora mi brucia come carbone sul fuoco. Lui e quei cazzo di occhi verdi e magnetici da cui ho faticato a distogliere lo sguardo. Le sue parole mi rimbombano in testa, costringendomi a tirarmi un cuscino in faccia per provare a dimenticarle.

"Non posso fare a meno di provare quello che provo. Io sono ancora..."
Fanculo, Logan Miller. Fanculo.

Mi costringo a scendere dal letto e a trascinarmi nel bagno. Ogni passo che compio è così pesante da farmi girare la testa. Mi sento come se qualcuno mi avesse dapprima colpita alla testa, poi mi fosse passato sopra con un cavallo al galoppo e infine fossi stata gettata sulle rotaie di un treno in arrivo a tutta velocità.

Do' una rapida occhiata al mio aspetto attraverso lo specchio sistemato sopra il lavandino e, quando scorgo il groviglio dei miei capelli e il mascara di quella mattina sbavato sulle guance pallide, mi affretto a svestirmi e infilarmi nel box doccia.
Lascio che l'acqua calda mi avvolga il corpo come una seconda pelle, andando a rilassarmi le spalle e portando via lo sporco di quella giornata.
Il mix di profumo di shampoo alla vaniglia e bagnoschiuma al cocco mi mettono subito di buon umore, cancellando per qualche istante il cattivo umore e rimettendomi in sesto lo stomaco ancora in subbuglio.

La pancia mi brontola, ed una fitta di dolore mi costringe a piegarmi in due.
Appoggio una mano sulla mattonella fredda e l'altra me la porto alla base dello stomaco. Il mio corpo reclama cibo da giorni ed io non ho fatto che ignorare questa richiesta, forse sarebbe ora di accontentarlo. Eppure, quel languorino e quel leggero senso di malessere mi danno anche una strana sensazione di calma e beatitudine, come se mi ricordassero che non può andare sempre tutto come vorrei, che io non sto bene e che ci sono cose ancora irrisolte con cui dovevo fare i conti.
Insomma, mi tiene con i piedi ben ancorati per terra.

Una volta uscita dalla doccia, avvolgo i capelli in un enorme asciugamano e con un altro mi tampono il corpo da cui intravedo lividi violacei sparsi qua e là.
Torno nella mia camera e, dopo essermi infilata l'intimo, mi vesto con un paio di pantaloni della tuta grigi e una semplice canotta bianca, dato che sembra che i riscaldamenti in casa siano stati accesi al massimo.
Afferro poi il telefono posato sul comodino, dove due messaggi aleggiano sullo schermo illuminato.

Reed il salvatore: Ehi, vieni a correre oggi?

Faccio una smorfia quando mi accorgo che risale ad almeno quattro ore prima e, dopo avergli raccontato una mezza bugia su come alla fine ho trascorso il pomeriggio, passo a quello successivo che un po' mi fa prendere il panico.

Mamma: Ciao tesoro, come stai? Com'è andata con la psicologa? Ho provato a chiamarti ma avevi il telefono spento. Richiamami quando puoi. Un bacio.

E ora come glielo spiego che sono scappata dallo studio della Dottoressa Gibson per andare in un pub a tracannare shottini come se fossero una tazza di latte caldo?
Dovrò mentire e dirle che non mi sono sentita bene, che poi non è del tutto una bugia, e sperare che ci creda e decida di non indagare oltre.
Magari dovrò anche chiederle il perché Logan avesse un appuntamento il mio stesso giorno e con la mia stessa psicologa, perché dubito fortemente che fosse una coincidenza. Non so se mia madre o James abbiamo progettato in gran segreto questa cosa, ma se così fosse come dovrei prenderla? Hanno passato l'intera estate a convincermi che, anche se ormai siamo una famiglia e che loro non avrebbero preso le parti di nessuno dei due, forse era meglio che fosse andata così.

Che cosa è cambiato adesso?

Quando finalmente mi decido a lasciare la stanza e ad andare in salotto a piedi nudi, Jackson è di schiena ai fornelli intento a mescolare nella padella qualcosa che ha un profumo buonissimo, mentre Ellie è spaparanzata sulla poltrona davanti alla televisione spenta. Gli angoli della sua bellissima bocca sono rivolti verso il basso mentre lei fissa un punto impreciso del pavimento.
Deglutisco a fatica mentre mi avvicino a lei quasi in silenzio.

Quando Jackson si accorge di me, mi lancia un'occhiata carica di tristezza e sollievo, ed io mi immobilizzo. Esamina il mio corpo un paio di volte per assicurarsi che io sia tutta intera. Dalla bocca gli esce un flebile sospiro mentre mi osserva, poi con due passi mi è di fronte.
Le sue mani si sporgono verso i miei fianchi e le mie fanno lo stesso. Ci abbracciamo forte, talmente stretti che per un secondo mi manca il respiro. Mi aggrappo alle sue spalle come se ne andasse dalla mia vita. L'asciugamano mi cade dalla testa lasciando i capelli umidi liberi di scendermi sulle spalle. Jackson mi posa un bacio proprio tra di loro, poi ci appoggia il mento sopra e sospira nuovamente.

«Mi dispiace» sussurro con la bocca premuta contro la sua spalla. Il profumo del suo bagnoschiuma al pino mi fa rilassare.

«Risolveremo tutto» mi risponde anche lui mormorando. Poi si scosta dall'abbraccio ma senza smettere di tenermi stretta. «Come ti senti? Hai fame?»

Annuisco. «Bene, e sì molta.»

Jackson sorride prima di darmi un altro bacio ma questa volta sulla fronte. «Tra poco è pronto.» Poi alza la testa verso la poltrona, seguo il suo sguardo e vedo Ellie fissarci con le lacrime agli occhi. «Va' da lei, e non arrabbiarti troppo per quello che ti dirà. L'hai spaventata a morte, Liv. Hai spaventato a morte entrambi» dice, dandomi una leggera spinta in avanti.

Esalo un flebile sospiro mentre vado a inginocchiarmi di fronte alla mia migliore amica.
A testa alta, Ellie non smette di osservare ogni mio movimento, le lacrime sono incastrate tra le sue lunghe ciglia facendo apparire i suoi occhi azzurri come un oceano in tempesta. I ricci biondi sono aggrovigliati in un'acconciatura sfatta, lasciando alcune ciocche ricaderle ai lati del viso con onde ribelli. È bellissima e triste.

Le prendo una mano calda e la stringo tra le mie. «Scusami. Non so cosa mia sia preso, ho perso la testa e ho sbagliato. Mi dispiace tanto, Ellie» mormoro a bassa voce.
Lei aggrotta appena le sopracciglia bionde, poi stacca la mano dalla mia bruscamente e se la passa in fretta sotto gli occhi, come a voler cancellare le tracce di quelle lacrime mai scese. Sussulto per quel gesto improvviso, ma non la biasimo.

«Scusami, ma non ho molta voglia di parlarti.» È gelo quello che percepisco dal suo timbro di voce.

Abbasso le spalle e cerco un contatto con i suoi occhi, che però non è disposta a darmi. «Ellie, senti lo so che...»

Di scatto alza gli occhi, ancora una volta inondati di lacrime, nei miei, trafiggendomi. Se uno sguardo potesse uccidere... Mi zittisco e rabbrividisco.
«Che cosa? Che sei una donna adulta che gioca a fare la bambina o il contrario?» sussulto e Jackson impreca.

«Dannazione Ellie! Non ti sembra di esagerare?» interviene.

Ma lei lo ignora e mi rivolge tutta la sua attenzione.
«Non sei mai stata così sciocca e poco matura in tutta la tua vita, Liv, e credimi se ti dico questo visto che siamo cresciute assieme. Hai affrontato quello che io spero di non dover mai provare sulla pelle, ovvero l'allontanamento del mio stesso padre e, nonostante il dolore, hai continuato a camminare a testa alta, mostrandoti per quella che io credevo fossi: una donna matura.» Scuote la testa ed esamina il pallore del mio viso e le enormi occhiaie nere che mi circondano gli occhi. Le sue parole mi lacerano dall'interno, provocandomi il voltastomaco.

Non so se percepisce il tremore del mio corpo, o la rigidità delle spalle, ma se lo nota non me lo da a vedere, continua imperterrita la sua ramanzina che, anche se fa un male cane, so di meritare.
«Ed ora ti stai rovinando il fegato e la vita per cosa? Per un ragazzo che non ha avuto la decenza di starti accanto quando ne avevi più bisogno? Sei una sciocca, Olivia, e anche un'ingenua se pensi che me ne starò qui buona buona a guardare mentre ti fai a pezzi lentamente.»

«Non è così» mormoro con un verso che pare strozzato. «Non è solo per lui. È un periodo veramente brutto e sto cercando di capire come uscirne... integra.»

«E come pensi ti stia riuscendo, eh?»

Abbasso gli occhi. «Non bene a quanto pare. Mi dispiace, Ellie, dico sul serio. Sto provando con tutte le mie forze a voltare pagina, e forse piano piano ci stavo anche riuscendo. Ma non mi aspettavo di rivederlo oggi, lui era lì e mi ha detto certe cose che...»

Jackson mi blocca. «Cosa significa "lui era lì"? Dove l'hai visto, Liv?»

Ora si è avvicinato a noi sedendosi sul divano e sporgendosi verso di me. Sia lui che Ellie aspettano una mia risposta, sto per raccontargli tutto quello che è successo quando il campanello suona. Ellie si alza con uno sbuffo, costringendomi a sedermi sul pavimento, e cammina fino al citofono per rispondere.

Jackson mi posa una mano sulla spalla facendomi alzare la testa nella sua direzione.
«Hai parlato con Logan?»

Sussulto appena, poi annuisco. «L'ho incontrato nello studio della psicologa, aveva un appuntamento prima di me e quando è uscito... Credo di aver smesso di respirare per un minuto o due.»

«No, lui non sale Mason! Non ti azzardare a salire razza di uno stronzo che...» Ma ormai aveva già aperto il portone del palazzo e il danno era fatto. Ellie sbatte il citofono facendolo rimbalzare contro il muro, poi fa per chiudere la porta di casa ma un piede più veloce si infila nel mezzo bloccandola prima che possa riuscirci.

Mi si mozza il respiro in gola.

Vedo Ellie lanciarsi letteralmente contro la porta mentre qualcuno dalla parte opposta la apre senza nessuna fatica, come se la biondina pesasse come una piuma.
La mia migliore amica incespica all'indietro e in un secondo Jackson la sta afferrando per un braccio per evitare che cada. Balzo su con il cuore che martella a mille e il respiro affannato. Logan entra per primo seguito da Mason.

Credo di aver appena smesso di nuovo di respirare.

«Scusami, Ellie» dice il mio ex ragazzo buttando un occhio verso la bionda e assicurandosi che non si sia fatta male.
Lei, dopo essersi rimessa in piedi e averlo trucidato con gli occhi, gli si getta addosso con l'intento di colpirlo. Jackson l'afferra per le spalle e Mason si para di fronte a Logan fermando le braccia della sua ragazza.
«Basta cazzo!» sbotta furioso. «Calmati» le dice poi con un tono più dolce.

«Levati Mason! Levati subito o giuro su Dio che il mio pugno prenderà anche te!» ringhia la mia migliore amica.

«Non comportarti da immatura. Non serve a niente alzare le mani.»

«Oh poverino!» Le sue labbra si piegano all'ingiù in un finto broncio. «L'altra volta il livido gli è sparito in meno di ventiquattrore, direi che non gli è andata poi così male eh? Invece, vorrei che il pugno che gli tirerò adesso se lo ricordasse per tutta la vita!»
La rabbia prende il controllo su di lei emanando scintille e saette per tutto il salotto, lo capisco da come le mani le tremano con piccoli spasmi e il respiro sia più affannato del solito. Jackson le circonda il corpo con le braccia e la tira verso di lui, per poi posarle il mento sulla testa sussurrandole di calmarsi.

Deglutisco vistosamente quando un muscolo guizza sul viso di Mason. La luce nei suoi occhi avvampa, lasciandomi in balia di una paura che mi riempie lo stomaco e si dilaga nelle vene. Sta per succedere un disastro, me lo sento.
Ho come la sensazione che questa serata si trasformerà in un disastro di livelli epici da lì a poco. Non riesco a muovere nemmeno un muscolo perché la scena mi sembra surreale, sta succedendo tutto troppo in fretta.

«Che c'è? Sei diventato il suo cane da guardia?» Mason stringe gli occhi a due fessure e guarda Jackson con... odio. Il suo corpo è teso e rigido, lo percepisco anche da così distante, accorgendomi a malapena della mano che si chiude attorno al suo braccio. Logan lo attira verso di sé provando a calmarlo, ma inutilmente.

«E anche se fosse? Credo che Ellie stia bene tra queste braccia.» Indica sé stesso. «Nelle tue non fa che dimenarsi per riuscire ad essere finalmente libera da una gabbia soffocante.»

La paura mi percorre come un brivido gelido, facendomi sussultare e compiere un passo indietro.

«Jackson» sussurro, ma lui non si gira a guardarmi.

Ellie impreca e tenta di liberarsi dalla stretta, ma lui non sembra intenzionato a lasciarla andare. «Jackson ti prego, non è questo il momento» gli dice angosciata.

«Non è questo il momento?» ripete Mason sputando rabbia. «Che cazzo significa, Ellie? Ti stai facendo scopare da quello stronzo lì dietro? È così che stanno le cose? È per questo motivo che sei sempre così fredda e distaccata come se avessi un palo infilato su per il culo?»

Sconcertata, sussulto e gemo portandomi una mano davanti alla bocca. Ellie sbarra gli occhi già lucidi e le sue mani prendono a tremare violentemente. Logan tira indietro Mason, questa volta afferrandolo dalle spalle e imprecando ad alta voce, e Jackson beh... Jackson sposta di lato Ellie con delicatezza e poi si scaglia contro Mason.

Vola un primo pugno con un secco crack, ma non so dire esattamente chi dei due viene colpito, poi entrambi cadono a terra con un tonfo e il suono di ossa rotte. Ansiti e ringhi soffocati li sento ronzarmi in testa per minuti interminabili.
Logan tenta un paio di volte di mettersi in mezzo per separarli, prendendosi a sua volta qualche pugno e calcio, ma non riesce a dividerli.

Corro verso Ellie, che è sbiancata come se avesse visto un fantasma e si sorregge al muro con entrambe le mani. Quando mi vede arrivare mi si butta addosso, ed io la stringo a me costringendo entrambe a distogliere lo sguardo da quella scena raccapricciante.
Dopo minuti che sembrano ore, Logan riesce finalmente a mettersi in mezzo a loro tendendo le braccia nella direzione di entrambi. Tiene le loro magliette strette a pugno e fa saettare lo sguardo prima da uno e poi dall'altro.
«Cristo, siete impazziti?» Impreca almeno un paio di volte mentre Jackson e Mason respirano a fatica, chi con il naso che sanguina e chi con già un grosso livido sotto l'occhio che si sta gonfiando.

Mi viene da vomitare alla vista di macchioline di sangue fresco sul pavimento, ma ricaccio indietro la bile deglutendo a fatica e mi costringo a distogliere lo sguardo.
Finalmente da quando è arrivato, i miei occhi si posano sul petto muscoloso di Logan e risalgono poi sulle braccia anch'esse robuste. Seguo la linea delle vene marcate delle grandi mani, percorro il collo contratto dalla forza con cui sta tenendo entrambi e risalgo sul viso, dove intravedo il suo bellissimo labbro spaccato. Le sue pagliuzze sono di un verde intenso dovuto allo sforzo fisico, il sopracciglio è coperto da un piccolo cerotto bianco. Mi si mozza nuovamente il respiro all'idea che si possa essere ficcato in qualche guaio.

Respiro piano, cercando di darmi una calmata ed evitando di pensare al fatto che si trova nel mio appartamento, in quell'angolino che era diventato il mio posto sicuro, a pochi passi da me per la seconda volta nella stessa giornata.
Perché è qui? Cosa diavolo è venuto a fare?

Jackson si stacca dalla stretta di Logan e fa un passo indietro guardando con disprezzo Mason, che ancora sembra far fuoriuscire il vapore dal naso. Si asciuga con il dorso della mano il rivolo di sangue che gli è colato fino alle labbra, poi fa una smorfia.
«Sei il solito coglioncello che non pensa mai prima di agire. Ringrazia che il tuo amico ha più buonsenso di te, perché sennò ti avrei sbattuto giù per le scale senza pensarci due volte.»

Risucchio l'aria con un sibilo strabuzzando gli occhi, mentre Ellie non smette di singhiozzare tra le mie braccia.
Mason sogghigna, poi alza il dito medio nella sua direzione. «Vai a farti fottere, cane
Il mio migliore amico scuote la testa, poi si gira nella nostra direzione per assicurarsi che entrambe stiamo bene.

«Jackson» sussurro nuovamente tendendogli una mano, ma lui si limita a sospirare e scuotere la testa.
«Non ora.»
Sorpassa il divano e sparisce nel corridoio. La porta della sua stanza sbatte talmente forte da farmi vibrare tutto il corpo.

Ellie sussulta tra le mie braccia e Mason si stacca bruscamente dalla stretta di Logan.
«E tu da che cazzo di parte stai?» lo aggredisce.

«Sei fuori di senno, amico. Non è questo il modo giusto per affrontare le cose.»

Scoppia a ridere di gusto. «Ma sei serio cazzo? Parli proprio tu che ogniqualvolta sei incazzato picchi il primo sfigato per strada? Vaffanculo pure a te Logan!» Poi si gira verso Ellie, la fissa per un secondo con disgusto e, prima di dirigersi verso la porta, le dice: «Abbiamo chiuso.»

Ellie sbianca e si porta una mano sulla pancia. «Mason, hai frainteso» mormora con voce strozzata. Quando lui varca la soglia uscendo dall'appartamento, si libera dal mio abbraccio e gli corre dietro. «Mason, aspetta cazzo!» grida, correndo giù per le scale con passo pesante.
Rimango ad ascoltare i loro passi fino a quando non scompaiono del tutto.

Io e Logan rimaniamo soli nel salotto del mio appartamento. Soli.

Non oso guardarlo in faccia, e lui sembra a disagio tanto quanto me. Non vola una mosca nemmeno quando cammino all'indietro e mi lascio ricadere sul divano con un tonfo. Lo sguardo, ancora vuoto e confuso, è puntato sul pavimento dove il sangue si sta piano piano seccando. Sento il cuore battermi furiosamente nella cassa toracica e un ronzio famigliare nelle orecchie.

Ad un certo punto mi accorgo che lo sguardo di Logan si è posato su di me perché sento la testa andarmi a fuoco, come se i suoi occhi stessero inviando saette e fulmini nella mia direzione. Sospira piano, poi si muove fino alla cucina dove scompare per pochi istanti dal mio raggio visivo. Torna con in mano della carta bagnata, si inginocchia sul pavimento e tenta di cancellare i residui della lotta di poco prima. Mi conosce così bene da sapere che il sangue ha quell'effetto destabilizzante su di me. Odio questa cosa. Detesto che ancora si preoccupi così per me. Detesto che mi conosca fino a quel punto.

Lancio un'occhiata al corridoio dove Jackson è sparito, e l'istinto mi dice di andare a controllare come sta. Ma, prima che possa alzarmi o dire una sola parola, Logan si rimette dritto e cammina fino al piccolo cestino dell'immondizia, dove vi butta dentro la carta sporca. Dopo essersi lavato le mani nel lavello della cucina, i suoi passi riecheggiano fino a me. Si siede sulla poltrona dove qualche istante fa sedeva Ellie. Inarca il busto in avanti, allarga le gambe e, dopo averci appoggiato i gomiti sopra, mi fissa in silenzio.

Non riesco a distogliere lo sguardo dal pavimento. Un formicolio si propaga per tutto il mio viso, punzecchiandomi le guance e colorandomele di rosso.
Perché è qui? Che cosa diamine vuole ancora?
La sua mano fa per allungarsi verso il mio ginocchio, ma le sue dita si richiudono a pugno poco dopo allontanandosi.
«Liv.» Il mio nome pronunciato dalle sue labbra mi fa fremere. «Puoi guardarmi un attimo?»

Prendo un respiro calcolato e mi costringo a non alzare gli occhi nei suoi, so che se lo facessi poi non riuscirei più a staccarli.
«A che serve?» riesco a dirgli con voce controllata.

«Ad un sacco di cose.»

«Per esempio?»

«Beh, innanzitutto per controllare che tu stia bene. Sei pallida come un fantasma, so che quello che è successo poco fa è stato sconcertante ma...»

«Sto bene.»

Logan inclina di poco la testa e sospira. «Dici sul serio? Perciò la vista del sangue non ti ha provocato mal di stomaco, giusto?»

Deglutisco ricacciando indietro la bile. «No. Va tutto bene e puoi anche andartene, non so nemmeno che cosa ci fai ancora qui.»

Le sue ginocchia sfiorano le mie e devo costringere me stessa a non sussultare nuovamente, Dio solo sa cosa succederebbe se dovessimo per sbaglio toccarci come oggi pomeriggio. Con la coda dell'occhio lo vedo passarsi una mano sul viso, poi si alza con grazia e si lascia ricadere sul divano accanto a me. Troppo vicino. Così tanto da riuscire a percepire la sua pelle calda sulla mia, o il suo respiro sul collo. Volto la testa di scatto, sfuggendo ai suoi occhi.
«Perché sei qui?» gli chiedo ancora, questa volta in un sussurro roco.

Non risponde subito, si limita a prendere un enorme respiro. Poi, quando lo fa, riesco a percepire il tremore nella sua voce e un'incertezza che non riesco a capire a cosa sia dovuta.
«Sai, me lo sono chiesto anche io in tutto il tragitto che mi ci è voluto per arrivare. Sapevo che le cose non sarebbero state facili ma... volevo tentare.»

«Dopo quello che ti ho detto oggi? Perché?»

«Perché tu ne vali la pena, Liv. Tu vali ogni maledetta parola che mi hai vomitato addosso e ogni dolore che ne ha conseguito. Perché è più forte di me, quando si tratta di te non c'è niente che io possa fare, tutto improvvisamente cambia. Anche se ho cercato di nasconderlo per mesi interi, forse per paura, tu sai come disarmarmi. Quando ci sei tu di mezzo, io amo. Amo follemente. Perciò non farmene una colpa, ti prego.»

Stringo forte le labbra e mi conficco le unghie nel palmo delle mani, costringendo le lacrime a non solcarmi il viso, me stessa a non scoppiare a piangere, il mio corpo a non tremare scosso per le parole che ha usato. Una ciocca di capelli umida mi ricade contro la guancia, e Logan si premura di spostarmela dietro l'orecchio con l'indice.
Sussulto a quel contatto improvviso, ma non lo respingo. È comunque talmente fugace da non averne nemmeno il tempo.

«Quindi sei qui per rinvagare il passato?» mi costringo a chiedergli con un nodo alla gola. «Perché se è così, puoi davvero tornartene nel tuo dormitorio. Non ho niente da dirti più di quello che ho già detto oggi. Io e te non siamo più niente, Logan. Spero che tu lo capisca.»

Non so con quale freddezza riesco a dirgli tutte queste cose, soprattutto senza avere un mancamento di voce. Logan sussulta appena, e il respiro si fa più irregolare come se gli avessi schiaffeggiato una guancia di proposito. Il gelo che sento sotto pelle non è nemmeno paragonabile al freddo che si è creato tra i nostri corpi così vicini e nel contempo lontani anni luce.
«Ci siamo amati tanto, Logan, ma ci siamo anche fatti del male. E forse è proprio quel dolore che mi costringe a non riuscire più a...»

«Non farlo» sbotta, lasciandomi interdetta. «Non dire parole che non pensi, perché so che non le pensi. So che non hai smesso di amarmi come io non ho smesso di farlo.» Faccio fatica a respirare normalmente ma, questa volta, mi volto per fronteggiarlo.

Nel farlo, mi costringo a combattere con un paio di occhi verdi e lucidi, così intensi da farmi tremare le mani. Pagliuzze in cui una volta affogavo al loro interno, e che sapevo riacciuffarmi prima che mi perdessi del tutto. Logan alza una mano e, con dita tremanti, mi afferra una ciocca mossa. La osserva per un po' rigirandosela tra le dita, mentre io non riesco a smettere di fissargli il viso tumefatto e chiedendomi chi o che cosa lo abbia ridotto così. Vorrei chiederglielo, ma combatto contro l'impulso di farlo.

«Quello che ti sto dicendo è vero» gli dico invece. «Sei stato tu a lasciarmi, ricordi?»

I suoi occhi smettono di fissare i miei capelli e si incollano con foga nei miei. «Non l'ho mai dimenticato.»

«Quindi te lo chiedo ancora una volta: perché sei qui?»

«Ho saputo quello che è successo oggi» inizia, ed io chiudo gli occhi maledicendo la boccaccia della mia migliore amica. «E sono venuto ad assicurarmi che una cosa del genere non accada mai più.»

Riapro gli occhi e gli scoppio a ridere in faccia. «Tu mi hai lasciato e ora ti presenti qui con delle...pretese? Stai scherzando cazzo?»

Scuote appena la testa lasciando scivolare via la mia ciocca, liberandomi finalmente da quella stretta che mi teneva incollata a lui. Metto della distanza tra i nostri corpi, facendogli capire che non sto scherzando.

«Per niente. Non so se sia colpa mia quello che ti sta succedendo o se ce altro dietro, ma non permetterò mai più che tu metta a rischio la tua vita in questa maniera. Hai idea di quello che sarebbe potuto succederti?»

«E a te che diavolo importa, eh? Non sei nessuno per farmi la paternale o per esigere un qualcosa» sbotto furiosa, poi mi alzo in piedi e mi allontano da lui dirigendomi verso la cucina. Logan si alza e mi segue, per niente turbato dal mio cambio repentino d'umore. Apro il frigorifero e prendo una bottiglietta di acqua fresca. «Hai passato anni della tua cazzo di vita nei bar a sbronzarti per poi vomitare per strada e ora vieni a rompermi le palle?» Chiudo l'anta del frigorifero facendola sbattere e, quando mi volto, mi ritrovo intrappolata tra l'acciaio e un corpo massiccio.

Logan mi inchioda al frigorifero, appoggiando entrambe le mani sulle ante e avvicinando il viso al mio. Sussulto per quel gesto inaspettato, e per un po' smetto addirittura di respirare. Non voglio inalare il suo profumo, farlo sarebbe l'equivalente di una condanna a morte.

«Non ho mai detto di essere un santo, so di avere preso delle cazzo di decisioni sbagliate nella mia vita, e alcune le sto prendendo tutt'ora. Ma conosco i miei limiti e so quando non devo valicarli, e tu?»

Il suo respiro caldo mi solletica il collo costringendomi a deglutire. Sento di avere le guance bollenti e vorrei potermi posare la bottiglietta su quel rossore per fare defluire il sangue, ma Logan non mi permette di muovermi. È talmente vicino alle mie labbra che mi basterebbe sporgermi appena per baciarlo. Inspiro, e mi sembra il primo respiro veramente profondo che ho tirato da una vita intera.

«Anche io li conosco» stringo i denti cercando di non lasciarmi sopraffare. «E comunque non ti devo nessuna cazzo di spiegazione, è chiaro?»

«Ne sei sicura?» Una mano si abbassa sul mio fianco. Sussulto quando le sue dita calde mi percorrono l'anca e poi si infilano sotto la canotta bianca per poi posarsi sulle mie costole appuntite. «E quando hai deciso di lasciarti morire di fame? Perché è esattamente quello che stai facendo o sbaglio? Da quanto cazzo non mangi, Liv?» ringhia appena contro il mio collo, mentre le sue dita compiono dei movimenti circolari che a tratti mi rilassano, mentre in altri momenti mi ricordano che tutto ciò è sbagliato.

Non gli rispondo, non saprei nemmeno che cosa dirgli. Tutto quello di cui mi sta accusando è vero, ed è proprio questa la cosa che mi fa più incazzare. È riuscito ad accorgersi di quanto il mio corpo si stesse lentamente lasciando andare dopo avermi incontrata per soli dieci minuti. Logan ha ragione, almeno in parte, e un po' dell'oscurità che non ha mai smesso di aleggiare nella mia mente da cinque mesi, inizia a dissiparsi lentamente.

Quando capisce che non ho nessuna intenzione di controbattere, si lascia andare ad un respiro talmente profondo da farmi tremare tutta. Mi lascia andare staccando le mani dalle ante con riluttanza, come se non volesse veramente farlo. Il suo sguardo infuocato percorre tutto il mio corpo lentamente un paio di volte, poi compie un passo indietro. Riprendo finalmente a respirare.

«Non lascerò che questo accada. Non ti permetterò di farti ancora del male per colpa mia.»

Vorrei dirgli che non è solo colpa sua, ma le parole mi muoiono in gola quando lo vedo allontanarsi verso la porta. Una sensazione di panico, che per nessuna ragione dovrei provare e che mi ero ripromessa di non provare, all'idea che lui se ne vada mi stringe i polmoni in una morsa.
«E questo che cosa cavolo significa?» mi affretto a chiedergli.

Logan rallenta il passo dandomi le spalle, poi si piega a prendere dal pavimento un sacchetto bianco di plastica che non ero sicura di aver notato prima.
Torna verso di me posandolo sul bancone della cucina, poi si siede su uno degli sgabelli e il battito del mio cuore accelera d'un colpo. Sta invadendo il mio spazio personale e per di più sembra non abbia nessuna intenzione di andarsene.
Vorrei che lo facesse e che sparisse per davvero dalla mia vita.

Lo voglio davvero?

Tira fuori dal sacchetto tre di quelli che devono essere dei buonissimi panini di McDonald's avvolti dalla carta, poi fa la stessa cosa con un involucro pieno di patatine fritte. Alla vista di tutte quelle buonissime schifezze il mio stomaco brontola, costringendomi a portarmi una mano sullo stomaco.

Torna a guardarmi, e questa volta i suoi occhi di un verde più scuro mi fanno capire che non è intenzionato a discuterne ancora.
«Significa che ora ti siedi qua vicino a me» batte una mano sullo sgabello accanto a sé, «ti mangi tutto questo ben di Dio e poi parliamo. Abbiamo un sacco di cose da dirci, che tu lo voglia o meno.»

Stringo gli occhi a due fessure e poi scuoto la testa. «E se io non volessi? Questa è casa mia e tu sei qui a dettare regole come se ne avessi il diritto! Hai almeno sentito quello che ti ho detto prima? Io e te non...»

«Non siamo più niente e non torneremo mai più insieme» conclude, quasi con un tono annoiato che mi fa saltare i nervi. «Ti ho sentito chiaramente, in modo cristallino.» Si indica un orecchio. «Fortunatamente ancora ci sento. Tuttavia, non me ne potrebbe fregare di meno, Liv.»

Spalanco la bocca così tanto che la mascella potrebbe cadermi sul pavimento. Batte nuovamente la mano accanto a sé e mi fa segno di andare a sedermi. «Forza, si sta raffreddando, ed io odio gli hamburger ghiacciati.»

Resto a fissarlo in silenzio riflettendo sulle sue parole. Una parte remota del mio cervello sa che lui non ha più poteri su di me e che quindi potrei correre in camera chiudendomici dentro e allontanandomi così da lui, ma l'altra più razionale ha anche il desiderio di sentire che cos'ha da dirmi. Poi, se aggiungiamo anche il fatto che sto letteralmente morendo di fame, non rimango stupita più di tanto quando le mie gambe mi trascinano con fatica verso lo sgabello, facendomi ricadere sopra con un tonfo esagerato.

Logan mi passa il panino senza fiatare, masticando il suo e guardandosi attorno meravigliato dall'appartamento.

«Buon appetito» mi dice solo, a bocca piena.

«Fottiti» gli rispondo, dando però un generoso morso.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro