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Capitolo 4

- NO!! NO!! No no no no!! - urlò disperato, con voce spezzata, la schiena piegata verso la motivazione delle sue lacrime, le braccia sul ventre che tendeva e premere sempre più forte sullo stomaco, la bocca spalancata volenterosa di far uscire voce, molta voce così da sfogare il dolore che aveva tagliato in due il suo cuore, ma muta. In pochi secondi si era rotto un cuore.

Sulla strada c'era la sua vita, la sua gioia, steso a terra senza respirare, immobile con occhi terrorizzati ma privi di luce, la luce della vita che ha ognuno di noi, con il vento che gli scostava i capelli sugli occhi aperti, tecnicamente se fosse stato vivo gli avrebbe spostati, ma, non ci poteva fare nulla, l'anima l'aveva lasciato, quel fuoco che arde dentro di noi e che accende la luce dei nostri occhi, era spento,tutto spento, tutto finito, tutto finito a 17 anni. Morte prematura per colpa sua, per la sua stupidità, per la sua ingenuità era morto, gli aveva strappato la vita. Lui che era sempre stato gentile, generoso sorridente e solare nei suoi confronti ed ecco il prezzo che ha pagato: la morte. Lo spegnimento di un fuoco bellissimo, il migliore di tutti. Questo sì che faceva male, era ingiusto, odiava l'ingiustizia, lui morto al posto suo! Per colpa del nulla, una vita tolta per il nulla, bella merda!

Da che, quel cuore grande e spazioso che conteneva chi voleva starci, quel cuore d'oro che avrebbe fatto qualunque cosa pur di  strappare un sorriso a una qualsiasi persona, quel cuore che batteva forte pochi secondi prima, in un attimo dopo..fermo, spezzato, sbriciolato e dolente, soffriva di un dolore non fisico ne concreto, un dolore che nessuno dovrebbe conoscere né sopportare.

Il camion si fermò di colpo, un uomo grassoccello scese da essa  e corse verso il ragazzo steso mentre grondava di sudore e teneva una mano sulla bocca spalancata. Non si accorse del signore, stava male, malissimo a malapena riusciva ad avvicinarsi al corpo a terra, immobile.

Le sue lacrime scendevano a fiotti mentre la mamma tornava e piangente, si metteva in ginocchio davanti al figlio steso a terra poggiando la testa sul suo petto. 

Si teneva il ventre e singhiozzava  con occhi socchiusi, rivolse uno sguardo all'uomo sceso dalla macchina, uno sguardo pieno di dolore e odio. L'uomo indietreggiò spaventato vedendo che si stava alzando carico d'odio.

- mi dispiace, veramente, non l'avevo vist- balbettò alzando le mani in segno di resa ma venendo interrotto anche lui con le lacrime agli occhi.

- se-sei......- disse pensando di incominciare ad insultarlo anche in babilonese ma si accorse che questo non avrebbe cambiato le cose, così decise di rivelare il suo dolore e di fargli notare ciò che aveva fatto, così disse solamente - sappi solo che mi hai rovinato la vita- e se ne andò, ritornando dal corpo. Era distrutto, veramente abbattuto, come se avessero ucciso il suo cuore, anzi, in verità ogni volta che mancava una persona,  erano gli altri a morire. L'uomo terrorizzato chiamò subito l'ambulanza e la polizia con mani e ginocchia  tremanti, la faccia pallida e bagnata di sudore e una paura mischiata ad un  senso di colpa che non se ne sarebbe mai andato. Aveva ucciso una famiglia.

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La porta si chiuse di botto spaventando i bambini, già spaventati, più che spaventati, sconvolti, aveva urlato parole cattive, crudeli con sguardi  carichi d'odio contro quelle creature di sette anni e di cinque.

Il piccolo si massaggiò la guancia dove aveva ricevuto uno schiaffo, nel momento in cui lo avevo ricevuto non aveva provato alcun dolore, era troppo occupato a capire perché il padre si fosse arrabbiato con lui, lo stava solo salutando, salutare il proprio padre era diventato maleducato? Glielo chiese infatti, il bimbo, con occhi gonfi di lacrime e pieni di delusione per se stesso, odiandosi per aver fatto arrabbiare così il padre. Ora faceva più male, molto più male. Uscirono nuovi lacrimoni dagli occhi già rossi e gonfi, si voltò verso la bimba e la vide che fissava ancora la porta di legno bianco di casa con le unghie impiantate nel pavimento. Erano entrambi seduti per terra davanti alla porta, seduti non per scelta.

Si guardò il corpicino steso a terra che si sorreggeva con i gomiti tremanti e dolenti. La schiena non poteva muoverla e il sedere doleva ma dato che ce l'aveva abbastanza ripieno era la parte che faceva meno male. I polsi erano andati, non si potevano muovere e, molto probabilmente erano rotti, entrambi. Il padre l'aveva sbattuto a terra così tante volte che era un miracolo che non avesse mai sbattuto la testa, be' un miracolo forse no, si era distrutto pur di non sbatterla, soffriva già di forti mal di testa.

Cercò di mettersi seduto muovendosi lentamente ma cadde a terra come un sacco di patate, aveva per sbaglio poggiato i polsi ed essi avevano ceduto. Decise di rimanere lì a fissare il soffitto e cercare nella sua breve vita qualcosa che avesse fatto di male, di certo il padre non si poteva essere arrabbiato così tanto per una semplice domanda, doveva averlo ferito in passato, ma lui non si ricordava nulla di cattivo. Non capiva, si sforzava di ricordare ma nulla. L'avrebbe anche chiesto al padre se non se ne fosse andato.

Il bimbo era semplicemente dispiaciuto, non arrabbiato con il padre, no, perché sapeva che c'era una spiegazione ragionevole a spiegare il suo comportamento, conosceva il suo papà, non lo avrebbe mai fatto. Era triste che il padre se ne fosse andato arrabbiato con suo figlio, lui non voleva essere in cattivi rapporti con nessuno, specialmente con lui.

Al pensiero di quello sguardo pieno di disgusto verso di loro e di odio scoppiò a piangere, si era trattenuto per tutto il tempo, solo qualche singhiozzo o magari qualche lacrima ma mai totalmente, voleva dimostrare al padre almeno di non essere uno smidollato,anche se lui glielo disse appena vide delle lacrime traditrici scivolargli sulle guanciotte, in quel momento però decise di togliere le mani dalle redini e lasciar andare i cavalli dell'autocontrollo, scoppiò a piangere, urlò e si insultò dandosi del bambino cattivo.

- non piangere!! Papà ha detto che sei uno smidollato, dimostrami che non lo sei- disse all'improvviso la bimba fissandolo, anche lei aveva la paura che sbranava i suoi occhi.

- v-va bene - disse il piccolo asciugandosi il naso con la macchina e tirando su le lacrime. - io non sono uno smidollato! -

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Rimase sul divano color sabbia per momenti che le sembrarono infiniti, non voleva crederci e mai l'avrebbe fatto. Vedere davanti ai suoi occhi una tale scena, con protagoniste persone che amava l'aveva traumatizzata.

Sembrava aver preso una scossa tanto tremava, non riusciva a controllarsi, anche se lei, sentiva solo il suo corpo morto. Morto come gli altri.

Aveva il cervello confuso che cercava di darsi una spiegazione, un perché  di tutto quello, il cuore che non sapeva se battere come mai aveva fatto nel suo piccolo petto o smetterla e lasciare che morisse, morire di dolore. La stanza era vuota, fredda come il ghiaccio, vuota come il suo cuore. Voleva scappare da quella vita, dimenticare, lasciare alle spalle ciò che sarebbe risorto nei suoi sogni, o forse incubi.

Adesso la solitudine concedeva lo scoppiare a piangere, urlare, tutto ciò che voleva. Ma non lo fece. Non aveva la forza. L'energia era prodotta dai sentimenti, che nascevano dal cuore, ma adesso, quest'ultimo, ce l'aveva fermo, allibito, diventato di ghiaccio.

Sperò che nessuno della sua numerosa famiglia diventasse mai nulla di tutto ciò. Mai. Lo sperò con tutto ciò che possedeva dentro che non fosse bruciato, spento o freddo.

Gli occhi erano asciutti e profondi, occhi profondi, con dentro la più brutta delle sorprese, erano come una scatola azzurra bellissima con dentro l'inferno per eccellenza, quello con in fondo Lucifero, chiamata anche anima.

Spazio autrice
Confusi? Io penso di sì, allora questi sono dei capitoli che pubblicherò ogni tanto, capirete forse dopo cosa sono veramente, comunque non sono un continuo del capitolo precedente ricordate🌟

Ce ne saranno altri che riconoscerete grazie all'assenza del titolo.
Bye♥️️

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