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Guardava il parco dall'alto. Era proprio vero, New York è la città che non dorme mai. Fece dondolare i piedi nel vuoto prendendo un altro sorso dalla bottiglia di vodka. Probabilmente le mancava la sua vecchia vita, ma la nuova... la nuova era di gran lunga migliore. Aveva sempre adorato la solitudine, soprattutto in una casa sempre piena di gente dove la privacy era inesistente. Appoggiò la testa al tronco dell'albero sul quale era seduta ingurgitando l'ultimo sorso della bevanda alcolica. Era brutto non riuscire più a ubriacarsi in effetti. Pure non avere più una casa era brutto; non che a lei servisse, s'intende. Improvvisamente scoppiò a ridere mentre con una mano si scompigliò i capelli castani mossi. Chi voleva prendere in giro, odiava vivere a quel modo. Le mancava Londra, la sua vecchia vita insulsa e monotona, i suoi sette fratelli, la sua casa incasinata e... tutto il resto.
-Hey, chi è là?- il profumo più buono e dolce del mondo le arrivò alle narici. Inspirò con gusto mentre sentiva i denti formicolare e la mente annebbiarsi. Fece cadere la bottiglia vuota.
-Nessuno, agente.- la voce melodiosa e seducente della ragazza pervase l'uomo di mezza età che puntava la torcia tra i rami alla ricerca della fonte di quel suono tanto bello. La pelle bianca diafana sembrava quasi risplendere sotto la luce della torcia ed era in netto contrasto coi capelli di un intenso color cioccolato dai riflessi rossi sangue e dagli occhi scuri anch'essi. Aveva una posa aggraziata e affusolata sebbene era sinuosa e a tratti randagia, il tutto era completato dai vestiti all'ultima moda sebbene un po' leggeri considerando fosse pieno inverno.
-Ti conviene scend...- non finì la frase che la misteriosa figura era di fronte a lui, la testa piegata di lato e con una strana espressione innocente, ma allo stesso tempo colpevole sul viso. Lui si immobilizzò. Come aveva fatto quella ragazza a scendere dall'albero così velocemente? Nessun essere umano ne poteva essere capace.
-Non dovevi incontrarmi...- due dita gelide si posarono in modo provocante sul colletto della divisa dell'uomo. L'agente era sorpreso di quanto ne fosse attratto, pendeva dalle sue labbra, non si sarebbe di certo scordato le sue movenze e i suoi tratti tanto perfetti quanto strani.
Tutto durò un secondo. Le mani della femmina lo presero per il collo e con una velocità inaudita si ritrovò contro il tronco dell'albero. Lo schiocco della spina dorsale rotta dalla forza con la quale la ragazza l'aveva sbattuto risuonò inquietante nel silenzio attorno e i denti di granito di lei perforarono la pelle del collo del pover uomo. Poteva essere padre, marito, figlio, a lei non importava, quella era natura, il ciclo della vita, preda e cacciatore. Buttò il corpo esanime dell'essere umano a terra, si asciugò il sangue ancora caldo dalle labbra col dorso della mano e poi si girò ad ammirare il parco. Si sentiva rinvigorita, decisamente.
-Vedo che sei sempre crudele e spietata come al solito.- ne riconobbe la voce roca e penetrante ancor prima di vedere l'imponente figura del ragazzo appoggiato di spalla all'albero lì vicino.
-La crudeltà è un sinonimo dell'eleganza.- fece l'occhiolino lei. Il ragazzo statuario avvolto nella sua giacca di pelle nera tirata sulla schiena e lasciata aperta sull'addome scolpito coperto da una aderente maglietta scura.
-Ci rincontriamo, Abigail.- si staccò dal tronco con una mossa della spalla e si diresse lentamente verso la ragazza rimasta in attesa. I suoi movimenti non erano felini, ricordavano più quelli di un grosso lupo, ma erano lo stesso troppo precisi, ordinati ed eleganti per essere quelli di un normale giovane.
-Claus, sempre un piacere rivederti. Da quanti anni non ci vediamo?- si guardò le unghie laccate di nero con disinteresse.
-Dalla seconda guerra mondiale? In Germania, ricordi?- la figura imponente del ragazzo svettava su quella minuta di Abigail.
-Come non ricordare, non dovevi nemmeno sporcarti le mani alla ricerca di qualche preda. Mi manca la guerra.- sorrisero entrambi rievocando i bei momenti passati insieme al ragazzo in una terra distrutta dalla guerra, ricoperti di polvere e sporcizia, uomini sempre più vogliosi di contatto fisico e quindi cibo facile e gratuito.
La mano di Claus si poggiò sul viso di lei, non era cambiata in fondo né di carattere né d'aspetto. Gli piaceva questa parte di lei, il poter rivedere le origini medievali nascoste sotto l'eleganza e la modernità del suo aspetto, poter chiudere di nuovo gli occhi e rivederla in quella lunga veste bianca e capelli raccolti mentre portava l'acqua alla sua famiglia era un lusso che si concedeva ogni qualvolta la rivedeva. E in fondo sapeva di non aver sbagliato a trasformarla. La sua vita da umana sarebbe andata sprecata al fianco di un contadino che l'avrebbe di certo maltrattata e sciupata. Invece... la vita da vampiro le donava, la rinvigoriva e le si addiceva. Si poteva dire che era nata per fare il mostro.
-L'hai portata?- Abigail cercava di non farsi incantare da quegli occhi profondi e tentatori che ogni volta la rapivano e la attraevano, per lei erano tanto affascinanti quanto letali e lo sapeva bene. Se non fosse stato per quei due fondi pozzi ghiaccio mille anni prima non si sarebbe mai fatta ammagliare e uccidere.
-Direttamente da Vadkyr, l'ultima pianta di Stella Nera.- estrasse dalla tasca un sacchetto di plastica contente una strana erba nera. Lei aveva scoperto i poteri di quella pianta poco tempo prima, aveva cercato per secoli la chiave per tornare umana e finalmente l'aveva trovata. Ma perché, voi vi chiederete, allora nessuno l'aveva ancora usata? Facile, perché una volta ingerita il corpo acquista gli anni che si erano bloccati e ben pochi sono i vampiri che rinuncerebbero alla loro eterna giovinezza. Ammettiamolo, guardarsi allo specchio e vedere il corpo di una ragazza bellissima da copertina di riviste di moda e sapere che mai cambierà era la parte migliore dell'essere immortali. Però dopo mille anni di vita si arrivava ad un punto nel quale ne avevi viste troppe, ne avevi vissute il doppio e il corpo era oramai diventato la tua gabbia, la tua prigione e ne volevi solo evadere. Abigail si sentiva così, intrappolata in una cassa fredda e vuota di pelle e ossa, voleva finalmente riposare e ritrovare l'unica ragione per la quale aveva vissuto fino a tanto.
-Non mi hai mai deluso Claus, te ne sono davvero grata.- prese la bustina e se la portò di fronte agli occhi osservandola alla luce della luna.
-Abi... non farlo.- si era avvicinato. In fondo non voleva vedere morire la sua migliore creatura. Lei aveva ridato un senso alla parola vampiro, non potrà mai dimenticare l'umanità che fino a pochi secoli prima era presente in ogni cellula del suo organismo, a tutti i sentimenti che non riusciva a spegnere nemmeno nei momenti più cruciali della loro esistenza e tutto il divertimento che le dipingeva un bellissimo sorriso. Non aveva perso quel lato che lo aveva colpito fin da quando era umana, ma ora lo vedeva che ogni riflesso di un lontano passato lei cercava di soffocarlo.
-Claus, non ha più senso restare.- e come darle torto?
-Sei libera ora. Non dovrai più nasconderti. Non sei più interesse di Vadkyr.- la prese per le spalle. Voleva farle cambiare idea, ma sapeva che sarebbe stato inutile.
-Ora che... ora.. Ketan non c'è più, che motivo ho per restare?- guardò il pavimento strizzando gli occhi.
Ketan...
Le sembrava ieri quando era andata in India e con fare civettuolo l'aveva attratto, ma quello che pensava sarebbe stata la sua cena etnica era invece diventato il suo compagno di viaggio. La pelle abbronzata di lui, il fisico snello, l'amore per il rischio e la sua determinazione l'avevano rapita. Probabilmente i piccoli occhi neri non erano ciò che l'aveva ingannata fin da subito, ma aveva imparato ad amarli col tempo, anche se quella piccola scintilla di malizia mischiata a pazzia era qualcosa che le era entrata dentro fin dal primo momento. Così non ebbe problemi a risparmiarlo la prima sera, quando vestita da ballerina l'aveva attratto. E nemmeno a lasciarsi andare finendo per innamorarsi di quel mortale.
-Abigail... tutti noi abbiamo perso persone care nella nostra vita...- l'ultimo tentativo era fallito e lui lo sapeva.
-Claus, grazie per avermi fatto vivere un'esistenza stupenda. Ho visto posti bellissimi, ho vissuto esperienze indimenticabili, ma ora... ora marcerò tra le fiamme dell'inferno insieme a tutte le altre anime dannate come le nostre. Ma non mi interessa, se tra il fuoco ritroverò il famigliare volto dell'uomo che amo sarà come essere in paradiso.- poi lo abbracciò stretto. In fondo Claus poteva sembrare spregevole e spietato, ma sapeva che il suo cuore fermo da troppo tempo aveva una punta buona.
-Mi mancherai Abigail.- le lasciò un tenero bacio tra i capelli.
Si staccarono fissandosi negli occhi intensamente. Abigail aprì il sacchetto e ne estrasse il fiore nero. Era così delicato e bello, pensò prima di mangiarlo. Il gusto dolciastro le invase la bocca e non potè immaginare modo migliore per morire. D'un tratto uno strano calore iniziò a pervaderle il corpo, era da troppo tempo che non sentiva quel tepore dentro sè, pensava di essersene dimenticata. Poi tutto accadde velocemente. la pelle perfetta iniziò a ricoprirsi di rughe sempre più grinzose, i capelli le diventarono bianchi come la prima neve e il corpo si asciugò contro le ossa. Per quanto potesse sembrare brutta esteticamente Claus ne potè rivedere la bellezza dell'essere umano che lo aveva sempre attratto. E mentre lei sorrideva iniziò a trasformarsi in piccoli granelli di polvere catturati dal vento e trasportati chissà dove. Ed infondo era quella la fine che Abigail voleva fare, finire chissà dove perennemente in viaggio alla scoperta dell'ignoto. Claus non potè fare a meno di sorridere di questa cosa: lei aveva scelto quando entrare e quando andarsene. Abigail era semplicemente stata... Abigail.
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