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Pov Nora.
<<Papà! Sono tornato!>>
Appena varco la soglia di quella villetta dal colore ceruleo, mi sento improvvisamente in trappola.
Sto per rivedere mio padre, l'uomo che per ventuno anni della mia vita ero convinta non esistesse, e che, invece, ora è piombato nella mia esistenza come un meteorite, procurandomi un enorme cratere nel petto.
Deglutisco, ma sento la gola secca come il clima del Sahara quando dei passi si avvicinano all'ingresso dove io sono rimasta immobile, imbambolata come un manichino.
<<Justin, finalmente! Per un attimo ho creduto che fossi tornato...>>
Ed eccolo lì.
Con i suoi capelli brizzolati e i suoi occhi color nocciola, con quel suo sguardo sorpreso ma allo stesso tempo terribilmente affascinante.
<<Nora.. Cos-cosa ci fai qui?>> chiede riprendendosi dall'iniziale stato di shock.
Almeno non sono l'unica ad essere in difficoltà in questo momento, la cosa mi solleva.
<<Ciao... papà>>
Quella parola mi esce d'impulso, ho la voce che trema e non saprei dire se per la bizzarra situazione in cui mi trovo in questo momento o se semplicemente, per l'emozione di rivedere mio padre negli occhi.
Anche l'uomo sembra piuttosto scosso per quello che ho detto. Guarda prima me, intensamente, anzi, con forse troppa insistenza, poi fissa il ragazzo accanto a me - il quale è rimasto in silenzio per tutto il tempo - come a chiedere spiegazioni del perché io mi trovi lì. E la cosa un po' mi preoccupa.
Che non mi voglia tra i piedi? Sono pur sempre sua figlia, o ha già rimosso il fatto di aver avuto un passato con mia madre e averci fatto ben due bambini?
<<Papà, io e Nora vorremmo parlarti di una cosa>>
Justin spezza quel silenzio imbarazzante che aveva avvolto l'ingresso della casa e gliene sono non grata, di più.
Inspiro profondamente, prima di seguire i due uomini all'interno del salotto, dove noto sul divano una piccola testolina bionda, la quale non appena si volta e incrocia il mio sguardo, corre verso di me per abbracciarmi.
<<Nora!! Sei tornata!>> esclama con la sua voce squillante, dolce e melodiosa allo stesso tempo.
<<Ciao Chloe, come stai?>> chiedo sorridendo, abbassandomi verso di lei e accarezzandole la trecciolina bionda che le ricade sulla spalla sinistra.
<<Bene. Ma dove sei stata? Quindi adesso sei la mia sorellina come Justin?>>
Quella domanda mi spiazza. Per avere cinque anni riesco a constatare che è davvero molto sveglia e matura.
A dire la verità non sono l'unica in quella stanza ad essere rimasta interdetta. Anche John e Justin stanno fissando la bambina senza sapere cosa dire.
<<Beh, sì, in un certo senso>> dico accarezzandole la guanciotta paffuta e rimettendomi in piedi.
<<Chloe tesoro, perché non vai a giocare in camera tua adesso? Quella bambola che ti ho regalato per il tuo compleanno deve sentirsi piuttosto sola>> si intromise John guardando la biondina e facendo un piccolo broncio per convincerla ancora di più a salire in camera sua.
***
Una volta soli, io e Justin ci accomodiamo vicini sul divano in pelle nera, mentre nostro padre prende posto su una poltrona del medesimo colore posta davanti alla finestra che dà sul cortile.
<<Vi ascolto>> dice poi, senza lasciar trapelare alcuna emozione, intimandoci a principiare il nostro discorso.
Guardo il ragazzo accanto a me e sono tentata di prendergli la mano, ma ci ripenso non appena lui inizia a parlare.
<<Io e Nora ci abbiamo pensato molto e abbiamo deciso di accettare la situazione>> mormora.
Noto qualche incrinatura nel suo tono di voce. Non deve essere facile per lui dire queste cose, non dopo quello che mi ha chiesto a Central Park poco prima e dalla cui risposta sono stata salvata grazie alla chiamata di Izzy, che voleva sapere se ero atterrata sana e salva.
<<Crediamo che stare lontani non sia il meglio per noi, come invece avete pensato tu e la mamma>> continua. <<Vogliamo recuperare il tempo perso stando insieme, come fratelli. Per questo tornerò a Miami, voglio finire il college e laurearmi standole accanto>>
Sentire quelle parole pronunciate da colui che tempo prima era stato il mio ragazzo, mi crea una voragine sulla bocca dello stomaco. È doloroso, tanto, ma il fatto che si sia convinto ad accettare la situazione, mi rende anche orgogliosa del ragazzo che è.
<<Ragazzi, vi ho visto alla cena di Natale...>>
<<Le cose sono cambiate>> intervengo, <<io e Justin abbiamo capito che quello che c'è stato tra noi sarà solo un ricordo. Siamo fratelli e non possiamo farci niente, ma tenerci lontani non è la soluzione. Sono stata senza un padre per ventun'anni, non posso stare anche senza mio fratello. Ora che vi ho trovati entrambi, voglio vivervi al meglio>> dico, e sono sincera. Il fatto di riuscire a vivere Justin come un fratello sarà una grande impresa, ma devo provarci.
<<La mamma lo sa?>>
Papà si è alzato in piedi e si passa una mano sul mento barbuto.
Noi scuotiamo la testa negando e lui annuisce.
Si avvicina guardandoci negli occhi e ci fa segno di alzarci.
<<Sono fiero di voi ragazzi. E... Nora, anche io voglio viverti come un vero padre dovrebbe fare con la propria figlia. Mi dispiace... se solo lo avessi saputo...>>
Il volto dell'uomo di fronte a me si fa cupo e un sorriso mi si dipinge sul volto nel vederlo.
Si sente in colpa, ma lui non c'entra nulla. Certo, se non fosse andato a letto con la sua segretaria...
<<Non è colpa tua>> dico e non appena i suoi occhi incontrano i miei, lo abbraccio.
È una sensazione strana, ma molto piacevole. Tra le sue braccia mi sento, in un certo senso, protetta. Ha la stessa stretta delicata di Justin e anche lo stesso profumo di buono.
Credo che potrei abituarmici.
<<Non voglio più stare lontano da te. Torneremo tutti a Miami!>> esclama infine, ed una lacrima fa capolino dal suo condotto lacrimale, ma subito la rispedisce indietro con un dito.
<<Wo, papà che si commuove!>> sentenzia Justin. <<Evento rarissimo>>
Tutti e tre scoppiamo a ridere ed è una sensazione meravigliosa.
Pov Justin.
Quando papà decide di andare a fare un po' di spesa per preparare un'ottima cena alla Bieber per festeggiare gli ultimi avvenimenti, io e Nora rimaniamo in casa da soli. O meglio, da soli con la piccola Chloe, che se ne sta beatamente in camera sua a giocare con le amiche bambole.
<<Vieni, ti mostro la nostra stanza>> dico dopo che lei ha terminato la cioccolata calda che le avevo offerto e preparato.
<<Nostra? Credevo che in una casa così grande ci fosse almeno una camera per gli ospiti>> mormora lei sorridendo, in modo scherzoso.
Mi giro a guardarla e faccio una smorfia.
<<Non venirmi a dire che ti dispiace... sorellina>>
Okay, lo ammetto il tono che ho usato sembra molto una presa per il culo e difatti mi mordo il labbro per la cazzata appena detta.
Mi aspetto subito che lei mi rimproveri, ma al contrario mi da una leggera pacca sulla spalla.
<<Non ho detto che mi dispiace>> sussurra lei al mio orecchio prima di sorpassarmi e dirigersi su per le scale tenendosi al corrimano.
La visuale non è affatto male, il modo in cui ancheggia mi ricorda sia quanto ancora io la desideri, sia il fatto di non aver ricevuto nessuna risposta alla richiesta fatta in precedenza.
<<Quindi, la nostra camera qual'è?>> domanda accentuando il pronome possessivo.
Le sorrido e le passo accanto appoggiando piano la mano sul fondo della sua schiena per poi aprire la porta di fronte a lei e farla accomodare per prima.
Una volta dentro, Nora posa lo sguardo su quelle pareti bianche e spoglie, guarda a destra e a sinistra, poi si ferma sulla piccola valigia in fondo ai piedi del letto.
<<Se l'avessi portata con me questa mattina, avrei dato troppo nell'occhio>> sussurro chiudendo la porta alle mie spalle prima di avvicinarmi a lei.
<<Lo capisco>> risponde sostenendo il mio sguardo.
<<Quindi... Per quella cosa..?>>
Ormai sono abbastanza vicino per permettermi di affondare le dita tra i suoi capelli fiammanti. Lei emette un sospiro che finisce dritto sulle mie labbra.
<<Ti voglio Nora, anche se sarà per l'ultima volta>> mormoro ormai con le labbra sulle sue.
Come colta da un'improvvisa scarica elettrica, la rossa fa collidere le nostre labbra allacciando le braccia dietro il mio collo ed ora, solo ora, mi sento per la prima volta sereno in questa fredda e atipica giornata.
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