Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

4: Licantropi, Alieni e Big Foot

In una di quelle grandi casse - cinquanta in tutto - su un mucchio di terra scavata da poco, giaceva il Conte! Era morto, o addormentato, non lo capivo - perché gli occhi erano aperti e immobili, ma senza l'aspetto vitreo della morte - le guance avevano il calore della vita pur nel loro pallore, e le labbra erano rosse come sempre.
Bram Stoker

Quando arrivai a casa, Joseph sprofondava in una poltrona, davanti alla televisione - trasmetteva una partita di baseball - con una birra in mano e una sigaretta nell'altra. Era immerso nel suo piccolo paradiso personale.

«Chi gioca?» chiesi per pura cortesia.

«Gli Yankees e i Red Sox».

Ovviamente non domandò quale squadra tifassi, era a conoscenza del mio quasi totale disinteresse per lo sport; l'unico che mi appassionava era il Quidditch - tifavo Corvonero. Gli sport babbani non facevano per me.

«Com'è stata la tua prima giornata a Nessdoom?» chiese, gli occhi ancora incollati al televisore.

Uno schifo. «Piacevole. Sono andato in biblioteca».

Ruttò. «Ah, okay».

Mio fratello era interessato ai libri e alle biblioteche nello stesso modo in cui io lo ero al baseball.

«Poi ho visto Ophelia», buttai lì. Non mi sarebbe dispiaciuto provare ad avere una stereotipata conversazione fraterna con Joseph.

Finalmente staccò gli occhi dal televisore, abbassò il volume, che divenne un ronzio di sottofondo e posò il telecomando su un tavolino, dove c'erano cinque lattine di Heineken vuote. «Davvero? Non sapevo che le avessi chiesto di uscire. Ah, ecco perché sei tornato così tardi!».

Era così facile attirare la sua attenzione...

«Non le ho chiesto di uscire», mi affrettai a spiegare, «l'ho incontrata per caso fuori dalla biblioteca e abbiamo fatto un giro».

«Dove siete andati? Ti prego, non mi dire che l'hai portata in uno di quei posti inquietanti che ti piacciono tanto...» biascicò.

«Per trovare un posto non inquietante nei paraggi saremmo dovuti andare fino a Portland, probabilmente. Abbiamo solo fatto un giro in auto, mi ha mostrato la zona e l'ho accompagnata a casa sua».

Omisi la gita improvvisata al cimitero: Joseph non avrebbe capito, e dirglielo sarebbe servito solamente ad apparire ancora più disadattato ai suoi occhi.

Ero appassionato delle biografie di Richard Ramirez, Ted Bundy e Charles Manson come lui lo era di birra e sigarette. In mia difesa, giustificavo la passione per la criminologia e gli orrori umani grazie alle statistiche: il tabacco e l'alcol mietevano più vittime in un anno più di quante ne avessero mietute tutti i killer seriali nel corso della storia. Okay, c'era una differenza tra morire lentamente in un letto d'ospedale e ritrovarsi in un sacco della spazzatura tagliato a pezzetti, ma quello era un altro discorso.

«Tutto qui?» chiese, una sfumatura di delusione nella sua voce.

«Tutto qui».

Le conversazioni stereotipate tra fratelli erano sopravvalutate, allora decisi di passare alla questione che mi frullava per la testa da tutto il pomeriggio, prima che l'attenzione di Joseph si focalizzasse nuovamente sulla partita.

Feci per salire in camera mia, ma prima di raggiungere le scale aggiunsi: «Ah, ora che ci penso, Ophelia mi ha parlato di una cosa», dissi con tono neutro. «Mi ha parlato di alcuni incidenti nei boschi che sono avvenuti negli ultimi tempi».

Non volevo che pensasse che fossi ossessionato da quegli omicidi - e dell'insinuato coinvolgimento dei Winter - ma speravo Joseph si lasciasse sfuggire qualche informazione utile. Dopotutto mio fratello era fidanzato con il vicesceriffo della città: contavo che Diantha gli avesse raccontato qualcosa di cui Ophelia e il resto di Nessdoom erano all'oscuro; in via strettamente confidenziale, s'intende.

«Incidenti? Io li definirei "omicidi"» disse Joseph. La sua voce era impastata per le troppe birre bevute, e con un po' di fortuna si sarebbe lasciato sfuggire qualche informazione. «Se continuano, a Diantha verrà un esaurimento nervoso».

«In che senso?»

«Sono inspiegabili. A prima vista sembrano attacchi da parte di animali: gola squarciata, pelle dilaniata da artigli e tutto il resto. Inizialmente si pensava che fossero stati orsi neri o coyote, il che aveva dell'incredibile, visto che non attaccano quasi mai gli esseri umani, e tantomeno li uccidono. E sono soliti nutrirsi di carcasse; i corpi invece erano intatti, per così dire».

«Potrebbe trattarsi di puma, ho sentito dire che ce ne sono ancora sugli Appalachi», suggerii. Prima che ripudiassi del tutto la televisione, avevo l'abitudine di guardare il National Geographic con nonna Helene. Poi le cose sono cambiate.

Joseph fece un lungo sorso di birra, e una volta finita schiacciò la lattina e ne aprì un'altra. «I puma non si spingono così vicino alle città, e non dimenticare che sono stati uccisi dei cacciatori: se fosse stato un attacco animale, loro se la sarebbero potuta cavare».

«Se non si tratta di un animale, allora un serial killer si aggira per le foreste confinanti?» chiesi.

«A Nessdoom? Nemmeno un serial killer sarebbe così pazzo da venire in questo pezzo di terra dimenticato da Dio. Inoltre i serial killer solitamente sono sprovvisti di zanne e artigli».

«Potrebbe essere stato Big Foot». Era un'ipotesi come un'altra, no?

Joseph alzò gli occhi al cielo. «È un bel casino, vero? Anche gli abitanti non sanno più cosa pensare. Ne ho sentite di tutti colori: animali che si ribellano contro l'uomo, i Winter, lupi mannari, alieni...»

Il mio cuore sobbalzò. «I Winter?»

«Questa è la congettura meno credibile. Sono dei tipi strani, che stanno sulle loro, ma non sembrano degli psicopatici. Ma Diantha e il resto della città non hanno potuto fare a meno di notare che gli omicidi sono iniziati poco dopo il loro trasloco, e proprio nella zona dove abitano; quindi sembra l'unica pista disponibile, e quando si è disperati si vedono cose che normalmente non avrebbero senso, e che non si dovrebbero nemmeno vedere».

«Ma i Winter dove abitano, precisamente?» chiesi prima che alzasse il volume della televisione e tornasse a crogiolarsi davanti alla partita.

«Non lo ricordo esattamente. Quando mi occupavo della ristrutturazione prendevo la statale 66 a nord-ovest da Nessdoom, e dopo qualche chilometro la loro casa costeggiava sul ciglio della strada, fuori città».

«Ti sei occupato di ristrutturare la loro casa?»

«Ovvio, e chi se no? Sono il migliore disegnatore edile della contea di Washington», disse con una nota di soddisfazione, «e la villetta fatiscente che hanno acquistato aveva bisogno delle migliori cure per tornare lo splendore che era un tempo».

Non potevo negare che Joseph se la cavasse nel suo lavoro. Da quando si era trasferito a Nessdoom inviava regolarmente a me e la nonna lettere alle quali allegava foto dei suoi lavori più recenti, ed era capace di far risorgere dalle ceneri di una stamberga una casa stupenda.

«Okay, ma se andare nei boschi è così pericoloso, è proprio necessario organizzare 'sto falò? Non rischiamo di finire sbudellati anche noi?»

La mia era pura curiosità; non di certo un tentativo di spingere Joseph a rinunciare ad organizzare il falò.

Rise. Non era un buon segno. «Saremo così tanto ubriachi che un serial killer, un Big Foot, o qualunque cosa sia, sarà l'ultimo dei nostri pensieri. Ma per stare più tranquilli e risolvere ogni evenienza, porterò con me questa piccolina», disse indicando un fucile a canna doppia riposto in equilibrio sopra un piedistallo affisso a una parete. «Un colpo solo di una Beretta 486 farebbe saltare le cervella a chiunque».

«Da quando tieni un fucile in casa a mo' di arredamento?»

«A volte Timothy, Micheal e gli altri ragazzi dell'azienda organizzano battute di caccia. È divertente».

Non ero un sostenitore del porto d'armi accessibile quasi a chiunque, però un fucile poteva fare comodo - in situazioni estreme. Invece nelle mani sbagliate (come le mie) provocava soltanto tragedie. Maneggiandolo avrei potuto spappolarmi un piede o un dito per sbaglio.

Non ero nemmeno sicuro che portare un'arma da fuoco ad un falò fosse una buona idea, considerando Joseph aveva la tendenza ad alzare il gomito. Sarebbe potuto succedere di tutto.

Joseph era tornato alla partita, e dalla telecronaca sembrava che gli Yankees le stessero prendendo: non gli avrebbe fatto piacere.

Correvo.

Il vento tagliente mi sferzava il viso, le fronde degli alberi strusciavano lungo il collo e le spalle. I piedi scalzi erano solleticati dai fili d'erba freschi di rugiada.

Sfrecciavo in un labirinto di alberi, correndo veloce come non avevo mai fatto in vita mia, e nonostante l'oscurità le mie gambe non incespicarono una sola volta.

Sentivo indistintamente il fruscio degli animali nella foresta, il respiro che accelerava quando accorgevano che il pericolo era vicino, il battito cardiaco irregolare.

Mi fermai di scatto al limitare di una radura e mi nascosi dietro un cespuglio, dove potevo osservare la mia preda senza essere visto a mia volta. Era inginocchiata al centro di essa, rischiarata completamente dal chiarore lunare, la schiena nuda che riluceva riflessi la luce lunare, i capelli argentei legati in una treccia che scendeva fino alle natiche, ed era intenta ad annusare un fiore nero, si inebriava del suo profumo.

Il battito del suo cuore era regolare: non aveva paura. E nemmeno io.

Imbracciavo un fucile con estrema naturalezza, come se lo avessi fatto migliaia di volte. Sapevo esattamente cosa dovevo fare. Ero a caccia.

Mira alla nuca, mi sussurrò una voce all'orecchio, cristallina e inconfondibile. Era lei. Non sentirà niente, sarà come addormentarsi, te lo prometto.

Reclinai di poco la canna del fucile - doppia e minacciosa - quel che bastava per puntare alla nuca della mia preda.

Togli la sicura, disse la voce cristallina, e con un movimento automatico la disinserii.

Click.

Uno stormo di corvi spiegò le ali e si alzò dagli alberi che circondavano la radura. L'istinto di sopravvivenza suggeriva loro di volare e nascondersi nel cielo notturno.

La ragazza al centro della radura girò la testa nella mia direzione, il fiore ancora stretto tra le dita. «Aiden?»

Sparale, ordinò la voce, stavolta fredda e distaccata.

Premetti il grilletto, ma prima che Ophelia giacesse in una pozza di sangue riuscii ad aprire gli occhi.

Ero sveglio, Ophelia stava bene e il mio cuore era impazzito.

Continuai a ripetermi che Ophelia stava bene, era viva, il suo cuore batteva ancora - ma non forte quanto il mio: eppure una lacrima precipitava inarrestabile, lungo la guancia, la mascella e si mischiò al lago di sudore su cui ero sdraiato. Sei sveglio, Ophelia sta bene, sei sveglio, Ophelia sta bene...

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro