Capitolo 7
Schiaffeggiò la sveglia con sonno e rabbia, aveva suonato fino a tarda sera e probabilmente era tornato verso le quattro e mezza del mattino, si sentiva uno schifo, assonnato e aveva gli occhi gonfi di pianto. Non voleva andare a scuola oggi, anche se Troy sarebbe di nuovo stato assente per gli allenamenti speciali di football c'era sempre il gruppetto odioso dei suoi amici, oggi non aveva nemmeno le prove col signor Ebbrill e quindi non avrebbe perso niente. I suoi genitori erano usciti di casa molto più presto del solito per il lavoro, meglio così non avrebbe dovuto nascondere la sua faccia che sembrava un palloncino, afferrò il telefono e digitò un messaggio per sua madre: 'Non mi senti bene, oggi resto a casa.'
Non gli piaceva mentire, sapeva che era sbagliato però non era forte abbastanza da affrontare tutto quello, Troy aveva una sua foto in lacrime, Dio che umiliazione! Come se già la sua vita non fosse abbastanza orrenda da sola, non credeva affatto che nessuno ancora non ne sapesse niente, conoscendolo quella foto avrebbe già fatto il giro della scuola e con la scusa che lui non era nel gruppo WhatsApp della classe non lo avrebbe mai scoperto. Si girò di schiena e si tropicciò gli occhi mentre appoggiò il telefono sul petto, poi lo accese e andò su instagram a pubblicare un suo video; da quando avevo aperto quel profilo segreto tre giorni fa non era ancora successo niente, be' meglio così, si sentiva stranamente al sicuro quando non succedeva niente intorno a lui. Finito il caricamento uscì dall'applicazione e andò su YouTube, nel frattempo gli comparve la notifica del messaggio di sua madre: 'Mi dispiace tesoro che cos'hai? Devo tornare a casa?'
'No non serve, ho solo male alla testa e alla pancia. Me la caverò'
'Se hai problemi chiamami subito ok? Ti voglio bene.'
"Ok ti voglio bene anche io.'
Chiuse la conversazione. Ora che anche sua madre era avvisata della cosa si alzò pesantemente, andò all'armadio per mettersi qualcosa addosso tra i vestiti neri e anonimi che era costretto a indossare e si guardò allo specchio: ora si che la sua faccia faceva paura, aveva gli occhi gonfi di sonno e di pianto, le guance scavate dal suo stato d'animo che si poteva calpestare e i capelli disordinati, alcune ciocche della frangia li coprivano il viso ma non migliorano la situazione, incrociò le braccia e si guardò dritto negli occhi: "Zacchy Andres, adesso si che fai davvero schifo." Roteò gli occhi pensando a qualcosa mentre dondolava su una gamba, poi tornato a guardare il suo riflesso aggiunse: "Ma consolati, esiste qualcuno che fa più schifo di te."
Prese una maglietta termica a maniche lunghe nera, un'altra maglietta con il disegno di una chitarra illuminata sempre nera a maniche corte, un pantalone della tuta grigio scuro e pesante e andò in bagno a lavarsi un pochino. Mentre scarabocchiava sullo specchio appannato guardò il suo riflesso attraverso i solchi, anche se faceva male quello che i suoi compagni dicevano, da una parte sentiva che avevano torto, di certo non aveva l'aspetto più bello e rassicurante del mondo ma dentro anche lui era umano e a loro questo non importava.
"Hey, non prenderla male, volevano solo trovare qualcuno di miserabile che animasse le loro giornate scolastiche. Ecco come le persone diventano volenterose della scuola, il tuo dolore non ha prezzo vecchio mio.", prese a parlare da solo mentre si vestiva.
Si rituffò sotto le coperte, ora che poteva farlo voleva godersi una mattinata in pace e da solo, si sgranocchiò un pacco di biscotti che si era preso dalla cucina, aveva i crampi allo stomaco dato che ieri non aveva mangiato niente per tutto il giorno, ma non sapeva quanto ancora poteva durare il suo silenzio. Se non altro a scuola c'era qualcuno disposto ad apprezzarlo per quello che era; dopo circa dieci minuti che cazzeggiava su internet guardò il cavalletto sulla sua scrivania e decise che se doveva occupare il tempo in qualche modo doveva almeno farlo in una maniera più utile, così saltò giù dal letto, prese la sua chitarra e si preparò per un nuovo filmato. Aveva decisamente voglia di suonare qualcosa di vivo, qualcosa che fosse il contrario di lui in quel momento.
La musica della chitarra invase la stanza, tutti i rumori di sottofondo svanirono nel nulla e come sempre Zacchy sprofondò nel suo mondo, lontano da tutto e da tutti.
Erano passate due settimane da quando Zacchy aveva aperto il profilo segreto su Instagram, l'unica attività vera e propria era la sua pubblicazione giornaliera e nient'altro. Per Zacchy tutto questo era solo un gioco, non gli importava molto del risultato, a volte aveva anche la tentazione di mettersi i like da solo per rendere il tutto ancora più credibile; mentre stava studiando per l'imminente verifica di matematica e l'interrogazione di storia il suo telefono vibrò, dall'inizio di questo gioco tutte le volte che arrivava una notifica sentita il cuore che si fermava per qualche secondo, solo che la maggior parte delle volte erano i suoi cugini che scrivevano nel gruppo loro e quindi si rilassava, ma non lo dava mai per scontato. Prese il telefono lentamente e lo accese davanti ai suoi occhi, sbloccandolo con dita tremanti guardò la barra delle notifiche sopra la home: il simbolino di una minuscola e coloratissima macchina fotografica lo stava guardando fiera dal suo telefono. Zacchy rimase con lo sguardo stralunato a fissare lo schermo, non poteva crederci né sapeva cosa pensare, l'icona dell'applicazione stava lì tranquilla con un piccolo numerino sul lato in alto attendendo che il suo pollice ci cadesse sopra. In quel momento entrò sua madre chiamandolo e lui, con un sussulto e un movimento fulmineo nascose il telefono e prese la penna in mano fingendo di scrivere: "Dimmi mamma?"
"È pronta la cena, vieni?"
"Si arrivo, dammi solo un secondo."
"Che cosa studi?"
"Storia, questa settimana vuole interrogare."
"Sei qui da tutto il pomeriggio, anche se prendi un voto inferiore rispetto alla tua solita media sono contenta ugualmente."
"Non voglio rovinare il mio rendimento scolastico, dopo torno a studiare."
Si alzò dalla sedia mantenendo la mano sul foglio che nascondeva il telefono e guardò sua madre con un sorriso finto e disarmante, che in realtà assomigliava a una smorfia storta di una statua di cera.
Durante la cena ci fu un silenzio imbarazzante, come sempre alla fine, Michael e Annabeth ogni tanto si scambiavano qualche sguardo e poi guardavano loro figlio, sembravano cercare di interpretare i suoi pensieri. Suo padre si schiarì la voce: "Allora Zacchy, come ti è andata a scuola oggi?"
"Bene."
"Stavi studiando prima?"
"Si."
"Sai, ogni tanto guardo fuori dalla finestra del mio laboratorio e vedo ragazzi della tua età che se la spassano fuori. Mi viene da pensare che non abbiano nulla da fare o che non tengano alla scuola come ci tieni tu. Sono davvero orgoglioso della tua diligenza Zacchy.", appoggiò la forchetta sul piatto e incrociando le mani davanti alla bocca guardo dolcemente suo figlio. Zacchy alzò la testa e sorrise a suo padre, un grande sorriso finto come sempre poi tornò concentrato sul suo petto di pollo. Suo padre continuò: "Solo che, stavo pensando, non pensi che questo studio ti possa allontanare dagli altri?"
"Cioè?"
"I tuoi cugini oltre a studiare passano il loro tempo libero sui social, si sentono coi loro compagni di classe sulle varie piattaforme e questo da te non lo vedo."
"Oh be', mi annoiano certe cose, preferisco il contatto diretto con le persone." Bugiardo!, mandò la grassa bugia appena detta, la sua vita si poteva riassumere in una sola parole in quel periodo: bugia. Ricadde il silenzio un'altra volta, sua madre lo guardò bene in faccia, lui rimaneva a guardare il piatto, ogni tanto di nascosto lanciava per terra qualche pezzettino da dare a Beirut.
"Mamma posso alzarmi? Non ho più fame."
"Ma come? Hai mangiato pochissimo."
"Si ma sono in ansia per domani, vi dispiace se torno a studiare?", Zacchy guardò entrambi i genitori, suo padre annuì con la testa ricordando cosa gli aveva detto un attimo prima e disse: "Ma certo, vai pure. Buono studio figliolo."
"Grazie."
Corse nella sua stanza chiudendo la porta alle spalle.
Finalmente da solo, solo e lontano dagli altri. Sospirò cercando di calmare il suo cuore dai battiti forti che produceva, stava piano piano sprofondando nel suo mare di bugie per nascondere una realtà che invece gli altri dovevano sapere, ma non erano i bulli il suo pensiero in questo momento, bensì la notifica di instagram: cosa voleva fargli vedere? Era normale? Si avvicinò con cautela alla scrivania e spostò il foglio dove giaceva il telefono in stand-by, prese un forte respiro e lo accese, lo sbloccò e aprì la notifica di instagram, vicino al simbolo del cuore c'era un puntino rosso, Zacchy premette quel simbolo e trovò quattro o sei frasi scritte dove due nomi di utenti avevano iniziato a seguirlo, avevano messo mi piace ai suoi video e avevano commentato: 'Wow che meraviglia, adoro!', e 'Ma quanto sei bravo/a!' Il tutto scandito con emoji di faccine con gli occhi a cuoricino. Zacchy non sapeva che cosa dire, due settimane fa non pensava che qualcuno davvero potesse vedere la sua attività, ma queste persone avevano detto delle cose positive su di lui e sulla sua musica, si sentì felice. Sul suo volto si dipinse un sorrise sincero e grandissimo, per la prima volta qualcuno al di fuori della sua famiglia stava dicendo delle parole meravigliose nei suoi confronti, stava adorando quelle faccine che non aveva mai usato. Decise però di mantenere comunque i piedi per terra, si aveva ricevuto dei commenti positivi ma doveva mantenere le distanze, non sapeva nemmeno chi erano. E con questo? Qualcuno gli aveva fatto i complimenti! Si buttò sul letto in preda alla felicità, non ci poteva ancora credere, e il modo per coronare questo grande momento era suonare qualcosa di davvero bello a tarda sera.
Le prove per il concerto si tenevano nel teatro della scuola, li erano riuniti tutti quelli interessati a parteciparvi, facevano parte di altre classi e magari anche di altri anni. Zacchy era forse l'unico di prima, stava seduto su una sedia vicino alla tenda del sipario con il mento appoggiato allo schienale, nel mentre stava scrutando tutti i presenti: alcuni sembravano molto dotati e comunque interessati, altri invece sembravano cercare una scusa per saltare le lezioni. Lui fra tutti era forse l'unico ad essere li solo perchè due insegnanti glielo avevano detto, non che l'idea non gli piacesse ma si trattava pur sempre di una passione privata. Il signor Ebbrill entrò nel teatro battendo le mani per richiamare l'ordine: "Benvenuti a tutti, come già sapete il preside, io e la signorina Grent vogliamo organizzare un concerto di fine anno. Vi ho radunati qui perchè sarà qui che noi ci eserciteremo, come vedete io sarò la base musicale insieme a un altro compagno vostro e tutti gli altri saranno le voci."
"Mi scusi prof ma, chi suona insieme a lei? Vicino agli strumenti non c'è nessun altro!", chiese una ragazza di seconda con la mano alzata, aveva dei capelli bellissimi, boccolosi e biondi, due occhi piccoli e scuri e si chiamava Janette Patroll, Zacchy aveva l'impressione di averla vista di sfuggita solo qualche volta durante l'intervallo, probabilmente come lui a lei piaceva la calma e la serenità, tuttavia non si erano mai parlati e ovviamente non erano amici. Il signor Ebbrill la ascoltò in silenzio, poi indicando in direzione di Zacchy rispose: "Lui."
Tutti si voltarono a guardarlo, Zacchy si sentì improvvisamente in imbarazzo, sentì qualcuno sussurrare qualcosa, qualcun'altro rise sotto i baffi e altri ancora lo guardavano con disgusto.
"Lui? Davvero?", chiese un altro ragazzo, questa volta di quinta, era Andrew Matt, il cocco dell'insegnante di chimica del triennio, il signor Ebbrill alzò un sopracciglio: "Si, c'è forse qualche problema?"
"Oh no, niente affatto.", Andrew mise le mani avanti, era all'ultimo anno e sapeva che poteva finire in grossi guai, ma conosceva molto bene Zacchy per tutte le voci su di lui oltre che per l'amicizia che aveva con Troy. Mr Ebbrill invitò Zacchy a raggiungerlo sotto al palco, diede a un ragazzo il testo della canzone da distribuire e mise davanti al volto di Zacchy lo spartito, poi con un metronomo appoggiato sul pavimento disse: "Allora, innanzitutto voglio sentirvi uno a uno con il tono della voce, dobbiamo formare un coro equilibrato lo capite? Avanti si faccia avanti il primo."
Tutti si misero in fila per provare a turno le proprie doti canore, quando ebbero finito tutti i ragazzi erano disposti in un grande gruppo equilibrato di voci, facendo una prova tutti insieme uscì un suono soave. Mr Ebbrill ne rimase piacevolmente soddisfatto, poi chiese di leggere bene il testo della canzone e nel frattempo si sedette con Zacchy sulle poltrone del pubblico: "Invece noi due dobbiamo provare la base della canzone, vuoi iniziare tu?"
"Si, cosa devo fare?"
"Voglio che tu ti metta a suonare una melodia dolce, allegra ma morbida, tranquilla. Puoi farcela?"
"Ci posso provare."
Si alzò e iniziò ad accordare la chitarra, poi sistemandosi più comodo sulla sedia iniziò ad accontentare la richiesta dell'insegnante, quando iniziò ad intonare la canzone le sue braccia si riempirono di brividi, non aveva ancora fatto nulla ma sentiva gli occhi di tutti puntati su di lui, che cosa disturbante. Cercò di non darci troppo peso e prosegui con la canzone, chiuse gli occhi come sempre per evadere dalla realtà: le sue mani seguivano un ritmo silenzioso e lo riproducevano con la chitarra, sembravano danzare, le dita pizzicavano le corde dolcemente per non indurire il suono ma si sentivano molto chiaramente, al signor Ebbrill vennero i brividi, non gli era mai capitato uno studente così bravo. Quando Zacchy finì la sua canzone il professore lo guardò molto soddisfatto e gli fece il segno del pollice in su, il ragazzo sorrise compiaciuto ma lo spense subito, sapeva perfettamente che dall'altra parte del teatro qualcuno non sembrava per niente contento della sua bravura, si voltò per incontrare gli altri studenti che lo fissavano con smorfie strane, questo gli ricordò anche i due commenti positivi trovati sotto ai suoi video postati su Instagram, era incredibile quanto il giudizio di una persona potesse essere tanto soggettivo, loro che lo conoscevano non gli avrebbero mai detto un complimento sincero, al contrario delle persone dietro allo schermo. Ritornò presente dai suoi pensieri al suono delle mani del professore che incitava i ragazzi a mettersi al loro posto, poi prese la sua batteria e insieme a Zacchy intonò l'inizio della base. Come prima prova non era iniziata male ma nessuno li era abituato a lavorare in gruppo, ognuno tentava di superare l'altro e dovettero riprendere da capo un paio di volte, ma nel complesso era andato tutto bene, il signor Ebbrill non ebbe niente di cui lamentarsi.
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