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Capitolo 6

Postò il suo secondo video mentre era chiuso in bagno come al solito, questa volta non per frustrazione per colpa dei bulli, solo perché durante l'intervallo era l'unico posto tranquillo dove godersi un po' di intimità. Durante la notte, dopo la prima pubblicazione, non era successo niente e questo lo consolava, ma un'altra cosa gli stava dispiacendo: in quel periodo avrebbero avuto tante verifiche e per suonare non aveva tutto questo tempo, solo la tarda sera quando i suoi genitori si addormentavano, in questo modo però gli capitava spesso di arrivare a scuola stanco e faticava a seguire le lezioni. Appoggiato al lavandino picchiettava le unghie sul bordo come se stesse già componendo qualcosa, anche con la voce si aiutava canticchiando; era talmente preso a pensare a come iniziare il prossimo pezzo che non si accorse che qualcuno entrò in bagno: due ragazzi di seconda A. Il primo, biondo, alto e con gambe a parentesi faceva parte della squadra di football della scuola mentre il secondo, castano chiaro, occhiali e polo stropicciata seguiva gli allenamenti solo da amico. I due si avviarono verso una delle cabine del bagno e si chiusero dentro, a quanto pareva nemmeno loro si erano accorti di Zacchy perchè appena furono sicuri che nessuno guardava chiusero la tavoletta del water e tirarono fuori delle bustine: "Non sai che fatica ho fatto ad ottenerla.", disse il ragazzo biondo mentre apriva la bustina, il ragazzo castano invece stava preparando delle cannucce con dei pezzi di carta: "Devi stare attento, non tutti la vendono buona."
"Lo so, per questo ne ha presa poca e al miglior prezzo."
"Quanto l'hai pagata?"
Il ragazzo biondo abbassò la voce per confidare qualcosa al suo amico, chiunque fuori da quella cabina non avrebbe potuto sentire niente. Passarono circa tre minuti forse quando tutti e due uscirono dalla cabina per andare a lavarsi le mani e il naso, sembravano addirittura due persone diverse ma si ripresero subito. Solo in quel momento il giocatore biondo si rese conto che Zacchy era in bagno con loro intento a fare altro: "Andres!"
Zacchy sussultò al richiamo, anche lui come loro non aveva idea di non essere più solo. Il giocatore continuò soddisfatto della reazione della sua vittima: "Che fai qui vampiretto?"
"Niente...", volse lo sguardo altrove per non dargli potere, spense il telefono e lo strinse in tasca e questo attirò l'attenzione del ragazzo biondo che colse l'occasione: "Che cosa nascondi? La fidanzata?"
"No, non sono affari tuoi."
"Invece si, dai fammi vedere, fai il bravo." Zacchy andò sulla difensiva facendosi istintivamente indietro, quello con fare da galletto e il petto gonfio si avvicinò chino guardandolo in faccia con un sorriso malvagio in volto e le mani in tasca, aveva solo un anno in più di lui ma sembrava un gigante. Il ragazzo castano alle sue spalle sospirò, si guardò l'orologio e poi disse: "Dai Dean! Lascialo perdere andiamo!"
"Aspetta! Fammi divertire un po' l'intervallo non è ancora finito."
Dean si avvicinò ancora di più spingendolo contro il muro, i muscoli Zacchy si irrigidirono pronto a difendersi, il giocatore spostò il suo sguardo nella tasca della felpa dove Zacchy nascondeva il telefono: "Stai forse contattando un esorcista?"
"No."
"Fammi vedere Dracula, altrimenti non esci dal bagno."
"No!"
"E allora non vai da nessuna parte!"
Dean si posizionò davanti a lui in modo tale da bloccargli il passaggio qualunque mossa avesse fatto, era chiaro che non si sarebbe liberato di lui tanto presto, non poteva nemmeno contare sull'agilità perchè non facendo sport non sarebbe stato in grado di aggirarlo facilmente. Poteva solo stare lì fermo attendendo il suono della campanella, per non parlare che in classe c'erano gli altri, stava già preannunciando una lunghissima mattinata. Il compagno di Dean perse finalmente la pazienza: "Dean andiamocene, non fare il bambino. Sta per finire l'intervallo e voglio prendere qualcosa da mangiare."
"Aspetta ancora un po' adesso cede."
"Ora!"
"Uffa che noioso, va bene. Per questa volta ti è andata bene Dracula."
Entrambi uscirono dal bagno. Zacchy poté finalmente rilassare i muscoli, aveva già immaginato che gli sarebbe saltato addosso pur di ottenere quello che voleva, nemmeno in bagno poteva stare in pace.

Entrò in classe cinque minuti prima che suonasse la campanella, prese posto e tirò fuori i libri di chimica, non amava il professore ma la materia non gli dispiaceva.
Durante la lezione il professore decise di interrogare qualcuno dati gli scarsi risultati delle verifiche, tenendole in mano elencò i voti più alti tra i quali c'era quello di Zacchy, invece Carlo, Troy, Arthur Fletch e Carly Broyle erano i voti più bassi, per non parlare del rendimento scadente di tutti e quattro: "Bene, a questo punto direi che potete venire alla lavagna, vediamo se almeno oggi vi impegnate di fare bella figura."
"Prof ma mi scusi, io ho dato il massimo!"
"Carly Broyle, il tuo compito è pieno di spazi vuoti e risposte errate. Diciamo che hai fatto finta di impegnarti. Tutti e quattro qui."
Mentre il docente iniziava con le domande qualcuno bussò alla porta dell'aula: era la prof di letteratura che salutando il collega entrò chiedendo: "Ciao Robert, sono tutti presenti?"
"Ciao Lily, si si ci sono tutti. Hai bisogno?"
"Si, posso rubarti Andres? Devo parlare con lui."
Il cuore di Zacchy fece un tuffo appena udì il suo nome. Troy lo fulminò con lo sguardo sapendo che si sarebbe saltato tutta l'ora di chimica ma subito dopo, riflettendo sulla situazione, gli rivolse uno sguardo malizioso sussurrando: "Scommetto che hai combinato qualcosa, spero vivamente che ti faccia il culo."
Brividi di freddo lo attraversarono per tutto tutto il corpo quando, leggendogli le labbra, capì che se non fosse stato come voleva lui avrebbe rimediato dopo scuola. Zacchy uscì dall'aula al fianco dell'insegnante di letteratura, avrebbe voluto chiederle cosa volesse da lui ma aveva le parole strozzate in gola, ultimamente parlare con le persone era diventato come vincere le olimpiadi per lui: impossibile.
Salirono due piani ed entrarono in un'aula ancora inutilizzata, dentro li stava aspettando un ragazzo sulla trentina d'anni vestito in modo singolare, un cappello buffo in testa e degli occhialini alla John Lennon, un tipo che non si vede sempre insomma. Appena vide i due arrivati esibì un bel sorriso accogliente ed esclamò: "Zacchy Andres, ho indovinato?"
"Esattamente, lui è il compositore di quel tema che ti ho fatto leggere l'altro giorno."
"Oh si, sono molto felice di conoscerti, ammiro come vivi la musica lo sai?"
Solo in quel momenti Zacchy realizzò che si riferiva al tema autobiografico della settimana scorsa, e pensare che nessuno doveva leggerlo. Timidamente annuì compiaciuto e chiese: "Quindi le è piaciuto?"
"Piaciuto? Mio caro io lo amo!", quello saltò giù dalla cattedra quasi ballando, poi gli indicò una piccola batteria e disse che anche lui era un musicista, poi sedendosi di nuovo sulla cattedra spiegò: "Avevo proposto al vostro preside di fare qualcosa di speciale per la fine dell'anno, mi hanno assunto tre mesi fa e al momento seguo le terze. Che cosa ne pensi di suonare in un concerto di fine anno?"
"Io? Suonare?"
"Si! Lo so, mi è stato riferito che odi stare al centro dell'attenzione ma tranquillo, per te ho già dei piani in mente e ti piaceranno tanto."
Scese nuovamente dalla cattedra e prese due chitarre, una elettrica e una acustica, poi voltandosi verso di lui chiese: "Suoni quella elettrica o acustica attualmente?"
"Quella acustica.", la prese in mano e la accarezzò, era proprio nuova di zecca e luccicava. Il giovane insegnante gli tese la mano: "Io sono Carter Ebbrill, piacere di fare la tua conoscenza.", poi prese una sedia e lo fece accomodare dall'altra parte dell'aula, si sedette di fronte a lui e poi gli chiese di fargli sentire qualcosa, Zacchy nel suo tema aveva descritto come si sentiva quando suonava la sua chitarra e quindi il signor Ebbrill si aspettava di sentire un buon risultato, ciò che sentì lo lasciò estereffato: Zacchy prima era partito in modo timido, quasi insicuro, ma poi la sua musica cambiò, trasmetteva sicurezza, piacere, gioia; le dita di Zacchy pizzicavano le corde con cura, ma anche con forza e con felicità, la sua musica passava dal triste e lento al vivace e veloce e il suo volto disteso e completamente dentro la musica lasciò Il signor Ebbrill a bocca aperta, perfino l'insegnante di letteratura non sapeva cosa dire.

Zacchy continuò a suonare per altri venti minuti, poi rallentò la musica capendo che era ora di smettere e quando fermò le corde e aprì gli occhi vide i due docenti con una faccia stupefatta, forse anche un po' delusa dal fatto che era giunto alla fine, esibì un sorriso timido e il signor Ebbrill balzò dalla sedia applaudendo: "Che meraviglia! Cavolo la sento ancora nelle vene. Chi ti ha insegnato?"
"Inizialmente mio padre, poi ho guardato qualche video e mi sono esercitato da solo."
"Complimenti, faremo un figurone con te vedrai.", gli fece l'occhiolino.
Zacchy non sapeva che cosa dire, non era mai capitato che qualcuno potesse apprezzare tanto la sua bravura, non che si ritenesse un maestro però almeno un suono decente sapeva farlo. Passarono tutta l'ora a parlare, o meglio il signor Ebbrill parlava, Zacchy si limitava a rispondere con frasi brevi alle sue domande; quando suonò la campanella salutò l'insegnante di letteratura e il signor Ebbrill e si diresse verso la sua classe, riflettè velocemente che forse per la sua poca salute mentale che gli era rimasta era meglio non dire niente a nessuno, soprattutto ai suoi compagni, ma non c'era problema: Zacchy non parlava mai coi suoi compagni di classe. Arrivato al piano terra dove stava la sua aula Troy lo spinse contro il muro di fianco alle scale e con fare da superiore disse: "Dove vai Andres? Ti nascondi?"
"Che cazzo vuoi?"
"Per colpa tua e della tua stupida bravura in chimica ho preso un'altra F, sei contento?"
"Se sei in idiota non è colpa mia, ora lasciami in pace."
"Che ti ha detto la professoressa Grent?"
"Niente."
"Certo, come no. Scommetto che l'hai morsa e ora sta dormendo in una bara o a testa in giù sul soffitto della scuola!"
Scoppiò in una frenetica risata cattiva, adorava fare battute sulla storia dei vampiri, soprattutto perché era il punto debole di Zacchy, lui odiava da morire il suo vampirismo e lo distruggeva il fatto di non poter cambiare, perchè Troy non voleva capire che non c'era niente da ridere? Quella malattia era una cosa seria. Il bulletto mise due dita tra le labbra e scoprì i canini, che ovviamente avevano un aspetto normale, e cominciò a dire: "Guardatemi! Sono Zacchy Andres e sono il vampiro della scuola! Scappate o vi mordo il collo!"
"Piantala non sei divertente."
"Ah no?"
"No, non c'è niente da ridere in tutto questo."
"Ovvio lo so, rido per non scappare di terrore!", scoppiò in una nuova e sonora risata, questa volta il peso della sua cattiveria schiacciò il cuore di Zacchy e calcò sui suoi nervi che stavano già iniziando a cedere, "Ma ti sei visto? Fai venire gli incubi, uno della prima B è stato due settimane dallo psicologo per colpa tua. Oh aspetta non puoi vederti, i vampiri non si vedono allo specchio."
"Io non sono un vampiro finiscila!"
"Certo che lo sei, o meglio sei la copia merdosa di un vampiro."
Si avvicinò con le braccia incrociate e sussurrò qualcosa vicino alla sua faccia, Zacchy iniziò a sentire le lacrime bruciarli gli occhi e i muscoli irrigidirsi dalla rabbia, iniziò a tremare per contenere i singhiozzi ma fu tutto inutile, dalla sua gola uscirono dei gemiti tristi e Troy questo lo apprezzò: "Che fai ora? Piangi Dracula?"
"Stai zitto.", la sua voce era rotta dal pianto. Quanto voleva saltargli addosso, prendere la sua testa di cazzo tra le mani e sbatterla contro al muro con tutta la forza che aveva, e invece stava lì fermo, indifeso e incapace di agire, forse perché ovviamente sapeva che non avrebbe potuto nulla contro di lui. Troy giocava a football fin dalla prima elementare, la sua prestazione fisica era nettamente migliore della sua che sembrava sottopeso e inoltre era molto più veloce di lui, qualsiasi cosa avrebbe fatto l'avrebbe solo pagata più cara. Le prime lacrime iniziarono a rigargli il volto, a bagnarlgli le labbra e a gocciolare dal mento, abbassò lo sguardo in preda alla vergogna, non voleva piangere di fronte al suo bullo, non voleva dargli questa soddisfazione, ma invece ecco fatto: Troy stava godendo come non mai, si raddrizzò tutto e scrutò Zacchy dall'alto in basso sentendosi superiore, e questo a Zacchy faceva ancora più male, c'era qualcosa di peggiore della sua porfiria? Si. Ed era mostrare la debolezza al suo avversario.
"Oltre ad essere un merdoso vampiro, sei anche una ridicola femminuccia."
Zacchy non disse niente, non sarebbe riuscito a parlare. Tentò di correre in bagno ma Troy lo bloccò, non gli avrebbe permesso di rovinare il suo spettacolo ora che finalmente stava vedendo Zacchy in tutta la sua vulnerabilità.
"Lasciami andare stronzo!"
"Non penso proprio! Sono mesi che non vedo l'ora di poterti vedere così. E adesso vediamo di immortalare questo grande momento.", tirò fuori dalla tasca il telefono e scattò una foto al volto di Zacchy immerso nelle lacrime, tutto questo era davvero crudele e non era nemmeno la parte peggiore di Troy, sapeva arrivare a molto peggio e Zacchy lo sapeva bene. Troy gli mostrò la foto scattata e disse: "Vuoi che la mostri a tutta la scuola?"
"Non provarci."
"Sarebbe bello sapere che ne pensano gli altri no?"
"No."
"Bene, allora ascolta: per ora la tengo per me dato che sono a buon punto con la squadra e non voglio finire nei guai per colpa tua, ma se dovesse succedere qualsiasi cosa che possa anche solo lontanamente infastidirmi, be', questa fa il giro della scuola Dracula. Attento bene a quello che fai."
Lasciò la presa su di lui e si diresse verso la classe, stava per cominciare la lezione di grammatica, prima di abbandonarlo completamente si voltò a guardarlo un'ultima volta: "Fai proprio schifo Andres, sei così sfigato che mi chiedo come fai ad alzarti la mattina.", si voltò e se ne andò ridendo sotto i baffi.
"No! Tu fai schifo testa di minchia!" I suoi pensieri gridavano dalla rabbia, corse in bagno, si nascose in una cabina, si rannicchiato di fianco al water, nascose la testa tra le gambe e scoppiò in un pianto silenzioso; "Ti odio brastardo!"
Aveva ancora la faccia sghignazzante di Troy in testa, non voleva abbandonarlo e le lacrime scendevano come cascate dai suoi occhi, non riusciva a calmarsi, il dolore era più forte di lui, che cosa avrebbe detto se qualcuno lo avesse visto? Che scusa si sarebbe inventato? Che cosa avrebbe fatto Troy? Non poteva correre un tale rischio, tutta la scuola lo maltrattava per il suo aspetto fisico, se lo avessero addirittura visto in lacrime avrebbe perso anche la poca dignità che gli era rimasta. Nessuno in quella dannata scuola aveva un minimo di riguardo per lui, gli studenti erano divisi in due schieramenti: quelli che si divertivano a rendergli la vita un inferno con prepotenti atti di bullismo e quelli che guardavano e gli voltavano le spalle, mai una volta qualcuno aveva voluto dargli un po' di conforto, solo all'inizio quando tutto era nuovo per tutti ma col passare del tempo avevano capito come girava il mondo a scuola, e a lui toccava il posto in basso. Si ricompose il meglio che poteva e andò a sciacquarsi la faccia, i suoi occhi erano così arrossati dal pianto che davvero faceva paura adesso: pelle bianca, viso smunto e occhi rossi, fantastico. Attese qualche istante per permettere agli occhi di riprendere un colore normale, poi usci dal bagno per tornare in classe, per il corridoio c'era ancora qualcuno, quando lo videro alcuni nascosero una risata, altri si sussurarono qualcosa che non volle nemmeno sentire, arrivato in aula si sedette in silenzio al suo banco e nascose il viso, Ttoy aveva vinto ma il resto della classe non doveva vederlo così, con i suoi compagni faceva ancora in tempo a salvare la sua persona.

Sprofondò la testa nel cuscino, era riuscito a trattenersi per tutto il viaggio verso casa ma arrivato alla porta d'ingresso crollò di nuovo, non sapeva cosa gli facesse più male tra le parole taglienti e prive di pietà di Troy oppure l'umiliazione alla quale era stato sottoposto. Ma qualunque fosse la risposta il risultato non cambiava. Sua madre tornò tre ore dopo e Zacchy per evitare di dare spiegazioni finse di essersi addormentato mentre studiava sul letto, dato che ultimamente andava a letto tardi per lo studio non sarebbe stato tanto difficile crederci, e infatti sua madre ci casca in pieno.
"Che merda che sei, a mentire a tua madre.", pensò rialzandosi e mettendosi il volto tra le mani. Perchè stava peggiorando le cose? Perché non correva dalla sua famiglia a gridare aiuto? Semplice. Subiva atti di bullismo dall'inizio della scuola, dopo cinque mesi è un po' tardi per ammetterlo no? Si alzò di scatto frustrato e immerso nel suo pianto, prese il telefono, il cavalletto, la chitarra, uscì senza farsi sentire né dai suoi genitori né da Beirut e andò al parco di fronte casa. Si sedette sotto un grande albero e posizionò tutto l'occorrente, sentiva che ne aveva un disperato bisogno, doveva tirare fuori tutto quello che aveva dentro o non avrebbe superato la notte, si asciugò gli occhi che tornarono subito bagnati, fece partire il timer e iniziò a suonare: questa volta la sua musica era potente ma arrabbiata, con cura faceva amplificare il suono in modo tale che si sentisse più forte più energico, le sue mani si muovevano veloci trasmettendo tutte le sue emozioni.

Finito il video che durava due minuti e tre ne iniziò uno nuovo, senza pensarci troppo, non aveva intenzione di fermarsi, sentiva che doveva sfogarsi ancora e che quello che aveva dentro non era ancora uscito, la faccia di Troy era ancora stampata nella sua mente, se chiudeva gli occhi lo poteva vedere chiaramente come se fosse ancora davanti a lui, "Odio essere così debole." Sembrava che il suo pensiero avesse dato un titolo a quella canzone furiosa che stava suonando, sempre una bella melodia ma che faceva sentire quanto dolore Zacchy avesse provato in quel momento, non sapeva se questo video gli sarebbe bastato ma in quel momento non gli importava più niente, non gli importava dell'ora, non gli importava della scuola e dello studio, non gli sarebbe nemmeno importato se qualcuno che conosceva lo avesse visto; suonare, questo era il suo unico pensiero che si manifestava nelle sue note disperate.

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