Capitolo 3
Annabeth bevve avidamente dal bicchiere, Michael rimase a fissare la sedia vuota di Zacchy che si era prontamente rifugiato in bagno, entrambi poi si scambiarono uno sguardo rassegnato: "Mi sembra di avere un estraneo in casa ultimamente."
"Annabeth ha quindici anni, è un adolescente, è normale che faccia così. Vuole solo i suoi spazi ma tutto passerà prima o poi."
"Si ma questo non è Zacchy, lui non era mai stato così, era sempre riservato certo ma non così tanto."
Annabeth iniziò a sentire che la sua voce si ruppe dal pianto, da madre si sentiva impotente e le sembrava che il marito non riuscisse a percepire la sua preoccupazione: "Come fai ad essere così tranquillo, Henry e Zane non fanno così o mi sbaglio? E anche loro sono due adolescenti."
"Cara questo non c'entra niente, Henry e Zane vivono nella stessa zona della città. Si vedono più spesso e sono anche nella stessa classe, è normale che siano più aperti." Michael le mise le mani sulle spalle e le fece un massaggio, anche lui ovviamente era preoccupato per il comportamento di suo figlio ma non credeva che ci fosse qualcosa di grave sotto. Zacchy rimase appoggiato al vetro della doccia mentre l'acqua cadeva energica ai suoi piedi; "Beati i miei cugini, questo inferno non possono passarlo a differenza mia" pensò ascoltando le voci ovattate dei genitori coperti dall'acqua. Dal canto suo per quanto ricordasse, lui era sempre stato così, caratterialmente era chiuso e riservato ma ciò nonostante non aveva mai escluso nessuno dalla sua vita come adesso, per aspetto fisico non aveva memoria; forse suo padre aveva ragione: magari era solo il risultato dell'entrata nel mondo dell'adolescenza, col tempo tutto si sarebbe sistemato con la sua famiglia. Ma a scuola?
"Zacchy, se gli zii lo scoprono sei morto, lo sai vero?", Henry dondolava avanti e indietro sull'altalena nel parco della città, Zacchy era seduto sull'altalena accanto e Zane era appoggiato all'asta di metallo della struttura, "Come mai ha deciso di saltare la scuola senza dire niente?"
"Non voglio rischiare di passare un'altra merdosa giornata li dentro. Se mi dicono di recitare un sonetto vomito."
"Quanto vorrei sentirmi male a comando come fai tu, sai quante verifiche avrei già saltato.". Zane rise speranzoso, "Ma invece ho l'ingrata normalità di un semplice adolescente."
Zacchy lo guardò sarcastico, sfoderò un sorrisetto malizioso come per vantarsi in silenzio ma poi lo nasconse subito, se solo avessero saputo cosa ci fosse stato dietro a questa sua capacità di stare male a comando, al suo posto avrebbero cambiato subito idea. Nemmeno Henry e Zane sapevano del bullismo che subiva a scuola, non voleva dirlo nemmeno a loro che erano le persone più strette a lui, con loro stava bene e poteva essere se stesso senza pensare troppo a quello che frullava nelle loro teste sul suo conto, tra cugini ci si aiuta giusto?
I suoi cugini frequentavano una scuola superiore diversa dalla sua dato che vivevano in un altro quartiere della città, se fossero stati tutti e tre insieme forse non gli sarebbe toccato soffrire così tanto.
Henry propose di fare due passi per le vie di negozi: "Dato che sei qui a fare nulla e noi non abbiamo scuola oggi, occupiamo questo pomeriggio in maniera intelligente no?"
"E dove hai pensato di andare?"
"Qui vicino c'è un negozio di dischi musicali molto fornito, io ci vengo sempre nel weekend e sono certo che piacerà anche a te."
Balzò giù dall'altalena e tirò amorevolmente il cugino per un braccio, il suo entusiasmo era sempre stato molto contagioso fin da quando era piccolo, non era mai stato possibile dirgli di no una volta e tutti e tre insieme ne avevano combinate di tutti i colori. Anche questa volta non si era smentito, sapeva sempre cosa piaceva a Zacchy.
Arrivarono di fronte a un piccolo negozio con giganti adesivi a forma di dischi in vinile sulle vetrine, note musicali e sulla porta era dipinta la sillouet di un chitarrista con lunghi capelli, Zacchy riconobbe dalla sagoma che la chitarra era elettrica. Entrarono dentro in fila indiana e il posto si presentò meravigliosamente energico: dall'entrata fino al muro in fondo erano appese mensole con file di dischi di tutti i generi e di tutte le epoche, al centro del posto erano anche esposte delle chitarre e dei bassi luccicanti, Henry trascinò Zacchy di fronte agli scaffali dedicati alla musica rock che piaceva a lui. I tre ragazzi presero in mano un po' di dischi a testa e iniziarono a leggere i titoli scritti nel retro della custodia, Henry e Zane si divertivano a interrogare loro cugino sui titoli, cantanti e ritornelli delle canzoni e Zacchy le sapeva proprio tutte: "Volete tentare ancora o siete contenti così?"
"Certo che per te la musica è come l'aria da respirare, quante volte hai sentito questi brani?"
"Abbastanza da saperli a memoria.", Zacchy prese un nuovo disco dallo scaffale e lo girò tra le mani, in quel momento fuori dal negozio vide passare dei suoi compagni di scuola, non si aspettava che qualcuno passasse da quelle parti, si abbassò il cappello sul volto per non farsi riconoscere mentre fingeva di cercare altri dischi da esaminare, uno dei ragazzi fuori diede una veloce occhiata dentro al negozio e gli sembrò di riconoscere Zacchy, ma proprio in quel momento Zane si spostò davanti a lui per rimettere a posto quello che aveva in mano coprendogli la visuale. Zane si girò a guardare le chitarre elettriche esposte e dando una pacca sulla spalla a Zacchy per chiamarlo chiese: "Tu non avevi una chitarra a casa?"
"Si, ma non la uso quasi mai."
"E la sai suonare?"
"Papà mi ha dato qualche lezione in passato, poi ho visto qualche video online. Ma è tanto che non la prendo in mano."
"Ti ricordi ancora come si fa? Alcuni dicono che quando impari una cosa non la scordi più.", Henry si girò tra le mani un paio di custodie di dischi anni '90, "Ma non vale per tutti sapete? Io per esempio non mi ricordo più come si allacciano le stringhe delle scarpe."
"Stai scherzando?"
"No guarda". Henry tirò su leggermente i pantaloni e scoprì le sue scarpe prive di stringhe, "Sono elasticizzate, sono anche comode ve le consiglio."
I due cugini lo guardarono perplessi, Zacchy non aveva mai notato questa cosa, lui però le scarpe le teneva sempre allacciate, aveva semplicemente trovato un modo migliore per indossarle senza impazzire tutte le mattine. Pagò un disco alla cassa ed uscì coi suoi cugini nel viale all'esterno, controllò l'ora sul suo cellulare e pensò che forse sarebbe stato meglio andare a casa. Tutti e tre si avviarono verso il suo indirizzo, poi in prossimità della curva si salutarono e si separarono, Henry e Zane dovevano prendere il bus per tornare a casa: anche se vivono nella stessa città, le loro case erano situate in due zone differenti e non avevano mai avuto molta passione per le passeggiate lunghe, al contrario Zacchy adorava passeggiare da solo. Arrivato a casa vide che il garage era vuoto e quindi i suoi genitori erano entrambi al lavoro come al solito: "Grande, almeno non devo inventarmi scuse assurde." Pensò mentre cercava le chiavi di casa nella tasca del felpone, quel giorno ne stava indossando uno talmente grande che non si chiudeva nemmeno la giacca, ma tanto non aveva mai avuto l'abitudine di chiudere le giacche anche se fuori nevicava o c'era vento, e non si era mai beccato un raffreddore!
Beirut si fiondò sopra di lui con tutta la forza che aveva e quasi lo buttò per terra, Zacchy si aggrappò alla maniglia della porta con una mano e serrò strettamente il disco nuovo nell'altra per evitare di farlo cadere, poi impiegò tutta la forza che aveva per raddrizzarsi e spingere il cane giù dal suo petto, Beirut si buttò per terra a pancia all'aria per ricevere le coccole scondizolando. Il ragazzo chiuse la porta, appoggiò il disco sulla mensola di fianco e iniziò a grattare affettuosamente la pancia del suo peloso amico che rotolò tutto contento.
"Hai fatto il bravo senza di me?", Zacchy rise allegramente mentre il cane tirava fuori la lingua e si dimenava soddisfatto. Dopo un po' andò verso la sua camera, tirò fuori dall'armadio un stereo e lo attaccò alla presa elettrica, infilò il CD nello stereo e rimase in ascolto: era molto soddisfatto del fatto di aver trovato un disco che ancora non conosceva, si sarebbe tenuto tutta la notte per ascoltarlo bene. Mentre la musica suonava nella stanza Zacchy accense il computer per navigare un po' sul web, mentre digitava sulla barra della ricerca qualcosa da guardare lo sguardo gli ricadde sulla tenda della sua finestra, li dietro aveva lasciato la sua chitarra ad impolverarsi e gli ritornanò in mente le parole di suo cugino Zane, chissà se era ancora in grado di suonare quella chitarra. Si alzò dalla scrivania e prense lo strumento in mano, tolse la polvere soffiandoci sopra e aggiustò le corde, almeno quello si ricordava come farlo, poi seduto sul letto provò ad intonare qualcosa: non fu un pessimo risultato, il suono era ancora buono e le corde in ottimo stato, passò tutto il pomeriggio a suonare per riprendere la mano. A un tratto si ricordò di avere anche un plettro da qualche parte e andò alla scrivania per cercarlo tra i cassetti.
Mentre rovistava tra vecchi diari scolastici, pezzi di carta scarabocchiati e altri oggetti di cui non ricordava l'esistenza, Zacchy trovò un cavalletto per il telefono. In un primo istante non ricordò nemmeno perchè lo avesse; "Che me ne facevo di questo?", pensò, mentre lo prese in mano per esaminarlo meglio, il motivo a quanto pareva non era poi così importante, altrimenti si sarebbe ricordato subito. Tornò a sedersi sul letto per continuare a suonare mentre il disco cantava ancora, ma Zacchy aveva completamente smesso di ascoltarlo. Beirut spinse col muso la porta per entrare dentro a fare compagnia al suo amico.
"Che dici bello? Cosa posso farci con questo cavalletto?", chiese il ragazzo mentre grattava la testa del cane, Beirut rimase seduto di fronte a lui con la lingua fuori, "Non ricordo nemmeno perché ce l'ho." Rimase a fissare il cavalletto appoggiato sul letto per un po', un cavalletto di solito serve a fare delle riprese giusto? Zacchy andò a spegnere lo stereo, tolse il CD e lo ripose con cura nella custodia; nel frattempo si accorse anche che il computer era andato in stand-by e lo schermo era tutto nero, Zacchy mosse il dito sul touch pad per riaccenderlo e gli capitarono nella home dei video tanti ragazzi che suonavano e cantavano di fronte a una telecamera; lui non aveva mai adorato finire al centro dell'attenzione però effettivamente non sembrava una cattiva idea filmarsi mentre suonava qualcosa, anche solo per avere un ricordo di quello che faceva: "Tanto è solo un gioco, non succede niente."
Si sedette a guardare qualche video: tutti quelli che vedeva erano fatti bene, i ragazzi filanti erano molto bravi e sicuramente a differenza sua non avevano paure delle telecamere, cantavano di tutto, facevano cover di canzoni famose che lui conosceva bene, alcuni cantavano pezzi fatti da loro e altri invece suonavano e basta. Mentre scorreva gli altri video consigliati un rumore lo fece sobbalzare dalla sedia: "Chi è?", chiese girandosi di scatto verso la porta semi aperta. Suo padre fece capolino nella stanza: "Siamo noi figliolo."
"Papà! Che spavento!"
"Scusami non volevo. Hey, l'hai spolverata! Da quanto non la vedevo."
"Si ho pensato di vedere se sapevo ancora usarla."
"E?"
"E sono ancora bravo credo.", Zacchy roteò con la sedia per guardare suo padre mentre parlavano, Michael si sedette sul letto del figlio e prese lo strumento in mano, lo accarezzò e mormorò tornando ad incontrare lo sguardo di Zacchy: "Eri così innamorato di questo strumento, ci esercitavamo insieme tutte le sere ricordi?"
"Si."
"Come mai hai smesso?"
"Non lo so, forse avevo perso interesse. A volte capita.", alzò le spalle guardando la chitarra, "Tu sapresti suonarla ancora?"
"No assolutamente, non ricordo nemmeno come si tiene in mano.", Michael si alzò e la ripose con cura vicino alla finestra, poi scomligliando i capelli lunghi di suo figlio uscì dalla stanza sorridendogli.
Erano ormai le indici di sera, Zacchy continuava a rigirarsi nel letto senza riuscire a prendere sonno e dopo un po' si arrese mettendosi seduto, il suo sguardo vagò in automatico verso la sua chitarra, ripensò al cavalletto e ai video visti sul web. Sentì il rumore del volume della tv in salotto e capì che i suoi genitori erano ancora svegli e sicuramente stavano guardando qualche programma da adulti. "Se è così allora non mi sentiranno" sussurrò tornando a guardare la chitarra che sembrava ricambiarlo, "Ma si, tanto è solo un gioco.".
Levò le coperte e accense la lucina sulla scrivania, prense la chitarra e si sedette sul letto; mentre la accordava si mise a guardare intorno finchè i suoi occhi non decisero di fermarsi sul cassetto che nascondeva il cavalletto, in quel momento gli venne un'idea: "Ecco dove posso tenere tutto questo."
Abbandonò lo strumento sul letto, prese il cavalletto e lo posizionò sulla sedia accanto che gli faceva da comodino, ci mise sopra il telefono e accese la fotocamera, "Facciamo che la faccia non si vede?", si disse mentre regolava la visuale. Alla fine sistemò il cellulare in modo che inquadrasse solo il petto e la chitarra tra le mani, Zacchy rimase ad osservare ancora un po' tutto l'insieme ne fu piacevolmente soddisfatto: in quel modo quando lo avrebbe riguardato si concentrato solo sul suono della sua chitarra. Mise il timer di dieci secondi per sistemarsi in una posizione comoda e iniziare a suonare, quando il video partì Zacchy improvvisò una melodia che si creò piano piano. Mentre suonava si immaginò uno spartito da seguire, poi chiuse gli occhi e si fece guidare dalle dita e dalle note: in quel momento tutto scomparve, il volume della TV diventò lontano, quasi inudibile; le sue mani sembravano prendere vita propria da sole suonando dolcemente; la chitarra diventava l'unica cosa che le sue orecchie riuscivano a percepire, senza accorgersi iniziò a canticchiare a bocca chiusa seguendo la melodia che si stava inventando, il suo respiro seguì le note che uscivano dalle corde pizzicate, i polpastrelli accarezzavano le corde intensamente.
Dopo un po' Zacchy riaprì gli occhi e guardò la sua registrazione, il video durava in tutto due minuti e quindici secondi, ma per lui era come se fossero passate ore; soddisfatto e con un largo sorriso felice sulle labbra stoppò la fotocamera e riprese il telefono poggiando sulla sedia accanto al letto, rimise la chitarra vicino alla finestra e il cavalletto sulla scrivania e si rituffò sotto le coperte ridendo sotto voce. Affondò la faccia nel cuscino per soffocare la risata di euforia che gli usciva dalla gola. Non ricordava quando fosse stato così felice, ma sicuramente in qualche angolo del suo passato era successo, sembrava un gesto banale ma si sentì così libero che avrebbe potuto rifarlo altre dieci volte. E perché no? Appena riprese la piena consapevolezza della realtà sentì sua madre alzarsi e spegnere la tv, poi i suoi passi iniziarono ad avvicinarsi; Zacchy si rannicchiò sotto le coperte e nascose il volto fingendo di dormire. Annabeth aprì la porta lentamente cercando di non fare troppo rumore e sbirciò nella stanza buia col marito alle spalle: "Sta dormendo?", chiese Michael posandole una mano sulla spalla. Annabeth scrutò il letto del figlio nell'oscurità e dopo un po' riuscì a distinguere la testa: "Si, sembra proprio di sì."
"Menomale."
Michael si tolse gli occhiali e li appese alla maglia del pigiama, Annabeth entrò piano nella stanza per raccogliere i vestiti abbandonati sul letto: "Qualunque cosa stesse facendo prima di dormire doveva essere davvero interessante, sta dormendo vestito.", ripiegò il pigiama blu scuro a scacchi e lo appoggiò sulla sedia della scrivania, poi avvicinandosi a lui gli accarezzò la testa e gli diede un bacio sulla fronte; al tocco delle labbra di sua madre Zacchy fece un lieve movimento come se avesse percepito l'affetto del bacio nel sonno, anche se in realtà era ancora sveglio. Annabeth e Michael richiusero piano la porta accompagnando la maniglia, poi andarono nella loro stanza a coricarsi; Zacchy attese qualche minuto rimanendo in ascolto, non sapeva calcolare bene quanto tempo stesse passando ma riuscì a sentire i suoi genitori sistemarsi comodi sotto le coperte, dopo circa cinque minuti, secondo lui, si rialzò mettendosi seduto sul letto ridendo in silenzio, non sapaeva nemmeno lui perchè fosse così euforico ma si sentiva così pieno di energie, come se la canzone che aveva improvvisato gli stesse ancora scorrendo nelle vene. Nel silenzio della notte sentì Beirut grattare la porta chiedendo il permesso di entrare, Zacchy balzò giù dal letto e aprì piano la porta cercando di non fa rumore: "Vieni bello, magari se dormi con me mi addormento davvero."
Si buttò ad abbracciare il cane, spupazzandolo affettuosamente, Beirut gli leccò la faccia e scodinzolò contento, poi dopo aver ricevuto il permesso dal suo padrone balzò sul letto per addormentarsi sulle gambe di Zacchy.
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