Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 19

Zacchy si risvegliò verso le due e venti dopo aver passato tutta la sera con la testa sotto al cuscino, la domanda di sua madre continuava a rieccheggiargli mentalmente e nemmeno lui, sotto sotto, era davvero sicuro di quello che voleva. In un certo senso gli mancava la normalità di essere un ragazzo come tanti: gli mancava andare a scuola, lamentarsi delle verifiche, ridere degli insegnati e soprattutto gli mancavano le prove di musica del signor Ebbrill, dal giorni in cui aveva tentato il suicidio due anni fa non aveva più saputo niente del concerto di fine anno. Sapeva che uno dei modi più indicati per saperlo era quello di tornare a scuola, ma tornare a scuola avrebbe anche significato fronteggiare tutti quei ragazzi che avevano reso quei cinque mesi di primo anno di liceo un vero inferno. E poi le lezioni online a lui piacevano, erano solo lui e il tutto e basta, niente lavori di coppia che personalmente odiava, niente lezioni di educazione fisica, niente di niente. Però aveva anche molta solitudine.
Si alzò in modo svogliato e assonnato, aveva la gola secca e così pensò di andare a bere qualcosa, prese il telefono per vedere che ore fossero, le due e trentacinque; si strofinò gli occhi e si alzò dal letto. Ma prima che potesse uscire dalla sua camera il suo sguardo guardò la chitarra appoggiata di nuovo sotto la finestra e ripensò a quando tempo fa si metteva a suonare quando era stressato. La accarezzò con la punta delle dita e una delle corde suonò finemente, "Ma si" pensò "Forse questo mi aiuterà a fare ordine in testa.." prese la chitarra, andò all'ingresso e prese silenziosamente le chiavi di casa, poi uscì strisciando i piedi. Si fermò nel parco di fronte a casa, nella sua solita panchina sotto al gazebo, questa volta non aveva preso il cavalletto del telefono così lo appoggiò con due sassi dietro raccolti poco prima per tenerlo in piedi, ancora non si sentiva pronto a farsi vedere in faccia ma aveva iniziato a rispondere ai commenti, facendo così capire che dietro a quei video non si nascondeva uno sbruffone narcisista.
"Ciao, si è un po' tardi lo confesso, ma non riesco a dormire." Iniziò a dire quando partì il video, poi smettendo di parlare inizò a pizzicare le corde, decise di suonare una melodia molto calma che fosse in grado di rilassare, in quel momento anche lui necessitava di rilassarsi infatti. La sua voce uscì calma come le note della musica, i polpastrelli accarezzarono le corde che vibravano serene sotto la pelle, chiuse gli occhi e la voce uscì melodicamente intensa, la mano appoggiata sulla cassa della chitarra ogni tanto picchiettava con il palmo sul legno come per simulare un tamburo di sottofondo, poi a un tratto la musica diventò più vivace ma sempre mantenendo la calma iniziale, la voce di Zacchy raggiunse tonalità incredibili, sembrava quasi un dono il suo modo di cantare. Ora le due mani stavano suonando insieme le corde della chitarra e la voce le seguiva, il risultato era un vero spettacolo. Quando Zacchy smise di cantare e suonare sentì il rumore di due mani che battevano tra loro, si voltò di scatto e notò vicino al gazebo un signore vestito di maglioni pesanti e rovinati, una lunga barba, un cappello verde scolorito e dei pantaloni tutti sporchi, l'uomo smise di applaudire e si avvicinò a lui mantenendo però una certa distanza come se sapesse che Zacchy si sentisse alquanto insicuro, si schiarì la voce tossendo e disse: "Sei davvero bravo a cantare giovanotto."
"Ah grazie." Rispose Zacchy timidamente.
"Partecipi forse a qualche talent show?"
"No, non sono un tipo che adora stare al centro dell'attenzione."
"Be' è un vero peccato, secondo me meriteresti una chance."
Zacchy sorrise timidamente ma non rispose, una chance la stava avendo al concerto di fine anno ma non era finita bene. Era lusingato dalle parole del senzatetto che continuava a elogiarlo e ad applaudire, in quel momento riprese il telefono permettendogli di sedersi sulla panchina di fianco a lui. Chiacchierarono per un quarto d'ora della sua musica, della scuola, della vita precedente del senzatetto e della famiglia, l'uomo si rivelò essere molto simpatico e di buona compagnia, non fece nessuna osservazione sulla malattia di Zacchy o del perchè non andasse a scuola. Si rivelarono due persone molto simili tra loro e questo a Zacchy fece molto piacere perchè si sentiva libero di parlare con qualcuno.  Finito di parlare si salutarono e Zacchy tornò silenziosamente in camera sua, cercò di non farsi sentire da sua madre e suo padre, non sarebbero stati d'accordo del fatto che uscisse di notte da solo.

"Non mi piace che esci di notte lo sai?" Annabeth si era accorta della sua uscita notturna della sera precedente, Zacchy stava mangiando il suo pane col formaggio spalmabile davanti alla sua tazza di caffè, mentre faceva colazione rimaneva fisso sul piatto pensando a cosa dire e ascoltando cosa glibstava dicendo sua madre che aveva iniziato a farsi sostituire al lavoro sempre più spesso, il perché non lo aveva voluto dire ma era evidente: dal giorno in cui era andato all'ospedale non lo aveva mollato un secondo. Annabeth mise via le cose della colazione e si risedette sul tavolo di fronte a lui per parlargli, incrociò le mani sul tavolo e disse: "Perchè sei uscito da solo?"
"Avevo bisogno di pensare." Rispose Zacchy sottovoce ma abbastanza forte da farsi sentire.
"E dove sei stato?"
"Nel parco di fronte, e sto bene mamma."
"Che cosa sei andato a fare li?"
"Che cos'è un'interrogazione? Sono stato fuori un'oretta, ho suonato qualcosa per calmare i nervi e sono tornato qui. È tutto." Zacchy bevve un sorso dalla tazza per mandare giù il morso del pane col formaggio mentre sua madre continuava a guardarlo severa, era chiaro che non era felice delle sue scappate notturne e ora era arrivato io momento che sapesse che non era la prima volta. Sospirando si appoggiò allo schienale della sedia e chiese con calma ma severamente: "È la prima volta che lo fai oppure è diventata un'abitudine?"
"Mamma."
"Ripsondi per favore."
"No, non è la prima volta. Ma non è nemmeno un'abitudine." Zacchy finì di mangiare la fetta di pane e bevve tutto il caffè, poi si alzò e andò a mettere le cose della colazione nel lavandino, "Mamma non succede niente quando esco di notte, suono tre minuti la chitarra e poi torno a casa."
"Ma sei solo, e non sai chi c'è la fuori." Annabeth si sfregò gli occhi col pollice e l'indice mentre rispondeva, riconosceva dentro di sé che si preoccupava troppo a volte, stare a casa per occuparsi di lui poteva andare bene all'inizio ma ormai erano passati quasi due anni e Zacchy era cresciuto e sapeva gestirsi da solo, sapeva bene che cosa fare per salvaguardarsi dalla sua malattia, sapeva organizzarsi la giornata e stava iniziando a stare bene emotivamente, aveva una bella famiglia che gli stava sempre vicino e ora era tornato ad apprezzare la sua più grande passione per la musica, era in pratica tornato il ragazzo di un tempo. Si alzò e andò ad abbracciarlo, lo baciò sulla testa e gli disse: "So che è colpa mia il perché lo hai fatto. Non avrei dovuto stressarti con questa storia della scuola."
"Non è colpa tua mamma, forse sono troppo vigliacco a volte." Zacchy pose le sue mani su quelle della mamma, inclinò la testa in modo tale da poterla appoggiare alla spalla e si fecero dondolare insieme come quando era piccolo, niente di quello che era successo in realtà era colpa di sua madre per lui, lui sapeva perfettamente che in primo luogo avrebbe dovuto dire le cose come stavano fin dall'inizio, ma io fatto era che era tutto degenerato all'istante, come quando si rompe un rubinetto e l'acqua inizia ad uscire e allaga tutta la casa e non si sa come fermare l'alluvione. Se ora se lo chiedeva non avrebbe mai trovato la risposta alla domanda del perchè Troy si fosse accanito così con lui, il primo mese di scuola non erano andate così le cose: si erano parlati a malapena, per entrambi era tutto nuovo, Troy aveva già il suo gruppo di amici per via della squadra di football della scuola mentre Zacchy invece era completamente nuovo, inizialmente vagava per i corridoi della scuola senza farsi troppe domande sugli altri, aveva spiegato nel primo tema di letteratura che cosa fosse la porfiria e inizialmente i suoi compagni di classe avevano solo ascoltato o quasi. Nessuno evidentemente aveva pensato che le cose potevano evolversi così. Chissà se Troy ce l'aveva la risposta a quella domanda. Chissà se gli importava di quello che era successo, se le conseguenze del suo stipido scherzo avevano qualche importanza per lui. Annabeth in quel momento gli stava accarezzando i capelli che le stavano coprendo tutta la spalla, lo aveva belli lunghi Zacchy i suoi capelli, non troppo però, il giusto per coprire il collo e parte delle spalle. Zacchy si rigirò per abbracciarla del tutto e piegò la testa per mettere la fronte sulle spalle, poi sussurrò: "Non è colpa tua mamma."
"Che cosa?"
"Non è colpa tua."
"Oh tesoro."
"Ti voglio bene."
"Anche io, tanto tanto amore mio."

La sua attività nel profilo instagram era ricominciata da un mese ormai, tutti i fans continuavano a scrivere quanto fossero contenti di rivederlo, quanto fossero contenti che ora rispondeva e reagiva ai commenti oltre che a parlare nei video e soprattutto continuavano a scrivere quanto fosse bella la sua voce. Zacchy era tornato felice di leggere quei commenti, adesso sentiva la forza di poter dire a colore che volevano vederlo in faccia che per io momento non se la sentiva di mostrarsi in pubblico, le loro risposte erano davvero dolci e comprensive. Stava rispondendo e reagendo ai commenti da quasi mezz'ora e inizio a sentire un po' di fame, così decise di andare a fare merenda in salotto. Mentre stava cercando qualcosa nel frigo instagram gli mandò una notifica di gente che avrebbe potuto conoscere e tra quei nomi riconobbe alcuni ragazzi della sua scuola, in quel momento inizialmente sentì un tuffo al cuore, era tanto che non sentiva quei nomi e una parte di sé voleva aprire quei profili per curiosità. Ma ovviamente si bloccò. Anzi, fece di più, chiuse completamente l'applicazione. Non era pronto a riaffrontare tutto. Prese dal frigo il cartone del latte e dalla credenza accanto un pacchetto di biscotti, si mise a sgtanocchirli lentamente canticchiando, stava pensando a cosa pubblicare il pomeriggio successivo, voleva fare qualcosa di diverso dal solito, solitamente pubblicava cover delle sue band preferite o canzoni create da lui spesso malinconiche, voleva provare a buttarsi su qualcosa di diverso. In quel momento qualcuno bussò alla sua porta, Zacchy sussultò dalla sedia non aspettandoselo, si alzò per andare a vedere dallo spioncino chi ci fosse dall'altra parte della porta e con sua grande sorpresa vide che chi bussava era il signor Ebbrill! Zacchy si affrettò ad aprire la porta e quando riuscì a sbloccare il chiavistello incontrò lo sguardo giovanile e allegro del suo prof, con gli occhialetti alla John Lennon calati sul naso, che saltellava su un piede. La sua prima reazione fu un largo sorriso dove per un momento scomparve la paura di mostrare le gengive ritratte che scoprivano di più i denti e disse: "Signor Ebbrill, che cosa ci fa qui?"
"Zacchy! Che bello rivederti dopo tanto tempo, volevo sapere come stavi. Ho chiesto prima ai tuoi genitori quindi tranquillo, non ci sono sorprese."
"Sto bene grazie, mi sto riprendendo. Vuole entrare?" Zacchy allargò un braccio per invitare il professore ad accomodarsi, dopodiché i due si sedettero sul divano per parlare tra loro, iniziarono il discorso ridendo e guardandosi imbarazzati, dopotutto erano passati quasi due anni e Zacchy aveva lasciato la scuola senza nemmeno farsi vedere l'ultimo giorno per un saluto, e uno dei professori che gli erano mancati di più era proprio il signor Ebbrill e le sue prove per il concerto, a quell'evento in un certo senso ci teneva a partecipare. Lo sguardo del professore si posò sul cane addormentato vicino al mobile della TV e indicandolo chiese: "Morde?"
"Oh no, Beirut è buono."
"Ah ok, menomale." Il signor Ebbrill si portò una mano sul petto come per calmarsi dopo uno spavento.
"Qualcosa non va signor Ebbrill?"
"Ecco, onestamente ho un po' paura dei cani. Mi hanno morso da piccolo e ho ancora qualche incertezza."
"Non si preoccupi, se si sveglia lo mando fuori." Zacchy guardò il suo cane ridendo, poi tornando a guardare il professore chiese in tono più serio: "Allora? Perché lei è qui?"
"Be' mi mancavi, eri il pezzo forte della mia idea del concerto."
"E come è andata alla fine?"
"Lo abbiamo annullato Zacchy, non ho voluto né potuto personalmente finire questo progetto senza di te."
Il cuore di Zacchy saltò nel suo petto, onestamente e stranamente questo non se l'aspettava, aveva sempre pensato che avessero trovato un sostituto o nel minore dei casi aveva suonato il professore di persona al posto suo, il suo sguardo fece trapelare la sua enorme sorpresa e il professore riprese: "Hai capito bene, lo abbiamo annullato."
"Ma perché? Insomma io pensavo che avreste trovato una soluzione."
"E fare che cosa? Zacchy, quel fatidico giorno che non starò a descrivere sono venute fuori delle cose orribili. Io, da uomo e tuo insegnante, non volevo avere persone così cattive nel mio coro."
"Oh certo, avevo dimenticato che i miei genitori sono andati a scuola il giorno dopo." Zacchy iniziò a picchiettare col tallone per terra nervoso, adesso si sentiva un po' a disagio, il professore scosse la testa e gli chiese, serio anche lui questa volta: "Perchè hai tenuto tutto nascosto?"
"Non lo so."
"Avevi paura di qualcosa?"
"Forse."
"Be' questo è quello che è successo, i responsabili sono stati puniti."
Zacchy fece fatica ad elaborare bene quella frase, non aveva mai pensato alla punizione che avrebbero potuto dare ai bulli, e adesso che il professore gliene stava dando la conferma ancora non riusciva a crederci, che cosa potranno mai aver dato come punizione? Che conseguenze avrà avuto Troy con la squadra di football? Fece un grande respiro mentre si sedeva dritto sul divano, guardò il suo cane addormentato contro il muro con la pancia all'aria mentre il signor Ebbrill rimaneva a guardare il ragazzo in silenzio in attesa di una sua risposta o reazione. Cerco di interpretare i suoi pensieri al meglio possibile ma Zacchy non gli permetteva di entrare nella sua mente, dal suo sguardo tralelavano molte domande e anche forse un poco di paura, ora si che non se la sentiva proprio di tornare, cosa gli avrebbero fatto per vendetta? Si sarebbero sicuramente accaniti di più visto che la maggior parte di loro avevano sicuramente subito gravi perdite nella loro carriera scolastica. Si voltò piano piano verso l'insegnate tenendo lo sguardo basso, alzò gli occhi per vedere la sua faccia e non c'era alcun dubbio che in quel momento stesse trasmettendo tutta la paura che aveva in corpo, sospirando chiese: "Lei è per caso venuto a convincermi a tornare? Glielo ha chiesto mia madre?"
"No Zacchy, non sono qui per convincerti a fare qualcosa che non vuoi."
"Meglio così."
"Hey, non fare così, sei povero di decidere se tornare o no, o se vuoi sei libero di farlo quando lo vuoi. Sappi solo che non hai nulla da temere." Gli posò una mano sulla spalla capendo perfettamente che cosa lo tormentasse. Certo era normale avere paura ora, quei bulli avevano subito molte perdite scolastiche per questa storia e alcuni erano stati addirittura espulsi, chiunque avrebbe pensato che sibsarebbero potuti vendicare. Ma quello che Zacchy non sapeva era che ciò non sarebbe mai accaduto, quei ragazzi avevano reagito stranamente in modo maturo alla cosa, come se scoprendo il tentato suicidio di Zacchy avvesse fatto capire a tutti fino a dove la loro cattiveria stava arrivando, e avevano certamente concluso che non volevano essere ricordati come dei mostri, forse da questa esperienza potranno trarre dei benefici per il futuro.
"Be' sono stato contento di vedere che stai bene."
"Se ne va?"
"Si, domani ho lezione e devo preparare gli argomenti. Lieto di averti rivisto Zacchy, ci manchi molto."
"Anche io sono stato contento di rivederla." Si alzarono in contemporanea e si strinsero la mano, poi il professore si avviò verso la porta d'ingresso per tornare alla sua vita. Zacchy lo seguì con lo sguardo fino a che non scomparve dietro l'angolo del bar, nella sua testa si stavano accumulando tanti pensieri ora: le punizioni dei bulli, se tornare a scuola o no, cosa fare in futuro. Ignorò persino le notifiche di instagram che stavano arrivando in quel momento, un'ora di chitarra non sarebbe certo bastata a calmare quel mare di pensieri che stava infuriando nel suo cervello. Chiuse la porta d'ingresso e tornò a sedersi pesantemente sul divano, nel frattempo Beirut aveva smesso di dormire e andò da lui per farsi coccolare, si sdraiò sulle sue gambe e iniziò ad emettere dei versi di piacere, a Zacchy venne da sorridere e si concentrò completamente alle coccole del suo grande amico peloso.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro