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Capitolo 12

"Porfiria."
La voce di un ragazzo allegra e solare lo fece girare di scatto, davanti a lui si ergeva un ragazzo sui vent'anni, moro, occhi verdi e simpatici un po' stretti e felpa della nonna vecchia di tre anni o più. Zacchy rimase a guardarlo con gli occhi fuori dalle orbite senza sapere cosa dire, di certo per aver riconosciuto la sua patologia era un tipo attento e che la sapeva lunga, il ragazzo continuò: "Sei affetto dalla profiria, a volte detta sindrome del vampiro giusto?"
"Si, giusto."
"Ah lo sapevo! È un piacere conoscerti, sono Stanley Rupert e studio medicina, primo anno. Tu sei?"
"Studi medicina?"
"Si, voglio diventare medico e curare malattie di cui ancora non si conoscono cure."
"Bello, incredibile."
"Grazie, ma tu chi sei? Non me lo hai ancora detto."
In quel momento Henry e Zane lo raggiunsero rapidamente, incuriositi dalla nuova conoscenza di Zacchy, Il ragazzo invece era rimasto zitto a fissare il suo interlocutore, prese i dischi pagati e uscì rapidamente dal negozio non sapendo come comportarsi, si fermò davanti alla fontana che stava di fronte all'ingresso per poi venir raggiunto dai cugini e Stanley, gli tremavano le mani, Henry si avvicinò a lui e gli sussurrò: "Zacchy stai bene?"
Zacchy fece cenno di si, rimase col volto basso, le braccia tese contro il bordo alto della fontana e tremava, non voleva fare la figura del maleducato ma la sua malattia era un grosso limite da superare ed accettare, Zane si voltò verso Stanley e gli disse: "Non prendertela, nostro cugino ha un certo odio verso la sua sindrome, comprendi vero?"
"Certo come no, capisco che sia difficile. Ma se non ha problemi, vorrei conoscerlo meglio.", si grattò la testa imbarazzato quasi sentendosi in colpa. Zacchy fece un grosso sospiro e si girò verso di lui, raccolse tutto il coraggio che aveva per guardare Stanley in faccia e disse: "Scusami, non volevo sembrare maleducato."
"Hey tranquillo, va tutto bene. Spero di non averti turbato."
"No nessun problema, comunque sono Zacchy Andres."
"Lieto di conoscerti." Gli tese la mano. Zacchy la guardò per un momento spaesato, fece un passo indietro senza guardarlo in faccia dicendogli che preferiva non avere contatto fisico, poi facendo un veloce saluto si affrettò ad andare verso casa seguito dai suoi cugini.

I cubetti di ghiaccio dentro i bicchieri di aranciata galleggiavano e si scontravano tra loro, gli occhi di Zacchy rimanevano fissi sulla bollicine che salivano velocemente, non parlava e non muoveva un muscolo. Henry e Zane si guardavano indecisi sul da farsi, ma una cosa la sapevano: non dovevano assolutamente parlare dell'incontro con Stanley. Si tirarono sulla sedia nello stesso momento respirando profondamente, poi dandosi una veloce occhiata Zane disse: "Alla fine che cosa hai comprato?"
"Eh? Ah, questi.", sollevò il sacchetto con dentro i suoi acquisiti e li mostrò ai suoi cugini, Henry si rigirò il disco degli ACDC tra le mani con un bel sorriso contento: "Anche io li adoro, è di famiglia vedo."
"Ho qualche maglietta da qualche parte, se vuoi ti do quella bianca, io non posso metterla."
"Va bene, dove posso trovarla?"
"Aspetta te la vado a prendere io."
Si alzò lentamente e andò a cercare nel suo armadio la maglia bianca degli ACDC, nel frattempo Zane svuotò il bicchiere di aranciata e giocherellando coi cubetti di ghiaccio sopravvissuti disse: "Secondo te si è irritato? Prima al negozio?"
"Certo che si è irritato Zane."
"E secondo te quello ci è rimasto male?"
"Ma che ti frega? Tanto non lo vedremo più."
"Vero hai ragione.", Zane si riversò altra aranciata nel bicchiere, in quel momento Zacchy tornò con la maglietta candida e piegata con cura dentro una busta di plastica, sembrava praticamente nuova, gliela diede in mano dicendo che si era assicurato di riporla con attenzione. Aveva sempre certe attenzione per i suoi cugini. Quando se ne andarono nel tardo pomeriggio rimase a guardarli sulla porta di casa con un lieve sorriso, mentre erano presenti non voleva farlo vedere ma quel senso di tristezza insensato cresceva ogni giorno di più, si sentiva stanco e inconcludente. Quando Beirut si buttò su di lui sopra il suo letto, accarezzandolo con tristezza, il ragazzo pensò e ripensò a un termine che da poco a scuola stavano trattando: 'depressione'. Aveva cercato su internet qualche nozione in più per pura curiosità e, come capitava spesso anche ad altra gente, leggendone i sintomi sembrava proprio esserne malato. avrebbe dovuto consultare un vero dottore per arrivare a conclusioni certe ma nonostante questo non poteva ignorare il fatto che probabilmente era così: era depresso? Non se ne sarebbe stupito, la scuola, le prove del concerto, le persone poco discrete, tutto questo messo insieme sicuramente non rendeva la sua vita rosa e fiori, non che lo fosse mai stato. Il telefono vibrò per una notifica, Zacchy lo prese in mano svogliatamente aspettandosi qualche messaggio dei suoi cugini invece il simbolo della notifica era la fotocamera di Instagram,. Il ragazzo fece scorrere il dito per abbassare la barra delle notifiche e leggere velocemente cosa ci fosse scritto: era un nuovo follower, molto bene. Ma l'applicazione portava il numero sei; incuriosito aprì Instagram e andò sul cuoricino, erano tre nuovi follower che avevano scritto tre commenti ciascuno, i primi due erano i soliti complimenti con le rispettive emoji ma l'ultimo lo bloccò come congelato: 'Wow sei un mito! Ma se posso chiederti, quando ti vedremo in faccia?'.
"No! No! No e ancora no! Perchè?"
Il telefono per poco gli cadde dalle mani che tremavano rigide come pietre, non sapeva il perché ma stranamente non si sarebbe mai aspettato un tale commento, davvero certi fan non si accontentavano solo di quello che vedevano? Pensava che i suoi brevi video fossero sufficienti. Cancellò il commento controvoglia, solo per non doverlo vedere, era stato mandato cinque minuti fa ma in quel breve lasso di tempo avrebbero potuto vederlo tutti. Spense il telefono e si grattò la testa per calmare i nervi, non era ancora la fine del mondo, alla fine solo uno aveva avuto questo desiderio, uno si poteva reggere e ignorare giusto?

Quella notte dormire era proprio stata un'impresa, al suo risveglio aveva trovato altre notifiche di commenti che richiedevano di vederlo in faccia, aveva avuto incubi per tutta la notte, aveva sudato, si era alzato almeno un mucchio di volte, adesso sentiva il bisogno di suonare qualcosa, di scaricare la tensione. Mentre stavano aspettando l'insegnate per inizare la lezione si accasciò sul banco completamente preda del sonno, non riusciva nemmeno a sentire bene le voci dei suoi compagni, perfino Troy dovette chiamarlo almeno tre volte per farsi sentire e solo in quel caso Zacchy ringraziò di essere troppo assonnato e quasi sordo. Mentre vagava per i corridoi incontrò l'insegnate di letteratura e il signor Ebbrill che gli chiesero di seguirli. Entrarono nella sala di musica dove Mr. Ebbrill insegnava regolarmente, si sedettero alla cattedra i due docenti da un lato e Zacchy dall'altro e rimasero per un momento in silenzio, la professoressa di letteratura era anche coordinatrice della sua classe e teneva tra le mani il registro, Zacchy sentì un nodo alla gola e un senso di nausea salirgli, sapeva molto bene cosa stava per succedere, o almeno era convinto di saperlo, la professoressa prese la parola: "Andres, sai come sono messe le tue medie scolastiche ultimamente?"
"Si signora."
"Bene, io e il signor Ebbrill avevamo pensato di escluderti dal concerto di fine anno, ma poi abbiamo cambiato idea."
"Perchè?"
"Perchè riteniamo che ci sia qualcosa sotto che tu non vuoi dire."
"Io non ho nulla da dire."
"Andres guardati, sei stanco, affaticato, non riesci nemmeno a tenere gli occhi aperti. Pensiamo tu sia tornato ad esagerare con gli esercizi."
"No, questo no."
"Allora per favore ti chiediamo di migliorare la tua situazione attuale." In quel momento il signor Ebbrill si avvicinò a lui e gli chiese: "Zacchy, forse non sei molto propenso però, se c'è qualcosa che non va, che ti turba anche qui a scuola puoi dircelo, siamo qui per questo."
"No."
Le sue labbra cominciarono a tremare per il pianto, quanto avrebbe voluto gridarlo, tirare fuori tutto quello che subiva ed essere finalmente felice per una volta. Riuscì a convincerli a congedarlo, corse di fretta in bagno, si riempì le mani d'acqua al rubinetto e ci affondò la faccia, rimase così per pochi secondi e per poi alzare il capo e riprendere fiato, sicuramente l'acqua avrebbe aiutato ad evitare di arrossare gli occhi per le lacrime infatti riuscì a reprimere il magone che aveva e a ritornare con una faccia normale, o almeno la sua solita faccia spaurita di sempre, era sua caratteristica fin da piccolo. Mentre raggiungeva la classe per affrontare le  lezioni mancanti, Troy e due ragazzi di terza si avvicinarono a lui bloccandogli tutte le strade, ci mancava solo questo. Zacchy sospirò rumorosamente, alzò gli occhi al cielo per lo stress e cercò di farsi strada tra i ragazzi ma senza successo, i due di terza lo spinsero di nuovo al suo posto, Troy fece una risata malefica: "Dracula hai forse fretta?"
"Di levarti dalla mia vista si."
"Certo non ci sperare, hey ragazzi? Volete divertirvi un po'? Sapete, so farlo piangere molto bene."
Odio e disprezzo si espansero in ogni parte del suo corpo, non avrebbe permesso a quel coglione di umiliarlo ancora, non questa volta. Camminò pesantemente e con forza si aprì un varco per poi correre verso la classe che in quel momento rappresentava la sua salvezza, purtroppo i tre bulli erano componenti della squadra di football ed erano più veloci, uno di loro gli si parò davanti e con uno scatto fulmineo puntò contro la faccia di Zacchy la torcia del telefono, nessuno avrebbe saputo spiegarne il motivo, ma in quel momento il ragazzo sentì una forte sensazione di bruciore, portò le mani davanti per proteggersi ma il sollievo non arrivò, anche le mani iniziarono a scottare e non poté trattenere un grido di dolore. Scattò all'indietro finendo nell'angolo degli armadietti, anche l'alunno di terza sembrò indietreggiare, spense subito la torcia forse rendendosi effettivamente conti di quello che aveva appena fatto, anche il suo compagno rimase con lo sguardo sbigottito, la faccia di Zacchy si arrossò tutta nel punto dove la luce lo colpì, nei palmi delle mani apparvero delle forti irritazioni cutanee che bruciavano come il fuoco, un bidello accorse richiamato dal grido di Zacchy e vendendo quel terribile spettacolo andò su tutte le furie, tutto il personale scolastico era stato informato della sua malattia: "Ma che cosa avete fatto?"
"Io non volevo, non pensavo che sarebbe successo questo."
"Ah no? Ma che bravo e intanto facciamo le cose come capitano giusto? Il preside deciderà della vostra condotta! Vieni caro, so esattamente che cosa fare."
Spedì quasi a calci i tre ragazzi che non replicarono e poi accompagnò Zacchy in infermeria.

I due ragazzi furono momentaneamente sospesi, sia dagli allenamenti sia dalle lezione scolastiche, Annabeth era andata fuori di sé e Michael a momenti li strangolava, durante la prima parte del viaggio verso casa nessuno aveva fiatato, una sola parola poteva scatenare l'inferno. Dopo aver fatto un bel pezzo di strada Annabeth si sfogò come non mai, si erano sempre accertati che a scuola tutti sapessero e potessero comportarsi di conseguenza, per quale motivo allora tre ragazzi erano liberi per i corridoi? E perchè era successo proprio quello che non doveva succedere? Fermati al semaforo Michael si girò verso Zacchy e gli chiese: "Zacchy perché è successo tutto questo?"
"Parliamone a casa papà, adesso non voglio."
"Ma io vorrei sapere invece perchè due ragazzi, di terza oltretutto, hanno fatto una cosa del genere."
"Ho detto che voglio parlarne a casa papà."
"Tutto il personale sa della tua malattia Zacchy, tutto il personale. Il preside ha informato tutti, o così aveva detto prima che entrassi al liceo, o no?"
"Michael, basta adesso, arriviamo a casa." Annabeth intervenne in difesa si Zacchy stanca anche lei di farsi domande. A casa si sedettero tutti e tre sul tavolo della cucina e fecero un lungo e pesante interrogatorio al loro figlio per capire meglio la situazione, Zacchy cercava di sviare il discorso, non riusciva a tenere ben aperto l'occhio sinistro a causa dell'irritazione provocata dalla torcia, stava indossando dei guanti per permettere alla crema di fare effetto e non peggiorare ulteriormente la situazione, i suoi genitori gli dissero che per i prossimi tre giorni sarebbe stato a casa per permettere alle ustioni di guarire. Non era male non dover vedere quelle facce di merda dei suoi compagni, si stava anche bene in solitudine a casa, i suoi genitori avevano deciso di tenere le finestre della casa completamente chiuse il che rendeva l'ambiente talmente buio che davvero si poteva pensare che ci vivessero i vampiri, anche se lui in effetti ci assomigliava completamente. Per la prima volta sorrise pensandoci, di solito questa storia lo nauseava ma a casa tutto aveva un altro sapore, poteva anche avere il coraggio di inventarsi delle battute sciocche sulla sua malattia per renderla più leggera.
Quando sua madre tornò con la spesa stava parlando al telefono in modo impacciato, spinse il sacco con gli alimenti col piede fino al tavolo della cucina e con la spalla reggeva il telefono, con le mani invece portava altri sacchi della spesa; Zacchy saltò giù dal divano e si affrettò ad aiutare sua madre che finalmente chiuse la chiamata: "Certo che per chiedere un'informazione ce ne vuole, peggio di aprire un conto corrente."
"Chi era?"
"La segretaria del tuo dottore, volevo un secondo parere per le tue ustioni."
"Ah. E che ha detto?"
"Non l'ho sentito, oggi era molto impegnato."
"Ok bene."
"Tu che hai fatto?"
"Niente."
Alzò le spalle e ributtò il sacco della spesa vuoto per terra, anche se in realtà non era vero che non aveva fatto niente, aveva girato altri due video mentre suonava e i suoi fans si erano perfettamente accorti dei guanti e delle dita un po' arrossate, gli fece comunque molto piacere che si fossero preoccupati per lui e per quello che gli era successo, solo che Zacchy non interaggiva coi suoi followers e non aveva dato spiegazioni. Mentre afferrò il pacco di farina da riporre nella credenza si accorse che sua madre lo stava guardando con uno strano sguardo, come se volesse farsi dire qualcosa che sapeva ma non voleva farglielo capire, con la sua solita espressione da gufo chiese: "Che c'è?"
"Non vi avevi detto che avresti suonato in un concerto di fine anno tesoro."
"Oh.", sbuffò facendo palesemente capire che non voleva farlo sapere, "Chi te lo ha detto?"
"La tua coordinatrice di classe."
"Ma non stavi parlando col dottore? Quando l'hai incontrata?"
Zacchy sembrava essersi trasformato in un poliziotto, faceva le domande in un tono accusatorio come per farla sentire in colpa, Annabeth sospirò percependo chiaro e tondo il disappunto di Zacchy e rispose: "L'ho incontrata prima."
"Prima quando?"
"Prima di fare la spesa tesoro."
"E perché non mi hai detto niente?"
"Tu perché non hai detto nulla del concerto?"
Annabeth mantenne un tono molto calmo, Zacchy invidiava questa sua capacità di stare calma, avrebbe tanto voluto esserne capace anche lui. Incassò il colpo in silenzio consapevole di meritarlo, abbassò lo sguardo mentre picchiettava le dita sul tavolo della cucina pensando se risponderle oppure no ma fu Annabeth a precederlo: "Siamo pari io e te."
"Si."
"Allora, perché non ce lo hai detto?"
"Non lo credevo importante. E poi non sono sicuro di parteciparvi."
"Stai scherzando? Mi hanno detto che sei il pezzo forte della banda."
"Perchè sono l'unico che si impegna forse." Alzò di nuovo le spalle, in effetti era vero, lui e il signor Ebbrill e qualche ragazzo di quarta erano forse gli unici che ci credevano davvero in queste cose, forse perchè secondo loro non era una perdita di tempo ma una vera passione che coltivavano da sempre, per quanto lo riguardava a lui la musica funzionava un po' come una medicina: ogni volta che era triste, teso o arrabbiato si metteva a suonare o ascoltare uno dei suoi brani preferiti per sentirsi meglio, questo diciamo era un pezzo di normalità che aveva dentro di sé, lo faceva sentire proprio come tutti, senza difetti. Sua madre odiava quando si definiva sbagliato, certo aveva una malattia e questo non lo negava nessuno ma di aspetto, apparte il pallore e le gengive leggermente ritirate che evidenziavano i canini, lui era completamente normale; certo non del tutto, aveva le guance un po' scavate per il fatto che nonostante non saltasse nemmeno un pasto, prima delle superiori, mangiava molto poco di suo e aveva uno sguardo da gufo che spesso teneva fisso nel vuoto. Zacchy però quando si guardava allo specchio vedeva solo uno scherzo della natura, non voleva permettere a nessuno di convincerlo che invece in lui andava tutto bene ed era normale esattamente come i suoi cugini, lui si era sempre accorto che in confronto Zane ed Henry avevano un aspetto così normale da essere belli, e non voleva nemmeno che lo consolassero, che gli storpiassero la realtà per farlo stare meglio lasciandolo dopo a cadere di nuovo nel nero e profondo buco della sua solitudine. Guardò sua madre con lo sguardo basso e le chiese: "Tu perché non mi hai detto che hai visto la professoressa?"
"Perchè volevo evitarti di fare una scenata tesoro, so che odi quando mi intrometto."
"Ma lo hai fatto."
"Sono tua madre Zacchy, e le mamme si intromettono sempre. Un giorno forse lo capirai anche tu."
Gli scompigliò i capelli e lo baciò in fronte con tutto l'amore che aveva. Lo sguardo basso di Zacchy le prime volte era stato quasi un'arma, con la faccia cupa che si ritrovava metteva i brividi e per ottenere ciò che voleva gli bastava sfoderare il suo 'sguardo curioso spaventoso' e tutti cadevano ai suoi piedi, non che lo facesse con la vera intenzione di ottenere qualcosa che non avrebbe dovuto avere anzi, in realtà nemmeno si accorgeva di farlo, non aveva uno specchio davanti agli occhi tutte le volte e quindi per lui fare quello sguardo era assolutamente normale.

Non aveva mai detto nulla fin dal primo giorno delle superiori, i suoi genitori, zii, nonni e cugini non sapevano nulla degli insulti, degli sguardi e degli scherni dei suoi compagni. Non si erano manifestati subito però: il primo giorno si erano seduti nel grande atrio della scuola, ognuno aveva scelto un posto che gli sembrasse perfetto o strategico, lui si era assicurato di scegliere una sedia che non fosse sotto alle lampade e il più all'ombra possibile. Per quel giorno sua madre aveva insistito a vestirlo bene, sempre coi suoi soliti vestiti neri e anonimi ma almeno era presentabile e faceva la sua bella figura, non aveva comunque esagerato in eleganza ma aveva osato con dei normalissimi jeans chiari e una felpa nera carina e aveva messo delle scarpe belle estive. Durante la presentazione i suoi genitori avevano aspettato fuori, in quel momento sentiva le gambe scaldarsi, quel giorno c'era aria fresca e si era portato un giubbotto di pelle leggero, lo aveva appoggiato sulle gambe per calmare il calore ovviamente provocato dalla luce delle lampade, aveva cercato anche di compiere questo lavoro in una maniera naturale per non attirare l'attenzione. Alcuni ragazzi lo aveva fissato per mezza riunione, dovevano essersi accorti del pallore della sua pelle, qualcuno seduto lì vicino gli aveva anche chiesto se non si sentiva bene. In effetti il suo colore pallido faceva molta impressione. Finita la riunione era uscito quasi per primo, aveva bisogno di allontanarsi da quella folla e andare in bagno per controllare lo stato delle sue gambe, ma per sua fortuna quando si chiuse nella cabina e abbassò i pantaloni vide che le sue gambe erano ancora sane e salve; durante il tragitto per tornare a casa i suoi genitori gli avevano fatto poche domande sapendo che non avrebbe mai dato tante spiegazioni su quanto aveva visto o sentito, a casa aveva infatti dato vaghe risposte come 'Si tutto a posto' oppure 'È tutto molto interessante ma nulla di speciale' e ancora un 'Si è andato tutto bene, niente di cui preoccuparsi', aveva inoltre scoperto che finita la riunione i suoi genitori erano andati dal preside a spiegargli la sua situazione mentre Zacchy tentava di socializzare con alcuni ragazzi li presenti. Alcuni sembravano addirittura interessati alla sua malattia, prima però ovviamente. Ora era tutto diverso. Erano tutti diversi. Dal vero primo giorno di scuola in poi solo poche persone avevano già iniziato a prenderlo di mira, ma si limitavano solo a piccole battute, alcune Zacchy nemmeno le aveva capite e spesso li ignorava, le prime due settimane se l'era cavata così senza troppi problemi, fu alla fine del mese di settembre che a quanto pare avevano deciso che si stavano annoiando troppo a fare i pagliacci alle sue spalle e osarono di più. Ma Zacchy alla sua famiglia non disse niente, diceva sempre che andava tutto bene oppure addirittura non ne parlava proprio, si concentrava sempre su altri argomenti. Il giorno più bello che ricordava della scuola era Halloween, dato che era una festa concentrata sulle creature mostruose aveva potuto permettersi di vagare nei corridoi a testa alta. Erano tutti travestiti da mostri, zombie, streghe e vampiri, una ragazza di un'altra classe sveva pure deciso di intrattenersi con un piacevole discorso con lui, era travestita da Bella di 'Twilight'. Avevano parlato del più e del meno, fatto battute sarcastiche e nessuno dei due aveva nominato la sua malattia, e cosi così anche il primo di Novembre e anche il giorno dopo, due momenti assolutamente normali e tanquilli. Il terzo giorno invece tutto tornò al suo solito inferno.
Se c'era un giorno che però Zacchy aveva sempre amato era il suo compleanno, cadeva sempre nelle vacanze di Natale e questo significava che poteva passarlo come voleva lontano dai suoi compagni di scuola, e la scelta più gettonate era passarlo coi suoi parenti, li si che si sentiva felice e normale. Quando andava ancora alle elementari i suoi parenti si truccavano come lui per farlo sentire ancora più integrato, non che non lo fosse, però quando era piccolo si era fissato tanto sul suo aspetto ma i bambini a scuola lo trattavano molto bene anzi, era quasi il loro eroe. Alle medie invece tutto sembrò quasi passare in secondi piano, ma aveva cominciato a smettere di uscire, l'estate precedente all'inizio delle medie si era beccato un ustione tremenda e considerato il suo tasso di fifa in queste cose si era barricato in casa, ma comunque aveva ancora un bel rapporto coi compagni, e c'erano i suoi cugini, cosa ancora più importante. I ragazzi alle medie lo conoscevano da tanto, erano stati tutti nella stessa scuola elementare anche se in classi diverse, però si conoscevano e se qualcuno che poteva essere nuovo diceva qualcosa su di lui mezza scuola si muoveva in sua difesa, non aveva mai avuto un migliore amico ma la sua piccola compagnia era sempre lì con lui. Quanto gli mancavano quei momenti.

Adesso per lui era tutto diverso, gente diversa, nuovi insulti da contestare e nessuno pronto a difenderlo.

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