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Una volta uscite vagarono nell'ampio giardino, ammirarono la natura che esso presentava: le piante che si muovevano dolcemente - quasi andassero a ritmo - grazie al calmo venticello che soffiava e gli abbondanti cinguettii degli uccellini che felici svolazzavano tra un albero e l'altro, rendevano la passeggiata delle due ragazze più gradevole.
Si fermarono ad ammirare in particolare il grande albero di ciliegio che si poteva vedere anche dalla stanza della più giovane, mentre dei petali color rosa pastello si staccavano e cadevano dai suoi fiori, posandosi silenziosamente nel terreno e, solo dopo, spostandosi da tutte le parti grazie alla brezza primaverile che soffiava già da diverso tempo in quella giornata.
«Ho sempre amato i ciliegi in fiore» disse Kiyoko, rompendo il silenzio che si era creato da qualche minuto. «Sono felice che tu mi abbia portata a vedere quest'albero meraviglioso. È da molto che desideravo ammirarlo da vicino».
«Anche a me piacciono molto. Danno come un senso di pace, non trovi?» rispose Koi.
E in effetti era vero; a lei piacevano i momenti come quello.
Camminare in mezzo alla natura ad ammirare gli spettacoli che la primavera dava non poteva che darle un senso di godimento. Amava i colori; non per nulla quella era la sua stagione preferita.
La ragazza annuì in risposta e riportò la sua attenzione ai fori colorati, togliendosi gli occhiali, chiudendo gli occhi e sospirando beatamente, permettendo al vento di muoverle dolcemente i capelli - assaporando appieno quell'attimo di pace -. «Scusa se posso sembrarti maleducata, ma tu stai bene?» chiese, ancora ad occhi chiusi.
«Cosa intendi dire?».
Si prese qualche attimo per pensare, poi si voltò verso la più giovane. «Forse è un argomento un po' delicato per te. Scusa se mi sono presa questa libertà».
Koi capì la vera domanda della più grande e la imitò, porgendo la sua attenzione al grande albero di ciliegio e chiudendo gli occhi a sua volta. «Non hai niente di cui scusarti. In verità non credo potrò tornare a giocare e anche se fosse possibile, ormai ho paura a farmi vedere in campo; ho timore di toccare la palla o solamente di contattare le mie compagne. Proprio per questo i miei genitori pretendono troppo da me. Vogliono darmi un futuro alternativo». Riaprì poi delicatamente gli occhi, arrossendo improvvisamente per l'imbarazzo e agitandosi «Quel che intendo dire è che vogliono che io mi iscriva ad una buona scuola e mi impegni con lo studio! Ma non credo che questo possa interessarti» disse, ridacchiando nervosa e portando le mani al volto per coprire il suo rossore.
Kiyoko rimase sbigottita all'ansia che la ragazza stava dimostrando in quel momento e allo stesso tempo ne era rimasta addolorata per le cose che aveva detto. «Forse ho capito cosa intendi. Non ti preoccupare» sorrise. «È normale in una famiglia avere qualche battibecco ogni tanto. Credo che i tuoi genitori si comportino in questo modo proprio perché non sanno come reagire in questa situazione».
La bionda si scoprì leggermente gli occhi per poter guardare l'occhialuta.
«A me interessa darti dei consigli e quindi mi interessa sapere cosa ti turba» disse Kiyoko. Prese le mani della ragazza e le tolse dal volto di lei «Katsuhiko, sono io piuttosto ad essere stata troppo impicciona. Mi dispiace» concluse.
Koi, colta alla sprovvista per la candidezza che la nuova amica aveva dimostrato, si lasciò andare al suo tocco. I suoi occhi verdi brillarono e sorrise caldamente. «Koi» disse infine.
«Cosa?» chiese la più grande.
«Chiamami Koi» rispose.
L'occhialuta la guardò dolcemente. «Allora tu non chiamarmi Shimizu, ma Kiyoko» disse.
Kiyoko aveva capito, pur avendo passato poco tempo con lei, di potersi fidare e si sentiva serena in sua presenza. Inoltre, anche se non lo aveva sentito dire direttamente da Koi, immaginava quanto la notizia del suo possibile ritiro dalla pallavolo l'avesse sconvolta.
Avrebbe tanto voluto dirle di portare pazienza e di tenere duro; che le cose si sarebbero aggiustate con il tempo, ma si frenava tempestivamente perché non voleva ferirla ulteriormente, o semplicemente perché le sembrava una cosa egoista da dire.
La sua storia l'aveva colpita e proprio per quel motivo voleva aiutarla in qualche modo.
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Mentre erano di ritorno, la bionda camminava al suo fianco spensierata; quasi libera da un peso. Kiyoko, che ripensava a ciò che la sua nuova amica le aveva detto in precedenza, la chiamò poco prima di arrivare all'entrata della sua stanza. «Koi, quando ti toglierai il tutore?» chiese.
«Credo in questi giorni. Perchè?».
«Ecco, è difficile da dire...» disse inizialmente titubante. «Ti andrebbe di venire a Miyagi insieme a me?» domandò subito dopo, più decisa, la più grande.
Il giovane asso spalancò gli occhi, sorpresa. «A Miyagi?».
«Sì. Potresti venire e fermarti a casa mia per la notte, in modo da ripartire il giorno dopo con serenità» disse. «Potremmo partire insieme da Tokyo al mattino, così avrò modo di farti visitare il luogo in cui vivo una volta arrivate. L'altro giorno mi hai chiesto come fosse Miyagi, giusto? In questo modo potresti vederla con i tuoi stessi occhi! E non ti preoccupare per la mia famiglia, sono sicura che sarebbero felici di ospitarti!».
Koi cercò di riordinare il più velocemente possibile i suoi pensieri, balbettando qualche risposta confusa.
Non si aspettava una proposta come quella e di conseguenza si era ritrovata profondamente colpita per la sorpresa di quell'offerta. L'amica, però, aspettò la risposta senza fiatare.
«Certo! Mi piacerebbe molto!». Abbassò poi lo sguardo «Anzi, è quello che vorrei dire... Dipende se i miei genitori mi daranno il permesso per venire».
«Non ti preoccupare, posso aspettare qualche giorno per la risposta» disse. Alzò poi lo sguardo, unendo le mani e stringendole «Non è da me comportarmi in questo modo con qualcuno che conosco appena. Sono sinceramente sorpresa di me stessa» ridacchiò dolcemente.
E mentre Koi la guardava curiosa, Kiyoko sembra quasi che vagasse tra i suoi pensieri più profondi. «C'è qualcosa in te che mi spinge a fidarmi» disse la più grande senza giri di parole per concludere.
«A-anche per me è lo stesso!» confessò la giovane subito dopo.
«Come?».
«Anche io sento che c'è qualcosa che mi spinge a fidarmi di te!» rispose Koi. «Voglio dire... Sei diversa dalle altre persone che ho incontrato fino ad ora. Mi ascolti senza provare compassione per me e questo lo apprezzo».
Kiyoko, che la guardava e ascoltava attentamente ogni sua parola, quasi si commosse nel sentire l'ultima frase.
Forse poteva essere considerata da molti schiva e per le sue, ma chi aveva l'occasione di conoscerla più in fondo sapeva che Kiyoko era una ragazza premurosa e decisa; più di chiunque altro.
Poteva essere considerata come l'Opale: a prima vista, dall'esterno, può sembrare una normalissima pietra, ma pur sempre fantastica al suo interno.
«Koi» disse strappando un pezzo di carta dal quaderno che aveva nel suo piccolo zainetto colorato di un viola spento e scrivendoci sopra qualcosa in velocità.
Dopo pochi secondi glielo porse determinata. «Questo è il mio numero di telefono. Contattami quando ne hai voglia» sorrise apertamente.
La sua scrittura era proprio come Kiyoko dimostrava di essere: delicata e semplice, curiosa ma piacevole.
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