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Amicizia.
Quanti sanno descriverla?
Pochi la conoscono veramente,
alcuni, invece, la bramano;
altri la rifiutano,
fuggendo da essa.
È forse la ricerca stessa di ciò che siamo?
L'inseguire se stessi,
cercando in altri.
Non importa se oggetti, persone o animali;
è quasi il volersi rispecchiare negli altri.
_ _ _
Koi restò a guardare con interesse la misteriosa ragazza, muovendosi verso di lei quando ella fece la domanda. «Sì, so dove si trova quella stanza.» la bionda si affiancò all'occhialuta, indicando poi verso la sua destra «È poco più avanti, lungo questo corridoio».
In risposta, la giovane sconosciuta ringraziò. «Vedi, ho alcune difficoltà ad orientarmi visto che non sono del posto. Tokyo è grande e io non la conosco come dovrei» disse, guardando il pavimento.
Koi si voltò verso di lei e sorrise «Allora posso accompagnarti io se hai difficoltà, tanto non ho molto da fare».
Gli occhi della ragazza si illuminarono e ricambiò il sorriso una volta alzato lo sguardo «Davvero? Grazie mille allora!».
Mentre Koi guidava l'altra, non poté fare a meno di notare quanto bella fosse come ragazza. Ogni movimento che compiva era estremamente incantevole: dal suo modo di spostarsi i capelli dietro le orecchie con grazia, al suo parlare sereno. Si era particolarmente meravigliata per il modo leggiadro che aveva nell'azione stessa di camminare; ma i suoi pensieri vennero interrotti, quando arrivarono al punto desiderato.
«Questa è la 107» disse Koi.
«Oh, grazie per avermi guidata!» rispose.
Aprì la porta ed entrarono entrambe ma, una volta dentro, si stupirono di non trovare nessuno.
«Non capisco, eppure dovrebbe essere questa la stanza» disse la misteriosa ragazza.
Koi provò a pensare se ci fosse stato qualcuno negli ultimi giorni, accertandosi di ciò una volta notate le lenzuola disfatte. «Chi stai cercando? Delle volte, in base alla gravità, possono far cambiare improvvisamente stanza al paziente».
«Si tratta di un'amica di famiglia. È caduta dalle scale, ferendosi così ad una gamba, ma niente di grave; dovrebbe stare qui per qualche giorno».
«Capisco. Allora è solo probabile che sia stata portata da qualche parte per alcuni controlli; oppure è semplicemente uscita lei stessa da sola» ragionò. «Ti consiglio di aspettarla qui se vuoi essere sicura d'incontrarla».
«Va bene, seguirò il tuo consiglio» sorrise, andando a posare la sua borsa sopra un piccolo tavolo posto al fianco del letto.
«Posso rimanere qui fin quando non torna, se hai bisogno» la raggiunse, «così se ti trovi in difficoltà posso aiutarti subito; ormai conosco l'edificio e comunque non ho nulla da fare se non stare a letto a godere della visione che le pareti mi offrono» scherzò.
Ridacchiò «Mi farebbe piacere parlare con qualcuno mentre aspetto» confessò la giovane, mentre faceva sedere l'infortunata bionda al suo posto.
Koi ringraziò. «Tu di dove sei? Frequenti una scuola vicina?» chiese con disinvoltura.
La ragazza si sistemò gli occhiali, rimanendo inizialmente turbata dalla sua spontaneità. Rise dolcemente dopo pochi attimi, lasciando Koi di sasso. «Vengo dalle campagne di Miyagi e sono al secondo anno di liceo» disse apertamente.
Koi rimase stupita quando scoprì che la ragazza era di soli due anni più grande. «Dici sul serio? Io non sono mai stata a Miyagi e purtroppo non so nemmeno come sia lì; scusami...» rispose «Sapresti descrivere il posto?» chiese eccitata.
Ridacchiò nuovamente alla domanda. «In verità non è tutto questo granché, non è assolutamente come Tokyo. Diciamo, in generale, che il Sendai è più tranquillo e verde» spiegò. Si fermò poi a guardarla attentamente, bloccando il discorso. «Sai, il tuo viso mi sembra familiare» disse.
Si sentì quasi imbarazzata all'affermazione di lei. «Credo che tu possa avermi vista in qualche partita o intervista» quando vide l'altra ancora confusa, continuò. «Sono proprio maleducata, non mi sono presentata! Mi chiamo Koi Katsuhiko. Piacere di conoscerti!».
Quando sentì il nome della bionda, spalancò gli occhi per la sorpresa «Ti conosco!» disse, «Alcuni dei miei amici ti seguono molto e hanno grande stima di te!» continuò, facendo arrossire Koi. «Non mi sarei di certo aspettata di trovarti in quest'ospedale dopo l'incidente» confessò.
Koi s'irrigidì quando ricordò i fatti avvenuti in quella famosa partita che l'aveva portata dov'era. Esitò a rispondere, cercando di mantenere la calma.
La ragazza occhialuta non si fece sfuggire la reazione del giovane asso, capendo che, forse, preferiva non parlare dell'accaduto. «Perdona la sbadataggine; non mi sono presentata nemmeno io. Mi chiamo Kiyoko Shimizu e, anche per me, è un piacere fare la tua conoscenza», fece un leggero inchino dopo essersi presentata.
Koi la guardò affascinata e felice quando la ragazza cambiò discorso, capendo che, per la prima volta da quando si era infortunata, una persona era riuscita a capire i sentimenti che provava.
Pochi attimi dopo entrò nella stanza una donna sulla quarantina, che si rivelò essere l'amica di famiglia che Shimizu aspettava. Koi si alzò in piedi e salutò prima la donna e poi la ragazza, avviandosi verso l'uscita. «Shimizu, se ci sono problemi puoi venire a chiamarmi; è stato un piacere parlare con te» sorrise di cuore mentre parlava.
La ragazza, poco più grande di lei, annuì, salutando e sorridendo a sua volta. «Anche per me è stato un piacere. Ci vediamo, Katsuhiko».
°
Passarono i giorni e Koi, stanca dei continui rimproveri, uscì dalla sua stanza di corsa, cercando di calmarsi con una lunga passeggiata nel giardino dell'ospedale.
Sapeva che doveva impegnarsi per iscriversi al liceo, ma allo stesso tempo non ne voleva sapere; preferiva starsene sola che in compagnia dei suoi conoscenti.
Invidiava le sue amiche e compagne; voleva essere al posto loro e giocare sempre più partite. La notte, però, quello che la riportava alla realtà, una volta sveglia, era un sogno che riproduceva punto per punto il suo incidente, portandola a pensarci per ore.
Mentre camminava per rientrare, ormai quasi giunta nella sua camera, lungo il tragitto rincontrò un familiare viso: Shimizu, che aveva appena concluso la visita all'amica di famiglia, la salutava e richiamava in lontananza, cercando di farsi notare da lei.
Koi la salutò a sua volta, accelerando il passo e raggiungendola. «Buongiorno Shimizu! Sono felice di rivederti» disse sorridendo.
Lei ricambiò il sorriso. «Buongiorno a te. Sono felice anche io di rivederti».
«Hai appena fatto visita alla tua amica?» chiese Koi.
«Sì. Prima sono passata a salutarti, ma non ti ho trovata; è stata una fortuna incontrarti ora».
«Oh, ero andata a farmi due passi per conto mio...» rispose dispiaciuta alla ragazza e, notando il silenzio che era calato tra loro, prese tra le dita una ciocca di capelli e cominciò a giocarci, quasi in imbarazzo. «Hai mai visitato il grande giardino dell'ospedale? Dicono che sia uno dei più belli in circolazione» disse, mentre si malediva mentalmente per la difficoltà che aveva ultimamente a comunicare con le persone, e quello era uno di quei casi. Sospirò, senza lasciarle il tempo di rispondere «Insomma, vuoi fare una passeggiata con me?» chiese.
Con allegria, Shimizu trattenne una risata. «Non mi sono mai fermata a guardarlo, e sì, vengo volentieri a passeggiare con te».
Lo sguardo fermo e deciso di Koi, che aveva fino a qualche secondo prima, si rilassò e cambiò ad un più gioviale. Le sue guance si tinsero di un leggero color rosato, mentre il viso lasciava trasparire il suo stato d'animo gioioso. Quasi saltellando, prese la mano della ragazza e la guidò fino all'uscita.
Koi non capì al volo il significato del gesto che aveva appena rivolto all'altra, visto che non era da lei comportarsi in quel modo, ma lo intuì subito dopo. Era felice in sua compagnia, e ne sapeva il motivo: Shimizu era l'unica persona che fin da subito - anche se si conoscevano da poco - aveva accettato la sua amicizia a prescindere, chiara e cristallina come dimostrava di essere e, soprattutto, la prima a non aver avuto pregiudizi infondati a causa dell'incidente.
Fin dal primo incontro aveva sviluppato per lei una grande stima e rispetto, e per questo motivo voleva conoscerla più a fondo e comprenderla maggiormente.
Non lo voleva ammettere, ma nel profondo sapeva che tutte le sue amiche - o almeno gran parte - le stavano vicino solo per il titolo che era riuscita ad ottenere nella pallavolo e, nell'ultimo periodo, visto che non giocava più, di lei non se ne preoccupava nessuno.
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