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Capitolo 32

[ Daydream ]

Erano passati pacificamente dei mesi quasi si fosse trattata di una realtà troppo bella per essere considerata tale e non solo un effimero sogno tanto atteso dai loro cuori, stanchi della solitudine che si erano trascinati dietro anche troppo a lungo.

Eppure sera andato tutto bene fino a che, come una tempesta improvvisa, lì colpì il pensiero che solamente due mesi li separavano dal distacco che avrebbero dovuto subire con tanta tragicità, le ragazze tornavano nel loro paese per pubblicare il libro, già diligentemente finito dalla bionda e controllato dalla salvadoregna.

Un sentire di tristezza si diffuse in quei loro volti che risultavano più spenti del solito, forse gli unici a non dare peso alla lontananza che li avrebbe travolti terminata quella loro gioia quasi assoluta erano proprio quelli che tutti avrebbero pensato soffrirne di più.

Si trattava proprio di Michela e Jimin che non facevano altro che godersi ogni istante che potevano passare assieme e sfruttavano al meglio, in modo produttivo, quello che invece erano costretti a passare separati.

Per votare qualche episodio, quando magari il rosso era concentrato negli allenamenti per le coreografie lei si dedicava con mente, anima e corpo a quelle pagine immacolate riempiendo ogni singola riga e spazio bianco di lettere ordinata e curate, caratteristiche che non si addicevano molto alla sua normale scrittura corsiva.

Era proprio grazie a quel loro gestire il tempo che avevano in modo così diligente che erano quelli più avanti, erano quelli che probabilmente se la sarebbero cavata meglio durante questa snervante lontana nonostante quel loro grande difetto che li faceva stare sempre tesi come corde di violino.

Erano infinitamente gelosi e possessivi, l'uno nei confronti dell'altro e il solo pensiero che qualcuno avesse parlato all'altra li faceva diventare nervosi, entrambi, se non fossero stati abbastanza vicini da poter spaccare il naso a chi che sia sapevano che sarebbero stati intrattabili per alcuni giorni, ma erano fatti così e si amavano.

Michela aveva lasciato crescere la chioma bionda fino a metà spalle, la sua pelle si era fatta più pulita e morbida di quanto già non fosse grazie all'insistenza delle sue amiche affinché provasse ogni tipo inimmaginabile di maschera esistente in quel paese e la sua voce si era fatta più calda e rilassata.

Senza tutti quei pensieri e quelle emozioni ripetesse ad appesantirle l'anima era certamente più sciolta e rilassata e questo si era ripercosso, anche se in minima parte, sulla voce di lei rendendola più gradevole e rilassante, una voce che sarebbe stata perfetta per una psicologa.

Nonostante la felicità sempre ben impressa sul suo volto sorridente non era minimamente diventata più socievole o incline nel parlare casualmente con persone appena incontrare o amici degli amici, rimaneva scettica, non importa quanto tempo sarebbe passato.

Lei non si fidava e sapeva di fare bene perché con la storia stessa insegna le vipere, quelle più velenose e malevole, non si nascondo fra i loro simili per non essere scoperte ma si nascondo fra gli angeli conservandone l'apparenza per poi rivelarsi per ciò che sono non appena mostri uno spiraglio nelle sue difese e lei non ne aveva ne voleva averne.

La barriera che poneva fra lei e le persone che non le piacevano e non conosceva era qualcosa che faceva senza neppure riflettere, come un meccanismo di difesa contro un pericolo esterno ed imminente lei non lasciava avvicinare con tanta facilità e così non resta ferita.

Quella mattina fu tremendamente noiosa, i suoi amici avevano gli allenamenti, Rosalba e Veronica erano andate da qualche parte per cercare di finire la grafica del libro da presentare a Valentina per apportare le ultime modifiche, lei se ne stava bella e tranquilla con il suo ragazzo, la medesima cosa era per Jennifer così lei si era ritrovata da sola a vagare per Seoul sbuffando.

Ogni volta che lasciava uscire spazientito e annoiata l'aria calda dalle sue labbra screpolate, appena, questa si condensava di poco diventando un piccola nuvoletta bianca simile a fino che spariva poco dopo essersi mostrata leggiadra.

Camminava avvolta dal suo giubbotto imbottito, quasi troppo grande per lei mostrando quel alto adorabile che tentava di tenere nascosto, preferiva l'immagine di "bomba sexy" o "persona molto minacciosa".

Approfittò del tempo libero che aveva per fare un po' di spese tra cui persino vestiario ed era davvero stavamo che di sua iniziativa, senza che ci fosse una ricorrenza particolare oppure un evento, la ragazza facesse del normale e sano shopping.

Mentre camminava a passo lento ma sicuro verso casa vide una ragazza dalla pelle bianchissima e i capelli grigi, indossava un abbigliamento comune non troppo differenti dalle altre ragazze nelle strade e portava una mascherina a coprirle il volto come se fosse stata famosa.

Mentre la osservava camminare fra la folla Michela ebbe un pessimo presentimento su quella ragazza, non la conosceva ne l'aveva mai vista prima di quel momento, ne era certa, eppure ebbe la sensazione che sarebbe stato un male averci a che vedere e per quanto odiasse ammetterlo, quando aveva dei brutti presentimenti sulle persone aveva sempre ragione.

Mentre con lo sguardo profondo di quel castano brillante osservava quella sconosciuta, ignara di essere stata notata fra tanti, la sensazione di aver trovato una vipera molto viscida e velenosa non voleva abbandonarla e la cosa non le piaceva, era troppo felice in quel momento perché qualcosa rovinare tutto, non voleva farlo accadere.

Eppure non poteva combattere contro il fato, nonostante siano gli umani a credere il loro destino questo possiede una mano invisibile che condiziona le scelte di coloro che camminano sulla Terra, chi tranquillo chi agitato.

Cercò di scacciare dalla mente quei brutti pensieri che le erano arrivati, cercò di scrollarsi di rosso il brutto sentire che quella ragazza, nel peggiore dei modi, sarebbe entrata nella sua vita in maniera prepotente e che avrebbe fatto qualcosa che sicuramente non le sarebbe piaciuto e spera, pregava con tutta se stessa di sbagliarsi oppure le cose sarebbero potute volgere nel peggiore dei modi.

La bionda si conosceva bene e sapeva che se qualcosa fosse successo, qualcosa si abbastanza grave da farla arrabbiare e intendo arrabbiare sul serio, sapeva bene che per quella ragazza, o chiunque altro le avesse fatto perdere le staffe, non sarebbe finita bene, che l'oscurità che a stento teneva in gabbia sarebbe uscita vorace.

A dire la verità lei aveva paura di una sola persona, una e una soltanto e si trattava proprio di se stessa.

Lei si temeva perché conosceva quella parte di se che aveva sempre tenuto controllata e sopita nelle profondità del suo animo, sapeva bene che se la rabbia prendeva il sopravvento le cose si mettevano male perché le cambiava colore degli occhi, modo d'agire e smetteva quasi completamente di pensare se non al dolore che avrebbe potuto causare all'artefice del suo repentino mutare.

Era come se diventasse qualcuno di sconosciuto, mai visto prima, eppure si tratta sempre di lei, però, con un innato e spiccato desiderio di vedere riflesso negli occhi di chi le faceva perdere le staffe terrore e paura e doveva ringraziare il fatto che potesse controllarsi.

Una volta si arrabbiò sul serio, durò anche istante, un cambio di volto veloce che solo chi aveva dinnanzi, la causa della sua rabbia poté vedere e quando la calma soggiunse, quando ella in pochi secondi era riuscita a controllarsi quel ragazzo trenta spaventato.

Lei odiava arrabbiarsi perché poi non si sfogava non perché non volesse ma perché non poteva, avrebbe finito per fare del male a qualcuno, sicuramente e la cosa non le piaceva ne le piaceva l'idea della galera a vita.

Era una brava persona a cui piaceva molto aiutare le persone che lo meritavano con i loro problemi, eppure aveva anche una certa predisposizione per diventare una sorta di spietata serial killer senza cuore che avrebbe potuto commettere il crimine perfetto, me fortunatamente era una persona calma.

Rientrò a casa cercando di liberarsi di quella negatività che le si era posta addosso come un parassita e si beò del piacevole silenzio in cui quella casa era immersa.

Si abbandonò sul divano lasciando uscire un sospiro frustrato dalle sue labbra come a liberarsi da quella tensione che le era stata spinta sul corpo da chissà chi, come se fosse stata maledetta e non potesse passare pacificamente un periodo della sua vita, senza pene o dolori.

Venne risvegliata dai pensieri neri come la pece che le vorticavano per la mente, pensieri che era sempre stata solita fare ma che, da quando si era innamorata, erano diventati un ricordo che le era sembrato lontano anni luce, eppure si era accorta a sue spese che non era così.

Le note potenti e ritmate mischiate alla voce bassa e sensuale di John Cooper la ricondussero alla realtà nella quale il suo cellulare squillava cercando di attirare la sua attenzione che ricevette.

«Pronto... » disse con tono dannatamente serio, così tanto che proprio stonata con il suo classico acuto e un po' fastidioso «Hey, Mi, è successo qualcosa? » «Un po' di cose, tipo che abbiamo incontrato i bts e siamo amici, lo stesso con Cameron e Shawn... » disse cercando di sviare il discorso ascoltando divertita le urla esagitate dell'amica.

«Avete visto J-hope e non mi avete detto nulla?!  » urlò quasi furiosa ma sempre scherzando procurando una lieve risata alla bionda che lasciò scivolare all'indietro la chioma dorata cosicché sfiorarse il pavimento in legno «Ops... » rispose sorniona.

«Ma ops cosa, mi dovete portare l'autografo sennò vi picchio » «Su, Giò, di che ti lamenti! » disse lei per ricordare che erano anni ormai che aspettava l'autografo di Kendall dei btr e che ancora lo rinfacciava a chi glielo aveva promesso, si, era infantile e anche tanto.

Si misero a parlare di molte cose dato che erano ormai mesi che non si sentivano più, ma non una parola sulle relazioni romantiche che si erano stipulate fra loro poiché conosceva la pericolosità di questo, non dubitava dell'amica ma voleva evitare che qualcuno con l'orecchio troppo teso sentisse.

Però non rimasero a parlare per molto, o meglio, lo fecero per ore che secondo loro erano volate e gli impegni dell'altra avevano costretto la telefonata a terminare e avevano nuovamente lasciato Michela ad affogare nel suo pensare quasi ossessivo poiché ella aveva dall'inizio temuto che qualcosa avrebbe rubato quella sua felicità.

E quel era perché odiava dipendere da qualcuno diverso da se stessa, perché sapeva che se qualcosa l'avesse portata via da quel ragazzo con tante sfaccettature il suo cuore non avrebbe retto e forse avrebbe affrontato la situazione nel peggiore dei modi nel quale avrebbe potuto, proprio come aveva fatto tempo fa.

Passò le dita sul proprio polso sfiorando delicatamente le numerose cicatrici che percorrevano la pelle del suo esile polso, ancora una volta sospirò al ricordo del passato triste e freddo che aveva vissuto, in quel perenne dolore che l'aveva resa sorda e cieca.

E non si riferiva al tentativo di suicidio, quello non sarebbe stato il peggio di cui era capace, oh no, il peggio sarebbe stato se avesse reagito con quella furia cieca che aveva sempre represso e sarebbe stato terribile.

Lei pensava seriamente di avere qualche disturbo della personalità, che ci fosse qualcosa che non andava in lei eppure era semplicemente fatta in quel modo, sapeva che prendere dei farmaci non avrebbe cambiato quel temibile e terribile lato di lei.

Sapeva anche come era nata quella macchia nera bramosa di sangue dentro la sua anima così gentile, sapeva che era stata tutta colpa sua e dea sua pessima abitudine di tenersi tutto dentro fino a che tutti diventava troppo per lei da sopportare e così Ah cosa era dovuto cambiare.

Un brivido le attraversò la schiena e sembrò gelarle il sangue nelle vene al solo pensiero di una sua eventuale separazione con il ragazzo e un freddo seguito da un inspiegabile vuoto aveva pervaso il sul cuore e capì, fu allora che comprese veramente cosa significa per lei quel ragazzo sorridente e dannatamente sexy.

Si ritrovò seduta, da sola nel buio con il cuore che faceva delle capriole nel suo petto, un bruciore incontrollabile sulle sue gote e non era abitata a quella timidezza tipica di qualsiasi ragazza poiché lei non era affatto comune.

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