Capitolo 2
[Disperse]
La mattina fu un dramma, anzi, dire che fu un dramma è troppo poco per la tremenda aria di odio che si levò quel giorno verso una singola persona.
Erano le sei del mattino in Corea del sud e le cinque coinquiline dormivano pacificamente, come era giusto che fosse, almeno finché, da una delle tre stanze da letto in usò iniziò a ripetersi costantemente la voce di Shawn in un tono fastidiosamente acuto.
Dopo una decina di minuti che il suono continuava ad aleggiare nel silenzio dei passi pesanti, auspicio di morte imminente, si potevano udire nel corridoio sul quale ai affacciavano le porte delle camere e presto quella di Jennifer e Valentina venne spalancata.
Il telefono della castana dai lunghi capelli castani venne zittito solo allora, dopo che lo sguardo irritato e spaventoso di Michela e Rosalba congelò il sangue alle due «Cosa cazzo metti una cazzo di sveglia alle fottittissime sei della mattina?! » urlò la riccia con voce rauca ancora reduce dal sonno mentre i suoi occhi cerulei sembravano spruzzare fiamme.
L'altra, la bionda, era rimasta in silenzio appoggiata allo stipite della porta con ancora la mascherina poggiata sulle palpebre e le braccia appoggiate al proprio petto voluminoso e quello fu abbastanza per mettere in soggezione le due colpevoli.
«Avete meno di dieci secondi per trovare una buona giustificazione » sussurrò acidamente senza alzare la mascherina, aveva chiaramente l'intento di tornare a dormire.
Le due raffazzonarono delle scuse, anche Jennifer fu costretta a scusarsi dato che aveva ignorato la sveglia nonostante infastidisse anche lei e questo irritò le due che però tornarono silenziosamente nelle loro stanze senza lasciar svanire quel sentore di pericolo percepibile nell'aria.
Qualche ora più tardi le cinque ragazze si riunirono per fare colazione e venne presto fuori che Veronica, la mora, non si era minimamente accorta di nulla e aveva beatamente continuato a dormire.
«Non è mica colpa mia se il mio telefono decide di accedere la sveglia per la scuola! » disse in sua difesa Valentina mentre beveva il tè che le era stato preparato per poi correre in cucina ad ingurgitare latte come se ne dipendesse la sua vita «Ma che cazzo fai? » chiese Jennifer cercando di far sembrare i suoi ricci un po' flosci dei ricci veri.
«Che diavolo di tè era, era piccante » esclamò la bruna con la lingua di fuori mentre riprendeva tutto l'ossigeno di cui necessitava dopo aver bevuto non-stop mentre osservava il ghigno della bionda, quasi cercasse di sembrare innocente quando chiaramente non lo era.
«Miky, sei stata tu, ma io ti ammazzo » disse puntando dritto verso la bionda che sorseggiava tranquilla il suo amato tè nero ai frutti di bosco «Guarda, non è mica colpa mia se un grosso peperoncino è finito a bagno nel tuo tè e poi non hai prove che sia stata io » disse terminando la sua bevanda per poi mettere la tazza in lavastoviglie e dirigersi nella sua stanza mentre la riccia le batteva il cinque.
Una ventina di minuti successivi al fatto che oserei definire una meritata vendetta, le cinque ragazze uscirono portandosi dietro tutto ciò di cui necessitavano con l'intento di dirigersi in biblioteca ma, come Michela già si aspettava, si persero.
Si ritrovarono disorientate a vagare per le numerose e popolose strade della metropoli finché, distratta, proprio lei si ritrovò a terra dopo essersi imbattuta nel petto muscoloso di qualcuno e, quando alzò i suoi occhi castani incontrò due figure che adorava.
Si rialzò velocemente iniziando a dire frasi troppo veloci per essere capite da un comune mortale, poi lasciò scivolare fuori dai suoi pantaloni il telefono e chiese ai due di potersi scattare una foto fra loro.
«Wow, non mi aspettavo di incontrare una mia fan qui, soprattutto non italiana » disse sbalordito Sebastiano Serafini appoggiato pienamente dallo youtuber Seoul mafia con i quali lei ebbe una breve conversazione e, quando fu raggiunta dalle altre poco distanti, fu accompagnata assieme alla sua combriccola alla biblioteca.
Le ragazze ringraziarono quei due che erano stati letteralmente i loro salvatori e poi, finalmente, entrarono nell'edificio stracolmo di tomi di ogni genere, spessore, età e grandezza per poi dirigersi dalla bibliotecaria.
La comunicazione fu semplice dato che la donna parlava fluentemente l'inglese e così le ragazze riuscirono a prenotare una piccola sala privata per la sera e la prenotarono al medesimo orario anche per il giorno successivo, poi uscirono fissandosi vene in mente la locazione del luogo e visitarono un po' la via.
Era già ora di pranzo quando riuscirono ad arrivare a quel maledettissimi edificio, perciò si infilarono nel primo ristorante che capitò loro sottomano e mangiarono del cibo messicano, perché, per essere coerenti, in Corea bisogna mangiare ovviamente messicano.
Tralasciando il dettaglio del pranzo, le cinque entrarono in un negozio a caso che poi scoprirono essere uno di quei fantastici negozi che vendevano gadget dei BTS e ne uscirono tutte con qualcosa, anche Jennifer e Valentina, perché i peluches erano troppo teneri.
Entrarono persino in un negozio a caso che vedeva esclusivamente prodotti per la cura della pelle e del viso, qui la castana dai capelli setosi si sbizzarrì e acquistò quanto più poté facendo ridacchiare un po' tutte, tanto ci sarebbero tornate in sei mesi, no?
Vagarono ancora per quelle strade così piene di vita a cui non erano abitate fino a che non si fu fatta l'ora prestabilita e allora si diressero nella biblioteca che, miracolosamente, questa volta riuscirono a trovare.
Le cinque si accomodarono sul tavolo della piccola saletta e cacciarono dalle proprie borse ciò di cui necessitavano, tra cui un quaderno con incollata sulla parte interna della copertina una mappa del paese nel quale si trovavano, dove avrebbero scritto le bozze delle loro idee e la divisone dei compiti.
Veronica si doveva occupare di disegnare qualcosa di originale ma azzeccato con il tema che si era scelto, poi Valentina avrebbe rifinito l'immagine con le sue abilità di gestione grafica, Jennifer avrebbe aiutato Michela nella stesura e nella forma del testo mentre Rosalba avrebbe contribuito come traduttrice dato che conosceva la lingua perfettamente e avrebbe cercato le informazioni.
Si concentrarono tutte sulle varie idee da poter utilizzare per il loro libro, era vero che avevano ben sei mesi per realizzarlo, ma non era un'impresa così da prendere a cuor leggero e soprattutto era sempre meglio finire in anticipo che in ritardo.
Presero degli appunti ordinati e perfetti in stampatello, sottolineando ciò che sembrava migliore e ciò che poteva essere scartato, scrissero anche alcune idee in inglese pensando che forse avrebbero potuto chiedere consiglio a qualcuno, forse alla bibliotecaria.
Ma, nel mezzo di tutto ciò, le ragazze reclamarono il bisogno di qualcosa preso dai distributori con la scusa di scollegare il cervello per un attimo e riposarsi in quelle due ore di tempo nelle quali avevano lavorato senza sosta e, grazie alla votazione unanime eccetto quella di Jennifer, fu lei a dover prendere le cose ai distributori anche se ognuno diede la propria vuota per ciò che voleva.
La salvadoregna se pur sbuffando e roteando i suoi occhi nocciola al soffitto si diresse al distributore automatico lamentandosi fra se e se mentre, senza volerlo, canticchiava il motivetto di Lights on, una canzone di Shawn che Valentina le aveva inculcato nella mente a forza di fargliela sentire e di cantarla in sua presenza.
Digitó velocemente i numeri delle bevande e proprio mentre stava per prendere ciò che le era stato chiesto le suonò il telefono che rivelò il nuovo singolo di Cameron Dallas, lei rispose imbarazzata per non aver messo silenzioso e se ne tornò al proprio posto.
Sua madre l'aveva chiamata proprio nel momento meno opportuno e le stava anche urlando contro in spagnolo preoccupata, agitata e arrabbiata perché la figlia non aveva risposto ai suoi messaggi e di conseguenza la riccia si infiammò rispondendo sempre in lingua spagnola alla genitrice dicendole che aveva un lavoro da fare e dato che si stava concentrando le era passato di mente.
D'altro canto c'erano Veronica e Valentina che parlavano sotto voce cercando di fare amicizia non conoscendosi cosi bene, non si conoscevano affatto, solo perché erano entrambe amiche della bionda e perciò sapevano che data la lunga convivenza che le aspettava non guastava di certo conoscersi meglio.
Rosalba e Michela, invece, sovrappensiero, si erano messe a canticchiare il motivetto di boy in luv e quando se ne erano accorte avevano smesso quello che stavano facendo, s'erano avvicinate e s'erano messe con un solo paio d'auricolari ad ascoltare la canzone senza smettere di canticchiare e poi proseguivano da dove si erano interrotte anche se ridacchiando.
C'era una bella atmosfera, molto rilassata e piacevole anche se c'era la strana sensazione della bionda di essere sotto lo sguardo di qualcuno, ma dato che le altre non dissero nulla a riguardo pensò che forse era solo un suo problema o che comunque poteva essere una cosa comune dato che erano straniere, di conseguenza non vi diede troppo peso.
Una volta finito il loro tempo rimisero i loro materiali nelle proprie borse «Veronica, prendo il quaderno! » disse la riccia dagli occhi cerulei mettendosi in spalla lo zainetto che s'era portata ricevendo in riposta un si per poi lasciarle finire di prendere tutto.
Ma, come prevedibile da parte della mora, una volta arrivate a casa e dopo aver mangiato decisero di dare un ultimo sguardo al loro lavoro ma Veronica affermò di essersi dimenticata il quaderno sul tavolo della sala che avevano prenotato facendo sbuffare sconsolata la riccia «Una cosa Vero... » «Fa niente, domani proviamo a chiedere alla bibliotecaria e se non lo troviamo amen » disse la bionda assonnata mentre indossava il suo pigiama.
In realtà aveva semplicemente indossato dei pantaloncini neri e una maglietta a maniche lunghe nera, anche le altre presentarono un simile abbigliamento per la notte e auguratosi un buon riposo si buttarono sul letto ancora un po' frastornate da tutto quello che stavano vivendo e insicure su ciò che avrebbero dovuto fare.
La mattina seguente Valentina uscì quando ancora le altre dormivano, semplicemente si era svegliata e non era riuscita a riaddormentarsi e già era di pessimo umore, così aveva deciso di girare attorno alla zona per esaminare un po' la strada e provare a non perdersi subito.
Solo lei seppe quanto si l'aumento del fatto che quell'intera via fosse costituita quasi completamente da una salita non così semplice da affrontare ed era piena di edifici, tra cui uno più alto con delle scritte ai muro che però non attirò molto la sua attenzione, si concentrò sul trovare un supermercato e ne scovò uno relativamente vicino.
Scoperto ciò che doveva tornò sui suoi passi e fu grata che la discesa fosse molto, ma molto più facile della salita fastidiosa e rientrata in casa provò a fare una piccola mappa scritta del vicinato ma data la sua scarsa precisione venne davvero male con il risultato che finì nella pattumiera.
Le ragazze si erano da poco alzate e do conseguenza erano ancora chiuse nelle loro camere a vestirsi, chi con cura chi, invece, infilava le prime cose che le passavano sotto mano, fu il caso della bionda.
Michela uscì dalla sua stanza con una felpa nera, dei jeans neri strappati sulle ginocchia neri e delle nike dello stesso colore, chi non la conosceva avrebbe detto che era un'emo depressa anche a causa della sua espressione apatica dovuta al risveglio.
La ragazza bevve quasi tutto d'unfiato la bevanda che "gentilmente" la sua amica mattiniera le aveva preparato, "gentilmente" per modo di dire dato che aveva deciso di ricambiare il faro dello scherzo del peperoncino, ma quando vide con quanta velocità il liquido scivolava fra le labbra carnose dell'amica rischiò di far cadere la mascella.
Sembrava non avesse quasi aggiunto metà peperoncino piccante a bagno nel tè per più di venti minuti prima di estrarlo per evitare di lasciare prove che avrebbero dimostrato la sua colpevolezza, eppure lo aveva fatto.
Purtroppo si era dimenticata che il genitore della sua "vittima" era un amante di peperoncini anche dieci volete più piccanti di quello e che lei s'era ritrovata costretta ad adattarsi al forte grado di piccantezza che le veniva proposto.
Una vendetta mal riuscita fu il fatto più eclatante di quella giornata, almeno fino a quando arrivò il momento di andare in biblioteca e chiedere quel benedetto quaderno.
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